CAPITOLO 31

La piscina

Jennifer

Un lamento esce dalla mia bocca, mentre passo la mia mano sulla guancia. C'è qualcosa che mi disturba, ma non riesco a capire cos'è. Di nuovo quella sensazione, come di un respiro sulla pelle.

Ho lasciato la finestra aperta stanotte? Non credo perché avrei dovuto? Siamo ancora in pieno inverno. Forse dalla porta arriva qualche spiffero? Di nuovo quel solletico sulla pelle. Infastidita afferro a la coperta e cerco di coprirmi il viso, ma la coperta non si muove, come bloccata da qualcosa. Allora decido di spostarmi dalla fonte del mio fastidio, ma qualcosa blocca anche i miei movimenti. O meglio qualcuno. Colta dal panico apro gli occhi, pronta a scoprire cosa o chi sta disturbando così il mio sonno, e la scoperta mi fa tremare.

Delle braccia mi circondano il busto in una morsa quasi gentile, come se fosse un dolce abbraccio. Ma appena volto leggermente lo sguardo per poco non vado a schiantarmi con le mie labbra contro quelle di Matt. Spiegato quel fastidio sulla mia pelle, era il suo respiro, così vicino a me.

Un cuore tumultua nel petto, così forte che sovrasta il rumore del mio e del suo respiro. Cosa ci fa lui qui?

Con un rapido controllo mi accerto di essere nella mia stanza, perciò non sono stata io ad andare da lui. Cosa che mi tranquillizza un po'. Però lui è venuto da me, per quale motivo?

Ieri quando ci siamo separati fuori dalla casa dei miei, io sono tornata a casa e mi aspettavo di trovarmelo dietro, pronto a investirmi di domande o forse a giocare ancora con me. Invece non si è presentato, nemmeno a cena. E devo dire che una parte di me l'ho aspettava con ansia, mi ero persino messa sulla poltrona che da una perfetta vista sull'entrata, pronta a vederlo entrare. Ma lui non si è presentato per ore. Perciò ho deciso di andare a dormire, ci avrei pensato l'indomani, e invece eccolo qui.

Mi permetto di osservalo attentamente. I capelli sono un groviglio di ciocche nere senza un ordine preciso, insolito da parte sua. Il suo viso che in questo momento dovrebbe essere l'immagine della serenità, e in un'espressione dura, per non parlare della sua mascella serrata. Ma forse la cosa che mi colpisce di più è l'odore che emanano i suoi vestiti, sigaro e alcool. Ecco cos'ha fatto ieri sera. Probabilmente sarà andato in qualche locale a divertirsi mentre io lo aspettavo. Una strana sensazione mi si mescola nello stomaco facendomi sussultare. No, no, no. Non mi dovrebbe importare di lui.

Eppure prima che possa controllare i miei movimenti, la mia mano cado sul suo volto, lasciando una dolce carezza sulla sua mascella, per poi scendere lungo la mandibola. E come speravo i suoi muscoli si allentano, stirando la pelle tirata.

«Jenny...» sussurra con voce roca, e prima che riesca a trattenermi un sorriso mi spunta sulle labbra.

«Sto sognando?» biascica, continuando a tenere gli occhi chiusi, per poi stirare le braccia intorpidite che mi attirano ancora di più contro di lui.

«Cosa ci fai qui Matt?» chiedo senza smettere di osservarlo. Lui finalmente apre gli occhi, sbattendoli diverse volte prima di guardarmi davvero.

«Mi sono addormentato» ammette, per poi osservarsi intorno, come per rendersi davvero conto di essere qui, in camera mia.

«Questo l'avevo capito anch'io...ma perché sei qui?» chiedo di nuovo. Rendendomi ancora conto di essere tra le sue braccia, nessuno dei due si è allontanato di un centimetro.

«Perché non mi hai ancora cacciato via?» domanda curioso, e in realtà me lo sto chiedendo anch'io. Se fosse successo qualche mese fa, credo che mi sarei messa ad urlare come una forsennata e probabilmente avrei iniziato a colpirlo.

«Perché se te lo chiedessi andresti davvero via?» domando a mia volta. Ieri non l'ha fatto e neanche la volta prima, perché oggi dovrebbe essere diverso?

Lui senza preavviso mi volta completamente verso di lui, e i nostri nasi si scontrano, ma non mi attira a sé, e rimane con solo le sue mani sui miei fianchi.

«Dimmelo» mi provoca lui, e io sono tentata, ce l'ho sulla punta della lingua, ma invece cambio discorso.

«Dobbiamo parlare seriamente della questione e tu lo sai».

Lui socchiude gli occhi e muove le labbra unite come se stesse pensando attentamente.

«Di cosa? Non ti seguo». Un urlo di disperazione riecheggia nel mio corpo, ma esce soltanto un lamento dalla mia bocca.

«Per esempio di questo, non dovresti essere qui, nel mio letto» commento indicando noi due e l'intera stanza. Ma invece di fare il serio, lui ridacchia. Innervosita inizio a prenderlo a pugni sul petto, prima che lui mi afferri i polsi.

