chapter 41
Violeta
Mi guardano tutti sconcertati. Sono abbattuta, nervosa e molto timida. Vorrei scappare via per nascondermi da tutto ciò. Ma questa volta devo essere una vera guerriera, lo voglio fare, ho deciso che quel verme ormai ha le ore contate. In breve si troverà dietro le sbarre e riuscirò a togliergli quel sorriso beffardo dalla sua faccia. - Eh no caro mio! Questa volta vinco io!-
A distogliermi dai miei pensieri, è un signore alto, moro e occhi sul grigio sembra "uomo ghiaccio". Si avvicina a me e dice: <<Salve signorina, sono il tenente Federico! Mi segua!>> Faccio cenno di si e m'incammino in una stanza semi buia e spoglia c'è solo un tavolo, e due sedie: una per me e una per il comandante. Mi sento mancare, vorrei essere da un'altra parte, fuggire via e lasciarmi tutto alle spalle.
Ma non posso, non devo cedere no devo essere forte, so il perché sono qui. Voglio giustizia. Giustizia per mia sorella, per i miei genitori e soprattutto per me stessa. Non so se me lo merito, ma so che voglio finalmente essere felice e ritornare a vivere e non sopravvivere. Attendo con ansia che il tenente mi parli, ma sembra che stia aspettando qualcuno o qualcosa.
Mi metto le mani in bocca, ho paura. Voglio dire: so che sono persone brave, ma il tema che devo trattare è colmo di tristezza, speravo che avrebbero capito che era di massima urgenza, che lo catturassero immediatamente.
Dopo cinque minuti che a me parvero di più, sento bussare. <<Avanti!>> Ad entrare sono Gioele e un altro carabiniere con in mano un computer. Sbianco quando vedo la persona che amo molto. Lui mi scruta per un attimo abbozza un sorriso, mi fa l'occhiolino incoraggiandomi; è la molla per farmi stare meglio, sento dentro di me una speranza e una voglia matta di dire tutto; ecco sono pronta a rispondere a ogni loro domanda.
Attendo e poi che sento qualcuno mi parla: <<Allora signorina, lei è qui per fare una denuncia. Prima di tutto: nome e cognome, poi secondo a chi è rivolta l'accusa e spiegaci pure il motivo.>> A pronunciare queste parole con tono pacato e gentile è Federico. <<Mi chiamo Violeta Fin! Sono qui per accusare Matteo e il suo braccio destro Pietro di stupro, violenza sessuale e per traffico di droga>> Nella stanza ricala il silenzio, si sentono solo i tasti del computer che provacono un suono terrifficante e incutono terrore, capisco che il carabiniere sta scrivendo tutto quello che sto dicendo.
Il tenente non ha mai smesso di fissarmi, sospira e passa la parola a Gioele. << Ci racconti tutto quanto! Non nasconderci nulla per piacere!>> Lo guardo per un attimo, i nostri occhi s'incrociano e si abbracciano con l'anima, prendo fiato e dico partendo dall'inizio. Racconto di come ho conosciuto Matteo alla discoteca, di come mi ha costretta a drogarmi e prostituirmi. Dico pure di una mia amica coinvolta negativamente, di come l'hanno minacciata di uccidere la loro famiglia, di come ci abbia aiutato riferendoci di alcuni piani contro di me e della mia famiglia.
Specifico in più di come ha tentato di fare del male al mio amato figlio. Non nascondo niente, devono sapere che mostri hanno davanti, devono capire che con loro non si deve scherzare. Per non far mancare nulla, faccio pure vedere i lividi che ho in tutto al corpo. Federico ha un sussulto, vacilla a questa vista, anche io rabbrividisco e tremo non per il freddo ma per la paura che ho quando ricordo questi momenti brutti; ma servono per andare avanti e per vederli in carcere una volta per tutte.
Gioele nota il mio tremolio, si toglie la sua giacca e me la mette sulle spalle, poi mi sorride e torna accanto al tenente. Concludo dicendo: <<Li voglio in manette! Vi prego dovete darci una mano! Noi non viviamo più!>> Scoppio a piangere, mi sento fragile come una scarpetta di cristallo. Ora si che in stanza si respira un'aria tesa e irrespirabile. Ancora una volta attendo un loro responso. <<Faremo del nostro meglio! Oggi stesso avvierò un mandato di perquisizione nei confronti di Pietro e Matteo e ti dico di più: verranno arrestati immediatamente!>>
Mi sento più tranquilla, ho il cuore più leggero, mi sono liberata di un peso che mi attanagliava da troppo tempo. Federico si avvicina a me, mi abbraccia calmandomi. <<Sss, li scoveremo, li prenderemo! Voi intanto andate via da qui per un po'! Noi vi sorveglieremo tutti i giorni! Avrete un carabiniere che vi proteggerà ventiquattro ore!>> Non so come ringraziarli, ma sento che non è il momento, solo a lavoro compiuto mi sentirò meglio. Solo quando vedo Federico aprire la porta, capisco all'istante che abbiamo finito, mi fa firmare la mia deposizione e mi accompagna all'uscita, mi saluta stringendomi la mano. Una volta fuori, mi sento una nuvola libera e leggera di volare nel cielo. Incomincio a saltare e ballare dalla felicità incurante delle persone che mi guardano storta, ma me ne frego, finalmente la vita mi sorride.
