Capitolo 25 - C'è qualcuno che osserva

A volte l'uomo è straordinariamente,
appassionatamente,
innamorato della sofferenza.
-Fëdor Dostoevskij

Ci sono volte in cui, ognuno vede ciò che più preferisce vedere. Guarda qualcosa e si convince che essa sia come dice, anche se in realtà non è così. Lo fa perché gli conviene, perché non vuole ammettere un problema o perché, semplicemente, è più comodo fingere che affrontare i fatti.

Ma Hailey era certa di non essersi immaginata nulla. Non aveva inventato quegli sguardi tra Ember e Damian, c'erano stati per davvero. Bastava solo farci caso e poi chiunque avrebbe potuto concordare con lei. Sarebbe stata pronta a scommetterci.

Prima di quel viaggio a Londra, credeva alle parole dell'amica, quando le diceva che le sue battute sulla bellezza del professore fossero semplici scherzi. Ma poi, dopo averli visti insieme, fuori da Oxford, proprio quando lei l'aveva lasciata sola dicendole che sarebbe tornata dentro per chiamare Carter. E averla osservata mentre sgattaiolava fuori dalla loro stanza d'hotel, in piena notte, con indosso solo una maglietta, per poi rientrarvi due ore dopo, quelle battute avevano iniziato a prendere un senso diverso.
Condite dagli sguardi carichi di desiderio, poi, non avevano fatto altro che aumentare i suoi sospetti.

E allora aveva iniziato a far caso ad ogni piccolo particolare. Voleva scoprire la verità, ma non perché volesse andare a dirlo a qualcuno e metterli nei guai. Voleva farlo per poterla fermare, per farla ragionare. Se davvero ciò che sospettava era vero, lei doveva provare a farle comprendere che stava andando incontro ad un enorme rischio, sotto ogni punto di vista.

Perciò, quel giorno, a lezione, aveva passato il suo tempo alternando lo sguardo dal professore, all'amica che le sedeva accanto. Ma i due non le avevano dato alcuna risposta, nessuna certezza a confermare le sue teorie. A malapena si erano rivolti l'attenzione a vicenda, restando concentrati, lui sulla sua spiegazione e lei sui suoi appunti. Eppure, Hailey, quando erano in Inghilterra, quell'interesse reciproco lo aveva visto. Ne era certa.
Anche se, in quel momento, credeva di aver preso un'abbaglio, immaginandosi cose che in realtà non esistevano.

«Vi comunico la data del primo esame per quanto riguarda il mio corso» con quelle parole, Damian, attirò tutta l'attenzione su di sé. «Svolgerete la prova il dieci di gennaio, appena dopo la pausa per le vacanze di Natale» annunciò, segnando qualcosa sul suo computer.

Ember appuntò la data sull'agenda, scrivendo anche gli argomenti che lui stava mano a mano elencando. «L'esame sarà semplice, se avete seguito attentamente le lezioni e studiato come si deve. Quattro domande alle quali dovrete rispondere in novanta minuti» spiegò, aggirando la cattedra e poggiandosi ad essa, con le braccia conserte. La ragazza lo guardò di sottecchi, passando gli occhi sulle sue gambe, coperte dai pantaloni eleganti dal colore scuro, risalendo poi sul pullover azzurrino che indossava.

Era passata una settimana da quando avevano fatto ritorno in America. Sette giorni nei quali avevano continuato ad ignorarsi. Ember si era dedicata completamente ai suoi amici, passando ogni momento di solitudine con Carter, comportandosi come se fossero due perfetti fidanzatini. Mentre, Damian aveva ripreso la sua routine, con la sola differenza che Adelaide aveva iniziato ad essere parte più integrante di essa.

