CAPITOLO 81

Il passato di G

Matthew

«Ho scoperto qualcosa. C'è un addetto stampa, che guarda caso si è messo in malattia e i suoi colleghi l'hanno visto accettare soldi la scorsa settimana, da un uomo alto, dicono che aveva un cappuccio che gli oscurava il viso, ma che aveva dei capelli biondi», m'informa Gale, aggiungendo altri pensieri nella mia mente così già confusa e piene di dubbi e domande.

Ancora quel bigliettino da parte del detective è impresso nella mia mente come marchiato a fuoco. Doloroso e indimenticabile.

Qualcuno mi sta tradendo. Qualcuno è una talpa.

«Grazie Gale, non so come potrà esserci utile, ma almeno sappiamo che non è in Canada, probabilmente ancora a New York o nei dintorni», mormoro, afferrando le chiavi dell'auto, pronto a presentarmi all'appuntamento.

«La troveremo Matt, io sto tornando, vuoi che passo lì?» mi chiede e una stretta al cuore per poco non mi fa sussultare.

Vorrei parlargli del bigliettino, dell'appuntamento in cui sto andando, ma le parole erano chiare, nessuno deve sapere di questo appuntamento, soprattutto se la linea è controllata.

Nemmeno il mio migliore amico.

«No Gale, sono distrutto, non sono riuscito a dormire molto questa notte, e ora sento ogni ora che ho perso», mormoro ed è la verità. Prima mi sono guardato allo specchio e non mi sono riconosciuto.

La mia pelle è spenta e grigia, i miei occhi contornati da enormi occhiaie violacee e i miei capelli sono un disastro, insieme alla mia barba di qualche giorno di troppo.

Mi sta distruggendo, sia dentro che fuori. E la sua assenza in questa casa, l'ha resa fredda, non sento più il suo calore, il suo sorriso.
E l'idea di dormire un' altra notte senza di lei accanto a me, mi fa sentire come un macigno nel petto.

«Allora passo domani mattina, devo recuperare con l'ultimo video, voglio vedere se trovo qualche indizio, per favore riposa un po', non ho intenzione di perdere anche te», commenta con tono preoccupato, per poi chiudere la chiamata.

Esco di casa, osservando la sera che è scesa intorno a noi, e il mio sguardo si sposta verso il boschetto in lontananza. Una scossa fredda percorre la colonna vertebrale, facendomi sussultare.

Quanto avrà urlato il mio nome? Quanto avrà urlato di dolore?

Quanto avrà sperato di essere salvata, prima di essere picchiata e portata via come se fosse spazzatura?

Distolgo a fatica gli occhi ed entro in auto, sparendo nelle strade illuminate.

Quando arrivo alla terrazza del locale, mi perdo solo per un attimo ad osservale la bellissima città di New York, che si apre davanti a me, con i suoi colori, i suoi palazzi e i suoi rumori.

Ma presto la mia attenzione viene catturata dal detective che alza la mano, per invitarmi a raggiungerlo. La prima volta che ho visto il detective Vance, con il suo sguardo serioso, i suoi baffi alla Mugnum P.I. e quel suo tic alzare continuamente il sopracciglio sinistro, non mi è piaciuto. Ma poi ho visto come ha organizzato le ricerche facendosi rispettare e indagando meglio sul passato mio e di Jennifer, per trovare un indizio che potesse aiutarci, e si è meritato la mia fiducia.

Mi siedo davanti a lui, che nel mentre senza chiedermelo alza la mano e ordina un Macallan per me, senza nemmeno chiedermelo. Non credo che sia una buona idea, in questo momento, con il mio attuale stato mentale e fisico, ma un Macallan non si rifiuta mai.

«Mi scusi signor Dallas se gli ho chiesto di raggiungermi qui», mormora stringendomi la mano. Faccio un assenso con la testa, mentre il nostro ordine ci arriva al tavolo.

«Perché quel biglietto? Ha scoperto qualcosa?» gli chiedo, mentre per all'allentare la pressione che l'ansia mi comprime il petto, gioco con il bicchiere di cristallo, osservando il liquido scuro, oscillare in un vortice infinito.

«Sì, ma non so quanto le piacerà quello che ho da dirle», mi avvisa facendo fare una capriola mortale al mio povero cuore.

Perché non dovrebbe piacermi? È qualcuno di vicino a me e Jennifer?

«Ho controllato tutte le persone che negli ultimi sei mesi hanno girato in torno a voi, senza escludere nessuno, dai famigliari della signora, ai vostri amici più cari, e anche alle persone che lei mia detto di controllare attentamente, Kevin Porter il vecchio capo di Jennifer, Carrie Adams che ora ha denunciato, Frederick Wolks, suo padre che è ancora in carcere e infine Aiden Wallace, e sa cosa ho trovato?» mi chiede, per poi prendere una pausa piena di suspense, che non fa altro che ingigantire le mie paranoie, tenute a bada solo da una corda troppo sottile e sfilacciata.

Beve un sorso del suo whiskey e poi mi guarda, con una leggera smorfia che gli fa arricciare i baffi, appena il liquido scende lungo la sua gola.

