CAPITOLO 91
Sei tutto per me
Jennifer
Gale si ferma davanti alla porta e si china a guardarmi.
«Prima che entri volevo dirti che mi dispiace molto per tuo padre, so quanto ci tieni, ed è terribile che questo succeda proprio a lui» mormora e riesco a fargli un sorriso sincero mentre gli stringo la mano.
«Grazie Gale, lo apprezzo molto» sussurro e mi alzo in piedi, non ho intenzione di entrare con la sedia a rotelle, sa già che sono ferita, ma se mi dovesse vedere entrare con quella credo che i suoi sensi di colpa lo annienterebbero.
«Dopo ti faccio entrare» mormoro e lui annuisce per poi andare verso la sala d'aspetto lasciandomi da sola.
Prima di bussare alla sua stanza, mi tolgo le lacrime dalle guance anche se la maggior parte si sono seccate sulla mia pelle, sistemo i capelli ancora umidi dalla doccia e faccio un profondo respiro per calmare la mia ansia.
È Matt, il mio Matthew...e allora perché sto tremando?
Forse perché l'ultima volta che abbiamo parlato, eravamo in lite e arrabbiati l'uno con l'altro.
Esitante busso contro la superficie bianca e quando ricevo la sua risposta, apro lentamente la porta, preparandomi a ciò che vedrò.
É sdraiato sul letto, a petto nudo, e tutta la sua spalla destra è fasciata, con delle bende bianche, che gli circondano anche il busto.
Alza il suo sguardo su di me, facendomi notare i suoi occhi che luccicano per l'emozione, e il suo sorriso che si espande, mentre con la mano mi invita ad avvicinarmi.
Con passo zoppicante lo raggiungo tuffandomi nel suo calore, mentre con il braccio sano mi attira verso di sé, abbracciandomi dolcemente. Tengo una mano incerta sul suo petto scoperto, per la paura di fargli male, mentre lui incurante nei suoi riguardi, mi bacia la fronte guardandomi come se fosse la prima volta.
Quell'emozione che leggo nei suoi occhi, riesce a provocarmi quella strana ma bellissima sensazione di quando il cuore batte più forte senza un motivo apparente, e lo senti rimbombare nella testa, come se il tempo rallentasse e tutto il resto perdesse importanza.
«Mi sei mancata Jenny e non sai quanto è bello vederti qui con me» sussurra e lo sento nella sua voce roca, la lacerazione che ha provocato in lui la mia sparizione. Mi sembra di sentire tutta la sua paura, i suoi dubbi e le scelte che ha dovuto fare.
Delle lacrime cadono ancora sulle mie guance, ma questa volta sono di gioia.
«Anche tu Matt, non sai quanto, ma come stai? Non ci hanno fatto sapere nulla» gli chiedo indicando la sua spalla.
Lui segue il mio sguardo per poi scuotere la testa indifferente
«io sto bene, si che hanno estratto il proiettile, e l'anestesia non finisce non sentirò nulla. Ma tu Jenny? Come stai?».
Sollevo le spalle, sospirando profondamente, lasciando che la stanchezza di questi giorni crolli su di me, non avendo più la forza di sorreggerla. Non ora che sono con lui. Non ora che sono al sicuro.
Un singhiozzo esce dalla mia bocca, mentre il mio corpo trema senza controllo, e i miei occhi si offuscano.
Mi attira di nuovo contro di sé, baciandomi il naso e si sposta leggermente, creando uno spazio.
«Sdraiati qui, affianco a me» mi chiede dolcemente, con la sua mano calda sulla schiena, come per incitarmi a seguire il suo consiglio.
«Ho paura di farti male» spiego, anche se le mie parole escono distorte dai singhiozzi. Ho perso il controllo.
Quel controllo che mi sono obbligata a tenere a bada, per non annegare nella disperazione, ma ora non mi serve più.
Scuote la testa per poi lasciarmi un altro bacio caldo sulla guancia e inglobando qualche mia lacrima salata.
«Sdraiati qui con me, non mi fai male Jenny».
Non me lo faccio ripetere e tolgo le scarpe che cadono con un tonfo sul pavimento e poi mi accomodo al suo fianco, appoggiando la testa a pochi centimetri dalla sua.
Circonda il mio corpo con il suo braccio, mentre io ascolto il suo battito cardiaco che risuona nell' ECG come una ninna nanna cadenzale e bellissima.
Matt è vivo, qui davanti a me. Dopo che per ore ho creduto il peggio. E io sto piangendo come una fontana.
