Capitolo 2 (Parte 1)

Perché un cambio di identità vi starete sicuramente chiedendo. Facciamo qualche passo indietro. Nonostante la fortuna di aver potuto assistere alla conferenza del nuovo film di Leo e averlo visto dal vivo, non avevo rinunciato all'idea di entrare a Cinecittà. Così qualche giorno più tardi mi recai a casa di Fabiana per attuare il piano più ingegnoso di tutti i tempi. Un cambio di identità! Sarei diventata la figlia del regista Michael Conrad. Michael Conrad aveva conosciuto la sua fama grazie alla sua unica figlia Melanie Conrad. Melanie aveva frequentato i migliori istituti del mondo, dando sempre prova di essere una buona studentessa e una buona figlia, ma una volta finiti gli studi Melanie non esitò a rivelare la sua vera natura. Giovane, bella e ricca, si fece pubblicità grazie ai suoi numerosi scandali con famosi attori, giovani registi e imprenditori. Ogni giornale di gossip portava in copertina la sua immagine e un nuovo scandalo da raccontare. Non c'era persona al mondo che non conoscesse Melanie Conrad, diventata un idolo tra le ragazze più giovani.

Fabiana sognava di diventare una famosa truccatrice di fama internazionale proprio come suo padre.

«Perché hai scelto proprio lei?» dissi incuriosita dalla sua scelta.

«Per due semplici ragioni: la prima è che avete la stessa età, la seconda è che grazie al suo nome non avremo problemi a entrare dentro Cinecittà! A questo punto ci rimane solo una cosa da fare... crearti una nuova identità!»

«In che modo? Insomma guardaci» dissi accostandomi la sua foto al viso, «Non siamo esattamente delle gocce d'acqua!»

Avrei dovuto rendere il mio naso più grande e la mia bocca più fina. I miei occhi blu dovevano diventare verdi e i miei capelli lisci come spaghetti dovevano diventare splendidi boccoli.

«Hai un'idea migliore?» rispose Fabiana indispettita.

Decidemmo di chiedere aiuto a suo padre. Spesso ci raccontava come il truccatore a volte deve marcare con molta decisione i tratti somatici del personaggio rappresentato, per esempio le rughe di un soggetto anziano vengono delineate con linee scurissime e visto da vicino il trucco risulta spesso grottesco. A queste competenze tecniche si aggiunge l'applicazione del trucco scenico ovvero un trucco finalizzato all'alterazione, a volte anche sostanziale, dei tratti somatici dell'attore, attuato con la collaborazione del regista e in stretta relazione con le esigenze di copione. L'invecchiamento, le ferite, le cicatrici, barba e baffi posticci, deformazioni dei tratti somatici, sono gli interventi più comuni alla cui realizzazione il truccatore è chiamato a operare. Questo era esattamente ciò di cui avevamo bisogno ... "un'alterazione, a volte anche sostanziale, dei tratti somatici".

«Una maschera» disse il padre di Fabiana, «È l'unico modo per fare ciò che mi chiedete»

«E lo puoi fare?», chiese Fabiana con insistenza.

«Sì, non credo che avrò problemi a ricreare questo volto, ma non ho ancora capito a cosa vi serve», disse guardandoci con sospetto.

«È per un progetto universitario», dissi di getto.

«Sì, e la scadenza è ormai prossima», continuò Fabiana. 

Sembravamo due bambine che avevano appena combinato un guaio. Mentivamo per non essere scoperte. All'inizio fu abbastanza riluttante, ma alla fine cedette. E voilà fu così che diventai una star!

Il nostro piano procedeva a gonfie vele. L'entrata di Cinecittà era davanti ai nostri occhi, bastava soltanto attraversare la strada. 

«Aspetta!» disse a un tratto Fabiana, «Ho perso una lente! Senza non riesco a vedere bene. Aiutami a cercarla, deve essere caduta qui vicino. Un attimo fa ci vedevo perfettamente!» così ci chinammo per cercare la sua lente a contatto.

Improvvisamente una macchina si fermò bruscamente davanti ai nostri occhi attirando l'attenzione dei passanti. Era una Mercedes... super lussuosa!

La macchina rimase ferma per qualche secondo. Avrei giurato che la portiera posteriore dell'auto si sarebbe aperta scaraventandoci a terra, ma stranamente non scese nessuno.

«L'ho trovata!» disse improvvisamente Fabiana rialzandosi e proprio in quello stesso momento la macchina ripartì a grande velocità, lasciandosi dietro i nostri sguardi increduli.

Riprese dallo shock, notammo che gli occhi di tutti i passanti puntavano verso di noi ... molto probabilmente pensavano che fossimo scese da quella macchina. Ciò rese ancora più credibile la sceneggiata che stavamo mettendo in atto. Persino gli agenti della sicurezza ci lasciarono entrare senza battere il minimo ciglio. Ed eccoci dentro! Non poteva essere vero! Il mio sogno si stava per realizzare. Se avete la fortuna di varcare i cancelli e mettere piede oltre le mura di Cinecittà, vi ritroverete in un mondo fuori da ogni immaginazione. Vi capiterà di riconoscere gli esterni della casa di "Un medico in famiglia" o di incontrare quell'attore famoso che tante volte avete sognato di conoscere. Potrete passeggiare lungo la Broadway del 1830 di Gangs of New York e sperare di vedere Leonardo Di Caprio. Cinecittà è stata definitiva la "Fabbrica dei sogni" e per me era l'inizio di un'avventura.

Io e Fabiana eravamo come ipnotizzate da tutto questo, ma allo stesso tempo non avevamo la più pallida idea di dove andare. C'erano camerini, uffici, sale trucco, attrezzerie, magazzini, ma di Leo nemmeno l'ombra. 

