Capitolo 38

(NM) era a tavola quando vide la carrozza del futuro marito arrivare davanti al viale dalla finestra. In realtà non se ne preoccupò molto, più che altro decise di continuare a bere il the caldo nella tazza davanti a lei, volgendo lo sguardo sul liquido.
Non sapeva cosa fosse andato a fare e tantomeno che fosse uscito, sapeva solo di aver dormito ancora un'oretta e di essersi accomodata in sala da pranzo, a capotavola. Ormai si stava abituando all'idea di essere una duchessa, non che fosse così difficile abituarsi al lusso e alla nobiltà inglese, per quanto fosse una società infame e sessista.

Il the era bollente, tanto che dovette posare subito la tazza una volta preso il primo, piccolo sorso e mandarlo giù con la velocità di un cavallo da corsa. La lingua le scottava come la sabbia sotto il sole rovente e venne distratta da quel dolore solo dalla porta che faceva d'ingresso alla sala.

«Cosa mi dovrebbe significare, esattamente?» chiese la borghese, posando la tazzina da the sul sotto bicchiere.

Appena vide Vanitas entrare con un cucciolo tra le braccia ebbe uno sguardo confuso. Il padre non aveva mai amato gli animali, tanto che era obbligata a giocare con la coppia di pastori australiani di nonna Sissi. Si ricordò in quel momento le parole che pronunciò la madre quando, anni prima, l'orologiaio si oppose al suo desiderio di un gatto.
"Giuro che appena tiri le cuoia ne compro tre!"

«Quel che è, credo. Ti ho comprato un cane, (NM). Non ti piace?»

Lei si alzò dal tavolo in tutta fretta, lasciando a sé il the caldo e avvicinandosi al corvino quasi incespicando nel -breve- tragitto. Neanche il tempo di spiccicare un'altra singola parola che l'amata già l'aveva preso in braccio, il cane. Pare le piacesse, tanto che lo stesso Duca desiderò essere al suo posto per le coccole che gli fece.

«Mi piace, sì, solo che non me lo aspettavo per niente.» disse lei, guardando l'animale e accarezzandolo con dolcezza.

•••

«Ti sta che è una merda, (NM).» commentò Amanda con la sua solita educazione, sistemando all'amica il corsetto bianco del vestito.

I capelli castani erano tenuti in una traccia lasciata cadere sulla spalla. Era dietro a (NM), a stringere con cura i lacci candidi che le avrebbero tenuto su l'abito da sposa che il futuro marito aveva appositamente scelto per lei, cosa che le andò più che bene dato che la voglia di scegliere un abito era piuttosto bassa.
Quando la sposa le fece notare la sua solita educazione da scaricatore di porto genovese, la castana strinse ancora di più i lacci candidi, facendola andare in apnea per qualche secondo.

«Devo proprio mettere il corsetto? Sai, vorrei respirare durante il mio matrimonio.» si lamentò, guardando la madre.

Magdalena non poté essere più seria in quel momento, quasi come l'austera governante che c'era in un libro che aveva letto, ma sfortunatamente non se ne ricordava il nome. La madre prendeva la faccenda del matrimonio fin troppo sul serio, per i suoi gusti.
Il matrimonio era una formalità, un qualcosa che si faceva nell'alta società per sigillare dei patti. L'amore era tutt'altra cosa, età per i giovani delle classi sociali povere, che andavano a ricercare piacere nei campi.

«Tu lo sai perché ti stai sposando, vero?» chiese l'austriaca, guardando la figlia con serietà.

Non riusciva a remebrare un giorno nei suoi diciannove anni di vita in cui quella donna fu così seria, ma la cosa non la metteva a disagio. Conosceva la madre, le importava troppo di quella messinscena per mandare tutto a monte poco prima della cerimonia in cui lei sarebbe effettivamente diventata la duchessa LaBlanc.

«No, ma mi pareva di aver sentito "Ragioni economiche" e "Siamo sul lastrico".» disse ironicamente.

La donna addolcì il suo sguardo a quella scena, constatando che aveva lo stesso sarcasmo del suo Tobias, la bambina, e non poté esserne più lieta. Aveva letto su un libro che il sarcasmo era associato all'intelligenza.
Magdalena prese le mani della figlia tra le sue e poggiò la testa sulla fronte dell'altra, chiudendo gli occhi come per non sciupare quel momento.

«Smettila di fare la bambina, (NM). Credi davvero che lo avrei permesso, questo matrimonio, se non fossi stata sicura che lui fosse l'uomo giusto? Sei mia figlia, per te voglio solo il meglio e ho preferito darti in sposa a lui, anziché a qualche rozzo mercante pieno di soldi. Sono convinta che anche tuo padre avrebbe voluto questo. Ora girati, che ti sistemo la gonna dietro.»

(NM) si rese conto che la madre usò il condizionale, quella volta. Non il presente, ma il condizionale. A dir la verità non ci fece neanche molto caso, non diede tanta importanza al tempo verbale. Non la diede, ma forse avrebbe dovuto.

-•-•-•-•

Il capitolo è piuttosto corto, è vero, ma state tranquille che ritorno domani OuO.
Quello sotto è il modello dell'abito da sposa di Reader, anche se non è molto 1889 ho pensato rientrasse nei gusti di Vanitas. :>

E niente, ditemi pure cosa ne pensate e noi ci rivediamo nel​ prossimo capitolo.
Alla prossima~

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