Capitolo 3- Perché a lei?

Nathaniel picchiettava il piede ansioso; era di fronte a quel dannato cancello da venti minuti, eppure la segretaria gli aveva detto che avrebbe aperto subito.

Si sfregò una mano sulla fronte, era davvero giusto quello che voleva fare?

Non ebbe tempo per pensarci oltre che il cancello si aprì . A passo svelto entrò nella villa; era facile, doveva semplicemente lasciare il telefono e inventare una scusa al momento.

-Buongiorno, cerca il signorino Adrien?- chiese la segretaria avvicinandosi a lui. Si domandò se fosse sempre così formale e ingessata e la immaginò in una situazione del tutto fuori luogo.

-Sì, dovrei lasciargli il telefono. L'ho trovato... L'ho trovato a scuola e per evitare che qualcuno lo rubasse l'ho conservato io- estrasse il cellulare dalla tasca del giubbotto e lo porse alla donna -Ecco a lei- disse.

-Grazie signor... ?-

-Kutzberg. Nathaniel Kutzberg.- 

-La ringrazio signor Kutzberg, il signorino Adrien cercava proprio il telefono.-

Il rosso annuì semplicemente per poi dirigersi nuovamente fuori, se era stato così nervoso per consegnare un telefono cosa avrebbe fatto a un colloquio di lavoro?

Quando fu finalmente fuori tornò a respirare in modo regolare: era fatta. Tutto era andato per il meglio e nessuno avrebbe scoperto che in quella storia c'entrasse Chloè.

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Quella mattina per Marinette fu ancora più difficile alzarsi. Il suo sonno era stato parecchio irrequieto: tra incubi e lacrime non era riuscita a chiudere occhio per più di mezz'ora.

Non ricordava tutto quello che aveva sognato, sapeva solo che si era svegliata spesso urlando, grondante di sudore.

Rimettersi a dormire dopo ogni incubo diventava sempre più difficile, infatti dopo poco si era arresa e aveva pianto fino a quando non era crollata; circa quaranta minuti prima che suonasse la sveglia.

Piangeva soprattutto perché non riusciva a credere a quello che aveva fatto Adrien, non lo avrebbe mai creduto capace di un'azione simile.

Le aveva distrutto il cuore in tanti minuscoli pezzettini, come se non gli fosse mai interessato di lei. Aveva pensato a tutto quello che avrebbe voluto fargli, dal picchiarlo a urlargli contro, ma alla fine aveva deciso semplicemente di evitarlo, non meritava più neppure un suo sguardo.

Era però consapevole che sarebbe stata dura chiudere il suo cuore, o quello che ne restava, in una scatola e non aprirla mai più.

Ancora con gli occhi gonfi e arrossarti si trascinò verso il bagno, completamente incapace di fare altro, si sentiva svuotata, di tutto: energia, forza, resistenza ed emozioni.

Si guardò allo specchio del bagno e rabbrividì per il suo aspetto, si faceva paura da sola.

Entrò dentro la doccia e si sedette sul pavimento in mattonelle, aveva ancora il pigiama indosso, ma gliene importava poco. L'acqua era ghiacciata, il freddo si insinuava fino alla sue ossa, stava iniziando a rabbrividire. Le gocce d'acqua scivolavano sul suo corpo, si mischiavano alle lacrime che, contro la sua volontà, continuavano a uscire dai suoi occhi. Si prese la testa fra le mani e urlò, quel grido era pieno di disperazione, di tristezza e rabbia; il solo sentirlo faceva piangere il cuore.

-Marinette! Marinette! Stai bene? Cos'è successo?!- bussava insistentemente Sabine contro la porta chiusa a chiave. Era preoccupata da morire; ma Marinette, sotto quel getto d'acqua, non aveva intenzione di sentire nessuno.

-Ti prego Marinette! Ti prego. Dimmi cos'hai. Ti ho sentito piangere durante la notte. Parlami. Per favore- quelle erano le parole disperate di una madre, eppure Marinette non rispose.

Sabine se ne andò e i suoi passi furono accompagnati da dei singhiozzi leggeri. Marinette sent^ solo il suo dolore, non si accorse di aver ferito tutti, anche chi voleva aiutarla.

Quando sentì la botola della sua stanza chiudersi si alzò velocemente, regolò la temperatura dell'acqua e si tolse i vestiti. 

Quel giorno arrivò a scuola stranamente in anticipo, c'erano poche persone che apparivano ai suoi occhi come dei fantasmi: piccole anime in pena che aspettano il loro destino girovagando senza un perché.

Qualche giorno prima sarebbe scoppiata a ridere vedendoli, sopratutto vedendolo lei lì a quell'ora. Ora invece si sentiva anche lei un animo in pena. Quel cancello non le era mai sembrato così grande come in quel momento e vederlo ergersi davanti a lei la fece sentire minuscola, come un gigante con un nano. Sentiva che da quel giorno varcare quel cancello sarebbe stato sempre più difficile, il suo nome sarebbe stato sulle bocche di tutti, perché tutti amano farsi i fatti degli altri e mai i propri. Non credeva sarebbe mai arrivata fino a quel punto, ma dopo quel video era molto probabile.

