🇮🇹 ⊹. CAPITOLO 2. | The Night We Met.
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I am not the only traveler
who has not repaid his debt.
I've been searching
for a trail to follow again.
Take me back
to the night we met.
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Nonostante gli sforzi durati poco più di un minuto, Federico non riusciva assolutamente a concentrarsi nella rilettura dei suoi appunti, e la sua calligrafia incomprensibile non aiutava di certo.
L'italiano in genere era abituato a stare completamente solo, quando sedeva nel suo angolo all'università, alla scrivania in camera sua, e quando tornava a casa con l'autobus.
Nelle sere in settimana a mezzanotte quasi nessuno prendeva l'autobus. E soprattutto, gli unici che lo facevano sedevano lontani da lui, lasciandolo così rinchiudersi nella sua bolla a studiare.
Ma questa volta, nemmeno le sue cuffie riuscivano a isolarlo del tutto e a sopprimere l'inspiegabile curiosità che sembrava provare nei confronti dell'uomo seduto di fronte a lui.
Il ragazzo dai capelli castani decise di alzare discretamente la testa, pronto a distogliere rapidamente lo sguardo se necessario, per identificare meglio l'uomo che era salito sul suo stesso autobus.
Lo sconosciuto seduto davanti a lui doveva avere la sua età, a quanto ne dedusse nonostante il cappuccio calato sulla testa che gli nascondeva i capelli e gli proiettava una sottile ombra sul viso.
Un dettaglio, però, colpì particolarmente Federico. E non erano stati solo i lineamenti leggermente tirati e il viso affascinante, snello e appena visibile dello sconosciuto ad attirare la sua attenzione in primo luogo.
Era la sua felpa nera. Completamente scura, ad eccezione del logo bianco sul lato sinistro, all'altezza del cuore. Il logo della Juventus. Ed ecco che l'italiano si imbatteva nell'ennesimo suo coetaneo ossessionato dal calcio.
Il ragazzo aggrottò appena le sopracciglia, accennando una smorfia. Lo sconosciuto aveva lo sguardo incollato al cellulare, sul quale stava scorrendo i post di Instagram, tutti rigorosamente di calcio.
Federico mantenne lo sguardo discretamente fisso sul giovane che aveva di fronte. Lanciò un'ultima occhiata al logo della Juventus sulla sua felpa, prima di fissare il suo volto parzialmente coperto dal cappuccio.
Purtroppo fu proprio in quel momento che il nuovo arrivato alzò la testa, e che i loro sguardi si incontrarono per un istante senza che il ragazzo dai capelli castani avesse il tempo di girarsi e comportarsi come se nulla fosse.
Ora che l'uomo davanti a lui aveva alzato la testa, Federico poteva vedere chiaramente in dettaglio il suo viso spigoloso. I suoi lineamenti erano affilati e vigorosi, e la sua mascella era squadrata e incorniciata da una leggera barba di qualche giorno, che accentuava il suo aspetto quasi selvaggio.
Il suo cappuccio era leggermente sollevato per rivelare i suoi capelli scuri, corti e disordinati, con alcune ciocche che gli cadevano sulla fronte.
Ma soprattutto c'erano i suoi occhi. Le sue pupille scure, quasi nere e il suo sguardo intenso, che fissava Federico, scatenando nell'italiano una sensazione sconosciuta che affiorò per la prima volta in lui.
Il cuore cominciò a battergli rapidamente nel petto. Si sentiva come se fosse immerso nell'oscurità degli occhi di quest'uomo, sentendosi come se non potesse sfuggirgli.
Era qualcosa di preoccupante, ma anche rassicurante. Perché al di là dei suoi occhi penetranti, Federico aveva l'impressione di vedere molto di più, sepolto in profondità dietro un'armatura che lo sconosciuto sembrava aver tessuto per proteggersi.
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And then I can tell myself,
what the hell I'm supposed to do ?
And then I can tell myself,
not to ride along with you.
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Il silenzio che si era instaurato in quel breve istante in cui l'italiano sembrava sentire il battito incessante del proprio cuore venne rotto nel momento in cui l'uomo davanti a lui aprì bocca.
« Vuoi una foto ? » Ringhiò lo sconosciuto, aggrottando le sopracciglia scure con aria quasi minacciosa, che permise tuttavia a Federico di ritornare con i piedi per terra.
L'italiano aprì appena la bocca per rispondere, ma le parole gli rimasero bloccate in gola senza che riuscisse a tirarle fuori. Così si fece più piccolo che poteva, quasi sperando di scomparire sul suo sedile.
« Oppure hai anche un commento da fare sul fatto che ancora non capisco come funziona il vostro maledetto sistema di trasporto pubblico? » Suggerì in alternativa lo sconosciuto, parlando nuovamente con aria sarcastica.
