Le cronache delle ripetizioni


Per parafrasare Caparezza, non per i commenti sarcastici, non per le recensioni feroci dovete odiarmi, ma per questo brano: adesso avete un motivo!

https://youtu.be/UvikDB6JFO4


Ebbene, avevo un po' voglia di raccontarvi alcuni aneddoti riguardanti le mie ripetizioni di matematica e fisica.

Per prima cosa, voglio che sia chiaro: non intendo prendere in giro chi non riesce a capire queste materie. D'altra parte, lo capirete leggendo.

Ho cominciato a far ripetizioni all'inizio del primo anno di università, mettendo una serie di annunci nelle bacheche di biblioteche a me vicine, e pure online. Se qualcuno di voi volesse intraprendere questa attività, posso darvi alcuni consigli.

In ogni caso, contrariamente alle mie aspettative, fin da subito sono stato contattato da genitori di studenti liceali o delle medie. In seguito, ovvero dopo la metà del mio secondo anno di matematica, ho modificato il mio annuncio ammettendo anche gli universitari.

Non è stato difficile gestire queste ripetizioni: in realtà, in qualche senso avevo già cominciato al liceo, visto che, spesso, studiare assieme ai miei compagni significava aiutarli a capire la lezione e rispondere a varie domande e dubbi. Non per vantarmi, ma ero bravo a sufficienza, almeno in matematica e fisica.

A proposito dei miei anni liceali, mi è appena venuto in mente un ricordo buffo riguardante uno dei momenti più strani nei quali un compagno di classe mi ha chiesto una mano con lo studio.

È stato durante una lezione di educazione fisica: stavo correndo in cortile, e un mio compagno di classe mi affiancò per chiedermi i criteri di similitudine fra i triangoli. Non ero e non sono proprio negato per la corsa (anche grazie alle mie gambe lunghe), ma non fu semplice finire i restanti giri esponendo quegli enunciati e cercando di tracciare triangoli nell'aria per spiegarmi.

Poi l'interrogazione andò male a quel ragazzo: era terrorizzato dalla professoressa di matematica, povero. E vi dirò la verità, quella donna incuteva timore anche a me, con la sua voce sottile dal vago accento siculo e con il suo sguardo penetrante. Era anche vagamente somigliante alla Mc Granitt, ora che ci penso.

Insomma, morale della favola: non fate matematica mentre correte.

In ogni caso, feci fruttare l'esperienza così accumulata negli ultimi tre anni di liceo, e raramente rimasi senza studenti a cui fare ripetizioni, almeno finché non cominciai a viaggiare, ma quella è un'altra storia.

Ci guadagnai anche un po', tanto da non dipendere dai miei almeno per il mangiare fuori casa e altre piccole cose. Quindi, perché me la prendo con chi schifa la matematica? Viva l'ignoranza!

https://youtu.be/4eYhmZDf7UM


Le studentesse e gli studenti con i quali ebbi a che fare si possono dividere in tre categorie.

- Gli studiosi insicuri: questi avevano senz'altro studiato le loro lezioni, ma, essendosi convinti di non poter capire o di non saper risolvere da soli gli esercizi (a causa forse di qualche fallimento passato), non osavano tentare. Questi erano i più facili da aiutare, visto che era sufficiente far capire loro che in realtà sapevano benissimo come farcela da soli. Certo, non garantivano molti guadagni, mannaggia.

- Gli svogliati: questi chiaramente non avevano voglia di fare un tubo, anche se probabilmente avrebbero potuto ottenere qualche risultato anche da soli. Insopportabili e indisciplinati, mi irritavano parecchio. Però, di solito, avevano genitori ricchi, e quindi...

- I tabula rasa: non è che questi non avessero capito le lezioni dell'anno in corso, piuttosto mostravano proprio un quasi totale oblio delle conoscenze pregresse. Non che fosse per forza colpa loro, ma il mio compito diventava quasi impossibile: come spiegare le disequazioni logaritmiche a chi non si ricorda più cosa sono le potenze? In altre parole, come insegnare a nuotare a stile libero a chi è incerto sull'entrare in acqua?