«Mio padre è in coma» gli spiego è sembra ancora più brutto e reale, dirlo ad alta voce. È come se finora fosse rimasto a ripetersi nella mia mente come una fantasia, per poi rivelarsi la pura realtà. Lui mi accarezza dolcemente la schiena, baciandomi ancora le guance, per togliermi le lacrime, come se potesse cancellarle per sempre, come se potesse assorbire il mio dolore, per poterlo alleggerire.
«Non volevo che lo scoprissi così».
Batto le palpebre fino a poterlo guardare negli occhi, anche se lo vedo un po' sfocato.
«Tu lo sapevi?» annuisce dispiaciuto e appoggia la fronte contro alla mia, facendo scontrare i nostri nasi.
«Si Jenny, tua madre è venuta da me, voleva che te lo dicessi io una volta a casa, non voleva caricarti anche con questo» risponde, e continua ad accarezzarmi la guancia, mentre io cerco invano di smettere di piangere.
Allungo la mano e gliela passo fra i capelli, godendomi la loro setosità, ma lui libera il braccio dal mio corpo e mi afferra il braccio, avvicinandolo al suo viso.
Capisco solo qualche istante dopo, che cosa sta guardando.
I lividi violacei e rossastri sui polsi, che mi hanno lasciato le corde per tutto quel tempo che sono rimasta legata.
Riprendo il braccio dalla sua presa e abbasso la felpa per nascondere i segni.
«Quanto ti hanno fatto male Jenny?» il suo sguardo è pieno di rabbia, panico e disperazione.
Lo conosco abbastanza bene da sapere che si sta dando la colpa di tutto, di ogni livido che ricopre il mio corpo, di ogni lacrima che è scesa dai miei occhi e di ogni goccia di sangue che ho perso.
Mi accorgo che le mie mani stanno tremando, ma le chiudo in due pugni, mentre lui aspetta la sua risposta.
«Matt ora sto bene, e credo di aver fatto più male io a loro» rispondo con un pizzico di sarcasmo, ma lui non sorride per niente.
Riesce a vedere il dolore nel mio viso? Riesce a sentire tutta la paura che ho provato nella mia voce?
«Ho saputo che hai sparato a Jonathan, e che hai fatto perdere i sensi a quello che ti teneva in auto».
Dei brividi percorrono tutto il mio corpo al ricordo di quello che è successo solo poche ore fa.
«Ma so anche che quei lividi non sono nulla rispetto al resto vero? Ho visto la fascia macchiata di sangue all'altezza della coscia, e poco fa hai zoppicato...».
Si ferma, mentre vedo il suo petto sollevarsi e il battito aumentare nello schermo accanto a noi.
«Il tuo viso...» sussurra e le sue dita leggere passano sopra alla mie guance, che come ho visto nello specchio del bagno, sono leggermente violacee, nei punti in cui quel bastardo mi afferrava il viso.
«Vuoi parlarne?» chiede senza pretendere.
So che ha bisogno di sapere, che vuole vedere ogni mia ferita, che vuole assicurarsi che io stia bene, ma sa anche che ho bisogno di tempo, e il momento non è ora.
Scuoto la testa e mi appoggio di nuovo al cuscino, avvicinandomi alla sua testa che annuisce titubante, ma accogliendo la mia richiesta.
«Voglio parlare di un'altra cosa», ammetto, sperando di alleggerire questa conversazione diventata troppo pesante.
Lui mi guarda e mi invita a continuare, pronto ad ascoltarmi.
«Mi hai detto una cosa prima di svenire...» sussurro e un sorriso si espande sul suo viso: «vorrei sapere se era la verità o se forse hai sbattuto la testa troppo forte contro il terreno».
Lui ride ma poi se ne pente, cercando di trattenere un'espressione di dolore. Devo chiedere il prima possibile al chirurgo qual è la sua prognosi e cosa è successo in quella sala operatoria.
«No, perché se era falso...» lui non mi lascia finire la frase e congiunge le mie labbra con le sue. Finalmente, credevo non lo avrebbe più fatto.
Le sue labbra sono calde e dolci contro le mie, mentre le nostre lingue si accarezzano titubanti, in una danza lenta.
Una splendida sensazione si impossessa di me, una sensazione che tanto mi mancava. È come il caldo vento di Scirocco che avvolge il corpo, lasciandoti con la sua dolce carezza.
Ti sfiora l'anima, come un sussurro lontano, portando con sé il sapore di terre calde e il ricordo di qualcosa di eterno, che pensavi perduto. E per qualche istante tutto mi sembra così semplice.
Solo io e lui.
Ma poi quando si stacca da me, la realtà torna prepotente e la mia mente viene di nuovo invasa da tutti i problemi che ci circondano.
