chapter 7

Arrivo di corsa. La scena che mi si presenta davanti è strana: vedo mia sorella dietro al bancone, seduta per terra, che piange. È strano per me questa cosa, la più debole della nostra famiglia sono sempre stata io e non Violeta.

Vederla così mi fa male, mi si stringe il cuore, sento che devo fare qualcosa per lei. Mi schiarisco la gola per farle capire che sono lì. Lei si gira e sempre piangendo mi guarda; si alza e corre verso di me, abbracciandomi, a quel gesto spontaneo e inaspettato io mi blocco, poi mi sciolgo e gli accarezzo i capelli, calmandola. "Ehi, sorellina, mi spieghi che succede? Così mi fai spaventare!" Lei si allontana da me, mi osserva ha gli occhi tristi e malinconici e mi dice: "La mia vita è uno schifo, e sai il perché? I...io ho fatto una cazzata più grande di me e di te"  mi dice tra un singhiozzo e l'altro.

L'ascolto: ho voglia saperne di più; la incoraggio a dirmi di più. "Quindi? Cosa intendi dire? Raccontami tutto dall'inizio, sono qui per aiutarti" lei mi osserva, si asciuga gli occhi e inizia a raccontarmi tutto: dal litigio con suo figlio e la famiglia che lo tiene in custodia, al fatto di essere andata in discoteca con un perfetto sconosciuto; dall'aver bevuto, ubriacandosi, all'aver fatto uso di droga. Oggi è passato al bar e l'ha costretta ad andare a fare la sgualdrina il giorno seguente.

Non ho il coraggio di guardarla in faccia, come posso aiutarla? E soprattutto com'è possibile che si sia cacciata in questo terribile guaio? Mi giro e vedo Francesco: è sconvolto quanto me, ma mi fa un sorriso, di incoraggiamento, dandomi la carica giusta. Eh si, è bello averlo accanto a me.

A questo punto mi rivolgo a mia sorella, sono delusa dal suo comportamento, ma non posso abbandonarla al suo destino. Gli dico: <<Allora, Violeta, sono dispiaciuta davvero per quello che ti sta succedendo, ma, come ho detto prima, sono qui per darti una mano. Insieme siamo più forti, sei d'accordo?>> Lei mi sorride. È il suo primo vero sorriso da quando sono arrivata, riesce a scaldarmi il cuore; ma poi si fa cupa di nuovo -Oh no! E ora che succede?- penso indispettita; lei, quasi avesse intuito i miei pensieri mi dice: <<Ho un problema col mio locale, sono in bancarotta! Non ho più soldi per coprire le spese, i proprietari che me l l'hanno dato in gestione, mi hanno detto che se entro un mese non faccio qualcosa, dovrò chiudere! Io non voglio! Qui mi sento a casa, non posso perdere questo lavoro, questo posto!>> e riscoppia a piangere.

Mi viene spontaneo riabbracciarla di nuovo, lei si sfoga, glielo faccio fare finché non si calma del tutto. <<Tranquilla, ho in mente qualcosa che cambierà le sorti di questo posto, non voglio che chiuda; da quando quel giorno ho lavorato pure io ho capito che mi piace molto. Noi insieme ce la faremo, te lo prometto, Violeta.>> le dico sempre tenendola stretta a me, e in effetti un'idea c'è l'ho, ma è tardi: sono le ventitré è ora di tornare a casa. Come se mi avesse letto nel pensiero Violeta si allontana da me e dice: <<È ora di andare, è tardi, sono esausta. Me la dici domani la tua idea Hiris, va bene? Ma ora ti prego andiamo a casa!>> Gli faccio cenno di si, mi rivolgo a Francesco:<<Ci accompagni?>> Lui accetta, e mentre torniamo a casa il mio ragazzo mi stringe la mano, facendomi capire che è con me, che non sono sola. Gli sorrido a mo' di ringraziamento.

In quel momento non servono le parole: ci bastano i gesti, gli sguardi per capire il bene che ci vogliamo. Il tragitto verso casa è colmo di tristezza, nessuno ha voglia di parlare o di ridere, ognuno di noi è immerso nei propri pensieri. Ma una cosa ci accumuna a tutti e tre: la speranza che si risolva tutto per il meglio.

Una cosa è certa: dobbiamo stare uniti. Senza più segreti tra di noi, senza più bugie. :<<Ragazze eccoci! Siamo arrivati>> dice Francesco; la sua voce mi fa sobbalzare, da quanto sono distratta. Guardando Violeta capisco all'istante che anche lei si è spaventata: sicuramente pensava ad oggi, perché il suo sguardo è perso nel vuoto.

Noi lo guardiamo fermare la macchina. Scendiamo. Lui saluta me con un bacio sulla bocca, e a lei sulla guancia; poi dice: <<Quando vuoi io ci sono, se avete bisogno di me chiamatemi e io corro, io ci sarò, non voglio che fate tutto da sole chiaro?>> Noi lo ringraziamo, contente di avere una persona accanto, lo salutiamo e poi entriamo in casa.

Siamo sole, mi guardo intorno e penso -Mi sento strana: sto con una persona che conosco poco o niente e nonostante sia mia sorella non so proprio nulla di lei. Ma poco importa: la aiuterò, perché glie l'ho promesso- :<<Ehi sorellina! Ehi, dormi da me?>> mi chiama, ma sono talmente immersa nei miei pensieri, che a malapena la sento. Mi tocca sulla spalla: <<Ma mi ascolti? Chiedevo vuoi dormire con me?>> La osservo e dico: <<Cosa sentono le mie orecchie? Violeta che vuole dormire con me? Comunque va bene accetto.>> entriamo in camera sua: è identica alla mia, con la differenza che c'è un divano-letto dove penso che dormirò io.

Mi corico e lei fa lo stessa cosa, poi mi fissa e mi dice: <<Non riesco a dormire, mi racconti una storia?>> La guardo e rido :<<Non sei grande per le storie?>> anche lei sorride <<Non si è mai troppo grandi per queste cose!>> ribatte lei.

Accetto e inizio a raccontare. Lei però crolla subito, io la copro, perché fa freddo. La osservo dormire: è così bella, fragile, dolce e tenera.

Ha bisogno d'aiuto e io per lei farei di tutto, per far tornare la tranquillità nel suo cuore. Mi decido ad andare a letto anch'io, perché è tardi. Domani sarà una giornata pesante: devo alzarmi presto, quindi devo essere riposata e in forma. Un sonno ristoratore e senza sogni ha la meglio su di me, infatti mi addormento subito, con la serenità nel cuore.


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