Capitolo 7
(NM) si trovò da sola sul pavimento freddo a guardare Valentine, intenta a tornare verso la sala da pranzo in cui c'erano il marito e il fratello, nonché il piccolo Jacques, il suo adorabile figlio.
Quella donna le piaceva ancor meno, ma se voleva realmente aiutare se stessa doveva allearsi con lei. Come poteva essere tanto crudele da voler assassinare il fratello che -da quel poco che aveva visto- la adorava così tanto?
Non aveva mai capito gli esseri umani.
Erano creature corrotte e avide come poche a questo mondo, si rifiutava di essere come loro.
Prima erano persone gentili e amabili, e poi cercavano di far assassinare il fratello alla futura cognata per i soldi.
Quella donna non aveva veramente un briciolo di pietà per il fratello maggiore che da piccola ammirava tanto?
Cosa poteva fare la semplice figlia di un orologiaio? Quello era il mondo dei nobili e doveva giocare secondo le loro regole, indipendentemente da quanto sleali e ingiuste fossero.
Lei era cresciuta a Whitechapel, correndo tra le vie con Tristan Madness e giocando a carte con la vecchia Hester, soprannominata Nonna Sissi da tutti i bambini della sua annata o poco più piccoli.
Fin dal giorno della sua nascita sapeva che c'era qualcosa di sbagliato in lei e ne aveva avuto la conferma quando gli incubi iniziarono a movimentare le sue notti. Forse Nonna Sissi aveva ragione, forse era veramente il diavolo che si era innamorato di lei e che l'aveva presa di mira.
E (NM) si chiese se quello stesso diavolo non fosse Vanitas, che la desiderava come un cane randagio desiderava la bistecca del macellaio.
Si ricordava che i parroco le diceva che il Maledetto non si sarebbe mai presentato come un Demone con le corna e la pelle rossa, bensì come un uomo di bell'aspetto che facesse abbassare la guardia a coloro che voleva.
E lui voleva lei.
Non odiava i genitori.
Sapeva, in cuor suo, che volevano solo il meglio per lei e credevano che darla in moglie ad un uomo aristocratico fosse la scelta più saggia. Vanitas era colto e intelligente, aveva studiato medicina ed era bravo nei calcoli a mente, sembrava il partito perfetto.
Neanche lei disprezzava la somma di denaro che quell'uomo possedeva, ma avrebbe preferito non essere destinata a diventare la schiavetta di casa che apre le gambe e sforna i figli.
Sapeva che il demonio che aveva in corpo non aspettava altro.
Non voleva assolutamente uscire dalla stanza, non quella sera e non dopo gli avvenimenti della cena. Il piano era fingersi malata per allontanare quel folle di un Duca e stare finalmente in tranquillità.
Aveva un mal di testa allucinante, l'ultima cosa che voleva era sentire la voce del promesso sposo.
Era cresciuta sentendo parlare di vero amore, di Romeo e Giulietta che avevano mandato tutto in malora per il sentimento che provavano l'uno per l'altra. Sentiva che era innaturale, nonostante fosse il normale ordine delle cose.
Era un'epoca ingiusta, quella un cui era nata. Un'epoca che non credeva nei valori e che la vendeva come una vacca al mercato solo perché non era nata con un'inutile pezzo di carne tra le coscie.
Era seduta sul bordo del letto -con la camicia da notte già indosso- quando sentì bussare alla porta.
«Avanti!» disse, per poi sentire la porta aprirsi con un cigolio e vedere Vanitas entrare dalla stessa con un sorrisetto beffardo in volto.
Era leggermente rosso in viso, segno che forse aveva bevuto un po' troppo bordeaux quella sera, il che non era per niente un buon segno.
Poteva essere imprevedibile
«Dovreste fare qualcosa per questa porta, Duca. Vi consiglio di mettere un po' d'olio sui cardini.» disse d'un tratto, guardando il futuro marito innocentemente.
La giovane lo guardò avvicinarsi e sedersi sul copriletto (CP), giusto di fianco a lei.
Ignorò apertamente ciò che aveva appena detto, un ubriaco non fa caso a ciò che non gli interessa di solito.
«Senti, lascia che ti chieda una cosa: ti piace Valentine? Dimmi la verità.» chiese, guardandola seriamente negli occhi (CO) che amava alla follia.
Sì, follia era il termine giusto.
Quel demonio dagli occhi blu non viveva se non nella follia del suo amore non corrisposto per una ragazza che di lui non ne voleva sapere.
«No. Quei suoi occhi rossi mi inquietano, sembrano capaci di leggermi l'anima. Vostra sorella minore mi spaventa.» rispose velocemente, guardandolo timorosa. Timorosa del ricordo di quella donna e della reazione che avrebbe potuto avere il duca.
"Mi dispiace, Vale fa questo effetto a volte." fu la risposta del Duca.
(NM) sentì un brivido sulla schiena quando percepì la mano destra dell'uomo posarsi sulla sua coscia, coperta solo dalla sottile camicia da notte-che arrivava fino alle ginocchia- bianca. L'altra estremità dell'arto superiore si posò sui lacci dell'indumento che aveva sulla schiena, legati con un fiocco.
«Vuoi che ti rassicuri, (NM)? Non voglio che questa serata sia motivo di sconforto per te. Se hai paura di stare sola potrei tenerti compagnia, se afferri quel che voglio dire.»
E lei si trovò in un bivio: dare ascolto a Valentine e lasciarlo fare oppure spingerlo via per salvaguardare la sua rispettabilità?
Non lo sapeva, non lo sapeva per niente e fu quando Vanitas decise di sciogliere il fiocco e far passare la mano -stranamente libera dal guanto nero- sulla pelle nuda che disse quello che supponeva di dover dire.
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Innanzitutto, come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Non so se mettere già la Lemon nel prossimo capitolo, ditemi se è un po' presto. Oltretutto sarebbe la prima e non so come potrebbe venire...
Il doppio senso non era voluto, giuro!
Volevo dire che avevo intenzione di scrivere un'altra storia come questa, ovvero piena di yanderaggine, ma -invece che un duca- far diventare Vanitas un vampiro.
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Inutile che mi guardate così, non sto scherzando.
Ovviamente sarà parallela a questa storia e ai suoi seguiti, siccome volevo renderla una trilogia battezzata come Midnight Trilogy. Anche l'altra Storia sarebbe una trilogia, la Blood Trilogy.
Ditemi cosa ne pensate e se siete disposte a sopportare Vanitas per altri due o-nel peggiore dei casi- cinque libri.
Passo a voi la palla.
Alla prossima, folks~
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