chapter 54
Hiristina
<<È ora di alzarsi! Dovete sgomberare la cabina! La nave è quasi arrivata al porto di Olbia! Ripeto dovete uscire dalle vostra camera!>> mi sveglio di soprassalto, sentendo la voce provenire da fuori. Guardando Violeta e Amelia, capisco che anche loro sono scombussolate quanto me.
Guardo l'ora e vedo subito che sono solo le sei. -Uffa è ancora presto!- Mi vesto di mala voglia e aspetto che anche le mie accompagnatrici siano pronte. Guardo Violeta e noto subito che è molto giù di morale. Le sto per chiedere che ha, ma non faccio in tempo perché è ora di andare verso il bar.
Mentre ci dirigiamo nella parte centrale della nave, ho una strana sensazione che non mi molla per un minuto, cerco di cacciarla ma più ci provo, più lei rimane lì a farmi compagnia come un'ombra. La causa di tutto ciò è il cambiamento di umore di mia sorella; non capisco che abbia, lei dovrebbe essere felice e invece è triste e abbattuta.
Ho deciso che appena siamo in strada le parlerò apertamente, giusto per comprendere che ha. <<Dove facciamo colazione?>> chiede Amelia voce sognante, distogliendomi dai miei pensieri cupi. <<Direi di farla a un autogrill! Che ne dite?>> ci chiede Violeta con un sorriso misto tristezza. Io accetto con gioia e vedendo il volto sorridente di Amelia, capisco che va bene anche a lei.
Avuta la conferma da un lavoratore che si può andare in macchina, noi tre ci dirigiamo proprio lì, alla nostra postazione. Come sempre è Violeta a mettersi alla guida, mentre io mi siedo accanto a lei e la nostra amica dietro di noi. Dopo un' ora che a me pare un'eternità, finalmente usciamo da quell'inferno.
Una volta in strada, mia sorella mette la musica e inizia a cantare a squarciagola io, per non sentirla mi tappo le orecchie e cerco un modo per distrarmi da lei. Dopo aver trovato il cartello per la 131, ci dirigiamo in superstrada e cerchiamo un autogrill per fare colazione. Finalmente dopo mezz'ora di viaggio, troviamo un grill aperto.
Entriamo dentro e mi guardo intorno curiosa. È un luogo molto pulito, curato nei minimi dettagli. Sul bancone c'è un bel vaso color rosa antico sfumato sul verde, con dentro dei bei girasoli finti ma molto belli, mentre a destra uno scaffale di oggetti vari e tradizionali di questa isola.
Come ad esempio: vasi di terracotta, statuine di mammunthones tipici della zona di Nuoro e dintorni. Mentre a sinistra ci sono i tavolini e con sopra giornali; ed è li che io, Violeta e Amelia adiamo a sederci. Ordiniamo i nostri cappuccini con le paste. Mentre mangio, di nascosto guardo mia sorella: è nervosa, si strofina le mani ed è molto scontrosa quando provo a parlarle.
Ad un certo punto si alza di soprassalto facendo cadere la sedia. La seguo sino in bagno lasciando sola la nostra compagna di viaggio. Una volta alla toilette, vedo Violeta che ha in mano una bustina con dentro una polverina.
-Spero di sbagliarmi!- La guardo e vedo che sta sniffando. Rimango di sasso, speravo con tutto il cuore che avesse smesso con questa schifezza anche con l'aiuto di Gioele, ma a quanto pare ho sbagliato di grosso.
Accecata dalla rabbia, la prendo per un braccio e la appiccico al muro. <<Che fai? Io vengo qui per aiutarti e tu che cmabini? Ti droghi? Ma sei scema?>> le dico urlandole, solo dopo un po' mi rendo conto di averle fatto male e che nei suoi occhi c'è tanta paura.
La lascio e lei corre via da me senza dirmi una parola. Cerco di calmarmi e torno nella sala del bar. Trovo Violeta a occhi bassi e Amelia che cerca di parlarle ma inutilmente. Paghiamo e usciamo da lì alla svelta. <<Direzione Cagliari!>> dico con gioia. <<Perché li? E non a Oristano?>>
Mi chiede Violeta con apparente tranquillità. <<Perché abbiamo una casa anche li e perché abbiamo un'amica che, sono sicura che non vedono l'ora di vederci!>> Dico alludendo a Sofia una ragazza che conosco da molto tempo e che non vedo l'ora di rivederci!
Sono anni che non ci parliamo e che non abbiamo più contatti, ma chissà: forse questo viaggio sarà un'opportunità per riallacciare i rapporti; vedo mia sorella entrare dalla parte del guidatore e la blocco subito: <<Guido io!>> le dico guardandola torva, lei non batte ciglio e mi fa spazio facendomi cenno con la testa. In macchina non parla più nessuno.
