Capitolo Nove - Ma è un vibratore?
Arrestai immediatamente i miei passi e sussultai. Mi voltai di scatto verso la mia migliore amica, chiedendomi se per caso fosse impazzita.
«Cosa cavolo ci fa lui qui?» domandai sconvolta.
«Cosa cavolo ci fa Ashton Miller, con i suoi due amichetti, qui?!» insistetti ancora, con gli occhi sgranati e uno sguardo di fuoco rivolto verso di lei.
«Ieri, uscendo dall'aeroporto, ho incontrato Benjamin. Aveva finito anche lui il suo turno, così ci siamo messi a parlare un po' e mi è venuto spontaneo chiedergli se avessero voluto venire anche loro questa sera» mi rispose, facendo spallucce e continuando a camminare verso quel ristorante.
Era il primo dicembre e come di consuetudine, Cara aveva organizzato quella cena da Don, uno dei più famosi ristoranti italiani della città, che si trovava vicino allo Stanley Park.
Cara organizzava quella cena da quando ci eravamo conosciute, lo vedeva come un modo per trascorrere un nostro Natale assieme. Siccome non avremmo mai potuto passare le feste tutti riuniti, chi per un impegno e chi per un altro, lei si era inventata quella cena, che si svolgeva sempre lo stesso giorno e sempre nello stesso posto.
«E perché non me l'hai detto? Ma Cara almeno lo sa?» chiesi mettendomi le mani sui fianchi. Brandi alzò gli occhi al cielo e continuò a camminare verso l'entrata di quel ristorante.
«Perché sennò avresti iniziato a fare scenate, come stai facendo adesso. E certo che Cara lo sa» rispose lei, percorrendo il vialetto illuminato.
Emisi un gemito di frustrazione e poi la seguii con passo pesante. Entrammo dentro il locale e ci dirigemmo verso quel tavolo accanto alla finestra, dalla quale avevo facilmente visto la figura di Ashton.
Il ristorante era un posto elegante, caratterizzato da luci soffuse e arredamento moderno. Dopo aver detto il nostro nome, il maitre ci accompagnò al tavolo. Sorpassammo il salone, entrando nella saletta privata che Cara aveva prenotato.
La stanza era dominata da un tavolo quadrato, in legno scuro, da otto posti tutti già apparecchiati perfettamente. Un lampadario dalle forme geometriche illuminava la sala e delle lucine a tema natalizio erano poste attorno ai cornicioni delle finestre.
«Ciao, sorprendentemente in orario» ci accolse Cara, venendoci incontro. Ci salutammo con un bacio sulla guancia e un abbraccio.
«Ringraziami, l'ho obbligata ad iniziare a prepararsi oggi pomeriggio» rivelò Brandi, salutandola a sua volta.
«Beh, direi che ne è valsa la pena, questo vestito è stupendo» commentò Cara, prendendomi per mano e facendomi fare un mezzo giro su me stessa.
«L'ennesimo costosissimo regalo del suo fidanzato» asserì Brandi, attaccando il suo cappotto all'appendiabiti e camminando poi verso gli altri tre ragazzi.
«E allora vedi che siete tornati assieme tu e Harold! Ho fatto bene ad invitare anche lui stasera» disse Cara, voltandosi e sedendosi al suo posto.
Brandi quasi si strozzò con il vino che già stava sorseggiando e io sgranai gli occhi.
«No, fermi tutti, prima di una possibile crisi isterica fatti salutare» Simon si intromise in quella conversazione, venendomi incontro. «Come va la testa?» mi chiese poi, spostandomi i capelli per controllare se sulla mia fronte ci fosse ancora il bernoccolo o un qualsiasi segno.
«Va tutto bene, grazie» gli risposi, rassicurandolo.
«Tu hai inviato» mi bloccai immediatamente, nel momento in cui mi ricordati che, in quella stanza, erano presenti anche Ashton e i suoi due amici. Non volevo di certo fare una scenata davanti a loro, o fargli sapere gli affari miei.
Probabilmente avevano sentito tutto il nostro discorso e probabilmente era per quello che Benjamin mi fissava divertito.
Dopo aver salutato Edwin con un sorriso e un cenno del capo, il mio occhio cadde sulla figura di Ashton. Se ne stava in disparte, con le mani nelle tasche dei pantaloni neri eleganti. Sopra indossava una blusa nera, leggermente trasparente, con dei piccoli puntini bianchi e uno scollo a V, che lasciava intravedere il suo petto muscoloso e pulito.
