Capitolo 23

«Nulla di più semplice! Serve per proteggerci!» disse la ragazza dai capelli (CC), sorridendo innocente.
Tale sorriso, però, svanì lasciando spazio ad uno sguardo perplesso quando si rese conto che non sapeva nulla di quella faccenda.

La ragazza inclinò il busto di quarantacinque gradi e mise le mani sui fianchi. Sì, somigliava davvero molto alla sua (NM), sia per quanto riguarda l'aspetto, sia per quanto riguarda l'atteggiamento.
E gli venne una forte nostalgia.
Senza di lei non poteva vivere, ne aveva bisogno come aveva bisogno dell'ossigeno.

Dire che era preoccupato era dire poco e pure quella ragazza si era accorta del suo stato d'animo, ma sapeva che non si sarebbe dovuto preoccupare. Agli umani difficilmente facevano qualcosa di male, a patto che non avessero compiuto dei peccati troppo gravi. Il problema era rassicurarlo.

«Noi non siamo umani, o meglio, non completamente. È un po' un casino, ma è meglio spiegarti tutto ora che posso.» si schiarì la voce. «Ci chiamano Chevaliers de la Rose Blache, meglio conosciuti come Incubi. Siamo umani, viviamo con gli umani, siamo come voi in tutto e per tutto, tranne che per un piccolo particolare: facciamo cose che voi non potete fare. Noi vediamo le memorie più antiche degli esseri umani, possiamo apparire loro in sogno, possiamo percepire i loro pensieri, le loro emozioni, i loro punti di forza e debolezza, oltretutto ognuno ha un potere singolare, si dice. Viaggiamo attraverso il tempo e, nella maggior parte dei casi, ci dimentichiamo cosa abbiamo fatto o visto. Oltretutto, siamo esseri esclusivamente femminili, i poteri di tramandano da madre in figlia e da figlia in nipote. Mia madre era come me, e lo sarà anche la mia bambina e le figlie che avrà. Capisci?» domandò infine, guardandolo con la uno sguardo quasi materno.

Per un momento, a Florian sembrò di parlare con sua madre, ritornata a Parigi dopo la morte di loro padre, che lasciò a lui l'intera eredità dato che  Oliver non ne voleva sapere.
Gli occhi, blu come il mare, erano gli stessi di Lady Geneviève -la figlia probabilmente aveva preso il colore degli occhi dal padre-.

Lui la guardò un po' confuso.
Non era abituato a cose del genere, insomma, era pursempre un essere umano e lui non credeva nelle fiabe, né nelle superstizione, quindi credere a quella ragazza gli risultava parecchio difficile, tanto che non si fece problemi a chiederle più informazioni riguardo alla questione.

«Siamo degli errori di codifica, o almeno così siamo stati definiti. Non siamo come gli altri esseri umani, siamo notoriamente più intelligenti, ma la nostra salute è anche più precaria e vi ammazziamo più facilmente. Beh, questo è quello che ha detto mia madre. Però, a volte capita che andiamo fuori controllo, mi spiego? Il Midnight Circus serve anche per proteggere quella parte ancora lucida, per tenerci sotto controllo.» spiegò, cercando di essere più semplice possibile.

Sapeva che non era come loro e quindi capiva ben poco, ma non era abituata a parlarne con altre persone. Gli Incubi erano trattati alla stregua di qualcosa di dimenticato, o meglio, come un qualcosa che c'era, ma che non doveva esistere.

La loro stessa esistenza era un peccato, tanto che duecento anni prima la Chiesa cercò di sterminarle usando la caccia alle streghe come scusa, ma ovviamente non ci riuscirono, perché l'equilibrio del mondo non doveva essere disturbato.

«Un'ultima cosa: perché sei rimasta qui, mente ero svenuto?» chiese Vanitas.

La ragazza dai capelli (CC) si girò, si portò le mani al petto coperto dal vestito marrone e guardò in basso con malinconia, facendo qualche passo avanti. Le vennero in mente i ricordi della sua infanzia a Vienna, tra i cafè e quando si incontrava con la sua migliore amica davanti al Duomo o quando venne invitata al Staatsoper, per vedere l'opera.