Lo chiamava tutti i giorni, lo ascoltava mentre le raccontava la sua giornata, gli faceva domande e utilizzava sempre un tono dolce. Si stava impegnando, doveva riconoscerglielo. Ma dimenticare quegli ultimi anni di assoluto nulla nel loro rapporto, non gli riusciva semplice. Soprattutto quando non sembrava in grado di togliersi dalla testa quella studentessa. Nemmeno dopo tutto ciò che era successo.

E non era il solo. Perché, anche Ember aveva fatto tutto per distrarsi, fingendo che Carter le bastasse, provando a dargli quel tipo di relazione che lui aveva sempre voluto con lei. Ma la verità era che, nei suoi pensieri, il professore restava un punto fisso. Non riusciva a liberarsene e non sapeva cosa fare per poter mettere fine a quella situazione.

Quando aveva intrapreso quel gioco di seduzione, non si sarebbe mai aspettata che le sue stesse azioni le si sarebbero potute ritorcere contro. Credeva che ci sarebbe andata a letto e poi avrebbe chiuso ogni contatto con lui, invece continuava a ricascarci, fingendo che fosse sempre un modo per provocarlo e dimostragli che, in realtà, non era il brav'uomo che credeva. Ma, sotto sotto, lei sapeva che continuava a frequentarlo perché aveva incuriosito la sua mente e le aveva fatto provare cose che mai nessuno prima era stato in grado di farle provare.

E questo valeva per entrambi.

«Ricordate che rimango sempre disponibile per eventuali chiarimenti, anche durante queste vacanze. Potete scrivere alla mia mail istituzionale, che trovate sulla pagina del mio profilo universitario» ascoltò le parole del professore, chiedendosi se per Natale sarebbe tornato in Inghilterra. Si domandava se sarebbe stata l'unica a restare nel campus per quella festività. «Abbiamo finito, ci rivediamo a gennaio. Buone vacanze» annunciò, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi e tornando dalla parte opposta della cattedra, mentre gli alunni lo ringraziavano e gli auguravano la stessa cosa, uscendo dall'aula.

E fu proprio in quel momento che Hailey vide nuovamente i loro sguardi complici. Gli occhi dei due si erano incrociati da lontano. Entrambi stavano ritirando le loro cose e avevano alzato lo sguardo nello stesso momento, ritrovandosi a fissarsi per qualche secondo di troppo.

Ember aveva indosso un semplice paio di jeans dal taglio vintage e un maglioncino corto, i capelli spettinati, quella frangetta che le incorniciava i lineamenti dolci e gli occhi enigmatici come sempre. Damian la osservò, ricordando ogni loro momento insieme e un desiderio di crearne altri, dimenticando per un attimo la loro lite, si fece largo tra i suoi pensieri.

«Scusi, professore» Hailey decise di interrompere quel contatto visivo fra loro, richiamando l'attenzione di lui. Damian alzò il mento, facendole un cenno con la testa, che la invitava a continuare. «Per quanto riguarda i testi da studiare per l'esame, bastano i riassunti che ha caricato lei sul portale online o sarebbe meglio recuperarli integrali nella biblioteca?» fu una domanda un po' stupida, ma era la prima cosa che le passò per la mente con così poca preparazione.

«Penso che tu possa risponderti da sola» le disse, sorridendo divertito. Ember, dal canto suo, stava scendendo quei gradini in legno lucido, raggiungendo i due davanti alla cattedra e restando a qualche passo di distanza dalla sua amica. Puntò nuovamente il suo sguardo in quello del professore, rendendosi conto che in quel momento aveva un unico pensiero fisso nella testa.

"Ti voglio. Ancora, ancora e ancora..."

Avrebbe tanto voluto prendersi a schiaffi da sola, per aver permesso a quell'uomo di entrarle così profondamente nel cervello.
Aveva davvero perso al suo stesso gioco?
Quella che doveva essere solo una notte di sesso, si era prolungata per mesi di tira e molla e quando il tutto sembrava essersi chiuso, veniva fuori che lo desiderava ancora.