La giacca dal taglio dritto accentuava le sue spalle larghe e gli dava un'aria da uomo d'affari. Che veniva subito smentita da quegli stivaletti in pelle in stile Beatles. A differenza mia, lui non mi stava rivolgendo nemmeno uno sguardo. Perciò mi decisi a prendere posto a quel tavolo.
«Questa me la pagate entrambe comunque» dissi a denti stretti, mentre mi versavo una significativa quantità di quel vino bianco, frizzante, nel bicchiere.
«E su, smettila. Non voglio lamentele alla mia cena di Natale» mi riprese Cara, puntandomi il dito contro e rivolgendomi uno sguardo severo.
Mi guardai un po' in giro, di Harold non sembrava esserci traccia. L'orario prefissato per il ritrovo era già passato da un pezzo ormai e lui non era mai in ritardo.
Magari si è dimenticato.
Pensai, con una lieve tristezza nell'ipotizzare che si potesse essere scordato di quell'invito, sapendo che ci sarei stata anche io.
Alla fine tutti presero posto attorno a quel tavolo. Nel giro di pochi minuti avevamo già terminato un'intera bottiglia di vino e ne avevamo ordinate altre due. Passare del tempo assieme alle mie amiche era sempre splendido.
Amavo il modo in cui scherzavamo e spettegolavamo. Mi piaceva che ci trovassimo in disaccordo su varie questioni e potessimo avere uno scambio di idee e una discussione. E adoravo il fatto che, sotto altri aspetti, fossimo molto simili.
Mi dovetti ricredere sulla presenza di quei tre nuovi ragazzi. Benjamin era un tipo davvero simpatico, a cui piaceva scherzare e intrattenere la serata. Edwin, invece, essendo di indole più pacata, si era subito trovato bene con Simon. I due avevano intrapreso una conversazione sull'hockey e su come la stagione di quell'anno potesse promettere bene per le due maggiori squadre canadesi.
Ashton rimaneva sempre silenzioso, si limitava ad osservare e ascoltare i discorsi altrui. Se si prestava attenzione alla sua figura si poteva capire facilmente che fosse un uomo schivo e molto attento ad ogni dettaglio. Notava tutto, anche il più piccolo particolare, non gli sfuggiva nulla.
«Eccomi!» quell'esclamazione attirò l'attenzione di tutti. Ognuno di noi si voltò verso l'arco che faceva da entrata in quella saletta. «Scusate il ritardo, ma mi hanno trattenuto in aeroporto per un problema con una tratta di volo» Harold fece il suo ingresso, trafelato e visibilmente dispiaciuto per l'inconveniente.
Se c'era una cosa che odiava era proprio l'imprecisione. Programmava tutto, per filo e per segno e non si lasciava mai sfuggire nulla.
Salutò Cara e Brandi con un bacio sulla guancia, Simon con una stretta di mano e un abbraccio ed infine si presentò ai tre nuovi membri di quella sera.
«Piacere, Harold» tese la mano a Benjamin ed Edwin, che ne ricambiarono la stretta vigorosa. «Io e te già ci siamo visti invece» commentò sorridendo, una volta arrivato il turno di Ashton. Quest'ultimo fu distaccato come sempre, non si sbilanciò minimamente e si limitò a stringergli la mano.
Brandi si trattenne dal ridere e la mia mente tornò indietro a quella sera in cui mi ero ubriaca al Roxy Bar ed ero stata gentilmente scortata a casa da Ashton.
L'imbarazzo di avergli vomitato sulle scarpe non mi avrebbe mai abbandonata.
Ero una di quelle persone che si ricordava le figuracce per anni e anni e si tormentava chiedendosi se anche gli altri facessero la stessa cosa.
Il che era uno strazio, perché la mia vita era costellata da continui momenti imbarazzanti.
Notai subito come Ashton osservò il volto di Harold e il modo in cui riusciva a risultare affascinante e ammaliante anche solo stando immobile in mezzo ad una stanza.
Il più grande dono di Harold era proprio questo, il saper far cadere chiunque ai suoi piedi. Gli bastava davvero fare il suo ingresso da qualche parte e tutti gli occhi venivano automaticamente puntati su di lui. Aveva un carisma naturale e riusciva a conquistare qualsiasi persona si parasse sul suo cammino.
Anche le più restie, come Brandi, alla fine cedevano al suo fascino. Se la mia migliore amica mi aveva spinto nelle sue braccia, dopo tutte le cattiverie che gli aveva detto dietro, era perché anche lei non aveva resistito davanti a quella scena all'aeroporto.
Harold prese posto accanto a me, lasciandomi un bacio all'angolo della bocca e recuperando subito il menù.
A qual punto, dato che ormai eravamo davvero tutti, ordinammo da mangiare e attendemmo i nostri piatti tra una chiacchiera e l'altra.