Come avrete intuito, quelle e quelli del primo gruppo mi rendevano molto felice, ma dopo una o due lezioni riuscivano a recuperare e mi trovavo costretto a cercare altri studenti. Certo, con loro ho messo in pratica il metodo socratico, ovvero, la maieutica: non ero tanto io a insegnare qualcosa, ma, tramite qualche indizio e incoraggiamento, lasciavo che fossero loro a giungere alle corrette conclusioni. Quasi quasi mi spiaceva essere pagato, tanta era la soddisfazione.

In realtà, cercavo di usare questo metodo con tutti, ma vi lascio immaginare quanto funzionasse bene con gli svogliati!

Una fra questi, che chiameremo B, stava in una casa quasi senza libri, arredata in modo pacchiano, e dove l'unico tavolo disponibile era il tavolino fra il divano e il maxischermo della televisione. Proprio l'ambiente adatto per studiare!

Tra l'altro, immaginatemi curvo su quel tavolinetto a cercare di decifrare gli scarabocchi matematici tracciati senza voglia. C'era pura poca luce, e una volta arrivò la sorellina più piccola e si mise a guardare la televisione mentre stavo spiegando le condizioni di esistenza per le equazioni razionali fratte. Fortuna che la madre pagava sempre senza lamentele.

Su B ho un'altra storia da raccontare, che però non c'entra con la matematica o lo studio, quanto piuttosto con l'apprensione delle nonne.

In quel periodo andavo qualche volta a pranzare dalla mia nonna materna per farle compagnia, così le raccontai delle ripetizioni che facevo da B, di come lei non si impegnava a fare nulla e via dicendo. Allora, mia nonna se ne uscì con quest'idea: -Magari non riesce a concentrarsi perché si è innamorata di te.-

Ogni scarrafone è bello a mamma sua, certo, quindi so che mia nonna materna mi ha sempre visto come un bel ragazzo. Però quest'idea era assurda, e ne risi allegramente. Infatti, le dissi, B aveva anche il fidanzato, un tipetto truzzo che avevo intravisto qualche volta alla fine o all'inizio delle ripetizioni.

Non l'avessi detto!

-Ah, ma allora devi stare attento: magari quel ragazzo poi diventa geloso e ti mena!-

Sì, quel ragazzino alto un metro e una spanna, e più magro di me?

-Eh, ma non si sa mai... Ma tu vai in casa di questa ragazza? E come fai a sapere che non ti succederà nulla, mica li conosci?-

Cercai di cambiare argomento il più in fretta possibile: se l'avessi lasciata andare avanti, sarebbe arrivata a dirmi che la madre di B voleva tagliarmi in tocchetti e mettermi nel congelatore.

Comunque sì, mi rendo conto, adesso, che forse sono stato un po' ingenuo a fidarmi al punto da andare tranquillamente in casa di sconosciuti. Insomma, se avevano letto il mio annuncio alla biblioteca e avevano effettivamente un figlio, non pensavo di dovermi preoccupare di alcunché.

In effetti, è meglio prima organizzare un incontro in un luogo pubblico, ad esempio una biblioteca, abitudine che poi presi in seguito.

In ogni caso, gli altri svogliati non erano poi molto diversi da B: vivevano in belle case, ma spesso non avevano uno spazio pensato prettamente per lo studio, dovevo chieder loro la cortesia di spegnere o almeno non guardare il telefono, e mi costava un sacco di fatica cavar loro mezza parola sulla risoluzione degli esercizi.

Passiamo quindi alla terza categoria.

Ora, temo che alcuni di voi lettrici e lettori possano identificarsi con questo gruppo: fidatevi, questi erano davvero casi estremi, tant'è vero che ne incontrai solo due.

D'altro canto, dagli scambi che ho avuto con voi lettrici e lettori sulla matematica mi sono fatto l'idea che chi di voi pensa di non saper fare matematica (e/o fisica) sia nella prima categoria, magari con qualche lacuna, che però si può colmare.

Un esempio esplicativo sarà d'aiuto.

Consideriamo quindi il primo soggetto di questo genere che mi contattò: uno studente di economia in un'università privata, al terzo anno della Triennale, al quale mancavano da dare solo gli esami di matematica. Ovvero, un piccolo test introduttivo del primo anno, Matematica 1 e Statistica 1.