Il tempo sembrava essersi fermato, d'un tratto il cortile d'ingresso della scuola fu pieno di persone e accanto a lei vide Alya. Notava benissimo le evidenti occhiaie che, come a lei, rigavano la parte sottostante degli occhi; forse anche la sua migliore amica aveva fatto la notte insonne per quello che le era successo.

-Come stai?- chiese la mora a Marinette.

La corvina si sforzò con tutta se stessa di sorridere normalmente per tentare, almeno per poco, di far svanire la preoccupazione dal volto di Alya.

-Um... Mi rispondo da sola: stai da schifo- concluse mettendo le mani sui fianchi.

-Sì, sto di schifo e sono uno schifo- continuò Marinette girando lo sguardo verso il cancello, non voleva vedere l'occhiata che la sua migliore amica le stava rivolgendo; era così compassionevole...

Stettero in silenzio a riflettere, alla fine entrambe stavano fissando il cancello aspettandosi un arrivo in classe molto rumoroso. Già da lì riuscivano a sentire dei chiacchiericci e delle risate, quel video in pratica era stato visto da tutta la scuola.

Poi a testa alta attraversò quel cancello ed entrò dentro la scuola, la campanella suonò nell'esatto momento in cui lei era entrata.

A passo svelto si diresse verso il suo armadietto, con la coda dell'occhio notò Alya parlare con Nino, entrambi erano più indietro rispetto a lei.

Teneva le mani sulle spalline del suo zainetto rosa e le strofinava freneticamente, ogni passo che faceva la sua autostima crollava, risate su risate le inondavano la testa.

Perché Adrien le hai fatto questo?

Quella camminata le sembrò la più lunga della sua vita e non credeva avrebbe visto di peggio, ma si dovette ricredere quando arrivò al suo armadietto.

Una foto di lei in reggiseno ricopriva tutto lo sportello, il rossore si impossessò delle sue guance. Era arrossita sia per rabbia che per la vergogna.

Lentamente inserì la combinazione dell'armadietto e lo aprì, la foto era rimasta lì e lei non aveva alcuna intenzione di staccarla.

-Ehi Marinet...- Adrien la stava salutando, ma si bloccò dopo aver visto la foto attaccata all'armadietto della corvina.  Era a qualche passo da lei e, come suo solito, era pronto a metterle il braccio sulle spalle per portarla in classe. Affrettò il passo e, in un impeto di rabbia, strappò la foto.

-Cosa diamine significa?!- urlò contro la ragazza stringendo il foglio accartocciato.

Marinette fissò l'interno dell'armadietto per qualche secondo, poi lo richiuse. Nel fondo c'era scritto in rosso "Puttana".

Come hanno fatto ad aprirlo?

-Perchè non rispondi!- continuò a urlare Adrien, voleva sapere chi avesse messo quella foto per potergli spaccare la faccia.

Marinette finalmente fissò il biondo, i soliti occhi azzurri mare tipici della ragazza ora erano spenti; la tempesta che li ravvivava ogni volta che si incontravano si era fermata, in un lampo tutto era finito. Ora, gli occhi che adorava e gli trasmettevano sempre felicità, erano vuoti.

-Lo chiedi pure? Hai il coraggio di parlarmi ancora?- chiese con una voce glaciale, quelle parole lo ferirono come mai aveva fatto nessuno. Il tono con cui erano state dette era stato per lui distruttivo, con quella frase un pezzo del suo cuore si era spezzato e non pensava, che dopo tutto quello che gli fosse successo, potesse ancora accadere.

Adrien rimase fermo, come ammutolito; si sentiva impotente. Avrebbe voluto fare qualcosa, correrle dietro, bloccarla o abbracciarla, ma non fece nulla. E questo fu il suo più grande errore.

Marinette lo fissò per qualche secondo e poi si girò, lentamente si diresse verso la sua aula, gli occhi erano lucidi e sarebbe scoppiata a piangere di lì a poco.

Quando entrò in classe si sedette al suo posto e poggiò la testa sul banco, le braccia le coprivano il volto e fu in quel momento che si lasciò andare di nuovo. Non troppe lacrime, pianse solo per qualche minuto, poi prese il suo quaderno da disegno.

Sapeva che in quell'ora la classe sarebbe stata vuota, infatti tutti erano nell'aula di chimica, e lei aveva voluto approfittare di quel momento per concedersi un po' di spazio per sé.

Fissò per qualche minuto il foglio bianco, cercava di liberare la mente da tutto per potersi rilassare per qualche istante, chiuse gli occhi e poi li riaprì.

Iniziò a disegnare, nella sua mente immaginava linee su linee. La mano si muoveva sul foglio disegnando delle linee sinuose e i suoi occhi erano completamente concentrati sul disegno,

Molto spesso si fermava per osservare il suo lavoro e faceva uscire la lingua, proprio come i bambini; in quei momenti sembrava davvero che non fosse successo niente.