«Sei un pilota quindi?» gli domandò Benjamin, con tono particolarmente interessato.
«Esatto, da più di sette anni ormai» rispose Harold, sorseggiando del vino rosso.
«Non hai origini canadesi, o sbaglio?» chiese poi Edwin. Come già mi aspettavo, nemmeno loro erano riusciti a resistergli e in quel momento si trovavano a rivolgergli tutta la loro attenzione.
«Sono olandese» disse semplicemente. «Ho visto che lavorate anche voi all'aeroporto. Come vi trovate?» a quel punto anche lui si trovò a rivolgergli qualche domanda. Ma più per cortesia che per reale interesse.
«È un lavoro decisamente tranquillo rispetto a come eravamo abituati prima» confessò Benjamin, trattenendosi dall'aggiungere altro, dopo aver lanciato un'occhiata ad Ashton, che sedeva accanto a lui.
«Ti sei ripresa da quel piccolo incidente sul volo?» la domanda di Edwin mi lasciò piacevolmente sorpresa, facendomi notare ancora quanto fosse premuroso nei confronti degli altri.
«Quale incidente?» Harold si rivolse a me, guardandomi con un sopracciglio alzato e un'espressione preoccupata dipinta in volto.
Immediatamente mi ricordai di non averne fatto parola con lui e mi ritrovai abbastanza in difficoltà nel rispondergli. Gli spiegai quanto accaduto giorni prima e specificai che non era stato nulla di grave.
«Ma perché non me l'hai detto? Sarei sicuramente venuto subito da te» scrutò il mio volto con i suoi magnetici occhi azzurri, come per accertarsi che davvero non ci fosse nulla di cui preoccuparsi.
Brandi, seduta davanti a me, si stava divertendo parecchio nell'osservare quella scenetta.
E come darle torto?
«Perché fondamentalmente non è successo niente per cui valeva la pena preoccuparsi. Simon mi ha controllata e poi ho incontrato Edwin che si è offerto di darmi un passaggio» nella mia ulteriore spiegazione mi sentii in dovere di ringraziare nuovamente quel ragazzo per la sua gentilezza e disponibilità nei miei confronti.
Non so perché mentii, o meglio, non so perché decisi di omettere tutto il resto del racconto, ma preferii non far sapere ad Harold che, lo stesso uomo che aveva trovato in casa mia, mi aveva accompagnata e si era anche dovuto fermare da me per cause di forza maggiore.
«In realtà l'ho riportata io a casa» la voce di Ashton si intromise in quella conversazione. Aveva usato un tono di sfida e lo sguardo che mi stava rivolgendo lo confermava.
A quel punto, Brandi non riuscì più a trattenersi, si lasciò scappare una risata e iniziò a mangiare la sua parmigiana di melanzane come se fossero dei popcorn e lei si trovasse sul divano, davanti a una telenovela.
Harold si voltò verso di lui, accennando un falso sorriso. «Beh, allora suppongo che debba ringraziarti per aver riportato la mia Willow a casa» disse poi, come se improvvisamente si fosse aperta una competizione tra loro due.
A quell'affermazione spalancai la bocca e gli lanciai un'occhiataccia. Ero davvero infastidita dal fatto che mi avesse etichettata come sua. Quel "mia Willow" era stato detto semplicemente con l'intento di provocare e marcare i confini.
Io e Harold non stavamo insieme, non eravamo più una coppia, anche se tendevamo a comportarci da tali. Perciò, il fatto che parlasse così di me, come se fossi una sua proprietà, mi fece ribollire il sangue nelle vene.
Ma decisi mantenere la calma. Non volevo mettermi a litigare con lui davanti a tutti, gli avrei fatto un bel discorsetto finita quella serata.
Buttai giù tutto il vino rimasto nel bicchiere e finii il mio piatto di lasagne.
Mano a mano la serata si distese e gli argomenti cambiarono, spostando, fortunatamente, il focus di attenzione dalla mia vita privata.
«Vieni da me?» mi chiese Harold, nel momento in cui ci alzammo per recuperare le nostre giacche. Lo guardai con gli occhi assottigliati e le labbra arricciate.
«Volentieri, anche perché dobbiamo parlare di alcune cose» rivelai decisa.
«Ci vediamo nel parcheggio» mi comunicò a testa bassa. Probabilmente aveva già intuito a cosa mi stessi riferendo.
«Pago io per te, almeno ti restituisco i soldi di tutti i pranzi fatti a scrocco questa settimana» Brandi mi raggiunse, mentre si infilava il cappotto e armeggiava con la sua borsetta.