Tutte e tre siamo immerse nei nostri ricordi. Io penso al Poetto e alle tante passeggiate che mi sono fatta nei momenti tristi e cupi, alle chiacchierate con la mia amica. Le risate fatte con lei e, ai, mi manca molto anzi moltissimo. Chissà cosa stanno pensando loro due, ma non mi interessa affatto: quello che voglio è guidare con serenità. Noto che Violeta si addormenta serenamente. Chiude gli occhi e si appisola con un sorriso sulle labbra.
Dopo chissà quanto tempo, la tocco leggermente: si sveglia di soprassalto e si guarda intorno. È stralunata, non comprene dove si trova e per quanto tempo abbia dormito. <<Siamo arrivate! Hai sonnecchiato per tutto il viaggio.>> le dico con tranquillità. Mi sorride e poi scende dell'auto e inizia ad aiutarci a scaricare l'auto.
Oggi è tutto silenzioso, non c'è nessuno. Probabilmente sono tutti al lavoro o a sbrigare degli impegni. Finito di sistemare i bagagli, decido di aprire un po' le finestre, perché si sente odore di chiuso. Anche Amelia si prodiga a darci una mano. Finalmente abbiamo finito di sistemare tutto quanto.
La casa non è molto grande. Le stanze consistono in un bel salotto, con al centro un bel tavolo in legno e sulla sinistra un bel pianoforte, che ormai nessuno usa da molto tempo; lungo lo stretto corridoio, non c'è un granché, mentre sulla destra c'è una bella cucina; poi due camere da letto e un bagno con la doccia. Io e mia sorella scegliamo di dormire nella camera dei miei, mentre Amelia nella mia stanza.
Non sopporto questo fatto; ma se vogliamo che stia con noi lo devo accettare. Mi fa ribrezzo che lei dorma lì nel mio mondo ma purtroppo ho una morale e non posso farla dormire nel divano, anche se l'idea mi piace molto, ma ricaccio questo brutto pensiero dalla mia testa.
<<Ho fame>> dice Amelia, lupus in fabula. Beh non ha tutti i torti: sono l'una ed è ora di pranzare. Attacco la bombola, e inizio a preparare qualcosa da mangiare. Per mia fortuna, mamma ha messo pasta, sugo e altri stuzzichini.
Decido di preparare un po' di pasta con il tonno trovato nello scaffale della cucina. Una volta pranzato, mi metto a lavare i piatti e stranamente anche Amelia mi aiuta. Siamo coordinate: io lavo e lei asciuga, il tutto accompagnato da un silenzio surreale.
Sfinita vado a coricarmi, mentre mia sorella esce sbattendo la porta. Non so dove stia andando, ma non mi interessa affatto. Per oggi la lascio stare, l'ho stressato anche troppo. Il fatto che si sia drogata nuovamente mi ha scombussolato anche troppo, ho paura che non riuscirò mai ad aiutarla seriamente.
Forse non bastano il mio amore, l'amore di Gioele e quello di suo figlio a farla smettere; forse bisogna trovare un altro sistema, ma per ora proprio non ci voglio pensare, sono troppo stanca. All'improvviso sento una dolce melodia provenire dal salotto.
Qualcuno sta suonando e cantando, ma non capisco chi è. Mia sorella non c'è, quindi rimane solo Amelia, in fondo a casa ci siamo solo io e lei. Questa musica mi ipnotizza a tal punto che rimango incantata da essa.
Mi sembra di averla già sentita altre volte, in un'altra epoca. Ma proprio non ricordo dove. Dentro di mi sembra di sentire una voce femminile come se questa la musica, da lei cantata e suonata, fosse un tutt'uno con me. La adoro. Mi viene in mente una poesia che annoto nella mia testa:
~ Mani delicate
che suonano una melodia straordinaria.
Chiudo gli occhi e mi faccio trasportare dalla tua musica delicata e sensibile.
Sento i tasti del pianoforte, come una goccia che cade nella foglia con dolcezza.
No, mi ricorda qualcosa,
mi ritorna in mente la mia infanzia,
mi ricorda una canzone cantata da mia mamma.
Ma tu che la suoni chi sei?
Perché mi fai tornare indietro col passato?
La tua musica ha un ricordo che sa di una rosa profumata, di voce dolce a me nota da tempi oramai lontani, che mi scalda il cuore.
Esco, mi metto a piangere, ma tu ti volti verso me mi guardi; mi abbracci e ritorni a suonare. Io rimango lì ad ascoltarti, estasiata, e mi faccio trasportare da emozioni forti e contrastanti~
Sto per andarmene, quando lei mi nota e mi blocca all'istante. <<Aspetta!>> Mi dice con voce sognante.
<<Dobbiamo parlare!>> continua, sempre fissandomi. <<Tu vuoi sapere qualcosa da me, vero?>> mi dice avvicinandosi. Si, ho mille domande che mi frullano per la testa e solo lei può darmi delle risposte.
Finalmente saprò tutto, la guardo dritto negli occhi e le chiedo: <<Ho solo una domanda da farti: sei mia sorella?>>
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