A un tratto due guardie ci intimarono: «Fermatevi!»

«Ci hanno scoperto, Fabiana!» dissi a voce bassa, voltandomi verso di lei. 

Fortunatamente non era così! I due baldi giovani stavano correndo verso di noi perché non lontano due ragazze stavano gridando e dimenandosi contro qualcuno.

Incuriosite dalla scena che si stava svolgendo ci avvicinammo al tafferuglio.

Quando fui più vicina vidi volar via un berretto e una giacca.

«Accidenti!» pensai, «Deve essere qualcuno di molto importante per ricevere un trattamento del genere dalle sue fan». 

Uno dei poliziotti che era intervenuto contro quel subbuglio allontanò una delle ragazze lasciando a noi spettatori la possibilità di riconoscere la vittima.

La star in questione era Leonardo Di Caprio! Leo, il mio Leo, ma come si permettevano! Mi feci largo tra la folla e mi gettai tra loro come una iena inferocita.

«Ehih» gridai. 

Tutti gli occhi dei presenti compresi quelli di Fabiana, mi guardarono incuriositi. Non era certo una gran frase, ma almeno le fermai. Le due ragazze rimaste bloccate dall'arresto dei poliziotti iniziarono a fissarmi più attentamente.

 «È lei!» disse urlando una delle due.

 «Tu sei Melanie Conrad», e si gettarono verso di me. 

Non sapevo se sentirmi lusingata dall'essere considerata una star o sentirmi terrorizzata da ciò che potevano farmi. Fortunatamente le guardie riuscirono a fermarle prima che mi spogliassero viva. Le ragazze furono allontanate sia da me che da Leonardo. Era arrivato finalmente il momento buono per dire qualcosa al mio Leo ... ma cosa? Fu lui ha rompere il mio indugio.

«Ti ringrazio », disse sorridendo.

 Incredibile, mi aveva detto grazie! È stato il momento più bello della mia vita. Mi trovavo a faccia a faccia con il mio eroe! Mi sembrava di rivivere quella scena in cui Romeo e Giulietta si incontrano per la prima volta, e naturalmente lui era Romeo. Ho sempre pensato che quella parte gli donasse. Sentivo il cuore che pompava sempre più forte. Il fiato era corto e la testa leggera come un palloncino in aria. Non riuscivo a pronunciare una singola sillaba. Era il momento che attendevo da tutta una vita, era il momento per sfruttare finalmente al meglio la mia conoscenza della lingua inglese, ma avevo dimenticato persino come mi chiamavo.

«Ma allora eri qui che ti nascondevi», un uomo dai capelli brizzolati fece il suo ingresso tra noi.

«Lo sai che ti stiamo cercando da mezz'ora? Stiamo aspettando tutti te per girare», notai che al collo teneva uno di quei classici cartellini di riconoscimento. "Assistente di scena" c'era scritto.

«Cosa fai qui imbambolato, muoviti!» ero esterrefatta dal modo in cui si stava rivolgendo a Leonardo Di Caprio. 

Capisco che quando si gira un film c'è sempre una certa agitazione, ma questo tizio stava davvero esagerando.

«Mi dispiace» disse rivolgendosi all'uomo, «Questo posto è così grande che mi sono perso»

«Va bene, va bene» disse l'uomo seccato, «Ma adesso possiamo andare?» disse infine.

«Vi raggiungo subito» e si voltò verso di noi.

«Mi dispiace ragazze, ma adesso devo andare via».

Che peccato, proprio ora che stavamo per fare conoscenza.

«Ad ogni modo io sono Luigi piacere di avervi conosciute», e se ne andò senza permetterci di aggiungere altro. 

Fabiana sembrava aver perso i sensi, non disse più una parola, era come paralizzata, ma dovevamo tenere i nervi ben saldi se non volevamo essere scoperte.

Ormai pensavamo di essere al sicuro fuori le mura di Cinecittà, così mi tolsi la maschera che il padre di Fabiana aveva creato per me. Era un lavoro davvero accurato. Ci era voluto quasi un giorno intero per ricreare il volto di Melanie Conrad sul mio viso. Non fu una passeggiata. Per prima cosa il padre di Fabiana aveva elaborato il progetto sul mio viso. Successivamente aveva eseguito il calco completo di viso e testa e la riproduzione in gesso della protesi scolpita in plastilina. Questa era stata la fase più importante del processo di creazione; credo che da qui si riconosca il vero tocco dell'artista. Ripensai a quando il dentista aveva preso l'impronta dei miei denti per l'apparecchio fisso, quella volta non sentivo più la mia bocca, ma quel giorno non sentii più i muscoli del viso.

D'un tratto Fabiana mi riportò alla realtà: «Si può sapere quello chi era?» mi domandò.

«Si chiama Luigi» dissi disinvolta, «È un compagno di Università. Non te ne avevo parlato?»

«Credo che mi sarei ricordata di lui. Sai, non capita spesso di avere amici così particolari!»

«Non è poi così somigliante».

«Tu dici? E comunque tu ne sapevi qualcosa, sulla remota ipotesi che potesse trovarsi qui oggi?» mi sentii in colpa per non aver considerato la possibilità di incontrare Luigi. 

«Gli hanno offerto di lavorare come controfigura di Leonardo Di Caprio» dissi cercando di giustificarmi, «Ma non avevo la più pallida idea che avesse accettato». 

Ormai c'era rimasto ben poco da fare se non tornarcene a casa. Per tutta la serata non feci che pensare al mio piano ormai fallito. Mi sentivo sconfitta, demoralizzata e persino stupida per aver architettato un simile stratagemma. Avevo deluso la mia migliore amica e avevo perso l'occasione di incontrare Leo. Ma la fortuna non mi aveva abbandonato!

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