Chapter 20
Cosa odono le mie orecchie? Violeta sta parlando con un tizio alto e corpulento, a guardarlo trasmette paura e inquietudine, ha due fessure scuri fuori dall'orbita, a vederlo sembra un pazzo. Un brivido mi penetra sino alle ossa, tremo dalla paura!
Mia sorella sta accettando qualcosa da lui, non vedo bene che cos'è, ma dal suo sguardo, capisco che è soddisfatto della vendita appena fatta, lei lo paga profumatamente, poi lui si dilegua via fischiettando un motivetto allegro. Non appena rimaniamo sole, Violeta si gira verso di me: è agitata, confusa, ha l'aria di chi ha fatto un errore madornale. <<Ciao sorellina, non ti ho vista arrivare, da quanto tempo sei qui?>> mi chiede imbarazzata, <<Abbastanza, per vedere che hai fatto qualcosa che non dovevi fare!>> le dico con un certo tono, sono arrabbiata, delusa e soprattutto preoccupata per lei.
Ci fissiamo per un attimo senza dirci una parola, quando all'improvviso Violeta tenta di nascondere qualcosa dalla mia visuale. Sono più scaltra di lei glielo strappo dalle mani: è una bustina piccola, contenente della droga.
Sbianco nel vederla, se prima stavo male, adesso sto più male, -La sto aiutando per uscirne da questa situazione, e lei che fa? Ci ricasca?- mi trovo a pensare tra me e me. <<Molla Hiris, è mia! L'ho pagata cara.>> e me la riprende dalle mani, soddisfatta. Sono confusa, -Ha sempre detto che le fa schifo e ribrezzo questa "merda", e ora che fa, la vuole?- Sgrano gli occhi sbigottita.
Mi guarda e sorride: <<Calma, sorellina! Non la prendo, va bene? Anzi la butto via, quindi tranquilla!>> mi rilasso all'istante, quando la vedo raggiungere il primo cassetto e buttare la bustina che ha appena comprato; ritorna da me dicendo: <<Soddisfatta? Ora torniamo ai discorsi seri!>> le faccio cenno di si, me ne ero dimenticata del vero motivo per cui sono venuta di corsa da lei; certo, la vista della droga mi ha messo un malessere generale, che mi ha fatto andare completamente in tilt; solo quando Violeta mi fa notare il perché sono venuta qui, riesco a riordinare le idee: <<Si hai ragione, ma prima andiamo via da qui!>> le dico speranzosa, lei mi fa cenno con la testa, c'incamminiamo verso il parco senza proferire nessuna parola.
Una volta arrivate, ci sediamo su una panchina e le chiedo: <<Spiegami meglio, per telefono eri agitata e non ho capito niente!>> lei mi fissa dritta negli occhi, ci leggo: tristezza, paura, sofferenza; l'impulso è quello di abbracciarla forte a me: lo faccio, ma questa volta lei non contraccambia il mio dolce gesto, mi allontana in modo brusco. Non comprendo il motivo del suo atteggiamento, e la guardo perplessa. <<È colpa tua se Gioele è nei guai, se tu non mi dicevi di uscire con lui, a quest'ora non sarebbe in pericolo! Non dovevamo coinvolgerlo in questa storia!>> grida lei con un tono arrabbiato; forse ha ragione, ma io credo che lui ci possa aiutare. <<Ma perché dici così, che è successo?>> le chiedo in modo ansioso, <<Cazzo, Matteo ha saputo che lavoro fa, è entrato a casa sua e l'ha minacciato, scrivendogli un qualcosa in un foglio! Mi ha chiamato poco fa, e me l'ha riferito.
Ma la cosa più sorprendente, è che pensa a me, nonostante lui sia in pericolo, è su di me che lui rivolge i suoi pensieri. Ti rendi conto? Che dolce che è? Ma non è questo il punto!>> ritorna seria dopo aver sorriso a quella confessione fatta su di lui. <<Il punto della questione, è che Matteo adesso sa come muoversi, saprà come minacciarci!>> lo dice tutto d'un fiato, scoppiando a piangere e scappando via lasciandomi sola.
Sono triste, ho paura che possa succederle qualcosa, così corro a cercarla ma non la trovo. Sperando che sia tornata a casa, chiamo mamma: trovo il cellulare occupato, una gigantesca ansia s'impossessa di me.
Rimetto il cellulare in tasca, quando vedo il biglietto cadere per terra; lo raccolgo e lo rileggo nuovamente: "Sei una ragazza morta! Non immischiarti in queste faccende che non ti riguardano, che sia chiaro! Anonimo" convinta che sia stato Matteo a scrivermelo, decido di andare da Gioele; devo parlare con lui.
