chapter 32
Violeta sta litigando con Matteo. Li vedo discutere di brutto. Sto male, ho un giramento di testa, mi faccio sorreggere da Samantha. Quello che sento mi fa venire i brividi dalla paura, dal terrore che ho dentro nel mio cuore.
Quell'uomo, se così si può chiamare, sta dando della puttana a mia sorella, la sta minacciando davanti a tante persone, ma non interviene nessuno. Tutti hanno paura lui, deridono mia sorella come se fosse lei la minaccia e non lui; -Non è giusto! La colpa è sua, ma quando vedono una ragazza in difficoltà, tutti si fanno da parte-.
Stanca di vedere questo scempio, decido d'intervenire. Ovviamente non posso mettermi in mezzo, così entro nel locale, e chiamo Gioele. Lui è il solo che può aiutarla, ed è in grado di fermare Matteo. Per mia fortuna, il telefono squilla libero, dopo neanche cinque minuti mi risponde: <<Ciao Hiris che succede? Dimmi che Violeta non è in pericolo!>> -Perspicace il ragazzo!-
Gli dico di venire immediatamente al locale: per tutta la risposta lui sospira e chiude la chiamata, senza neanche salutarmi. Immagino che sia già in strada, e stia dirigendosi qui al bar. In meno di pochi minuti, lo vedo arrivare: osservo la sua espressione del viso e capisco che è sconvolto, arrabbiato, amareggiato. Guarda prima me e poi la scena che gli si presenta davanti.
Stringe forte i pugni, una lacrima gli riga il viso. Non vedendoci più dalla rabbia, si avvicina a Matteoe lo prende per un braccio, allontanandolo. << Tu, verme! È questo il modo di trattare una donna?! Non hai pudore!>> Le parole di Gioele non lo hanno per niente scalfito, anzi, si gira verso di lui e lo guarda con aria di sfida.
Violeta è impietrita, non riesce neanche a fare un passo. Rimane lì imbambolata a guardarli; Gioele poi fa una cosa inaspettata: notando il suo nemico distratto, corre verso mia sorella, la esorta a scappare da li. Non so se è la sua vicinanza o il fatto che lui la abbia toccata, fatto sta che lei reagisce e a passi veloci mi raggiunge; la stringo forte a me, accarezzandole i capelli.
Potevo sentire il suo cuore agitato, turbolento e impaurito. Continuavo a ripeterle che sarebbe andato tutto bene, che ora c'ero io accanto a lei. Nel frattempo il maresciallo, una volta salvato la ragazza, si rivolse di nuovo a Matteo: <<Ehi stronzo, adesso te la devi vedere con me!>> Si scrutano a vicenda, poi lui gli sputa in faccia, non ha paura di nessuno, anzi più viene trattato male, più è felice. È davvero una persona subdola e meschina, mi fa ribrezzo solo a guardarlo.
<<"Maresciallo!" Ma lo sai che sei uno stupido? Cosa pensi, che io non vi osservi? Io sono la vostra ombra! Te lo dico per l'ultima volta, lascia perdere! Finisci male! >> Gli dice con tono beffardo; gli si avvicina e senza dargli tempo di dire o di difendersi, gli molla un calcio nello stomaco, per poi lasciarlo lì per terra inerme.
Si gira verso di noi, ci sorride in modo malizioso. <<Tornerò presto, è una promessa!>> Dice per poi sparire nella notte senza luna; nel profondo del nostro cuore sappiamo che è vero, che lui tornerà più agguerrito che mai. Una volta sole, raggiungiamo Gioele, insieme lo portiamo dentro al bar. Lo facciamo sedere su una sedia, poi decido di lasciarli da soli, mi sento di troppo; non so cosa si sono detti, ma vedendoli ridere capisco che cercano di incoraggiarsi a vicenda.
Sono sconcertata, non posso credere che non riusciamo a vivere serenamente, ormai viviamo nel terrore più assoluto. Adesso siamo sotto le feste; dovrebbe portare pace e gioa, infatti vorrei un po' di serenità sia per me che per Violeta.
Mi volto per guardarli: insieme sono carini, è evidente che lui è più preoccupato più per lei che per se stesso. -Ammirevole, questo ragazzo mi sorprende sempre di più! Già gli voglio bene!- Ad un certo punto, mia sorella si avvicina e mi chiede: <<Andiamo a casa? Ho accumulato troppe emozioni per oggi e non mi va di restare un minuto di più in questo posto!>> Le faccio cenno di si.
Gioele a stento si alza dalla sedia, ci guarda entrambe e poi con fare risoluto ci dice: <<Vi accompagno io! E non voglio un no come risposta!>> Un sorriso sincero esce dal volto di mia sorella, mentre io non accetto, non mi sento a mio agio in macchina con loro due.
