chapter 44
Violeta
Sono dentro un oceano senza una via d'uscita. Cerco di aprire gli occhi non riuscendoci. Qualcuno mi chiama, ma è una voce flebile, a mala pena riesco a percepirla. Mi sembra di essere in acqua, di soffocare e di non trovare la luce in fondo al mare. Ed ecco di nuovo quella voce, ora è più forte più squillante.
Mi aggrappo a lui a Gioele, sì, perché adesso ho capito chi è. È lui il mio amore, è lui che mi sta chiamando alla vita, a spalancare le palpebre. Come le apro, sono confusa, non capisco dove mi trovo, non mi ricordo nulla. So solo che parlavo con mia sorella e poi il buio totale.
Cerco di alzarmi, ma un capogiro mi fa cadere nuovamente. << No tesoro stai sdraiata!>> Mi sento dire in tono supplichevole senza però capire chi è stato a parlare.
Metto a fuoco il tutto, comprendo che mi trovo in ospedale, -Che ci faccio qui?- Mi guardo in torno e mi vedo mamma, papà e Hiristina accanto a me che sorridono quando mi vedono che mi sono svegliata.
Curiosa di sapere che è successo, chiedo ai miei: <<Perché mi trovo qui?>> Tutti mi ascoltano in silenzio, poi a parlare è Hiristina: << Eravamo al bar festeggiando con gli amici. Poi ti ho visto che eri al telefono, presumendo una brutta notizia, mi sono avvicinata a te chiedendoti perché eri sbiancata.
Non hai fatto in tempo a dirmelo che sei svenuta sbattendo la testa. Ho chiamato l'ambulanza, che ti ha portato in ospedale. Ti ricordi con chi eri al telefono?>> Mi chiede speranzosa. Cerco di fare memoria, poi ho un flash: Gioele che mi chiama, che mi dice che non hanno arrestato Matteo e Pietro, io che svengo e poi un dolore fitto alla testa, poi il nulla sino ad ora.
Decido di riferirlo a loro che sono qui con me, sto per parlare, quando arriva un dottore alto, muscoloso, pelato e con aria simpatica. << Per favore uscite un attimo fuori, devo controllare come sta la ragazza! Se sta bene potrà andare via anche adesso! Tra poco vi comunicherò l'esito!>> Dice con tono sorridente e rassicurante. Mi danno un bacio, per poi uscire nella sala d'attesa.
Una volta sola col dottore, mi sento completamente sperduta, per fortuna lui è comprensibile, mi guarda con dolcezza mi trasmette fiducia. <<Ora dobbiamo fare un test: metterò un mio dito davanti ai tuoi occhi, lo muoverò e tu mi devi seguire! Hai capito? Se si iniziamo! Vediamo un po' i tuoi riflessi!>> Mi fa un sorriso dolce e inizia a fare il test. Me lo fa fare almeno una decina di volte per essere sicuro di averlo passato alla grande.
<< Bene! Si vede che è tutto ok! Ora ti toccherò la testa e tu dimmi se ti fa male oppure no! Capito?>> Faccio cenno di si. Mi tocca con le sue mani delicate la testa. Miracolosamente non mi duole, anzi è tutto a posto. <<Sto bene, non mi fa male! Ora posso tornare a casa mia?>> Lui mi osserva per un attimo e poi mi dice: << Ma certo! Vado a riferirlo ai tuoi familiari.>>
Felice della notizia, aspetto da sola che mi vengano a prendere per tornare nel mio rifugio con le persone a cui voglio bene. Eccoli di nuovo da me, mi guardano sorridenti, ma quando dirò loro la verità, tornerà la tristezza nei nostri cuori. Per ora però mi godo la famiglia. Una volta in macchina, penso a Gioele e a quello che mi ha riferito. Sono ancora liberi, scappati, non si sa dove siano sembrano spariti dalla faccia della terra.
Mi viene da piangere, se non fosse che mia sorella si volta verso di me abbracciandomi e stringendo la mia mano, mi calmo e scaccio vie le lacrime cercando di sorridere. <<Eccoci siamo arrivati!>> Ci dice mamma voltandosi verso noi. Scendiamo e entriamo in casa. Che bello sentire il profumo familiare della nostra casupola.
Mi sento al sicuro, protetta, amata e soprattutto al sicuro perché ho loro che mi stanno accanto sia nei momenti brutti che belli; nonostante le mie bugie e i miei sotterfugi loro sono qui a sostenermi e a volermi bene, per questo motivo devo dire la verità, se lo meritano. Mi siedo, sbuffo e poi dico: <<Mamma, papà e Hiris, ho da dirvi una cosa molto importante! Posso avere la vostra attenzione?>> Finalmente ho i loro occhi puntati su di me.
A differenza di mia sorella, non sono timida e non m'imbarazzo quando mi guardano, anzi mi danno forza e inizio a raccontare: << Prima di svenire e di trovarmi in ospedale, ero al telefono con Gioele! Mi ha riferito che hanno trovato molte prove contro Matteo ma niente contro Pietro. Purtroppo però sono scappati! Non sono riusciti a prenderli. Sembra che siano spariti!>> Mi fermo un attimo per far metabolizzare il mio discorso. Mamma si alza e mi abbraccia forte, << Piccola come stai? Tranquilla andrà tutto bene!>>
La sento piangere e io la stringo più forte a me come se avessi paura che possa scomparire da un momento all'altro, ho sempre paura di restare sola e ho paura di essere abbandonata da tutto e da tutti, mi è rimasta dentro da quando sono stata lasciata davanti a un istituto dalla mia mamma biologica e ho paura che anche quella adottiva possa fare la stessa cosa, mi vergogno a questo pensiero ma non posso farci nulla sono fatta così.
