chapter 4

Urla nella stanza di mia sorella, ho paura; oh sì, ne ho veramente tanta. Non so come comportarmi, non so come reagirebbe se andassi a darle una mano: lei ha sempre voluto fare tutto da sola. L'ho capito quando mi ha detto di non ficcanasare nella sua vita personale, ma di fronte a queste grida non posso far finta di niente, devo reagire, sento che ha bisogno di me.

Voglio dire... è mia sorella e certi legami non si spezzano, entrano a far parte di te e non riesci a romperli; capisco dal profondo del cuore che lei è in pericolo. Lo percepisco, come se lei fosse entrata in telepatia con me e mi stesse comunicando tutto il suo dolore. Devo reagire, devo fare qualcosa!

Finalmente chiudo gli occhi, prendo coraggio, una forza dentro di me prende il sopravvento. Mi decido e vado a bussare.
Nulla, silenzio di tomba. Ribusso, questa volta sento la sua risposta: "Lasciami stare, vattene!" mi dice con un tono sprezzante e carico d'odio.

Capisco all'istante che non posso aiutarla in nessun modo perché lei non avrebbe mai accettato il mio aiuto, così scappo via e mi rifugio nella mia stanza. In questo momento sto bene al buio, mi aiuta a non pensare a lei e alle sue gride agghiaccianti. D'improvviso delle lacrime mi scendono sul viso.
Perché mi tratta così?

Sono rammaricata, sono consapevole di star vivendo assieme ad una persona di cui non so praticamente nulla e questo mi spaventa a morte.
Potevo andare dal mio ragazzo oppure dalla mia migliore amica, è vero. Però ho preferito andare da mia sorella, perché voglio conoscerla meglio, e cercare un modo per instaurare quel rapporto che si è infranto con il tempo.

All'improvviso mi vibra il cellulare, lo guardo: ho due messaggi. Uno è di Samantha, lo leggo subito: "Ehi sorellina, sono a casa. Dolce notte, ti voglio bene."
Le rispondo: "Dolce notte a te, sorellona, ti voglio bene, baci a domani..."
Il secondo messaggio è del mio ragazzo Francesco: "Ehi, tesoro, ci sei? Allora a domani? O ti sei scordata? Dolce notte, tesorino mio".
Gli rispondo, visto che non l'ho fatto neanche di pomeriggio: "E come faccio a scordarmelo? Non vedo l'ora che sia domani. Dolci sogni Francè, baci."

Che bello avere due persone accanto che mi vogliono bene, per me sono come una seconda famiglia: l'idea mi rende felice e mi tranquillizzo. Mando la buonanotte anche a mamma poi spengo il cellulare, chiudo gli occhi e mi addormento serena.

La mattina seguente mi sveglio presto. Guardando l'orologio mi accorgo che sono le sette: cavolo, è tardi... Violeta deve andare a lavoro, avrebbe dovuto aprire il bar alle sei, ma sta ancora dormendo.

Busso alla porta, ma non risponde. Così la chiamo al cellulare non una, ma molte volte: stranamente ha il telefono spento. Non so che fare, entro nel panico totale, poi ho un'idea: visto che ho un po' di esperienza da barista decido di andare ad aprire il locale al suo posto. Poi se lei vorrà venire, bene; sennò se ne resti lì dove sta.

Trovo le chiavi del locale sopra il tavolo, le riconosco grazie all'etichetta con scritto "bar"; mi vesto e m'incammino, pronta a iniziare la giornata.
Per fortuna trovo un passante: che mi indica la direzione, mi dice che è un cliente abitudinario del locale e per questo motivo sa indicarmi esattamente la strada che devo percorrere.

Menomale, non è distante, perché sono a piedi. Arrivo e mi trovo una ventina di clienti infuriati; sbuffo è strano per me vedere tanta gente che aspetta l'orario di apertura. Potevano andare da un'altra parte, ma evidentemente sono molto affezionati a questo posto.
Apro subito e riesco a calmarli preparando tutto quello che mi chiedono; in meno di un'ora ho servito più di cinquanta persone e in quell'arco di tempo neanche l'ombra di mia sorella.

All'improvviso mi squilla il telefono, è lei: "Ehi, ma perché caspita non mi hai chiamato? Non hai visto che ore sono?>>
Mi dice con voce arrabbiata, io cerco di stare calma e rispondo: "Guarda che ti ho chiamata almeno una ventina di volte, ma era spento. Ho bussato, ma non mi hai risposto. Alla fine, mi sono stufata e ho aperto il bar, muoviti se non vuoi rovinare tutto..."

In meno di dieci minuti lei è già qui. Non mi saluta nemmeno, ma io la inquadro bene. Ma che cavolo ha fatto la notte precedente?
Ha gli occhi cerchiati, sono rossi e gonfi, ma soprattutto è distratta: non ascolta, sembra caduta in trance. In poche parole, ho dovuto fare tutto io ed è stata una seccatura. Alle due decido di andarmene.

<<Beh, io vado. Questo pomeriggio ho un appuntamento, va bene? Ah, ti ho pagato la mia colazione, se hai bisogno di me fammelo sapere.>>
<<Grazie di tutto. Non so come avrei fatto senza di te. Ciao, me la cavo io ora. Divertiti>> mi dice lei, dandomi un bacio fugace per poi staccarsi immediatamente, come se si fosse resa conto del suo gesto spontaneo.
In effetti, per quel poco che la conosco, non ha mai fatto nulla di simile in vita sua, la dolcezza non sa dove sia di casa.
Di pomeriggio arriva Francesco. È un bel ragazzo: non molto alto, occhi castani e molto intensi, capelli mossi, ha un bel sorriso di cui io mi perdo ogni volta che lo guardo. Decidiamo di fare un giro a Parma. Parliamo di tutto, stiamo davvero bene insieme anche se non ci conosciamo molto, abbiamo un ottima affinità e io credo di amarlo. Senza neanche che ce ne accorgiamo, il tempo passa in fretta e la sera arriva in un battibaleno.

A cena andiamo in una pizzeria poco distante dal centro; niente sarebbe andato storto, almeno così credevo.
All'improvviso mi squilla il cellulare. Rispondo: "Pronto?"
Mi risponde Violeta con voce strozzata: "A... Aiuto, v... ieni"
Tu... Tu... Tu...
La linea s'interrompe, mia sorella è in pericolo; sono in tilt, non so che fare. Cerco con lo sguardo il mio compagno, trovandolo riesco a calmarmi.

Francesco è spaventato quanto me: "Che succede?"  mi chiede con una voce impaurita, io lo guardo e gli dico: "Non so. Dobbiamo andare e alla svelta!"
Paghiamo e usciamo dalla pizzeria di corsa.

Per tutto il percorso sino al bar sono agitata, il mio ragazzo mi prende la mano; un gesto spontaneo che apprezzo stringendola forte, scaricando in questo modo la mia tensione. Il mio pensiero va a Violeta: che le è successo? Come mai è spaventata?
Eccoci, ci siamo. Esco dalla macchina e mi dirigo al bar; quello che vedo mi fa star male...

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