Capitolo 7

«Esattamente cosa avevi in mente quando hai detto "una notte da star"?» Disse Fabiana sommersa dagli abiti che facevo volar via dal mio armadio.

«In realtà niente. Stavo solo cercando di rimettere le cose a posto», dissi continuando a lanciare vestiti in giro per la stanza.

«E allora qual è il problema?»

«Il problema è che non ho mai avuto un invito a cena del genere prima d'ora. E poi non ho niente da mettermi», ribadii gettandomi a peso morto sul letto.

«Credimi amica mia, se questi fossero i veri problemi della vita, il mondo sarebbe un posto migliore», rispose Fabiana in modo sarcastico.

«Prendi in giro tu! L'ultimo vestito che ho risale a 15 anni fa. Lo indossai al matrimonio di mia cugina», dissi mostrando l'abito.

«Una cosa è certa, o ti trasformi in un lillipuziano o in questo vestito non entrerai mai», quando voleva, sapeva davvero essere irritante.

«Forse dovrei inventare una scusa e non andare».

«Vuoi farmi credere che rinunceresti a quella che potrebbe essere la serata più bella di tutta la tua vita solo perché non hai niente da metterti? Non ci credo» disse alzandosi dal letto. «Forza, vestiti e usciamo».

«Per andare dove?»

«Mi sembra ovvio! A cercare un vestito per stasera».


L'impresa sembrava disperata. Per quanto la Capitale offrisse una vasta scelta nessun vestito sembrava essere quello giusto. Girammo in lungo e in largo provando abiti di ogni genere. Le mie scelte si riversavano su abiti meno vistosi con l'intento di nascondere i chili di troppo. Al contrario Fabiana sosteneva l'idea di dover mettere in risalto le forme.

«È mai possibile che non ci sia niente che ti piaccia?» Fabiana era esasperata, «è il dodicesimo negozio in cui entriamo!»

«Se non continuassi a propormi questo genere di abiti, forse la scelta sarebbe più facile!» dissi mostrando il vestito che avevo indosso.

«Se la metti su questo punto, anche tu sei pessima in fatto di gusti».

«Che vuoi dire?»

«Andiamo Melissa, i tuoi abiti fanno concorrenza a quelli della fata turchina!» mi mostrò una foto dal suo telefono cellulare.

«Non credevo che fare shopping fosse così stressante».

«Non lo sarebbe se ti decidessi a sceglierne uno», disse infine esasperata.

«Posso aiutarvi? State cercando qualcosa in particolare?» una delle commesse del negozio venne verso di noi.

«Veramente...» ero nel più completo imbarazzo. La commessa si guardò intorno, sconcertata dal cumulo di abiti che fuoriuscivano dal camerino.

«Cercavamo qualcosa di adatto a una cena», rispose Fabiana.

«Capisco...» si distolse dal guardare il camerino e si concentrò su di me. «Credo di avere qualcosa che fa al caso vostro».

Ci fece strada conducendoci al piano superiore del negozio.

«Aspettatemi qui», si allontanò per qualche minuto e quando tornò, notai che aveva tra le mani un vestito bianco avvolto da una pellicola di plastica.

«Provalo» mi disse, e fu subito amore. Era perfetto sotto ogni aspetto. Era elegante ma non troppo, semplice ma non banale e ciò che più mi rendeva felice era che finalmente avevo trovato il mio abito per la cena.


Ero in perfetto orario. O almeno queste furono le parole del maître di sala. Il cuore mi batteva all'impazzata. Era tutto così bello e lussuoso da farmi girare la testa. Specchi e lampadari adornavano la sala. Eleganti signore in abito da sera, sorseggiavano i loro Martini ridendo e conversando, mentre lo scintillio e il tintinnio dei bicchieri di cristallo incorniciava quel magico momento.

«Da questa parte, mi segua», disse cordialmente il maître. Ci allontanammo dalla sala. Man mano che ci distanziavamo da essa, i rumori e le risate iniziarono ad affievolirsi, lasciando spazio a un'incantevole melodia. Da dove proveniva quella musica?