Nei corridoi era presente uno strano silenzio, tutto era immobile come bloccato al cospetto di una forza superiore incomprensibile a tutti.

Quando la campanella suonò Marinette si riscosse dal suo mondo, la luce fievole che si era accesa nei suoi occhi si spense nuovamente al ricordo di Adrien. Uscì in fretta dalla classe e andò nel suo armadietto, tutti i suoi compagni entrarono e la fissarono dalla soglia della porta.

Lei, come se non stesse accadendo nulla, prese i suoi libri e uscì facendosi spazio tra i ragazzi; Nathaniel la fissava in un modo diverso dagli altri, sembrava come pieno di sensi di colpa.

Appena uscì da lì Alya le si buttò addosso abbracciandola.

-Lo supereremo assieme, va bene? Non permetterò a nessuno di farti male- le sussurrò stringendola, la corvina annuì e sorrise prima di nascondere il suo volto nella spalla della sua migliore amica.

-Andiamo a lezione, già ho perso l'ora di chimica non voglio perdere pure le lezioni della Bustier- disse Marinette quando il loro abbraccio terminò.

Le due amiche entrarono in classe e si sedettero nei loro posti; Marinette continuava a ripetersi di potercela fare, di non far caso a tutti gli sguardi su di lei e di seguire la lezione.

La professoressa Bustier entrò in classe sorridendo, ma si accorse subito che qualcosa non andasse.

-Buongiorno ragazzi- disse; credette sarebbe stato meglio scoprirlo a poco a poco.

-Buongiorno Miss. Bustier- le risposerò in coro tutti i ragazzi.

La professoressa sistemò sulla sua cattedra il materiale per la lezione e poi chiamò Chloè e Marinette; aveva notato che le due erano fossero afflitte da qualcosa.

-Dovete farvi un complimento.- 

Marinette e Chloè si fissarono per qualche secondo.

-Oggi sei molto c- si sforzò di parlare la corvina ma l'ultima parola non voleva uscirle -sei c-c-ca,- 

Marinette devi dirla forza, puoi farcela!

-Oggi sei molto carina- disse alla fine.

-Tu sei...- Chloè non riuscì a dire niente, i sensi di colpa l'assalirono e sentì un groppo in gola impedirle di parlare -Scusate non ce la faccio- disse con voce soffocata e poi corse fuori dalla classe con gli occhi lucidi; non era riuscita a dirgli niente, vedeva Marinette triste e sapendo che ne fosse lei la causa non riuscì a completare la frase.

Marinette tornò al suo posto, non era per niente stupita di questo; Chloè non riusciva mai a dire dei complimenti a qualcuno figurarci se sarebbe riuscita a dirglieli a lei.

-Me lo aspettavo...-commentò Alya mentre Marinette si sedeva.

Mi dispiace.

Marinette si prese la testa fra le mani, doveva andare da Fu. Quella voce le stava scoppiando nella testa e non poteva fare altro che andare dal custode, lui forse avrebbe avuto una soluzione

Nathaniel fissava la porta da cui era uscita Chloè e poi guardò Marinette e capì perfettamente perchè la sua fidanzata non fosse riuscita a dire niente, se la professoressa lo avesse chiesto a lui avrebbe avuto la stessa reazione.

-Professoressa, posso andare in bagno?- chiese il rosso, la professoressa Bustier si riscosse e acconsentì a farlo uscire.

-Ed ovviamente il leccapiedi va da lei- mormorò Alya infuriata; Chloè non cambiava mai.

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Nathaniel uscì dalla classe alla ricerca della sua fidanzata, doveva consolarla perché sapeva quanto fosse grande il peso che si portava.

Alla fine fu facile trovarla, si trovava davanti alla porta degli spogliatoi seduta a terra con gli occhi coperti dalle mani.

Si sedette di fianco a lei e lasciò che la bionda appoggiasse la testa sulla sua spalla.

-Non credevo sarebbe finita così- mormorò Chloè mentre il rosso le accarezzava i capelli.

-Troverò una soluzione Chloè, te lo prometto.-



Angolo me

Che capitolo triste, cioè me lo dico io stessa. Il prossimo prometto di farlo più felice. 

Marinette alle prese con il bullismo, in questo capitolo sono caduta molto nell'OOC ma dai prossimi spero di riprendermi.

Sono ritornata e sono felice, a chi può interessare gli esami sono andati bene e ora posso finalmente dedicarmi a Wattpad.

Inserisco qui il calendario degli aggiornamenti

Lunedì: Mi fidavo di te

Mercoledì: Migliori amiche in vacanza

Giovedì: Scrivo poesie perchè...

Venerdì: I possessori e la nube oscura

Domenica: Attimi di Miraculous


GAIA


p.s

Siccome mi sento in colpa per non aver aggiornato probabilmente in settimana farò uscire un altro capitolo, ma non ne sono certa dipende tutto sul fatto di riuscire a rispettare il calendario.




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