Maledì se stessa, per non aver calcolato prima tutte le possibili conseguenze che l'avrebbero colpita. E maledì anche lui, per essere stato così bravo nell'incasinarle la mente con quelle sensazioni profonde che le aveva fatto provare.

«Sì, ha ragione. Speravo solo che potessi alleggerire un po' il carico di studio» commentò Hailey, stringendosi nelle spalle. Damian scosse la testa, chiudendo la sua valigetta.

«Dipende tutto da quali risultati vuoi raggiungere» alzò un sopracciglio, mentre lei annuiva e si sistemava meglio lo zaino sulla spalla. Il professore spostò poi lo sguardo sull'altra ragazza, osservando le sue mani delicate che sorreggevano due grossi libri di politica estera.

«Mi aspetto molto da te, Ember» parlò, fissandola serio. «Dati i risultati dei compiti che vi ho assegnato, spero di non essere deluso» concluse, piegando leggermente la testa di lato.

Improvvisamente, il rumore di una suoneria riempì l'ambiente circostante. Hailey recuperò il suo telefono, scusandosi con il professore. «Ti aspetto fuori, in macchina» avvisò l'amica, ricordandole che quel pomeriggio sarebbero andati tutti a pranzo a casa di Kaden, per organizzare il Babbo Natale segreto. Dopodiché lasciò quell'aula.

Ember e Damian si ritrovarono soli, in quella stanza fin troppo grande per loro. «E se avessi bisogno di qualche chiarimento?» gli chiese, intrappolando il labbro inferiore tra i denti, mordicchiandolo con fare innocente.

«Puoi scrivermi alla mia mail, esattamente come tutti gli altri» rispose lui, facendo appello a tutto il suo autocontrollo per evitare di cedere davanti a quegli occhi da cerbiatta. Non gliel'avrebbe data vinta facilmente anche quella volta.

Avrebbe tanto voluto prenderla lì, in quel momento, assaporare la sua pelle candida, bearsi dei suoi gemiti di piacere. Ma doveva resistere ai suoi impulsi fisici e ragionare con la mente lucida, per quanto gli fosse possibile.

«Pensavo si potesse fare uno strappo alla regola» commentò lei, avvicinandosi e poggiandogli una mano sull'avambraccio. Damian non si allontanò, si lasciò toccare e accarezzare lentamente da sopra il tessuto di quel maglione.

«Non questa volta, Ember» pronunciò il suo nome lentamente, scandendo ogni lettera e godendosi il modo in cui la sua lingua si muoveva nel dirlo. Rimase con un'espressione impassibile, mentre lei cercava il contatto visivo nei suoi occhi, per capire quanto in là si sarebbe potuta spingere ancora.

Dopo aver mandato all'aria ogni sua certezza, dopo essersi arresa alla sua psiche e aver ammesso i suoi passi falsi, alla ragazza non restava altro che continuare a giocare quella partita, fino alla fine. E la fine sarebbe stata solo nel momento in cui uno dei due si fosse bruciato, fatto male quel che bastava per allontanarsi definitivamente.

«Ti attendono a casa per Natale?» domandò, sperando di ricevere qualche informazione sui suoi programmi.

«Sì» rispose, facendole contrarre la mandibola. Ember risalì con la mano lungo il suo braccio, spostandosi poi sul petto e avvicinandosi ulteriormente al suo corpo.

«Immagino che belle vacanze, tra cene in famiglia, noiose conversazioni di circostanza, strane pietanze e magari anche dell'insoddisfacente sesso» ci aveva preso in pieno. Gli piaceva passare il tempo con la famiglia di Adelaide, ma dopo qualche ora si ritrovava estraniato da tutta quell'atmosfera.

Oliver, solitamente, scappava sempre a metà serata per andare da una delle sue amanti. E quell'anno era certo che avrebbe fatto lo stesso, con la sola differenza che se ne sarebbe andato perché non vedeva l'ora di passare un po' di tempo da solo con la sua nuova fidanzata.

