chapter 81
Gioele
Sono dentro questo carcere da ormai diversi giorni e ho scoperto davvero tanto. Per prima cosa sono riuscito a farmi amico il mingherlino. Come ci sono riuscito? Un pomeriggio, mentre eravamo fuori nel cortiletto, ho sentito il mio compagno di cella lamentarsi del fatto che lui era in carcere per errore.
Lì per lì non ci feci molto caso, ma quando ho sentito il nome di Matteo, mi sono avvicinato per ascoltare quello che aveva da raccontare. Lui sosteneva, di essere entrato qui perché era stato incastrato da quello stronzo. Sosteneva infatti, che durante la rapina avvenuta qualche anno fa, lui fosse tranquillamente a casa sua a riposare. Si, era solo e nessuno poteva confermare in poche parole non aveva nessun alibi.
Stava per continuare la sua storia, quando all’improvviso si accorge che io lo sto ascoltando e interrompe la conversazione. Sono scioccato dalle rivelazioni che ha fatto, ma facendo il mestiere del carabiniere e avendo un fiuto infallibile sulle persone, capisco che lui non sta mentendo e che anzi sta dicendo la verità, glielo leggo negli occhi.
Devo trovare un modo per parlargli senza che nessuno ci veda, devo studiare un modo per farlo. I giorni successivi, li uso per riflettere, nessuno mi rompe le scatole e quindi posso ragionare indisturbato. Devo sbrigarmi, il tempo stringe e io non ho ancora fatto niente. Ho un'idea, mi è venuto in mente, che a chi non ha commesso reati concedono un permesso speciale, quello di rimanere un'ora in più in cortile. Il mingherlino rientra in questa categoria di detenuti.
Ora la cosa più importante, è fare in modo che in quel giorno anch'io rimanga in quella zona, affinché possa parlare con lui. I giorni passano e purtroppo non ho occasione di poter stare da solo con lui.
Sono frustato, penso addirittura di gettare la spugna, sino a quando un giovedì pomeriggio, stranamente, una guardia si avvicina e mi dice: << Hai diritto a stare un’altra ora, ti sei comportato bene in questo lasso di tempo e quindi te lo sei meritato.>> mi saluta e mi lascia solo. Sono felice, perché con me c’è pure il mingherlino. Devo trovare una scusa per avvicinarmelo non posso sprecare questa bella occasione. Poi ho un flash, lui ama giocare a palla e qui in cortile ne abbiamo una.
La recupero e gliela lancio. Si gira verso di me e controvoglia e me la lancia. <<Scusa! Ho lanciato la palla nella direzione sbagliata.>> gli dico cercando di fare il finto tonto. <<Di niente. Tu sei il nuovo arrivato vero?>> mi risponde con un tono molto pacato e gentile. <<Si, esatto. Mi chiamo Antonio e tu?>> domando sperando in una conversazione. <<Io? Sebastiano. Sei il primo a chiedermelo. Qui nessuno vuole parlare con me.>> ha gli occhi tristi, carichi di una dolcezza infinita. <<Ci sono io se ti va, posso sapere che ci fai qui dentro?>> forse sono stato diretto, ma a me interessa davvero la sua storia. << Senti! Non ti conosco lasciami stare!>> siamo partiti con il piede sbagliato, ma non demordo.<<No, aspetta! Io posso aiutarti. Se mi dici qualcosa di te. Fidati.>>
Ed è vero che posso dargli una mano, ma lui deve dirmi tutto sennò sarà stato tutto inutile il mio interesse per Sebastiano. <<Nessuno mi può aiutare. Nemmeno tu. Non mi crederai. Quindi lasciami stare.>> a quanto pare è un tipo tosto, ma io lo sono di più. <<Come fai a dirlo? Se non so nemmeno la tua storia?>> gli dico cercando di fare il duro. <<Oh, e va bene. Cercherò di fidarmi di te. Vieni, avvicinati! Ti racconterò cosa mi è successo qualche anno fa, va bene?>> finalmente, l'ho convinto. Mi siedo accanto a lui e attendo che inizi a raccontarmi tutto:
Mi chiamo come ti ho già detto Sebastiano. Ho quarantuno anni e da due anni sono in carcere. Ma sono qui per errore. Io non ho fatto niente. Allora ti spiego: due anni fa, un tizio di nome Matteo viene a casa mia dicendo che devo aiutarlo a fare una rapina anzi la rapina del secolo. Io mi sono rifiutato perché ho una famiglia che mi sono costruito con grande amore. Lui esce da casa dichiarando vendetta nei miei confronti.
Io non gli do retta e continuo la mia vita come mio solito: lavoro e famiglia. Una sera però, mentre dormivo beato, sento il campanello. Vado ad aprire e mi vedo i carabinieri. Stupito li faccio entrare tanto non avevo nulla da nascondere. Indovina che hanno trovato? Droga e alcuni oggetti rubati dalla gioielleria.
Ma la cosa più brutta, è che è stata trovata l'arma del delitto in casa mia con le mie impronte. Disperato, ho cercato di far capire che non c’entravo niente, ma non ci fu verso. Sono stato messo in carcere e da lì ci sono rimasto. Ora sono due anni qui dentro e nessuno crede alla mia innocenza.
