Capitolo 19

Era tarda sera quando tornarono a casa, più o meno verso le undici o mezzanotte. Escludendo l'omicidio di Marybeth Oldron era stata un bella serata per lui, che non riusciva a togliersi il sorriso dalle labbra.
Difatti il giorno dopo Vanitas era raggiante, nonostante sembrasse che avesse tutto da fare a questo mondo.

Alle nove spaccare del mattino, la borghese era già da sola nella villa, senza nulla da fare.
Amava quella tranquillità, siccome era dal ventun dicembre che non stava un momento senza quell'uomo. Era ossessionato da lei, lo avrebbe notato pure un cieco.

La giovane, che si era abbandonata sul divano del salottino, non è che avesse particolarmente voglia di impiegare il suo tempo in attività utili e produttive. Stava per diventare una Duchessa a tutti gli effetti, forse sarebbe stato meglio abituarsi alla sua situazione. Non che fosse così difficile.

«Guarda un po' chi c'è! È una gioia rivedervi, lady (NM). Chiedo scusa per essermi presentata così, all'improvviso.» disse una voce femminile, spalancando la porta di legno della stanza.

Valentine LaBlanc, o meglio, Valentine Harris s'era invitata alla villa del fratello ed era entrata nella stanza con la veemenza di un violento uragano. Tipico del suo carattere.
La borghese la guardò, soffermandosi sui capelli neri che erano in contrasto con la carnagione chiara.
La (CC) si alzò di scatto, giusto per avere un po' di compostezza davanti alla nobile, la quale rise portandosi una delle delicate mani davanti alle labbra colorate di rosso ciliegia.

«Ma fi- Non dovete preoccuparvi, anzi, è una gioia immensa per me rivedervi. Posso chiamarvi semplicemente con il vostro nome?» chiese, ricevendo subito dopo una risposta positiva.
In effetti in quel momento si vergognò, un poco delle sue origini umili. Stava per rispondere in modo informale, usando un colloquiale "Ma figurati!" e si corresse appena in tempo.

«Ti ricordi del nostro piano, bambina mia? Come sta procedendo la cosa?» chiese la mora, prendendole dolcemente le mani tra le sue.

L'altra sussultò, non era abituata a un simile contatto. Per meglio dire, non si aspettava che una nobile così bella e raffinata le prendesse le mani come faceva sua madre.
La cosa che la lasciò più perplessa, però, fu la voce della ragazza dai capelli neri, che sembrava leggermente distorta.

«Divinamente, tutto procede da copione.» rispose la borghese, anche se sarebbe stata tale per poco.

Ella vide un piccolo sorrisetto -seppur leggermente falsificato come la voce poco prima- formarsi sulle labbra colorate di rosso. Non poteva di certo dire di apprezzare quel colore, soprattutto se quella donna continuava a guardarla con quelle sue iridi.
A volte sospettava di non erre lei le maledetta, tra le due.

«(NM)? Scusa se sono troppo diretta, ma ho il timore che tu stia macchiando qualcosa. Lo sai, non si suppone che il sipario cali quando l'opera non è ancora giunta al termine.»

Lo sguardo si vece decisamente più cupo e preoccupato.
Forse quegli occhi rossi stavano davvero guardando ciò che la stava facendo dannare. Stavano guardando ciò che pensava e i suoi dubbi, le sue incertezze.
Sì, stava realmente tenendo in considerazione la possibilità di sciogliere il loro accordo e di lasciar che Vanitas la sposasse, anche se in quelle condizioni non poteva di certo sperare in un matrimonio felice come nelle favole.

«Ne sono al corrente, Valentine. Non abbiate timore, andrà tutto come programmato. E che ogni singola, piccola, minima, insomma che ogni cosa microscopica sia al posto suo!» rispose, mantenendo la calma.

Non poteva far trasparire i suoi dubbi, non era il momento dei ripensamenti. Certo, con un figlio non poteva trovare altra strada che non fosse quella della meretrice, per questo doveva sposare Vanitas, sia per la posizione sociale che per il denaro. Se una donna è la vedova di un uomo facoltoso è più probabile che si sposi.

«Ne sono lieta. Confido nel vostro buon senso.»

Vanitas era seduto nella sua carrozza, solo come un cane. Si stava pentendo della sua scelta, nascondere un indizio fin troppo prezioso ad Aberline.
Non seppe dire perché lo fece, lui era la persona che più voleva prendere quella Bestia che era lo Stesso di Whitechapel, ma quando fu davanti al capo dell'intera Scotland Yard gli venne un noto alla gola.

Non riuscì a parlare di quello che forse era l'indizio più importante di tutto il caso: una carta da poker, più precisamente l'asso di cuori.
L'oggetto venne trovato vicino al corpo della donna, con una frase scritta con l'inchiostro nero.

"Se vuoi diventare forte devi imparare a combattere da solo."

Il corvino non sapeva dire se quella fosse una provocazione o una frase casuale.
Cosa sapeva dello Squartatore? Era un solitario, un serial killer disorganizzato che uccideva le prostitute nel quartiere di Whitechapel, eppure la sera prima aveva cambiato radicalmente vittimologia e luogo.

Quell'uomo era una bestia, non era un essere umano. Chi sarebbe mai tanto spregevole da uccidere delle donne che non avevano fatto nulla di male? O almeno era quello che sapeva lui.
Che Aberline gli nascondesse qualcosa non era un segreto.

L'ultima tappa del Duca era la piccola bottega dei (CN), dove doveva prendere delle medicine per la sua amata. Sapeva perfettamente di cosa si trattasse e non esitò ad esaudire i suoi desideri.
Quando prese il suo orologio d'oro per guardare l'ora, lesse velocemente la frase che il padre fece incidere all'interno dell'oggetto, quasi come promemoria: "Gli specchi non riflettono sempre la verità."

Doveva dire che il padre era un uomo piuttosto saggio e concordava con ciò che fece incedere. Non bisogna credere ai pettegolezzi, nell'alta società tutti mentono per tornaconto personale, ma in quel momento gli venne un dubbio: possibile che abbia frainteso il significato di quelle parole?

«A volte non bisogna credere ai propri occhi, perché tutti a questo mondo sono capaci di essere dei lupi famelici travestiti da teneri conigli. Gli occhi sono lo specchio dell'anima, ma non significa forse che nelle iridi di una persona non vediamo il riflesso di ciò che è realmente?» rifletté il corvino ad alta voce, lasciando cadere la testa l'indietro e guardando il soffitto della vettura.

————

Ehilà~
Sono in vacanza, quindi scrivere non è che mi venga naturale, ma comunque vi ho lasciato un capitolo.

Vorrei chiedervi se vi sentite parte della storia e se sto facendo un buon lavoro e se vi sentite parte della storia.

Ve lo chiedo perché c'è una raccolta di One-Shot che sembra scesa dal cielo, quando io non mi sono sentita parte, soprattutto perché quella decideva tutto e scriveva male.
Scusate, è che sono un po' insicura.

Comunque, commentate e fatemi sapere.

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