Ad un tratto papà si alza e dà un calcio alla sedia nervosamente, ci giriamo di scatto verso di lui spaventandoci. Lui non ci degna neanche di uno sguardo, va via andando in camera sua. Mia sorella è triste e abbattuta, non posso biasimarla avevamo in pugno quei due mostri e invece adesso sono a piede libero, pronti a fare la prossima mossa. Guardo Hiristina stringere forte la mano, quando lo fa, vuol dire che è molto agitata, ansiosa per tranquillizzarla, mi avvicino a lei le do la mia mano e cerco di infonderle coraggio.
~Le mani, non servono solo per picchiare, ferire una persona. Servono pure per infondere coraggio, amore, affetto alle persone a cui si vuol bene. In più per trasmettere calore e dolcezza, è un intreccio di legami che non si distruggono ma rimangano saldi a vita~
Questo pensiero mi viene mentre sono accanto a mia sorella. <<Dai tutti nel lettone!>> Dice mamma con tono quasi sorridente. Noi due estasiate accettiamo. Un sonno ristoratore cade su di me.
Quella tarda notte, ho dormito per la prima volta sogni tranquilli perché ero con mamma e papà. Ho capito che sono stata una stupida aver pensato che mi potesse lasciare da un momento l'altro, no al contrario lei mi voleva vicino ora e per sempre, qualsiasi cosa sarebbe successo io sapevo di contare su di loro: la mia amata dolce famiglia.
Gioele
Non potevo non dirglielo, doveva sapere di Matteo e di Pietro, del fatto che me li sono fatti scappare, se lo merita, perché se non fosse stato per lei, a quest'ora non avremmo niente in mano, quindi gli ho raccontato la verità senza girarci troppo in tondo.
Gli ho chiesto scusa tante volte del fatto che per ora non ho mantenuto la promessa: quella di vederla sorridere. Ma i suoi occhi brilleranno come stelle ne sono sicuro ci riuscirò la amo e voglio donarle la vita, il mio cuore pur di stare con lei e vedere quei due vermi in galera.
Lei mi ha già perdonato e questo mi commuove e mi fa capire quanto sia buona con me. Non doveva, anzi mi doveva parlare male, dirmi quanto mi detestava, invece le parole che lei ha usato sono state:
~ti amo tesoro, tranquillo sono sicura che tu e i tuoi colleghi li catturerete ho fiducia in te. Sei il mio guerriero che mi protegge giorno e notte, dalle paure e delle maldicenze, senza chiedere niente in cambio. Quindi cucciolo mio, angelo del cuore, non crucciarti, non disperarti perché sono sicura che tu ci riuscirai a prenderli e finalmente staremo insieme senza aver più paura di niente.~
Queste tue parole mi rimbombano nella mia testa, mentre cammino senza meta. Ho freddo e sta nevicando. Rimango incantato a guardare il clima magico che si è creato e vorrei che Violeta fosse qui con me per ammirarlo e godersi questo spettacolo di meraviglia. Il candore della neve l'ho sempre paragonato a un bambino puro e innocente, soffice e delicato.
Ritorno alla mia passeggiata notturna, lasciando delle impronte dietro di me. Non mi volto a guardare, ma continuo a camminare lentamente, sognando ad occhi aperti la mia dolce Violeta, sperando che sia al caldo e con le persone che le vogliono bene. Mentre io non avendo nessuno che mi aspetta, decido di rimanere sveglio a guardare la luna. Come un lupo solitario, ammiro la grandezza del cielo infinito.
Mentre lo osservo, ho un lampo di genio. Corro a casa, guardo l'ora: è tardi, me ne rendo conto, ma devo parlare con Samuele della mia idea e soprattutto del fatto che forse c'è un'altra persona coinvolta in tutto ciò. Qualcuno li nasconde, o comunque sia li ha fatti fuggire in un'altra città. Quel qualcuno, è molto vicino di quanto possa immaginare. - Ma che stupido! Ma come ho fatto a non capire prima?-
Prendo in mano il telefono, compongo il numero della persona che secondo me è più adatta a sapere cosa mi frulla per la testa. Per mia fortuna squilla libero, e con l'adrenalina che mi è salita nel corpo, attendo che la persona che ho chiamato, mi risponda e che non sia arrabbiato con me. Anche perché quello che ho da riferirgli, è di massima importanza e se non gliela dico subito ci sto male, non posso aspettare a domani, forse sarà troppo tardi, no meglio oggi, così sono più tranquillo.
Chiudo gli occhi, mi rilasso e attendo una risposta dall'altra parte, sperando che non mi faccia attendere troppo. Ecco forse ci siamo, sento qualcuno dirmi qualcosa, sono pronto ora devo solo dire che voglio da lui. Respiro e butto l'aria fuori nervosamente ed eccomi a conversare con lui, in una notte nevosa e tristemente fredda e cupa come il mio cuore.
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