chapter 33
Mamma sta piangendo, sembra sconvolta per qualcosa, ma non comprendo cosa possa esserle capitato. Mi avvicino cautamente a lei cercando di non spaventarla. Scruto entrambi, noto papà che l'abbraccia cercando di consolarla, mentre mamma singhiozza a più non posso.
Mi siedo nel letto accanto a lei, ad un certo punto anche Violeta si dirige verso di noi, sconvolta. <<Mamma, che succede?>> Sentendo la mia voce si gira a guardarmi, e mi dice: <<Non è niente tesoro, ho solo fatto un sogno brutto! Ho sognato che vi rapivano, e che io rimanevo sola! Ho avuto paura! Tranquille figlie mie! Nessuno ci separerà!>> Decido di non risponderle, ho le lacrime agli occhi. Scappo dalla loro camera per andare nella mia stanza.
Non avevo capito che mamma è triste, dietro quella facciata di madre felice, nasconde in realtà un'infinita tristezza. - Che stupida che sono stata! Invece di preoccuparmi di come potevo stare io o mia sorella, dovevo notare che mamma non stava affatto bene! Mi sento un'egoista nei suoi confronti!- Prendo il cuscino e lo lancio in faccia a Violeta. <<È questo il modo di invitarmi ad entrare?>> Mi chiede contrariata.
Sbuffo, so perché è qui, dobbiamo parlare del messaggio di Amelia. <<Scusami, sono nervosa. Dai, siediti nel letto accanto a me.>> Lei accetta, si mette vicino a me e mi stringe forte la mano; sto meglio mi rilasso all'istante. D'istinto l'abbraccio il tempo pare essersi fermato solo per noi, sento che il nostro legame è più forte di quanto immaginassi.
Ci stacchiamo da quel contatto fisico e c'incrociamo con gli sguardi. Un gioco di sguardi che dura per un po', poi le dico: <<Ritorniamo al nostro discorso? Primo: come fa Amelia ad avere il mio numero di cellulare? Secondo: dice che la dobbiamo vedere oggi, che è urgente! Che le dico?>> So che sono andata al punto del discorso troppo in fretta, ma sono arrabbiata, sconvolta e stufa marcia di questa storia.
Violeta rimane in silenzio per un po' e poi mi risponde: <<Il numero gliel'ho dato io, scusami sorellina! E dille che ci vediamo al Parco Ducale! Sono curiosa di sapere che ci deve dire di così urgente!>> No, -non ci posso credere: come si è permessa? Calma, devo stare calma- chiudo gli occhi, stringo forte i pugni e le chiedo: << Ma come ti sei permessa di dare il mio recapito telefonico? Non potevi chiedere prima cosa ne pensavo io?>> Mi rendo conto che sono stata brusca, ma mi ha dato proprio fastidio; << Ti chiedo scusa Hiris! L'ho dato perché pensavo che se magari non trovava me, poteva contattare te per ogni evenienza! Perché dovevo chiedere prima a te se potevo! Uff!>> Forse ha ragione, ma che nervoso. <<Dai le mando il messaggio! Le scrivo per le dieci, va bene?>> lei fa cenno di sì. Una volta mandato il messaggio, e la conferma di Amelia, ritorniamo in cucina.
Mi giro per vedere come sta mamma, -Meno male, sorride, o almeno ci sta provando- mi siedo accanto a lei stringendole la mano, per darle conforto. Non servono le parole per dirci il bene che ci vogliamo. Ad un certo punto, Violeta mi da un calcio da sotto il tavolo, alzo lo sguardo e mi fa cenno di guardare l'orologio. - Caspita, sono le nove e venti! È ora di andare!- Mi alzo di scatto dalla sedia, tanto che tutti si voltano verso di me, spaventati.
Sono imbarazzata, per tranquillizzarli; sorrido e do un bacio al volo a tutti. Poi corro in camera mia, senza dire una parola. Sono agitata, spaventata ma anche curiosa di sapere che vuole ancora una volta questa ragazza. Comunque sia, ho un brutto presentimento, che mi accompagna per tutta la giornata. Mi preparo, esco e aspetto mia sorella. In meno di cinque minuti siamo già in cammino per andare a raggiungere Amelia.
*
L'aria frizzante e fresca mi colpisce subito, schiarendomi le idee. Fa un freddo pazzesco, ma decidiamo ugualmente di andare a piedi. Una volta arrivate, notiamo che Amelia è già lì che ci sta aspettando.
Cerco di decifrare la sua faccia, ma stranamente riesce a nascondere i suoi sentimenti molto bene, e questo m'innervosisce sempre di più. Mi metto le mani in bocca in modo automatico, quando c'è lei sento un'aura negativa e misteriosa, come de volesse nascondere una parte di se. Mia sorella stranamente è calma: sorride quando Amelia si avvicina a noi con fare sicuro e determinato.
Come l'altra volta, sono colpita dalla sua bellezza, ma non sono venuta per questo motivo. <<Allora? Che ci devi dire?>>Chiedo, in modo brusco; Violeta mi da' una gomitata allo stomaco, per farmi stare zitta. A me poco importa: spero soltanto che si sbrighi perché voglito tornare a casa, e soprattutto non voglio rimanere un minuto di più con lei. <<Calma, calma! Faccio in fretta! Vi dico che dovete stare attente! Avete un nuovo nemico! L'ho sentito che lo diceva Pietro a Matteo! Ovviamente parlavano in codice! Quindi non so chi sia questo nuovo personaggio! Quindi occhio! Be', con grande contentezza di Hiris, io vado! Mi raccomando, occhi ben aperti! Ciao a tutte e due!>> Così dicendo, va via, senza dire altro, non abbiamo neanche avuto il tempo di salutarla e di ringraziarla.