Mentre pronunciava quelle parole, girò leggermente la testa verso la cabina di guida nella parte anteriore dell'autobus. Era quindi evidente che avesse sentito il commento razzista dell'anziano conducente dopo il loro scambio.
« N-no... non è questo, non c'entra niente. È una cosa mia. » Chiarì frettolosamente Federico, cercando di mantenere il controllo della voce, quando l'uomo riportò gli occhi su di lui.
Non si sarebbe certo messo a spiegare a uno sconosciuto il motivo del suo odio per il calcio. Aveva sempre avuto difficoltà a parlarne, anche alla sua famiglia e al suo psicologo, e non lo avrebbe certamente fatto adesso.
Era complicato ed avrebbe avuto troppo da dire. Quelli che erano stati i suoi sogni, i suoi complessi, la morte di suo padre e tutto quello che gli stava accadendo in quel momento. I suoi dubbi e la sua voglia di lasciare andare tutto. Chi avrebbe mai voluto ascoltare?
Usò un tono rassegnato, sperando che non suonasse cattivo al suo interlocutore. Tuttavia, quest'ultimo sembrava sulla difensiva, e si raddrizza leggermente sul suo sedile per guardarlo freddamente.
« È perché non sono italiano e non riesco a capire la tua situazione ? » Disse lo sconosciuto, nuovamente accigliato.
Federico abbassò appena lo sguardo sul suo quaderno, che teneva ancora sulle ginocchia. Esitò a scendere alla fermata successiva, per sfuggire a quella situazione nella quale si era involontariamente messo.
Lo sconosciuto sembrava scontroso, o semplicemente pensava di trovarsi faccia a faccia con l'ennesimo razzista che aveva incontrato nella sua vita. Nonostante la mancanza di reazione da parte del ragazzo dai capelli castani, continuò rivolgendosi a lui con ancora più insistenza.
« Qual è il tuo problema ? Un serbo ti ha fatto un torto e stai pensando a come vendicarti? Oppure ti ricordo il tuo ex che ti ha tradito crudelmente con il tuo vicino ? » Ipotizzò lo sconosciuto con un sorriso scettico, alzando un sopracciglio.
Questa volta fu Federico ad aggrottare la fronte quando alzò la testa. Quest'uomo si stava facendo dei film e se la stava prendendo con lui. E l'italiano non voleva fungere da sacco da boxe per questo nuovo arrivato, quando voleva solo tornare a casa.
« Non c'entra niente. È solo la tua felpa. » Disse finalmente il ragazzo dai capelli castani, sperando di troncare così la conversazione, senza rendersi conto che si era semplicemente messo i bastoni tra le ruote cadendo in un delirio che non voleva affrontare.
Rapidamente, il suo interlocutore, che secondo quanto aveva detto era serbo, abbassò la testa verso la sua felpa. Poi prese il telefono per dare un'occhiata allo schermo e alzò la testa, con una scintilla divertito negli occhi.
« Ho capito. Sei milanista e sei incazzato perché state perdendo 3 - 1 contro la Juve ? » Ipotizzò, cambiando subito tono, diventando quasi amichevole.
Federico si morse il labbro inferiore, già ridotto quasi a brandelli, con aria seccata. Non aveva seguito la partita e onestamente quella era l'ultima cosa che gli importava in quel momento.
Però non sembrava essere il caso dell'uomo che aveva di fronte, che lo aveva scambiato per un appassionato di questo sport che lo studente universitario cercava in ogni modo di evitare.
« Senti, vi dovete solo sbarazzare di quel pagliaccio di attaccante che è Giroud, con i suoi piedi quadrati. » Continuò il serbo, che sembrava quasi entusiasta nel parlare di quello che deve essere senza dubbio il suo sport preferito.
Federico strinse appena tra le mani il suo quaderno posato sulle ginocchia. La sua gamba aveva iniziato a tremare leggermente, e non riusciva a concentrarsi sullo sguardo ormai entusiasta dell'uomo di fronte a lui.
« Mettetelo invece tra i pali e procuratevi un vero attaccante. Avete i soldi per farlo ma Pioli e la vostra dirigenza sono degli incompetenti. Dovreste prendere esempio da noi. » Ridacchiò, poggiando una mano sul logo della Juventus sulla sua felpa.
« Smettila. » Federico lo interruppe prima che il suo interlocutore avesse finito di parlare, e senza controllare il tono della sua voce, che suonò fredda e quasi aggressiva.
Lo sconosciuto tacque subito, guardandolo con un'aria quasi sorpresa. Si stava sicuramente chiedendo se non si fosse spinto un po' troppo oltre, parlando con chi pensava fosse un tifoso della squadra contro cui la Juve stava vincendo.