Costui, che chiameremo A, aveva due anni più di me, e si era dimenticato tutto quello che avrebbe dovuto apprendere al liceo scientifico che aveva frequentato. E non parlo delle matrici o delle derivate, no. Non sapeva manco più riconoscere l'equazione di una retta.

Evgenij di diciannove anni:- Prendiamo y = x. Cos'è?-

A:- Un cerchio? -

Evgenij di diciannove anni:- Come fa ad essere un cerchio?! Le variabili x e y possono assumere tutti i valori possibili, mentre un cerchio è limitato!-

Però forse qualcuno di voi starà pensando: "Eh, ma non è intuitivo. E poi, a che serve in economia?"

A parte il fatto che sì, serve (i grafici cosa sono, se non rette e curve nel piano cartesiano?), va bene, passiamo a un altro argomento: i limiti.

Allora, se prendo 1 e lo divido per un numero naturale n sempre più grande, cosa succederà? Prendiamo come n le potenze di 10 (quindi 1, 10, 100, 1000, e così via): abbiamo che 1/n sarà

1    0.1    0.01    0.001    0.0001    0.00001    0.000001     0.0000001 ....

Cosa sta accadendo?

Il numero che abbiamo sta diventando sempre più piccolo, sempre più vicino a zero, giusto?

Quindi, al limite per n che tende a più infinito otterremo?

A:- Infinito!-

Evgenij:- Ma che cavolo dici?! Se hai una torta e la dividi in 10 parti uguali, e poi ne prendi un'altra uguale e la dividi in 100 parti uguali, otterrai fette più grandi o più piccole dalla seconda? E studi economia, siamo proprio in buone mani: ci credo che c'è la crisi!-

Sono un tipo sanguigno, ve l'ho detto più volte.

Però, non sono stato del tutto onesto...

Ecco, non ho veramente risposto così, allora, nonostante abbia pensato queste cose: volevo essere pagato.

Quindi, è andata in un altro modo.  

Evgenij di diciannove anni (dopo aver inspirato ed espirato profondamente):- Ma no, cosa dici? Il numero diventa sempre più piccolo, e quindi va a zero: immagina di prendere una torta e...- (Con calma zen ripete l'esempio sotto lo sguardo ebete di A.)

A passò il test introduttivo (che avrebbe dovuto superare al primo anno, ma, ehi, all'università privata bastava che lui pagasse la retta), poi io avevo i miei esami, quindi non so come andò a finire.

Tuttavia, nonostante questo primo incontro ravvicinato mi avesse lasciato parecchio stranito, non mi aveva per nulla preparato al secondo caso di tabula rasa, che mi piace ricordare come Mr. Ridarella.

Questo ragazzo era all'ultimo anno di un liceo scientifico, e mi contattò a ottobre per esser sicuro di non restare indietro fin dall'inizio dell'anno: un intendo lodevole, ne converrete, e infatti andai da lui con molto ottimismo.

Dopo i convenevoli, ci mettemmo a studiare i fondamenti dell'elettrostatica, ovvero, la forza di Coulomb e le sue proprietà. E inizialmente mi pareva che il ragazzo mi seguisse con attenzione. Così, pensai di passare agli esercizi, per testare la sua comprensione.

Partimmo proprio dal primo e più semplice. Ovvero, nel caso foste curiosi, calcolare la forza di Coulomb fra due cariche assegnate.

Giusto per fornirvi qualche informazione, Charles Augustin de Coulomb fu il primo scienziato a studiare in modo quantitativo le cariche elettriche e le forze con le quali interagiscono, e così l'unità di misura delle cariche elettriche è il Coulomb, indicato con C; proprio come l'unità di misura della pressione è il Pascal (Pa) e quella della forza è il Newton (N): queste unità presero il nome dai primi scienziati che le definirono e studiarono.

Dunque, l'esercizio però non forniva queste cariche in termini di Coulomb, ma di milli-Coulomb, mC: esattamente come nel caso del millimetri, un milli-Coulomb è un millesimo di Coulomb. Si può quindi passare da una misura espressa in milli-Coulomb a una espressa in Coulomb semplicemente dividendo per 1000: si tratta di semplici equivalenze, che nulla hanno a che vedere con le teoria dell'elettrostatica.

