Capitolo 30

«Perché fare una cosa del genere?» urlò Magdalena, guardando la rossa con rabbia.

Lorina Charlotte alzò le spalle con disinteresse e si voltò da dove era venuta, prendendo il bastone da passeggio nero e mettendolo sulla spalla. Non le poteva importare di meno di lui, anche se perdere un soggetto interessate come la stessa (NM) era per lei la più grande delle disgrazie. Rhutfus sarebbe stato estasiato, nel vederla. Una creatura più unica che rara.

«Volevo che cadessi tu, non loro. Non mi hanno fatto niente, non vedo perché debba mandarli da lui. Lo conosco, se non lo provocano non farà loro alcun male. Voglio solo che ti ricordi una cosa: se loro muoiono è colpa tua.»
E detto questo se ne andò.

Vanitas aprì gli occhi e si alzò di scatto. Aveva battuto la testa al suolo e la nuca gli faceva male, ma si disse che non era quella la priorità. Si guardò intorno frettolosamente per cercare la sua amata e si rese conto del luogo in cui erano finiti.

Un giardino circolare, con al centro quella che sembrava in tutto e per tutto una Magnolia Campbelli, ma i fiori erano diversi: sembravano rose rosse come il sangue più denso. La terra era ricoperta da petali bianchi come la neve e intorno a loro c'erano le alte mura di un castello.

Non ci pensò due volte ad alzarsi e ad andare dalla sua innamorata, che giaceva a terra priva di sensi. La scosse leggermente e chiamò il suo nome più volte, finché non aprì gli occhi e si mise in piedi pure lei.
Non capivano dove potessero essere finiti, o meglio, dov'erano stati mandati.

«Vi ha mandati Lorina Charlotte, immagino. Quella lì non farà altro che darmi problemi, non la voglio più intorno. Se la incontrate di nuovo ditele pure che se prova a rifilarmi di nuovo qualcuno metto contro Delia.»

I due si voltarono verso l'alto, ovvero da dove proveniva la voce.
Su uno dei rami dell'albero era seduto un giovane uomo vestito totalmente di nero. I capelli corti erano dello stesso colore degli abiti e gli occhi, piccoli e sottili, vitrei come se fossero dei giocattoli, colorati di verde smeraldo.

Il giovane li guardava malamente, a sottecchi, mettendo a disagio la giovane borghese, la quale decise di non farsi scoraggia e si fece avanti di qualche passo e sfoggiando un meraviglia sorriso.

«Sì, esattamente. Grazie al cielo c'è qualcuno, non sappiamo come tornare. Non è che ci aiuteresti, per cortesia?»

Il giovane, che si rivelò essere chiamato Aleksander ShelKhan con una presentazione al limite dello sgarbato che fece accigliare lo sguardo del Duca, scese dal ramo scuro con un balzo, facendo un tumore metallico a causa di vari aggeggi nella cintola.

Lei sussultò e lo vide dirigersi verso una porta in legno che sembrava presa da castello medievale, dando loro la schiena in un gesto sgarbato e assolutamente irrispettoso.
La ragazza era abituata a questo tipo di trattamento, ma non il nobile, che era praticamente cresciuto sentendosi accolto e chiamato per titolo il nobiliare.

«Venite, vi porto fuori. Non vi voglio a girovagare per il mio castello. Ah, prima di tutto un avvertimento: qualunque persona all'interno di questo posto sono illusioni, non le seguite e non date loro retta.» disse lui, e i due lo seguirono.

Il corridoio principale, ovvero quello che stavano attraversando era surreale: la luce attraversava le finestre colorate in modo che ritrassero delle persone in carne ed ossa. Magdalena Gruber, Delia e molte altre persone, ma infine c'era lei, (NM). La sua era un'opera macabra. Guardava davanti a sé, in mano aveva uno stiletto insanguinato e dietro un'ombra nera dagli occhi bianchi come quelle che erano nel circo.

Inutile dire che la visione turbò la piccola non poco, tanto prese il braccio del promesso sposo, il quale neanche ci fece attenzione. Aveva un'ansia addosso che non poteva essere paragonata a niente di umanamente conosciuto.

Era uno spettacolo per gli occhi, tanto che tra ogni vetrata c'era uno specchio.
"Questi specchi riflettono la verità degli eventi che vi hanno portato qui, loro non sanno mentire." spiegò brevemente il moro, giusto per evitare domande fastidiose.

Degli specchi che riflettevano la realtà, sembrava quasi una favoletta per bambini stupidi poi che una realtà, ma dopo quel che avevano visto con Lorina Charlotte non potevano stupirsi più di tanto.
Lei alzò lo sguardo solo quando si sentì chiamare e vide che Florian aveva lo sguardo posato su uno specchio, tant'è che si rese conto di cosa narrasse: la cena del Natale 1888.
Non poté spiegare il senso di terrore che provò un quel momento.

«M-M-Mi dispiace! Era Natale, ero disperata e Lady Valentine mi ha convinta con l'inganno a stipulare quel contratto. Io non ti voglio morto, ho bisogno di te.» quasi urlò, facendo fermare pure la loro guida.

Era venuto il momento di espiare i suoi peccati, di raccontare al suo fidanzato tutta la verità riguardo al piano di Valentine e il loro patto. Forse avrebbe dovuto farlo quando erano ancora in quel lugubre pezzo del Circo, se non fosse arrivata Lorina Charlotte a interromperli.
È vero, stava per dirglielo prima, ma non aveva potuto. Non aveva sbagliato, no? Era tutto perfetto.

Era disperata, da sola e obbligata in un matrimonio di convenienza. Non sapeva più dove sbattere la testa e aveva accettato quel patto a cuor leggero, senza pensare alla felicità dei cari o a quella del bambino che doveva avere.
Se ne pentiva, se ne era pentita il momento in cui aveva capito che non poteva pensare alla propria felicità, ma spiegarlo sarebbe stato difficile.

Provò a dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscirono che sillabe strozzate.Lo sguardo del corvino era sgranato, fisso sulla superficie di vetro riflettente. Aveva paura, le tremavano le gambe. Non sapeva cosa avrebbe fatto e forse era davvero meglio non sapere niente.

«Mia sorella in tutto questo cosa centra?»

A quelle parole lei sussultò e li posò poco dopo sulla superficie di vetro.
Lo specchio rifletteva una scena del tutto diversa, o meglio, molto diversa:
(NM) era a terra in quel corridoio, da sola, senza Valentine.

----

Lo so, è venuto uno schifo assoluto e tentare di salvare il salvabile non è servito a niente. Non so, mi sembra di aver scritto qualcosa di affrettato e senza senso.

Vabbè, ditemi cosa ne pensate.
Alla prossima~

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top