<<Che nervi! Non bastavano Matteo e Pietro! Adesso c'è un altro nemico!>> Dico voltandomi verso Violeta. Sta piangendo, trema come una foglia. L'abbraccio forte, per farle sentire la mia presenza.
Lei si sfoga, tirandomi dei pugni sul petto; la lascio fare voglio che si sfoghi. Quando si stacca da me, mi dice: <<Andiamo a casa! Poi questo pomeriggio devo andare a lavoro>> così, torniamo a casa insieme. Una volta arrivate, non troviamo nessuno.
Mamma ci ha lasciato un biglietto sul tavolo della cucina: "Siamo a fare la spesa, torniamo tra poco." Così mia sorella e io iniziamo a preparare il pranzo. Eccoli sono arrivati, li aiutiamo a scaricare la macchina. Pranziamo e poi ognuno torna alle sue mansioni.
Io aiuto mamma a sparecchiare, mentre Violeta si va a preparare per andare a lavoro. Stranamente mamma è silenziosa, nervosa e scorbutica. Guai a farle qualche domanda, oppure iniziare una conversazione. Decido di lasciarla sola. Esco a farmi una passeggiata in piena solitudine.
Non mi va di andare al bar, né di vedere gente. Com'è bello passeggiare da sola, posso ammirare le vetrine colorate dalle luci natalizie. Rimango lì ad ammirarle. Le adoro, mi trasmettono felicità, perché sono piene di colori, sembrano piccoli arcobaleni pronti a spiccare il volo verso il cielo.
Per un po' dimentico i problemi che mi attanagliano, ma cerco di tenermi impressa nel cuore i pochi momenti di felicità che la vita mi offre in ogni istante. All'improvviso, mi viene in mente il viso di mamma, triste e abbattuto. Mi sento in colpa, perché io adesso sono allegra e serena, mentre lei invece, è così infelice... Come se nel profondo della sua anima si nascondesse qualcosa di oscuro, che lei fatica ad esternare.
Mi sento male per lei, non so come aiutarla, e come affrontare un argomento delicato insieme a lei. Poi mi viene un'idea: le scriverò una lettera, dicendole quello che provo per lei; perché penso che sia l'unico modo per farle capire la mia presenza.
Sorrido compiaciuta e sono più tranquilla, al punto che, passeggiando, ritrovo una grande serenità interiore. La città, stranamente, è silenziosa: c'è pochissima gente a me poco importa. La preferisco così: solitaria e tranquilla. Questo tipo di atmosfera mi aiuta a star bene e a sentirmi in pace con me stessa. -Tra poco devo rientrare a casa- Mi sono accorta che ore sono.
Passeggio altri cinque minuti, poi m'incammino verso casa. Tutti sono a letto, dormono di già. Io invece non ceno, e vado direttamente in camera mia. Prendo carta e penna e inizio a scrivere:
~Cara mamma! Perché questa lettera? Lo sai come sono fatta! Amo molto esprimere i miei sentimenti con lo scritto, più i gesti che a voce. Sono timida, goffa nel dire quello che penso e quello che sento nel mio cuore, e quindi le scrivo sotto forma di lettera. Per prima cosa, ti chiederò una cosa banale! Che poi di banale non c'è niente! Come stai? Una frase corta ma che racchiude un mondo particolare. Una persona può dire che sta bene, ma poi a gesti dice un'altra cosa. Tu, mamma, mi preoccupi perché dici una cosa, ma poi ne dimostri un'altra. Sai, io ti devo chiedere scusa. Scusa perché ultimamente ho pensato più a me stessa che a te. Scusa perché ho passato poco tempo con te, che sei la persona più importante per me. Il tempo è prezioso, e non va mai sprecato. Ricordo quando tu sei venuta di corsa a casa di Violeta dicendomi che mi avresti dato una mano. Che siamo i tuoi tesori più preziosi. Piansi molto a quelle tue dolci parole. Lì, ho compreso che siamo unite da un legame speciale, indistruttibile; sai mamma, ultimamente ho sempre paura di perderti, di tornare a casa e di non vedere il tuo dolce viso, il tuo bel sorriso, e la tenacia che metti in tutto quello che fai. Forse è una mia fantasia, ma so che se non sto con te, se non recupero il rapporto di un tempo, starò male a vita. Mamma ti chiedo perdono, perché so che tu e io non ci parliamo da molto e questo mi dispiace. Forse mi sono dilungata con la lettera, ma almeno ho scritto i mie pensieri, le angosce più profonde che ho nell'anima. Ciao, mia cara mamma, maestra di vita, amore del mio cuore, ti voglio un mondo di bene. Faccio una promessa: da oggi ti starò accanto e ti proteggerò da ogni pericolo. Ora ti saluto, amica del cuore. A domani e dolce notte.~
Rileggo la lettera un paio di volte, soddisfatta e orgogliosa di me stessa. Dentro c'è tutto l'amore che provo per lei. La metto in una busta, esco e la infilo sotto la porta della loro camera. Rimango un po' ad ascoltare i loro respiri: sono piacevoli, delicati.
Gli mando un bacio al volo, e poi torno nella mia stanza. Mi addormento serena, finalmente più leggera. Sogno di volare su una nuvola: finalmente, per una volta, riesco a volare libera e leggiadra come un uccellino, nel cielo infinito e pieno di stelle.
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