«Allora lo prendo come un sì» sussurro.
Lui sorride e mi stringe a sé, come se non volesse più lasciarmi andare, come se il mio corpo fosse ritornato al suo posto con un tassello di un puzzle.
«Le dirai di nuovo quelle parole?» chiedo, mettendo la testa sul suo petto, con il suo respiro che si perde tra i miei capelli.
«Quali parole?» domanda, facendo l'ingenuo.
Ridacchio ignorando il dolore al costato e tracciando dei disegni invisibili sulla sua pelle.
«Non fare lo scemo. Sai benissimo quali parole» obbietto, puntandogli il dito, contro al petto.
La sua mano libera, passa fra i miei capelli e mi sollevo incontrando il suo sguardo gentile e il suo sorriso caldo.
«Ti amo Jenny, e ti devo delle scuse talmente grandi e lunghe, che spero che un giorno tu avrai la grazie di riuscire a perdonarmi. Sono stato talmente uno stronzo geloso, che invece di credere a te, ho creduto a delle bugie, che hanno portato al tuo rapimento. Perdonami amore».
Il mio cuore perde dei battiti, mentre brividi leggeri attraversano ogni centimetro del mio corpo.
So che probabilmente dovrei ragionare, che dovrei farlo penare per non avermi creduto, ma no voglio niente di tutto questo.
La vita è troppo breve per perdere tempo inutilmente, quando so già di averlo perdonato. Quando per ore ho avuto il terrore di averlo perso.
«Ti perdono Matt, ma dillo di nuovo» gli ordino e lui scuote la testa, mordendosi il labbro per trattenere un sorriso.
«Sei il solito fifone» lo sfido.
Cerca di guardarmi male, ma dei sorrisi restano sulle nostre labbra, incancellabili.
«Prima te, devo esserne sicuro, prima di aprire di nuovo il mio cuore a una persona che non prova lo stesso per me», mi sfida a sua volta, beffandosi di me.
Rido e gli do un bacio sulla guancia, per poi passargli una mano tra i capelli.
«Dovresti riposarti, le forti emozioni non ti fanno bene», lo informo con un finto tono professionale, mentre lui scuote la testa divertito.
«Mi è mancato il tuo sarcasmo, ma...» fa per dire, ma lo zittisco lasciandogli un piccolo bacio sulle labbra e accarezzandogli la guancia ispida. È strano vederlo con la barba, ma devo dire che gli dona un aspetto ancora più sexy. È strano da dire ma sembra più uomo. Devo fargliela assolutamente tagliare il prima possibile.
«Ti amo Matt», sussurro dolcemente e lui ricambia il bacio, per poi appoggia la fronte, contro la mia.
«Ora è meglio che vado, devi riposare», faccio per scendere, ma lui mi tiene stretta a sé, impedendomelo.
«Anche tu devi riposare. Resta qui con me, per favore», mi supplica con quel tono che ha fin troppo presa su di me.
«Ti prego, almeno posso riposare tranquillamente, sapendoti al sicuro, qui accanto a me».
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, senza però smettere di sorridere.
«Va bene, ma devo andare un attimo in bagno, e c'è una persona che vuole vederti».
Lui annuisce e mi lascia andare.
Apro la porta e chiamo Gale che si palesa davanti a me nel giro di qualche attimo, cavolo è davvero veloce.
«Matt» sussurra salutandolo ed entrando nella stanza con titubanza.
In risposta lui gli fa un cenno con la testa per poi invitarlo ad avvicinarsi.
«Vi lascio un attimo da soli» sussurro per poi chiudermi in bagno.
***
Quando sono uscita ho trovato Gale con occhi lucidi e che stava finendo di fargli una predica, sul fatto che l'ha chiuso in quell'auto, impedendogli di stargli accanto.
Ma poi si sono salutati e Gale è uscito dalla stanza, informandomi che mi avrebbe portato lui a casa quella sera, e che non potevo rifiutarmi, per nessuna ragione. E dopo averlo salutato, mi riavvicino a Matt.
«Vieni qui amore» mormora, e a quelle parole cedo e mi sistemo accanto a lui, in modo da rubargli meno spazio possibile, per poi coprirci con il leggero lenzuolo.
Non ci metto molto ad addormentarmi, non con le sue carezze alla schiena, e con la stanchezza di questi giorni, che mi crolla addosso come una valanga di neve.
Ma prima di cadere in un riposo profondo, sento la voce roca di Matthew sussurrarmi all'orecchio «sei tutto per me Jenny, non ti lascerò più».
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