Conclude il suo racconto e io sento di credergli. <<Sai, ti aiuterò ad uscire da qui.>> gli dico con il sorriso sulle labbra. Sebastiano fa fatica a credere quello che gli ho detto, ma abbozza un sorriso. <<Ah si? Eccome sentiamo!>> Mi risponde con un tono molto triste. <<Senti, io rischio, ma se ti confido una cosa, mi prometti di mantenere il segreto?>> so che facendo così, metto a rischio la mia protezione, ma lui ha bisogno di me e io di questo ragazzo. Sebastiano, mi fa cenno di si e io gli dico: <<Sono un carabiniere in missione. Ti prego non dirlo a nessuno! Tu sei innocente e io posso tirarti fuori dai guai. Io mantengo sempre la parola data.>> il mingherlino mi guarda stupito, ma stranamente e con mia grande sorpresa accetta di stare in silenzio. <<Va bene. Non dirò niente, tranquillo.>> Bene, mi sento più sereno. Nei giorni avvenire, cercherò un modo di captare altre informazioni da Pietro. Ovviamente, sempre di nascosto da quel signore grosso e molto cattivo.
Nel giro di due settimane, vengo a scoprire che Matteo ha sempre meno contatti con Carolina, e questo mi fa insospettire, perché loro sono sempre insieme. Devo capire che cosa è successo, così una sera, proprio mentre sono solo con Pietro, gli parlo. <<Allora, il mio tempo sta per scadere. Per piacere, mi dici dove si trova Matteo? Un'altra cosa, sai qualcosa di Sebastiano? >> lui mi osserva attentamente, poi finalmente si decide a parlare: <<Oh, e va bene! I nostri incontri, li facevamo in una casa distante da Parma. Per la precisione in periferia. C’è n'è una sola. Non ci abita nessun'altro. Per questo abbiamo scelto quel luogo.
Per quanto riguarda il mingherlino, beh, è stato incastrato da Matteo per vendetta. Lui non gli ha fatto il favore e allora il capo l'ha fatto mandare in prigione al posto suo. Ho parlato anche troppo. Ora lasciami stare.>> conclude per poi andare a coricarsi. Finalmente avevo più notizie e potevo rimandare in libertà pure Sebastiano.
Se ho fatto bene i conti, mi mancano altri dieci giorni da passare qui dentro, e poi uscirò da questo posto e vedrò la mia amata. In questo lasso di tempo lo dedico all'attuazione di un piano per far uscire il mio amico. Qui il tempo scorre molto lento, ma io ho da fare tante cose. Per prima cosa, chiamare Federico, per avvisarlo che so dove si trovano Matteo e i suoi scagnozzi e poi riferirgli di un detenuto. Ho pensato di farlo quando manca un giorno ad andare via da qui. Nella mia mano, segno i giorni e noto, che ormai sono vicino alla mia uscita.
Finalmente, ora posso parlare con il tenente. Con una scusa, una guardia mi dice che ho una visita, e mi accompagna dal presunto visitatore. <<Senti, adesso ti porto nell’ufficio del mio datore di lavoro, li potrai fare la tua chiamata. Non ti disturberà nessuno. Hai massimo mezz'ora non di più. Chiaro?>> mi spiega frettolosamente.
Faccio cenno di aver capito e ci dirigiamo al secondo piano. Una volta lì, la guardia mi lascia solo e mi chiude a chiave. Mi guardo per un attimo intorno e noto che la stanza è molto spoglia. Non posso stare ad osservarla per molto tempo, devo fare quella famigerata chiamata. Compongo il numero e dopo un secondo sento la voce del tenente: <<Si, chi è?>> io attendo un attimo e poi gli dico: <<Tenente, sono io! Il maresciallo. Ho ottime notizie da riferirle.>> sento dall'altra parte un sospiro e poi lo sento che mi risponde: <<Bene, dimmi!>> gli racconto tutto: di Sebastiano che si trova qui per un inganno da parte di Matteo. Poi gli riferisco di dove si trova il suo covo, a questo il tenente fa un sussulto ma non dice niente. Mi fa solo notare che devo uscire domani e che non avrò nessuno che mi verrà a prendere, ma dovrò cavarmela da solo. Prima di concludere la chiamata, gli faccio presente che deve riaprire il caso di quel signore, per farlo uscire da li al più presto.
Ora, è tutto ok, chiudiamo la chiamata e poi chiamo la guardia. Mi fa tornare in cella e per non destare sospetti, mi da uno spintone che accetto mal volentieri. Una volta dentro, faccio un cenno al mingherlino di avvicinarsi e lui con fare sospetto viene da me. Non c’è nessuno a parte noi due, ma stranamente mi viene da parlare piano. <<Ho parlato con un collega. Aprirà il tuo caso e Matteo sarà incastrato e tu sarai fuori da qui. Come vedi, io mantengo sempre le promesse date.>> lui mi sorride e mi abbraccia con spontaneità.
Sono felice, per due cose: la prima sto aiutando Sebastiano a uscire fuori da una situazione molto brutta, e la seconda perché domani andrò via da qui. Mi corico per terra, mi fa male la schiena perché è da un mese che sono in quel pavimento duro; ma non me ne curo. Domani, starò nel mio comodo letto e tornerò alla mia vita di sempre.
-Violeta, amore aspettami! Sto arrivando da te e non ci separeremo mai, vedrai. Finalmente io e te faremo la nostra vita, come abbiamo sempre sognato. Ti amo, amore mio.- Il mio pensiero va a lei, così mi addormento sereno sognando la ragazza dei miei sogni.
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