Così decido di andare a piedi a vagare senza meta. Mentre passeggio in piena solitudine, noto un piccolo bar ancora aperto. Decido di entrare; il locale è accogliente e detiene due sale. Una è per giocare, mentre l'altra per consumare. A me, attira molto la sala giochi.
Senza esitazioni entro, mi trovo alcune freccette sul tavolo, e sul muro il bersaglio. -Bene!- Per scaricare la tensione e la rabbia che ho accumulato in questi giorni, decido di lanciarle.
M'immagino di vedere il volto di quel parassita schifoso e lancio con tutta la forza che ho nel corpo. Prima una, poi due, poi tre; nel mentre lo insulto. Non so quante parole, schifose che gli ho detto; ma poco importa: mi sento meglio, ho il cuore più leggero.
Stremata, mi siedo e chiamo la mamma: le chiedo di venire a prendermi. Le dico dove mi trovo e lei per fortuna accetta. Attendo il suo arrivo giocando ancora una volta a freccette ma con più calma.
Ecco che arriva mamma, come al solito con un passo armonico ma deciso. Entra salutando, poi si dirige verso me. Non è arrabbiata anzi al contrario ride e mi da' un bacio delicato sulla guancia. <<<Tesoro tutto bene? Violeta è già a casa, l'ha accompagnata quel maresciallo. Pensa però lo spavento quando non abbiamo visto te! Ma ora dimmi, che ci fai qui?>> Non ho voglia di risponderle, ma è mamma è venuta a prendermi a notte fonda, merita una risposta: <<Volevo stare sola, mi sono messa a camminare, quando ho visto questo bar. Incuriosita sono entrata, ed eccomi qui>>
Le rispondo, vaga, mamma è soddisfatta di quello che gli ho detto, e insieme c'incamminiamo verso la macchina. Eccoci, siamo nella nostra dimora. Io sono sfinita, ma anche lei. Tutto tace, tutti dormono beati. Io decido di dormire nel lettone insieme a mamma e papà. Ho bisogno della loro vicinanza, per sentirmi protetta.
Una volta sotto le lenzuola, mi metto tra le braccia di mamma: ascoltando il suo respiro e sentendo il suo profumo mi addormento serena. Verso mattina mi sveglio, ma è ancora presto, tuttavia ormai sono sveglia e quindi mi alzo.
Vado in bagno, mi rinfresco il viso e sono pronta per iniziare una nuova giornata. Di solito di mattina non lo faccio mai, ma oggi stranamente prendo in mano il telefono; giusto per vedere se ci sono novità.
Ho fatto bene, perché mi trovo un messaggio da una persona che non mi aspettavo che mi scrivesse. Incuriosita, lo apro e rimango sbigottita dal contenuto. Il testo è il seguente: "Sono Amelia! Ti domanderai come ho fatto ad avere il tuo numero di cellulare! Ma questo ha poca importanza! Quello che invece ti deve importare, è che ti devo parlare! Anzi vi devo parlare con massima urgenza! Oggi vi va se ci vediamo? Fammi sapere! Anzi, correggo fatemi sapere!" Sbuffo, quando c'è lei di mezzo, non ci sono mai buone notizie, anzi ho un brutto presentimento.
Ma c'è una cosa che mi frulla in testa da un po', -Come ha avuto il mio numero? E perché invece di scrivere a Violeta, ha mandato il messaggio a me? Che poi neanche avesse tutta questa confidenza!- Sono frastornata, continuo a rileggerlo mille volte. Alla fine, stufa di stare con il cellulare in mano, lo lancio nel divano, arrabbiata.
Decido che le risponderò appena si alzerà Violeta. In fondo, vuole saperlo anche da lei. E se c'è una cosa che ho imparato i questi giorni, è che le decisioni non si prendono mai da sole ma in compagnia, soprattutto, se le decisioni da prendere sono di vitale importanza.
Mentre attendo Violeta, mi preparo un tè. Come finisco di berlo, mi rilasso. Chiudo gli occhi, sento che un senso di pace interiore sta avendo la meglio su di me. Vorrei restare così a lungo, ascoltando il silenzio che mi circonda. Dura poco, anzi pochi attimi.
Sento dei passi, sbuffo; mi giro verso quel rumore. -Oh no! È mia sorella! E adesso che faccio?- La saluto tristemente; lei mi guarda con una faccia strana. Non mi sento pronta a parlare di Amelia, del fatto che mi abbia contattato per vederci. Ma lo devo fare, così mi volto verso di lei; la fisso per un attimo e poi le dico: <<Dobbiamo parlare di una questione importante!>> Violeta mi guarda male, è stanca di tutto ciò.
Sprofonda sulla poltrona sbuffando, e attende che io parli, ma un rumore improvviso mi blocca. Sento mamma urlare: io e mia sorella corriamo in camera dei nostri genitori. Ma quando vediamo cosa è successo, ci blocchiamo sull'uscio della porta, stupite e terrorizzate.
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