Paul e Gemma andavano presto a dormire, così a lui toccava restare solo con Adelaide. Il che significava lunghi silenzi, interrotti solo da qualche sillaba acida. Forse quell'anno, data la propensione di sua moglie a riprovarci, sarebbe stato diverso. Ma voleva davvero passare così le sue vacanze?

«Sembri convinta di sapere tutto» commentò, avvicinando il viso al suo.

«Capisco le persone. O meglio, capisco te» gli disse, stringendo maggiormente quei libri nell'altra mano, per evitare che le cadessero.

«É ironico, non credi? Capisci tutti, meno che te stessa» le fece notare, con espressione beffarda. La stava sfidando, le stava tenendo testa e la cosa sembrava divertirlo parecchio. Ember stoppò i suoi movimenti, bloccandosi per qualche secondo e distogliendo lo sguardo dal suo.

Non le piaceva per niente essere lei quella stuzzicata in quel modo. «Sbaglio, o qualche giorno fa eri stata ben chiara sul fatto che questa cosa tra di noi fosse finita del tutto? E ora sei qua, a farmi le fusa come una gattina, per cercare di convincermi a tornare a letto con te» aggiunse, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

La ragazza si scostò velocemente, sottraendosi a quel tocco, come se le sue mani la bruciassero e le parole che le aveva rivolto la ferissero come una lama affilata. «Mi sembra che tu abbia fatto la stessa cosa quando eravamo in quell'hotel» rispose prontamente, tornando a sfidarlo con lo sguardo.

«Uno a uno, palla al centro, signorina Cooper» le disse, citando una frase che lei stessa gli aveva rivolto qualche mese prima ormai. «Cerca di capire cosa vuoi, prima di disturbarmi ancora, perché io non ho più tempo da perdere con le ragazzine viziate» e con quelle parole, chiuse la loro conversazione, dandole le spalle e uscendo dall'aula.

Ember rimase interdetta per qualche secondo, con la bocca mezza aperta e un cipiglio sulla fronte. I suoi metodi non avevano funzionato quella volta, il professore non si era lasciato raggirare da lei, dando retta solo alla sua razionalità.

La ragazza restò ancora per qualche secondo in quell'aula, guardandosi attorno e prendendo poi un profondo respiro. Rassegnata, uscì, raggiungendo finalmente l'amica, che la stava aspettando già seduta in auto.

Quando si accomodò anche lei sui sedili in pelle, Hailey tolse immediatamente il telefono dall'orecchio, fingendo di chiudere quella telefonata. «Tutto bene?» le chiese Ember, aggrottando le sopracciglia e notando la sua espressione strana.

«Uhm, sì, sì, perché?» rispose lei, tenendo entrambe le mani sul voltante ed evitando di rivolgerle lo sguardo.

«Sembra che tu abbia appena visto un fantasma» commentò, fissandola poco convinta.

«No, no, è tutto okay. Andiamo da Kaden» disse, mettendo in moto l'auto e iniziando a guidare per le strade poco trafficate. Ember non ci diede tanto peso, credendo che quella telefonata avesse potuto portarle qualche brutta notizia di cui non aveva voglia di parlare. Se solo avesse saputo che il motivo del suo sconvolgimento era un altro, di certo non avrebbe lasciato correre in quel modo.

Il viaggio fu silenzioso, nemmeno la radio riempiva quell'abitacolo. Il tempo venne scandito solo dai loro respiri e la ragazza si prese un momento per pensare. Pensò a cosa stesse facendo, a dove volesse arrivare.

Non riusciva a togliersi Damian dalla testa, aveva fatto di tutto per cercare di autoconvincersi di non volerlo. Ma poi, ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, la sua testa si riempiva di lui e il suo basso ventre fremeva.

Gli aveva rivolto delle parole molto forti, quella sera in hotel, parole che lui non aveva dimenticato e per le quali gliela stava facendo pagare. Ember, ancora una volta, non comprendeva la sua rabbia, perché lei aveva semplicemente detto la verità. Per entrambi.

