CAPITOLO 33

Un viaggio catastrofico

Matthew

Tutto è passato così velocemente che non ha avuto il tempo di metabolizzare, l'eredità, l'incontro con Jennifer, la mia proposta e in un attimo mi sono ritrovato sposato e con una nuova coinquilina in casa.

E cazzo, lei mi sta facendo impazzire e non riesco a controllarmi quando la vedo. Perché con tutte le donne a cui potevo chiederlo, perché l'ho chiesto alla ragazza che mi è sempre piaciuta e che ho ferito? Perché sono un coglione. E ora ho paura di farle di nuovo del male.

Mi conosco così bene da sapere, che se la cosa diventa seria, io scappo...come ho fatto in passato e come sto facendo ora. Gli ho detto che dovevo andare di persona a Seattle per un contratto molto importante, e a dire la verità, c'è veramente un affare, ma normalmente avrei mandato uno dei miei amministratori.

Sono proprio uno stronzo. Senza contare che ieri quando ho sentito la conversazione con la sua amica, avrei voluto chinarmi su di lei, baciarla e poi farla mia, su quella scrivania, fino a fargli urlare il mio nome...e lì ho capito che dovevo allontanarmi, prima di fare qualche altro passo falso.

Perché giustamente, sono stato così stupido che gli ho proposto di lavorare per me, come se non fosse già complicato vederla a casa. No, ora dovevo anche osservarla lavorare, con vestiti che non fanno altro che evidenziargli le sue curve e le sue lunghe gambe. Dannazione se è bella, quei lunghi capelli scuri, le sue labbra carnose e quei maledetti occhi cerbiatto.

Per non parlare di quando si arrabbia o di quando si siede sulla mia poltrona a leggere a gambe incrociate, con un'espressione attenta. Ecco lo sto rifacendo, la sto pensando, perciò è meglio che mi allontano, ho bisogno di schiarirmi le idee e di distogliere la mente dall'idea di fare l'amore con quella donna. Con la valigia alle mie spalle, busso alla sua porta. Senza ricevere una sua risposta, entro nella stanza e il mio sguardo cade sul letto, dove lei è raggomitolata come un fagotto, sotto le coperte. Sorrido e mi avvicino con passo leggero, per poi chinarmi su di lei, lasciandogli un bacio sul suo groviglio di capelli.

«Matt?» sussurra muovendosi «shh stai tranquilla, sto andando via, ci vediamo fra qualche giorno» lei annuisce per poi girarsi, per ritornare a dormire. Mi soffermo a guardarla per qualche secondo, ma poi mi costringo ad uscire dalla stanza.

***

I tre giorni sono passati veloci, forse troppo, e ancora non riesco a togliermi dalla mente quei occhi scuri, che tanto tormentano la mia mente. L'ho pure sentita un'oretta fa, mi ha detto che l'azienda è ancora in piedi e che presto sarebbe andata a letto, lasciandomi in mente l'idea di lei nel letto.

Faccio la polvere da sola...ha detto quel giorno, ed è da qual momento che me la immagino, la sera nel suo letto, mentre si tocca per me, mentre viene urlando il mio nome. Forse devo arrendermi e passare il resto dei giorni senza guardarla, forse posso prendermi dei para occhi, per evitare proprio che quelli, si posino sul suo corpo.

No non funzionerebbe, la mia mente continuerebbe a immaginarsela. Perché le sue radici si sono instaurate ormai troppo in profondo, e credo che nessun diserbante possa ormai liberarmi da loro. Sono fottuto, ma questo già lo sapevo da tempo, da quel accidentale giorno, in cui troppo pensieroso, ho fatto scontrare le nostre auto.

O forse da molto prima? Dalla nostra adolescenza? Quando avevo un solo e preciso ordine, non avvicinarmi a lei. E invece ci sono andato a letto, perché in quell'ultimo mese non avevo smesso di pensare alle sue labbra sulle mie.

Basta! Devo pensare ad altro.

Bevo tutto d'un fiato il whisky nel bicchiere davanti a me, e mi alzo pronto per tornare in camera, quando una voce familiare mi chiama.

«Guarda chi si vede!»

Impietrito mi volto, e non tardo a vedere Carrie che viene verso di me, con un vestito rosso e con dei tacchi così alti, da arrivare alla mia altezza.

«Che ci fai qui?» gli domando, mentre lei si siede allo sgabello del bar, affianco a quello, da cui mi sono appena alzato.

Lei alza gli occhi al cielo e sospira profondamente come se fosse stanca. «Papà ha deciso che dovevo guadagnarmi la promozione, e quindi eccomi qui, a festeggiare il mio successo» annuncia, appoggiandomi una mano sul petto, accarezzandomi con le sue unghie lunghe e colorate di rosso.

«E tu? Il matrimonio è diventato già troppo pesante per te? Sei già scappato?» chiede ironicamente, mentre ordina un Cosmopolitan al barista.

«No, avevo anch'io un affare da concludere» spiego, mentre il suo sguardo non smette di spostarsi sul mio corpo «allora festeggia con me».

Scuoto la testa e faccio per allontanarmi, ma la sua mano mi afferra il braccio, conficcando i suoi artigli.

«Dai Matt, solo un drink promesso, in onore dei vecchi tempi» farfuglia, facendomi il broncio.

«Uno» chiarisco, per poi mettermi di nuovo seduto «certo, stai tranquillo» ridacchia, per poi ordinarmi il mio scotch preferito.

Ma dopo qualche bicchiere, e un tempo indefinito, mi ritrovo in ascensore con lei, mentre mi sta baciando e sbottonando la camicia. Che cazzo sto facendo? Eppure la mia mente è annebbiata dall'alcool e le sue mani sanno dove toccarmi, impedendomi di ragionare.

«Tu starai con me stanotte» sussurra lei al mio orecchio, afferrando la mia cravatta, per attirarmi di più a lei.

«Carrie smettila!» sbotto, ma lei ride e torna a baciarmi, fino a quando l'ascensore suona, avvisandoci che le porte stanno per aprirsi.

«Vieni in camera con me, prometto che non te ne pentirai» sussurra, bloccando le porte con la mano. Ma io scuoto la testa «Carrie no, non posso» rispondo per poi appoggiarmi contro alla parete di ferro, incapace di tenermi in piedi. Ma quanto ho bevuto?

Lei fa una smorfia e mi guarda dalla testa ai piedi «dai, lo so che non fai sesso con quella troietta» a sentirla solo nominare, l'annebbiamento che avevo, inizia a sparire come una nuvola di fumo.

«Non ti azzardare ad insultare mia moglie! Abbiamo chiuso Carrie!» gli dico per poi far chiudere le porte dell'ascensore.

Mi rifugio nella mia stanza e sbatto la porta.

«Cazzo!» sussurro, buttandomi sul letto e chiudendo gli occhi, sperando di dimenticare presto questa terribile serata.

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