«Che ne dici di un caffè prima?» chiede e questa è la prima cosa sensata che gli sento dire da stamattina. Annuisco decisa e lui lascia la presa su di me, allontanandosi e lasciando uno strano freddo al suo posto.

«Però voglio scendere giù in piscina, perciò mettiti un costume».

Lo guardo scettica e confusa «non abbiamo una piscina e non ho voglia di uscire», mormoro con voce roca e stiracchiandomi.

«Sì invece, quindi alza quel bel culetto e mettiti un costume, ti aspetto giù in cucina» mormora, per poi sparire dalla stanza, lasciandomi piena di domande e di dubbi.

Dopo aver messo il primo costume che mi capita fra le mani, scendo al piano di sotto, con addosso un asciugamano legato al seno. Non so che piani abbia, ma questa situazione non mi piace. Quando entro in cucina come promesso, lo trovo intento a versare il caffè in due tazze uguali.

«Finalmente, pensavo che ti fossi addormentata di nuovo» sussurra, per poi percorrere lo sguardo sul mio corpo coperto, fino alle mie gambe nude. Mentre io non posso fare a meno di farlo con il suo, mentre silenziosamente sorseggio il caffè.

È a torso nudo e porta dei pantaloncini neri, probabilmente il suo costume. L'ho già visto senza camicia, ma ogni volta è una sorpresa ben gradita. Soprattutto per quelle fossette addominali a forma di V che spariscono sotto al costume. Cazzo.

«Sarà meglio per te che non mi stia mentendo, altrimenti, giuro che te la faccio pagare».

Lui ride e poi mi fa segno di andare verso il soggiorno. Appoggio la tazza sul bancone e lo seguo titubante, mentre lui con passo svelto raggiunge la parete parallela a quella in cui mi trovo, e da essa spinge un piccolo tasto, nascosto nella superficie del muro. All'improvviso una porta si apre, ma oltre alla soglia scorgo solo oscurità. Devo ammetterlo, sembra di essere in uno di quei film dell'orrore in cui scoprono un a cantina segreta in cui si nascondono mostri o serial killer.

Il pensiero mi fa formicolare tutta la pelle, ed automaticamente indietreggio di un passo.

«Dimmi la verità, lì sotto ammazzi povere ragazze innocenti, e io sono la prossima?» chiedo osservando le scale illuminate, solo dai led colorati, attaccati ai lati.

Lui si volta e mi guarda scioccato «non so se essere sorpreso o spaventato, riguardo alla tua fervida immaginazione», sussurra, mentre rido.

Titubante mi avvicino, guardando la lunga scalinata, ma prima che possa accorgermene, lui si avvicina e si china su di me.

Mi scosta i capelli, per poi avvicinarsi al mio orecchio, sfiorandolo con la sua bocca.

«E poi sei troppo importante per me, non potrei mai ucciderti, al contrario però, effettivamente potrei legarti e tenerti tutta alla mia mercé» mormora con voce sarcastica, per poi scendere le scale ridacchiando, lasciandomi turbata e stranamente eccitata. Jennifer contegno dannazione!

«Dai lumachina, vieni giù!» mi urla dietro. Esitante inizio a scendere le scale aggrappandomi al corrimano con mani tremanti, come fa a scombussolarmi a tal punto? Ho le gambe che letteralmente mi sembrano gelatina.

Lui spalanca una porta e una forte luce artificiale, riempie il buio della scala. Lo raggiungo e osservo la grande stanza, a bocca aperta.

Delle piastrelle nere e grigie che in alternanza decorano la stanza, provocano un bel contrasto con quelle bianche della piscina, che si intravedono sotto la superficie trasparente dell'acqua. Alcuni soffioni a cascata costeggiano i lati della vasca e dei gradini in un angolo aiutano l'entrata.

«È bellissimo qui» sussurro, per poi avvicinarmi all'acqua immergendo un piede. L'acqua è tiepida, e subito mi provoca una piacevole sensazione in tutto il corpo.

«Sapevo che ti sarebbe piaciuto», sussurra per poi avvicinarsi a me velocemente. Prima che possa capire cosa sta per fare, sento una forza spingermi in avanti, fino a farmi infrangere la superficie dell'acqua, con un goffo e non spontaneo tuffo.

Quando riemergo, annaspo e poi guardo l'uomo che ora sta ridendo di me. «Te l'ho detto, che te l'avrei fatta pagare», ammette, per poi ridere di nuovo. Stronzo.

Mi avvicino fino al bordo della vasca, rendendomi conto di avere ancora l'asciugamano legato intorno al seno, ormai zuppo e letteralmente appiccicato alla mia pelle. Con fatica lo stacco, rivelando il mio costume color blu cobalto, e lui lo afferra dalle mie mani per poi buttarlo sul pavimento, provocando un rumore secco.