Giungemmo a una scala a chiocciola in ferro battuto. A ogni gradino la musica si fece sempre più intensa, sino a svelare il misterioso artefice che vi era dietro. Un meraviglioso pianoforte a coda suonava sopra a un terrazzo, accompagnato dalla spettacolare vista della città alle sue spalle. Un'intima tavola era stata apparecchiata per due sole persone. Ero forse in una scena di un film? Forse non quella sera.

«Ben arrivata», Luigi comparve dietro di me. «Ti piace?» Disse indicando l'ambiente che ci circondava.

«Sono senza parole. Davvero», niente avrebbe mai potuto descrivere la meraviglia di quel momento.

«È tutto così meraviglioso».

«Tu sei meravigliosa», disse osservandomi con un sorriso.

«Anche tu stai molto bene» ammisi imbarazzata.

«I signori vogliono accomodarsi?», il cameriere ci riportò alla realtà. Del resto eravamo lì per cenare. Ci fece accomodare. Dopo una breve occhiata al menu, la conversazione iniziò a farsi più intima.

«Non riesco ancora a credere di essere qui con te stasera», dissi lasciandomi finalmente andare.

«Che vuoi dire?»

«Beh, sei sempre così preso dai tuoi impegni che diventa difficile vederti».

«Lo so, ma stiamo lavorando ad alcune scene molto impegnative e non ho molto tempo per prendermi una pausa».

«Questo lo capisco, spero solo che non ci sia bisogno di un altro intervento di Caterina», mi feci scappare una risata.

«Chi?»Luigi assunse una strana espressione.

Allungai una mano verso la sua. 

«Non fare l'ingenuo, se non fosse stato per lei, forse non saremmo a questo punto».

«Credo di essermi perso qualcosa, di chi stiamo parlando esattamente?» Non era di sicuro la risposta che mi aspettavo.

«Signori, la cena è servita».

Sembrava del tutto inconsapevole. Forse era un modo per non riaprire l'argomento. Non volevo rovinare il nostro primo appuntamento, del resto chi se ne importava di Caterina? Quello che contava davvero era proprio lì davanti ai miei occhi.



Tre ore dopo io e Luigi eravamo seduti nella sua auto. Luigi mi stava riaccompagnando a casa, ma quando ormai eravamo a pochi metri, la macchina frenò bruscamente.

«Perché hai frenato in quel modo?»

«Non posso riportarti a casa», si affrettò a dire.

«Che cosa? E perché?» Sembrava che stesse guardando qualcosa, ma non riuscivo a vedere cosa. Abbassai di qualche centimetro il vetro del finestrino. Volevo capire che cosa stava succedendo.

«No, non farlo!» Luigi mi tolse la mano bruscamente.

«Ma che cosa hai, sei impazzito?» Iniziai ad aver paura della sua reazione, così aprii la portiera per uscire.

«Ferma, non lo fare!» Luigi provò nuovamente a fermarmi. Mi tirò dentro l'automobile sbattendo con forza la portiera.

«Ci hanno visti!» Luigi era sempre più nervoso. «Ce ne dobbiamo andare». Senza che potessi dire nulla al riguardo, girò le chiavi della macchina, accese il quadro e spinse violentemente l'acceleratore. Iniziammo a correre come due ricercati.

«Mi vuoi spiegare cosa cavolo sta succedendo?»

«Ci stanno inseguendo», disse scrutando a ogni minuto lo specchietto retrovisore.

«Chi?!»

«I paparazzi». I paparazzi? Cosa volevano i paparazzi?

«Non ci devono vedere insieme».

Ero senza parole. Mi sembrava tutto così assurdo. Perché poi si trovavano davanti casa mia?

«Li dobbiamo seminare». Luigi accelerò nuovamente.

«Tieniti forte!» La macchina sterzò bruscamente verso un sentiero oscurato dagli alberi. Avevo il cuore in gola dalla paura.

«Lo sai dove stiamo andando?» Chiesi preoccupata.

«Non ne ho la più pallida idea». Quella corsa estrema durò per quasi un'ora finché la macchina si fermò.