Il problema più grande, però, non era tanto quello di farsi perdonare, ma quello di farlo uscire, una volta per tutte, dai suoi pensieri. Perché non si trattava più di semplice seduzione, era diventato un gioco pericoloso. Un terreno sconosciuto sul quale lei non aveva mai camminato. L'aveva spinto nella parte più oscura della sua psiche, ma sapeva di non essere in grado di affrontare la sua stessa parte più nascosta. Quella che avrebbe davvero potuto distruggerla irrimediabilmente.

C'erano luoghi della sua mente che lei non voleva vedere.

Quando la macchina di Hailey parcheggiò nel vialetto di casa di Kaden, la ragazza tirò un sospiro di sollievo, sapendo che passare una giornata in compagnia dei suoi amici sarebbe stata una bella distrazione.

Scese dall'auto, stringendosi nel cappotto e correndo subito verso la porta d'ingresso. Il freddo invernale era decisamente arrivato, lì in Massachusetts, nonostante fosse abituata, quelle temperature avrebbero messo alla prova chiunque.

Fortunatamente, Kaden andò subito ad aprire, permettendo ad entrambe le ragazze di fiondarsi dentro casa. Lasciate le scarpe all'ingresso, Ember non perse tempo, avvicinandosi al camino acceso, nel salotto e scaldandosi le mani.

«Freddo?» le domandò l'amico, con un'espressione divertita dipinta in volto. Lei annuì vigorosamente, spostando poi lo sguardo su Jodi, che si trovava stesa sul divano, con una coperta in pile beige sulle gambe, intenta a guardare la replica di un talk show alla televisione.

«Okay, mancano esattamente cinque giorni al ventitré dicembre, dobbiamo muoverci se vogliamo combinare qualcosa quest'anno» Carter fece il suo ingresso nel salotto, stringendo tra le mani un foglio e una penna. Si lasciò ricadere sul tappeto, poggiando quelle due cose sul tavolino in legno.

Quella di festeggiare tutti assieme, a casa di Kaden, il ventitré di dicembre, era una loro tradizione sin dal primo anno di università. Così come quella di organizzare il Babbo Natale segreto. Ma quell'anno erano in ritardo con tutti i preparativi, per via del viaggio che Ember ed Hailey avevano fatto proprio nelle prime due settimane di dicembre.

«Kaden, piantala di abbuffarti di muffin in cucina e vieni qui!» esclamò Carter, lanciando poi un'occhiata a Jodi, che mise il pausa il programma e scivolò anche lei sul tappeto. Il ragazzo scrisse tutti i loro nomi su quel foglio bianco, strappandoli e poi ripiegandoli in piccoli rettangolini. Li mescolò nelle mani e li lasciò ricadere dentro una scodella.

A turno pescarono un foglietto a testa, leggendo successivamente il nome senza farsi vedere da nessuno e gettandolo infine dentro il camino. «Per quanto riguarda la festa» incalzò Jodi. «Pensavo di comprare io da mangiare quest'anno» disse poi, prendendo il cellulare e aprendo le note.

«Io voglio mangiare italiano!» esclamò Hailey, poggiando una mano sulla superficie del tavolo.

«Ma non possiamo fare come l'anno scorso che abbiamo mangiato i tacos?» domandò Kaden.

«E se facessimo entrambi?» propose Ember, alzando un sopracciglio.

«Spaghetti tacos?» gli occhi del ragazzo si illuminarono.

«Con le polpette anche» aggiunse lei.

«Andata!» chiuse quel discorso Hailey, facendo segno a Jodi di scrivere tutto.

«L'alcol lo prendo io» disse poi Carter, guadagnandosi un sorriso da parte di Ember. Andarono avanti così per una mezz'ora, accertandosi di aver deciso tutto per il meglio.