«Tranquilla, sai che non è un problema per me. E comunque penso proprio che Harold stia già pagando per tutti» dissi, indicando la cassa dove quest'ultimo era in coda.
«Quello stronzo!» esclamò lei, spostando lo strascico del vestito in modo decisamente teatrale. «Non ci deve nemmeno provare, io devo saldare i miei debiti» aggiunse poi, buttandosi nel salone principale. «Harold! Fermo!» gridò, fregandosene del fatto che fossimo in un locale di lusso e altre persone si stessero godendo la loro cena in pace.
Osservai la mia immagine nell'enorme specchio appeso alla parete. Quell'abito in latex bordeaux, attillato e che arrivava poco sopra le ginocchia, stringeva perfettamente ogni mia forma. La chiusura a vestaglia sul davanti metteva in risalto il mio seno, nonostante esso fosse poco prosperoso -per non dire quasi inesistente-.
Infilai il tranch e poi mi diressi fuori da quel locale. Andai nel parcheggio e aspettai l'arrivo di Harold. Mi strinsi nella mia giacca, cercando di scaldarmi un po'.
«Il tuo fidanzato è un po' permaloso, o sbaglio?» Ashton mi affiancò, sorridendo e gongolandosi di essere riuscito nel suo intento di provocare qualcuno.
Lo guardai con le sopracciglia alzate e le braccia incrociate al petto. «E tu invece non perdi occasione per tormentarmi» gli feci notare, riportando la mia attenzione sulla strada davanti a me.
«Non farti strane idee, sono qui solo perché sto aspettando che Benjamin venga a recuperarmi» rimbeccò lui, sembrando quasi offeso da quella mia insinuazione.
Decisi di smetterla di prestargli attenzione e iniziai a frugare nella mia pochette, in cerca di un elastico per i capelli.
Quella mia tecnica di ignorarlo doveva aver funzionato, perché, qualche secondo dopo, fu lui a parlare nuovamente.
«Il marito della tua amica è molto simpatico invece» rivelò, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni e dondolandosi sui talloni.
«Simon è fantastico» commentai semplicemente, con l'aggettivo che meglio lo descriveva.
Stavo ancora cercando quel dannato elastico, quando il rombo del motore della Ferrari di Harold richiamo la mia attenzione. Alzai lo sguardo, notando che mi stava aspettando all'angolo della strada.
Anche Ashton si voltò spontaneamente in quella direzione, osservando quella costosissima e bellissima auto.
Mi incamminai verso la macchina, nell'esatto momento in cui Ashton si voltò e iniziò a camminare nella direzione opposta.
E così ci scontrammo, esattamente come era accaduto al nostro primo incontro. Solo che, quella volta, a finire per terra fu la mia borsetta.
Il contenuto si rovesciò sull'asfalto e io mi ritrovai ad imprecare per quanto successo.
«A quanto pare non sappiamo relazionarci in altro modo» commentai infastidita, mentre mi chinavo per raccogliere la pochette.
Ashton rise divertito, aiutandomi a recuperare tutti i miei oggetti personali.
«Tieni, hai dimenticato il rossetto» mi disse, allungando il braccio verso di me. Spalancai gli occhi e mi voltai di scatto per recuperarlo.
«No» feci appena in tempo a dire, quando lui, osservandolo, notò un tastino sul fondo ed ebbe la bella idea di premerlo. Mi portai una mano sulla faccia e scossi la testa.
«Ma è un... un vibratore?» domandò, scoppiando successivamente a ridere.
Afferrai quel finto rossetto, non riuscendo più, nemmeno io, a trattenere le risate.
«Ogni donna ha bisogno di qualche amichetto speciale» commentai, tra una risata e l'altra.
Il divertimento lasciò spazio all'imbarazzo, facendomi tornare seria. Mi incamminai quindi verso la macchina di Harold, non voltandomi più indietro.
🌟🌟🌟
Eccovi il nuovo capitolo!
Allora, sembra proprio che questa cena "di famiglia" abbia portato a galla un bel po' di novità.
Harold e Willow sembravano essersi appena riappacificati, ma qualcosa, o meglio, qualcuno ha deciso di mettere un po' di zizzania.
Chissà perché Ashton ci ha tenuto a sottolineare quel dettaglio su chi avesse accompagnato a casa Willow.
E chissà perché Willow ha deciso di tenere tutto nascosto ad Harold.
Che dire, lo scoprirete solo continuando a seguire la storia😈
Ne vedrete delle belle d'ora in poi!
Lasciate una stellina nel caso il capitolo dovesse esservi piaciuto e non dimenticatevi di commentare facendomi sapere cosa ne pensate.
Per qualsiasi cosa non esitate a scrivermi.
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XOXO Allison💕
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