Forse avrete capito dove sto per andare a parare: il ragazzo, il nostro Mr. Ridarella (a breve capirete il perché di questo nome), pareva non sapersi proprio orientare di fronte a questo esercizio così semplice. Così, gli feci notare che sarebbe bastato riconvertire i valori delle cariche elettriche in Coulomb, poi usare la formula della forza di Coulomb scritta nella pagina a fianco, e avremmo concluso l'esercizio.

Al ché, costui mi guardò, assunse un'aria ebete vagamente ilare e disse:- Ah, ma io non so più fare le equivalenze! Ahaha!!-

Esatto: rise. Rise. Rise.

Mr. Ridarella rise della sua ignoranza di fronte al mio sguardo sgomento.

Forse, per farvi capire come mi sentii, posso provare con un esempio: diciamo uno vi chiede come si fa una torta di mele. Voi vi mettete a spiegargli che pasta prendere, quanto fare grandi i pezzetti di mela, quanto zucchero mettere e tutte le altre informazioni necessarie. Poi, cominciate finalmente a preparare la torta, e questo qua fissa le mele con aria ebete. Voi, perplessi, gli chiedete perché non cominci a tagliarle, e lui vi risponde:- Ah, ma io non so più usare il coltello! Ahaha!!-

Come reagireste?

Io faticai parecchio a controllarmi, e non potei esimermi dal chiedergli cosa cavolo ci trovasse da ridere: c'era da rimboccarsi le maniche, altroché!

Continuai a dare ripetizioni di matematica e fisica a Mr. Ridarella per mesi: e ogni volta che c'era qualcosa che non capiva e non sapeva, eccolo ridere con aria ottusa.

Un giorno mi disse che sarebbe andato all'open day della facoltà di economia di una prestigiosa università privata. Me lo disse dopo che eravamo rimasti quaranta minuti su una disequazione logaritmica.

Io respirai profondamente una o due volte, e poi dissi con tutta la calma possibile:- Ma lo sai che per economia serve la matematica, vero?-

Sia chiaro, io non voglio scoraggiare nessuno: sono fermamente convinto che tutti possano raggiungere dei risultati grazie all'impegno e alla perseveranza.

Tuttavia, Mr. Ridarella non stava studiando né con impegno né con perseveranza, a quel che potevo vedere. Non solo: non aveva palesemente idea di cosa comportasse davvero il corso di studi che voleva intraprendere.

Infatti, mi rispose:- Sì, ma non questa matematica. Ahahaha!!-

Io inspirai ed espirai di nuovo, mi tolsi gli occhiali e lo fissai.

-Hai ragione.- dissi. – Non c'è solo questa semplice matematica del liceo. Ci sono anche gli integrali, le matrici, le equazioni differenziali, la probabilità e la statistica!-

Gli spiegai poi che non volevo dissuaderlo, ma che avrebbe dovuto decisamente impegnarsi di più, molto di più di quanto stava facendo. Poi gli domandai:- Ma perché vuoi fare economia?-

Mr. Ridarella rispose:- Mah, perché l'ha fatta mia madre. Ahahaha!-

...

Evgenij di ventitré anni:- Ah.-

Pensieri di Evgenij di ventitré anni:- Ma che schifo di motivazione è?! Perché non cominci a pensare con la tua testa per quel che riguarda il tuo futuro?! Sei maggiorenne, orco boia!-

Insomma, penso che vi siate fatti un'idea di questo Mr. Ridarella.

Dopo un po', io non fui più in grado di continuare le ripetizioni con lui per via dei miei impegni universitari, ma non volevo abbandonarlo da un giorno all'altro: nonostante tutto, mi sentivo responsabile, come se fosse un cucciolo. Così, lo diedi in affido a un altro studente del mio anno, il quale a sua volta lo passò a un'altra e così via, finché non se ne persero tracce e ricordo.

Poi, un giorno, l'Anello irretì un nuov...

No, scusate, mi sono confuso.