Ordinato il cibo indiano, per pranzo, si misero sul divano a vedere un film natalizio. Ember aveva scelto il film, optando per uno dei suoi preferiti: Mamma ho perso l'aereo.

Le piaceva tanto, perché, per certi versi, si rispecchiava con Kevin, il protagonista. Anche lei era stata ignorata e dimenticata dai genitori. Anche lei aveva desiderato che la sua famiglia sparisse. Anche lei si era ritrovata da sola, libera di fare tutto ciò che voleva. Tra loro due cambiava solo il finale.
Kevin aveva avuto il suo lieto fine, mentre lei, dentro, era ancora quella bambina che ogni mattina si svegliava, dopo essersi addormentata da sola, e si aggirava per casa sperando di ritrovare mamma e papà, pronti a scusarsi e ad abbracciarla.

Poggiò la testa sulla spalla di Kaden, che prese a lasciarle delle carezze sui capelli. «Tutto bene?» le sussurrò all'orecchio. Ember annuì leggermente. Avrebbe tanto voluto parlare con qualcuno di quello che stava provando, dei consigli le sarebbero potuti essere davvero utili. Ma, oltre a non essere solita farlo, non avrebbe comunque potuto dire a nessuno la situazione che stava vivendo, perché ciò che lei e quel professore avevano combinato, doveva restare segreto. «Mi accompagni di là a prendere qualcosa da bere?» chiese poi. La ragazza acconsentì, alzandosi e rivolgendo un sorriso a Carter, che li osservò allontanarsi.

Seguì l'amico in cucina, poggiandosi all'isola in marmo e osservandolo mentre recuperava una birra dal frigorifero. «Dove andrai per Natale?» chiese poi lui, aprendo quella lattina. Ember alzò lo sguardo, puntandolo nel suo, tentennando qualche secondo prima di rispondere.

«In camera mia, con un hamburger dello Shay e il secondo film di "Mamma ho perso l'aereo"» rispose, accennando un sorriso.

«Lo sai che puoi venire qua da me, vero? Per la mia famiglia non sarebbe affatto un problema» Kaden provava ad invitarla tutti gli anni, perché stava male al solo pensiero che passasse quel giorno di festa in completa solitudine, ma lei rifiutava sempre, affermando che le stava bene così. Anche se non era la verità. Di solito amava la sua solitudine, ma durante il Natale avrebbe tanto preferito stare in compagnia di qualcuno che le voleva bene. Rifiutare gli inviti dell'amico era una contraddizione, lo sapeva.
Sapeva ancora meglio, però, che sarebbe stata peggio se fosse andata da lui, in mezzo ad una famiglia felice e amorevole. Una cosa che lei non aveva mai avuto il privilegio di sperimentare.

Si sarebbe sentita a disagio. Un'estranea in mezzo a quella che per molte persone era la normalità di tutti i giorni.

Ember aggirò quell'isola, raggiungendolo. «Lo so» annuì, tornando a poggiare la testa sulla sua spalla. Lei era davvero convinta su come sarebbero andate le cose per quel Natale, ma il destino sembrava essere di un altro parere.
Questo, però, ancora non poteva saperlo.

🌟🌟🌟

Non dimenticatevi di lasciare una stellina🙏🏻

Il Natale è alle porte (o almeno, fingiamo che sia così anche nella realtà e che fuori non ci siano già 30º)

Anyway, Damian questa volta sta mantenendo la sua parola (e io sono totalmente con lui) non dandogliela vinta ad Ember.
Voi che dite? Ci tornerà in Inghilterra per le feste?

Ma parliamo di Hailey... come molte di voi già sospettavano, si è accorta della scappatella della sua amica quella notte in hotel e adesso è determinata a scoprire la verità.
Come mai sembrava così sconvolta quando Ember è salita in macchina? Avete qualche ipotesi?🤭

Per avere una risposta a tutte queste domande non dovrete fare altro che continuare a leggere😈

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XOXO, Allison💕

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