« Io non tifo Milan. Né nessun'altra squadra di calcio, del resto. Non me ne frega niente di questo stupido sport. » Si affrettò a chiarire Federico a bassa voce, lasciandosi ricadere contro il suo sedile.
Il suo interlocutore non rispose, e il suo sguardo sorpreso si era dissipato mentre sembrava cercare una risposta a questa reazione dell'italiano. Anche la sua freddezza iniziale sembrava essere scomparsa, lasciando il posto a una sorta di empatia che si leggeva nei suoi occhi.
L'autobus continuò ad avanzare, producendo un rumore metallico e stridente che prese il posto del silenzio che si era creato tra i due uomini che si fissavano senza dire una parola.
Federico distolse lo sguardo per fissare un punto vago sul terreno ai suoi piedi. Non aveva alcun controllo sulle reazioni del suo volto, e probabilmente le sue guance si erano colorate di rosa a causa dell'imbarazzo che provava.
Doveva sicuramente apparire come un deficiente agli occhi di quell'uomo che non conosceva, e che doveva sicuramente ripetersi che non avrebbe mai più preso l'autobus a quell'ora, se ciò significava incontrare persone del genere.
« Mi dispiace. » Si scusò il serbo contro ogni aspettativa, con un tono che apparse sincero e che cancellò subito il timore iniziale che Federico aveva provato di fronte al suo atteggiamento aggressivo.
Chiesa alzò appena la testa, e il suo sguardo incontrò ancora una volta quello del serbo, che lo stava già osservando mentre teneva il suo telefono spento.
« Pensavo fossi ossessionato dal calcio come tutti i tuoi connazionali. È una cosa assurda, ma a quanto pare sei diverso. Senza voler avere pregiudizi, ovviamente. » Disse velocemente, alzando le mani in segno di scusa.
« Non fa nulla. » Mormorò Federico con voce appena udibile, quasi colpito dalle parole di questo sconosciuto con il quale era bastato appena uno scambio per far nascere una scintilla.
Tuttavia, una frase in particolare aveva colpito il ragazzo dai capelli castani. Il suo interlocutore gli aveva detto che lui era diverso. E non solo per l'odio che provava nei confronti del calcio e che andava contro l'amore di tutti gli altri italiani per questo sport.
Lui era diverso perché qualunque altro figlio degno di questo nome avrebbe inseguito il sogno di diventare un calciatore per onorare il padre defunto. E lui aveva fatto esattamente il contrario. E non lo considerava certo un motivo di orgoglio.
Ma lo sconosciuto non c'entrava niente. Non poteva saperlo, e nonostante tutto Federico non poteva avercela con lui come lo faceva con tutti quelli che parlavano di questo sport in sua presenza, conoscendo benissimo il rapporto che aveva con esso.
L'italiano non dovette fare lo sforzo di riprendere la conversazione, perché l'autobus si fermò, segnalando la fermata dove doveva scendere, un sollievo.
Si alzò dal suo posto dopo aver raccolto le sue cose e le gettò velocemente e senza delicatezza nell suo zaino, che chiuse rapidamente.
« Aspetta. » Fece lo sconosciuto mentre Federico stava per voltarsi per dirigersi verso l'uscita dell'autobus dove si trovava la cabina del conducente in attesa che scendesse.
Il ragazzo dai capelli castani si fermò e si voltò verso il serbo, che già lo stava fissando con uno sguardo indecifrabile che nascondeva dei pensieri che l'italiano non osava provare a decifrare.
« Posso sapere come ti chiami ? » Chiese l'uomo, con un tono interrogativo misto ad un tocco di dolcezza che quasi sorprese Federico.
Quest'ultimo esitò un attimo, con la mano posata sulla tracolla dello zaino che aveva in spalla, pronto a partire. Che senso aveva cercare di scappare come un codardo ? Rispondere non gli costava nulla.
« Federico Chiesa. » Disse a bassa voce, ma lo sconosciuto annuì solennemente, facendogli capire che aveva sentito perfettamente, e che ne stava prendendo nota mentalmente.
L'italiano non aspettò un attimo di più, e salutò l'uomo con un breve cenno del capo, prima di percorrere il corridoio principale del veicolo e scendendo dall'autobus.
Prima di mettere i piedi sul cemento del marciapiede, però, il ragazzo dai capelli castani udì alcune ultime parole pronunciate da colui con cui aveva parlato brevemente. Parole che miracolosamente arrivarono alle sue orecchie prima che le porte dell'autobus si chiudessero dietro di lui.
« Spero di rivederti allora, Federico Chiesa. » Furono le parole pronunciate dal serbo dal viso slanciato, un'immagine che rimase impressa nella mente di Federico mentre guardava l'autobus allontanarsi e scomparire dietro la curva della fermata.
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When the night
was full of terrors.
And your eyes
were filled with tears.
When you had not
touched me yet.
Oh, take me back
to the night we met.
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