«Nulla, il vuoto totale, tranne per una persona» sussurra, continuando a tenermi sulle spine, se non si muove a parlare non risponderò di me.

«Quanto conosce il suo amico Gale?» chiede e il suo sguardo rammaricato è come una coltellata in mezzo al petto.

«Cosa centra Gale? Lo conosco da più di cinque anni, non farebbe mai nulla contro me o Jennifer, mi sta aiutando», mormoro cercando di difenderlo, cercando di trovare un senso alla sua accusa velata.

Da una valigetta che non avevo notato visto che era nascosta dalla poltrona, tira fuori un plico di fogli e me li cede. È un fascicolo di polizia, con il prima pagina la faccia di cinque anni più giovane, del mio migliore amico Gale Lennon, quando ancora non aveva la sua caratteristica cicatrice sul sopracciglio. Di quando l'ho conosciuto.

«So già la storia di Gale, me l'ha raccontata, era nell'intelligence nazionale, uno degli agenti migliori, quando ha scoperto qualcosa che non doveva, e l'hanno tagliato fuori, processandolo come traditore» mormoro lasciando cadere il plico sul tavolo, con un tonfo secco.

So perfettamente il passato del mio migliore amico, ed è stato anche quello ad avvicinarmi a lui così tanto. Soprattutto dopo averlo conosciuto in un tribunale.

Io e mio zio a difendere l'azienda contro una causa diffamatoria nei nostri confronti, e lui con un avvocato d'ufficio, che non riusciva nemmeno a parlare, continuando a impappinarsi da solo.

Mentre eravamo entrambi ad aspettare su delle scomodo sedie in legno, mi ha raccontato la sua storia, la sua vita.

Che era un'agente segreto, ma non come quelli dei film, era dietro un computer a cercare di acchiappare e arrestare i criminali che trovava sul dark web, ladri, pedofili, assassini.

Quando ha trovato qualcosa che non doveva. Migliaia di armi, carrarmati e razzi, venduti dallo stato per far continuare le guerre nel medio oriente, e guadagnandoci soldi sporchi, che poi riciclavano.

Aveva tutte le prove in mano, pensava ad una grande promozione, quando in realtà gli hanno detto di farsi i fatti propri, e di non indagare mai più sul proprio paese dove aveva giurato cieca lealtà, altrimenti l'avrebbero eliminato, potevano farlo.

Eppure lui davanti a quella minaccia, ha continuato a cercare prove e a fare diversi salvataggi, e poi a nasconderli, ma quando l'hanno scoperto, tempo due minuti era già in manette per diserzione, calunnia e possesso di file segreti.

Io ho visto quei documenti, quell'unico file che era riuscito a salvare, impiantandosi il chip nel corpo.

Gli ho creduto, gli ho ceduto ciecamente la mia amicizia e anche il migliore avvocato New York, perché altrimenti forse sarebbe in galera ora, a scontare trent'anni di prigione.

«È stato indagato per diserzione» mormora lui e io sospiro profondamente, sollevato che sia solo questa idiozia ad averlo messo in allerta.

«E poi prosciolto» gli rammento, per poi decidermi a bere il liquido ambrato che selvaggio e aggressivo, infiamma prima la mia gola e poi il mio stomaco.

«Quindi gli ha detto anche della somma di quattrocento mila dollari sparita dal suo conto, nemmeno due settimane fa».

Ed ecco che il mio mondo si rovescia, stordendomi e annebbiandomi la mente. Non è vero. Questo non è possibile. Gale non mi farebbe mai una cosa del genere.

Eppure automaticamente la mia mente si riempie di domande e dubbi, che si attorcigliano tra loro.

Ma anche se fosse, non sarebbe così stupido da lasciare una traccia così grande. A meno che non si aspettasse di essere indagato, è il tuo migliore amico dopotutto.

«Ovviamente non è una prova valida, non sappiamo che fine hanno fatto quei soldi, però è l'unico movimento sospetto che abbiamo trovato finora nel vostro ambito famigliare. Potrebbe non essere nulla, oppure la chiave del caso» spiega lui con sufficienza.

«Ho voluto informarla perché ovviamente il piano che ho spiegato oggi era falso, Gale non c'era quindi non sa che il piano di blindare la metro non esiste e non ci sarà, se dovessero cambiare i piani o dirci altro, sapremo che Gale non centra, oppure che c'è qualcun altro che l'ha avvisato», spiega, mentre la mia mano è stretta intorno al bicchiere di vetro, talmente forte da essere bianca.

«Le chiedo di non affrontarlo e di seguire le mie direttive, porteremo a casa Jennifer, e non posso farlo se lei fa di testa sua, mi permetta di aiutarla».

So che ha ragione. Che dovrei aspettare. Ma l'unica cosa che non smette di aleggiare nella mia mente, è il pensiero di affrontarlo, di chiedergli spiegazioni.

Però non c'è a rischio la mia vita, ma quella di Jennifer, e non posso rischiare, anche se le mie mani all'incrocio faticano a sterzare a destra invece che a sinistra per la casa di Gale.

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