Una volta a casa, vedo mia sorella con in mano la lettera che le ho scritto, sta piangendo di gioia e io la raggiungo abbracciandola. <<Ce l'abbiamo fatta! Vedrai che meno di poche di ore saremo libere di passeggiare per la città! Sorellina ho fatto il passo più grande e questo lo devo solo a te! Grazie>> Lei mi ascolta senza rispondere, ma capisco che è contenta pure lei. La giornata trascorre con allegria io e Hiristina restiamo a casa a parlare del nostro futuro. Io voglio sposarmi e riavere i miei figli con me, mia sorella invece vuole convivere e aprire uno studio fotografico tutto suo; senza accorgercene, nel giro di poche ore la sera passa velocemente. Era da molto che non accadeva, tra di noi c'è una vera e propria armonia, un filo che ci lega: indistruttibile: ci amiamo oltre l'infinto.
Verso sera riceviamo un'altra bella notizia, i nostri amici hanno organizzato una bella sorpresa per domani sera. Siamo curiose, ma ovviamente non chiediamo nulla. Non vediamo l'ora che arrivi il giorno dopo per scoprirlo. A cena per festeggiare mangiamo pizza e guardiamo un film nel divano, ma sfinite ci addormentiamo l'una accanto all'altra.
Federico
Dopo aver sentito quella ragazza, ho il cuore ha pezzi, sono arrabbiato e sconvolto dal suo racconto. Essendo un carabiniere, cerco di nascondere le mie emozioni davanti ai miei colleghi. Loro aspettano solo un mio comando, basta una mia parola, un mio gesto o un mio comando per farli agire. Anche adesso che sono davanti a me aspettano una mia reazione. -Va bene! Basta! Devo reagire!-
Mi volto verso di loro e li guardo ad uno a uno. Anche loro come me sono straziati dal dolore, sconvolti da quel racconto che Violeta in quella stanza ci ha raccontato. Siamo esseri umani pure noi, siamo sensibili, non macchine. Con voce ferma cerco un modo di far tornare la calma anche se mi rendo conto che non è semplice. << Allora! Mi ascoltate?>> Dico in modo autoritario. Finalmente ho la loro attenzione. <<Sappiamo quanto siamo sconvolti da cosa ci ha detto Violeta! Ma dobbiamo essere forti e fare bene il nostro lavoro per salvaguardare questa famiglia distrutta da due elementi come Pietro e Matteo! Oggi è ormai tardi, ma da domani vi voglio alle cinque per iniziare a indagare e acciuffare i due malviventi. Vi voglio pimpanti, sveglie ed efficienti chiaro?!>>
M'interrompo per vedere l'effetto del mio discorso su di loro. Per mia fortuna ho dei colleghi brillanti, operativi e che sanno il fatto loro. Sono orgoglioso di lavorare con loro. <<Va bene tenente! A nome di tutti vi posso dire che domani vi avrà tutti qui! Questa storia ci sta a cuore!>> A parlare è Gioele, il maresciallo più efficiente di tutti.
Ci guardiamo per un attimo e poi ognuno torna al suo operato. Samuele invia nei piani superiori la deposizione di Violeta e in meno di mezz'ora ricevo la chiamata tanto attesa: abbiamo l'autorizzazione di agire e di perquisire la casa sia di Pietro che di Matteo da domani stesso. Sorrido hanno ormai le ore contate. Una volta riferito ai miei colleghi le ultime novità, decido di tornare a casa.
Sono sfinito, ma so che ad attendermi c'è mia figlia di sette anni l'ultimo regalo di mia moglie prima di morire per mano di un drogato quattro anni fa. Mi moglie era bella, angelica, dolce e molto sensibile. Aveva occhi azzurri, capelli castani, bassa ma di una eleganza infinita. Mia figlia si chiama Giulia, nome scelto dalla mia amata. Ha preso tutto da lei, solo il colore degli occhi è uguale a me: sono di un verde chiaro che ricorda il prato delle montagne, per il resto caratterialmente parlando è tutta a sua madre, ogni cosa che fa o che dice, mi ricorda lei ed è per questo che la amo all'infinito.
Finalmente sono a casa, la mia stellina mi sta aspettando in cucina insieme alla nonna. Come mi vede corre verso di me, abbracciandomi e io contraccambio il suo gesto. Ogni stanchezza che ho vola via accanto a lei che è la mia principessa, la mia stella che illumina le mie giornate tristi e buie. Una volta cenato, la porto in camera in braccio. Le Racconto una storia, le accarezzo il viso e attendo che si addormenti beata.
Puntualmente però, ogni volta che sono nel mio lettone, lei si sveglia e viene da me. Mi fa gli occhietti dolci e mi convince a farla dormire da me. Anche stanotte è la stessa cosa, finiamo col dormire teneramente abbracciati, e per un po' non mi sento solo in questa stanza grande solo per una persona, perché ho lei, la mia "piccola" che mi sostiene in ogni momento guidandomi verso la luce che scalda il cuore.
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