«Per cosa? Per i cereali o per aver rovinato la tua scopata?» sussurro per poi sedermi sul bordo, lasciando immersi solo i polpacci e i piedi. Lui mi copia e si siede affianco a me, per poi sfiorarmi la spalla con la sua. «La tua lingua biforcuta» mormora dandomi alla fine una spallata.

In risposta gli faccio la linguaccia per dimostrargli che non è per nulla biforcuta. Ride e i mi godo per un attimo mi perdo nella sua fossetta. Cazzo, ogni parte di lui è arte.

«Volevo parlarti anche di un'altra cosa» ammette e lo vedo passarsi una mano fra i capelli e le goccioline d'acqua scivolano lungo le sue lunghezze.

«Tra tre settimane c'è una festa di beneficenza, per i nuovi clienti, e per gli impiegati della Dallas Corp.» mi confida, per poi incontrare i miei occhi «e io ti vorrei lì, come impiegata, ma soprattutto come signora Dallas», sussurra e sento uno strano imbarazzo nel suo tono.

Annuisco, mentre giocherello con l'acqua, che scorre sulla mia pelle come una dolce carezza «certo, ci sarò», gli rispondo, per poi guardarlo, e con tutta la forza che ho mi butto su di lui, facendolo cadere in acqua, insieme a me.

Riemergo e scoppio a ridere, osservandolo con i suoi capelli ormai bagnati, che gocciolano sul suo viso «sei una peste» borbotta, per poi afferrarmi i fianchi, attirandomi a sé, e facendomi incrociare le gambe dietro alla sua schiena, mentre i suoi occhi verdi non fanno altro che scrutare i miei.

«Ho voglia di baciarti» dice per poi accarezzarmi le labbra con le sue dita. Cosa!? Faccio per staccarmi, ma lui me lo impedisce unendo ancora di più i nostri corpi seminudi «Matt non è una buona idea», urlo ma lui sembra non ascoltarmi, mentre avvicina il suo viso al mio.

Il suo respiro solletica le mie guance e le sue labbra sfiorano le mie, in una carezza leggera. Solo il mio corpo sa quanto lo voglio, ma non posso permetterlo. Scuoto la testa, mentre le sue mani si nascondono sotto i miei capelli, appoggiandosi sulla mia cute, e tirandomi indietro la testa.

«Jenny...» sussurra dolcemente facendomi rabbrividire.

Ho paura, ho paura di lasciarmi andare, perché so che lui mi farebbe soffrire di nuovo, so che se ci ricasco, prima o poi, rimarrò di nuovo con il cuore spezzato.

«Matt, vogli dirti da giorni che...dobbiamo affrontare un anno insieme, io non voglio rovinare questa stabilità per...» ma lui non mi fa finire la frase e mi bacia, e non è un bacio come quello al nostro matrimonio, casto e leggero. No, e come se fosse una supplica silenziosa, ma anche una tenerezza, come se lo desiderasse da molto...anche se è una cosa sbagliata.

La sua mano si muove sicura fra i miei capelli, e dalla mia bocca sfugge un gemito sommesso, che lo invita a continuare. Arresa appoggio le mani sul suo petto nudo, ma invece di respingerlo come dovrei, accarezzo la pelle morbida sotto alle mie dita e mi godo il calore che mi provoca in mezzo alle gambe, che ancora sono attorno a lui.

Le sue mani raggiungono le mie natiche per poi risalire sui miei fianchi, la mia schiena, le mie spalle per poi ricadere sul mio seno...risvegliandomi dallo strano torpore nel quale ero caduta. Mi stacco e fuggo dalle sue braccia per poi uscire dalla vasca lasciandolo lì, mentre io, ritorno al piano di sopra con il cuore in gola.

«Jennifer aspettami» urla, mentre sto bagnando tutto il pavimento, con l'acqua che sgocciola dal mio corpo. «Jennifer!» la sua voce ormai è vicina e io mi fermo, per poi girarmi, osservandolo e affrontandolo, mentre mi raggiunge con il fiatone.

Anche lui mi guarda, ma poi subito abbassa il capo evitando il mio sguardo.

«Scusa», sussurra lasciandomi sorpresa, di certo non mi aspettavo delle scuse da parte sua.

«Hai ragione tu, stiamo affrontando bene la convivenza, meglio non mischiare in mezzo altro, dobbiamo stare lontano» alza lo sguardo su di me, e mi osserva in cerca di riposte.

«Mi perdoni?» chiede esitante.

Perché mai tiene così tanto al mio perdono? Perché vuole avere una convivenza pacifica o c'è dell'altro? Evito di scervellarmi e sospiro profondamente «okay», sussurro per poi incrociare le braccia al petto «e di questo che volevo parlarti da un po', sono contenta che abbiamo affrontato la conversazione», mormoro mentre stringo le mani in due pugni per evitare di saltargli addosso.

Lui annuisce con occhi leggermente sbarrati «certo, capisco» sussurra per poi avvicinarsi, porgendomi la sua mano «ora possiamo cancellare tutto, e tornare a divertirci?» domanda, ed esitante accetto la sua mano.

***

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top