Mi dirigo verso la caserma, dove lo scorgo chiacchierare con dei suoi colleghi. È triste, frustrato. Lo scruto mentre chiacchiera con un suo collega, aspetto che sia libero e mi avvicino a lui ansiosamente. Ci guardiamo per un attimo e poi gli chiedo: <<Salve, potrei parlare in privato? Ha un minuto?>> Gioele mi fa cenno di si, così mi accompagna nel suo ufficio per non essere disturbati. <<Dimmi? Sei la sorella di Violeta? Giusto?>> mi domanda, una volta dentro. <<Si esatto, veniamo al dunque, posso chiederle di farmi vedere il suo biglietto? La prego è importante!>> lui mi chiede perché con lo sguardo e per risposta gli faccio vedere il mio: Gioele è perplesso, poi, senza tanti giri di parole, tira fuori il suo dalla sua tasca. <<È come pensavo, è scritto dalla stessa persona!>> gli dico abbattuta. <<Come sta Violeta?>> mi chiede, in tono preoccupato; è bello vedere come vuole bene a mia sorella, glielo leggo nei sui bellissimi occhi verdi. <<Male, non so dove sia, è scappata da me dopo un litigio che abbiamo avuto poco fa.>> gli rispondo, in tono amareggiato, sta per controbattere quand'ecco sento squillare il telefono: è mamma. <<Tesoro, sono mamma, tua sorella è a casa, è sconvolta! Vieni subito!>> sto per dire qualcosa, ma la conversazione finisce in questo modo. <<Scusami Gioele! Devo andare, mia sorella è a casa!>> così dicendo esco dalla caserma, prendo l'autobus che fortunatamente arriva subito.
Una volta a casa, Violeta corre subito a darmi un bacio: <<Scusami, sorellina, mi perdoni? Ultimamente te lo chiedo un po' troppo spesso>> ride, però è un sorriso triste il suo. Io non le rispondo ma la tengo stretta a me. In casa si respira un po' di serenità, ma io ho una sensazione brutta: non lo dico e me lo tengo per me per non suscitare preoccupazione.
*
Matteo
Sono al bar con Pietro, mi sta parlando di qualcosa, ma non gli sto dando retta. Sono con la testa da un'altra parte. Sto pensando a quella stronza di Violeta.
La sera precedente l'ho vista uscire con quel bastardo. Naturalmente non posso seguirli, tuttavia ho un' idea: andrò a casa sua e attenderò il suo rientro con ansia, e anche con gioia. Non vedo l'ora di sistemarlo per le feste, devo fargli capire che lei è mia, che è il mio giocattolo preferito, non la amo, ma la voglio solo per me, lui me la vuole "rubare".
Eccolo che è rientrato, aspetto che entri dentro, poi agirò indisturbato. Per fortuna nella mia vita ho imparato a scassinare tante porte, grazie a mio padre che mi ha insegnato il mestiere del ladro. Rubo e spaccio insieme al mio babbo fin da quando ero piccolo.
Mamma invece è morta dandomi alla luce, quindi non l'ho mai conosciuta, ma a me poco importa: ho avuto papà accanto e questo mi è sempre bastato, l'affetto e l'amore per me non esistono.
Riesco ad aprire la porta, entro dentro e scopro che è un carabiniere, lo noto perché ha la divisa sull'attaccapanni, -Cazzo, è un carabiniere questo stronzo-. Mi reco, in cucina faccio finta di cercare qualcosa giusto per spaventarlo un pochino, poi gli lascio un biglietto e scappo via nella notte silenziosamente. <<Ehi mi ascolti?>> Mi chiede Pietro distogliendomi dai miei ricordi, <<No, scusami, dicevi?>> gli dico, <<Dicevo, per sabato hai la "roba"? Sai deve essere tutto pronto! Mi raccomando, tieni a bada Violeta e Amelia, tienile sotto controllo. Sono un pericolo>> così dicendo si alza e mi lascia solo.
Ha ragione, dobbiamo badare a quelle due. Pago il proprietario, esco dal bar e rientro a casa, pensando a come agire nei prossimi giorni. Per oggi però basta, voglio stare tranquillo, per i fatti miei. Pranzo, poi nel pomeriggio spengo il cellulare, vado in camera a farmi, poi mi corico: sono arrabbiato, furioso, quello stronzo me la pagherà, e lei, Violeta, cascherà ai miei piedi.
Sono distrutto, non ceno neanche. La droga mi fa sempre questo effetto: mi toglie sia l'appetito, sia di fare qualsiasi cosa. Così prima di mettermi a dormire, vado al computer a mandare un e-mail a Pietro: "Tutto pronto, la droga è ottima. Per sabato avrai tutto, tranquillo" attendo la sua risposta che non si fa attendere <<Perfetto, mi raccomando, e te lo ripeto: tieni a bada quelle due stronze!>> gli rispondo che ho già un'idea, lui conclude l'e-mail, scrivendo che è soddisfatto di me.
Spengo il computer e mi corico sereno. Cancellerò quel bel sorriso dalla faccia di Violeta, una volta per tutte. Con quel pensiero fisso, mi addormento compiaciuto.
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