«Accidenti!» Esclamò Luigi colpendo lo sterzo.

«Cos'altro è successo?» Avevo paura di sentire la risposta.

«Credo sia finita la benzina».

«E adesso che cosa facciamo?»

«Non lo so ancora. Ma ciò che più importa è che li abbiamo seminati.» Non potevo credere alle mie orecchie. Eravamo in un posto completamente dimenticato da Dio. Per quel che ne sapevamo potevamo benissimo esserci persi, ma il suo unico pensiero era che i paparazzi non ci stessero più addosso. 


Iniziammo a camminare. Con un po' di fortuna saremmo andati a recuperare l'auto non appena fosse stato giorno. Fortunatamente a pochi chilometri di distanza trovammo una piccola pensioncina. Luigi indossò un paio di occhiali e un orrendo cappello per evitare di essere nuovamente riconosciuto e avere così altri guai. Ci assegnarono una camera matrimoniale. La stanza non aveva il massimo dei comfort ma era sempre meglio di dover passare la notte in macchina.

«Se avete bisogno di altro, fatemi sapere» disse cordialmente la padrona della pensione.

Quando fummo finalmente soli, il silenzio calò tra noi.

«So a cosa stai pensando», disse Luigi mentre si toglieva occhiali e cappello. «Ma non è come credi».

«Ah no? E se è lecito chiedere, a cosa starei pensando?» Ero decisamente irritata.

«Ai paparazzi. È ovvio dal tuo sguardo. Tu pensi che io ti abbia portato fin qui solo per non farmi vedere con te».

«E non è vero? Pensi che non ci arrivi? Una star che viene fotografata con una ragazza qualunque. Sarebbe il finimondo. Una vera catastrofe per la tua carriera!»

«Tu non sai che vuol dire avere a che fare con loro!» Rispose anch'esso in tono irritato.

«Oh per favore! La verità è solo che ti vergogni a farti vedere con me».

«No, questo non lo puoi dire» disse avvicinandosi. Sentivo il suo respiro sul mio viso.

«Se ho fatto quello che ho fatto è stato solo per proteggerti. I paparazzi ti inseguono ovunque. Non ti lasciano finché non hanno ottenuto quello che vogliono. Fino a distruggere anche le cose più belle», sembrava sincero. Ma era difficile da credere dopo quello che era appena successo.

«È meglio se rimandiamo a domani questa discussione», dissi distogliendomi dal suo sguardo fisso. «Sono stanca. Adesso vorrei dormire, se non ti spiace». Luigi non nascose la delusione provocata dalla mie parole.

«Come vuoi» si limitò a dire.

Mi sistemai nel letto matrimoniale, mentre Luigi si poggiò sull'unica poltrona della camera. Il silenzio calò nuovamente nella stanza. Era difficile poter prendere sonno dopo quello che ci eravamo appena detti.

"Forse sono stata ingiusta", pensai. I pensieri si sovrapponevano fra loro impedendomi di dormire. Anche Luigi sembrava essere nella mia stessa condizione. Lo sentivo voltarsi e girarsi su quella poltrona che doveva essere terribilmente scomoda. Decisi di alzarmi. Mi avvinai verso di lui. Gli sfiorai delicatamente la spalla.

«Cosa c'è? Stai bene?» Si affrettò a dire. Perfino dopo averlo giudicato male continuava a preoccuparsi per me.

«Non riuscirai mai a dormire su quella poltrona e il letto è troppo grande per una sola persona». Ci distendemmo sul letto. Di colpo quella camera non sembrava più così male.


Ebbene sì! Siamo arrivati al settimo capito e stavolta non l'ho dimezzato in due capitoli XD. Sono stata brava questa volta u.u. 

Dunque...sono successe alcune cose che forse vi lasceranno riflettere sull'esito dei prossimi capitoli. Che cosa sta succedendo a Luigi? Perché ha avuto quella reazione con i paparazzi? Sta nascondendo qualcosa? E se sì, cosa? Come sempre fatemelo sapere in un commentino ^^

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