Un giorno di metà giugno mi chiamò di nuovo: voleva un aiuto per il ripasso prima della terza prova dell'esame di maturità.

Lì per lì fui sollevato: era stato ammesso, dai, non poteva essere messo troppo male. Così andai.

In tutte le due ore assieme facemmo a malapena in tempo a studiare di nuovo la legge di Coulomb!

E sapete il perché? Beh, ovviamente...

-Ah, ma io non mi ricordo più quello che ho studiato all'inizio dell'anno! Ahahah!!-

Ma che ti ridi?!?

A quel punto glielo dissi aspramente: non c'era proprio nulla da ridere. In ogni caso, tentai l'impossibile, ma non stetti più delle due ore pattuite: avevo anche le mie incombenze da gestire.

Non ho mai saputo come sia andata a finire.


Vorrei concludere questa piccola collezione di aneddoti più o meno buffi con il racconto di un caso particolare e per niente divertente, non tanto per via dell'allievo quanto di sua madre.

Come vi ho spiegato, nei miei annunci per le ripetizioni avevo scritto che ero disponibile anche per studenti delle medie, ma avevo al contempo specificato le mie qualifiche, aggiornandole di anno in anno, in particolare dopo che ottenni la laurea triennale a ventun anni. Era quindi chiaro dal testo dell'annuncio che avevo un certo livello di competenza, tale da giustificare la tariffa oraria che richiedevo, ovvero venti euro all'ora: dopo essermi laureato mi parve giusto ritoccare il prezzo.

Dunque, un giorno venni contattato da una signora per delle ripetizioni al figlio undicenne che frequentava la prima media. Io accettai tranquillamente e ci accordammo su data, orari e prezzo.

Così, andai a casa del ragazzo e lo aiutai con i suoi esercizi di monomi e polinomi. Non era affatto un cattivo studente, sembrava solo un po' spaesato per via del passaggio dalle elementari alle medie, a mio modesto parere: lo dissi anche alla madre alla fine della lezione.

E lei allora mi fece:- Ecco, visto che però per te queste cose sono molto facili... Non è che posso pagarti di meno?-

...

-Eh, sei troppo qualificato per questo lavoro, mica vorrai essere retribuito normalmente o addirittura avere un posto fisso! Ma va là, fatti uno stage e non rompere.-

È lo stesso ragionamento del cavolo!

Parliamoci chiaro, ovviamente per me tutti gli esercizi di quel ragazzo erano stupidate: e ci mancherebbe altro, lo erano già al mio primo anno di liceo!

Però era stata sua madre a chiamare me, studente universitario laureato in matematica: avrebbe potuto cercare l'annuncio di un liceale, magari, se avesse voluto qualcuno con meno competenze e quindi meno pretese!

E soprattutto, ci eravamo accordati per telefono, e non aveva avuto nulla da obiettare. Invece, si mise a mercanteggiare una volta finita la lezione, quando ormai avevo lavorato!

Replicai con calma esponendo queste mie ragioni e alla fine la spuntai. Lei non mi chiamò più, ma non mi importò.

Vi ho raccontato di questo episodio anche per dirvi di non farvi mettere i piedi in testa: spesso altre persone vi chiedono e vi chiederanno delle prestazioni, per poi rifiutarsi di ricambiare o di pagarvi il dovuto. Non dovete permetterlo: se qualcuno chiede il vostro aiuto, dovete a vostra volta chiedere che ricambi quando servirà; se qualcuno promette di pagarvi per un lavoro, dovete farvi pagare. Se questa persona poi non ricambia o non vi paga, voi non dovete mai più far nulla per lei (finché non accetti di darvi il dovuto). E non dovete neanche permettere che vi si faccia sentire in colpa: voi avete fatto qualcosa per quest'altra persona, e ora è lei a non tener fede all'accordo, quindi voi siete dalla parte della ragione.


In conclusione, mi piacerebbe chiedervi delle vostre esperienze: avete mai dato o preso ripetizioni? E com'è andata? Avete anche voi qualche aneddoto da raccontare?

Scrivete pure nei commenti, se vi va.

A presto,

Evgenij




[Immagine di copertina: particolare de La Scuola di Atene, di Raffaello Sanzio.]

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top