«So cosa significa essere in un posto che non si conosce. Io, quando andai in Inghilterra, di inglese non sapevo niente se non due parole e si supponeva che avrei spostato un orologiaio madrelingua. Sapevo poco e niente di lui, eppure dovevo, perché gli ero promessa da quand'ero una bambina. Poco importa se ero e sono tutt'ora innamorata di un altro.» di girò verso di lui. «Ma a te ovviamente non interessa il passato di una ragazza innamorata!»

Il ragazzo chiuse gli occhi, quasi fosse sconsolato. In realtà era solo curioso, ma non si osava s chiedere nulla alla ragazza che aveva davanti, siccome erano affari suoi e non aveva il diritto di immischiarsi.
Si chiese anche come fosse la famosa capitale austriaca, siccome non l'aveva mai visitata. Sapeva che non centrava assolutamente niente con quel discorso, però lui era curioso, a volte fin troppo.

Il nobile le diede ragione, com'era abituato a fare con la sorella minore, e le chiese di aiutarlo a cercare la fidanzata, siccome lei ne sapeva molto di più riguardo a quel posto.
Vanitas iniziò ad incamminarsi, nonostante non avesse la più pallida idea di dove andare. Si fermò pochi passi dopo, con la ragazza che lo guardava perplessa.
Dall'ombra che circondava la loro area apparve quella rossa, la stessa che scomparve in quel fumo nero. Gli occhi erano coperti dalla visiera del cilindro e in volto aveva un ghigno sadico.

«La tua fidanzatina, eh? So io dove si trova! Ma prima, tu la vedi la luna di Vienna?» chiese, con quel sorrisetto sardonico sul volto.

Inutile dire che il parigino non provava particolare simpatia per la rossa in questione, la considerava una specie di Tristan dei poveri, solo più stronza e decisamente affetta dal disturbo da personalità sadica, per quello che di ricordava dai manuali di psicologia che aveva letto.

Il volto di Magdalena si illuminò e passò davanti al corvino, per poi girarsi verso di lui e indicare la donna con la mano destra aperta. Sorrideva allegramente, la (CC), tanto che lui iniziò a pensare che fosse dalla sua parte, pronto ad accopparlo al primo tentativo, ma scacciò subito quel pensiero.
Riconosceva le bugie e lei non aveva mentito.

«Credo che tu già conosca Lorina Charlotte. È la ragazza che si occupa del Midnight Circus e che lo gestisce, inoltre cura chi ha perso il controllo ed è diventato un soggetto pericoloso.»

La donna chiamata Lorina Charlotte non si mosse, restò appoggiata al bastone da passeggio nero che teneva tra le mani coperte dai guanti bianchi.
Con l'estremità dell'arto superiore sinistro, alzò la visiera del cilindro per guardare l'umano con i suoi grandi occhi azzurri come le gemme di acquamarina.

«Cerchi la tua (NM), giusto? Sai, nella nostra lingua significa "Colei che porta la maledizione della Luna". Un nome più che azzeccato, direi.» disse con la sua voce suadente.

Vanitas non sapeva in che enorme guaio era andato a cacciarsi e, in realtà, neanche lo voleva. La sua unica colpa era quella di essersi innamorato di quella che era la sua promessa sposa e la madre di suo figlio.

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Yahoo
Non so come sia venuto il capitolo, che l'ho scritto un po' alla veloce e senza voglia .-. nel senso che non sapevo bene come continuare e non avevo voglia di pensare.

Comunque, ditemi cosa ne pensate.
Io ora vado a continuare Pocket Mirror, che è il gioco che ha ispirato questa storia. Infatti Midnight Circus è una OST che è presente nell'opera ed è la Theme Song del personaggio su cui si concentra l'arco narrativo che mi ha fatto venire in mente la trama.

Seriamente, voglio sapere cosa ne pensate del capitolo e dei personaggi. Voglio sapere come sono venute Magdalena e Lorina Charlotte.

E niente, alla prossima~

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