Capitolo 15- Verità
Marinette si guardò intorno alla ricerca dei suoi genitori. Era atterrata da una decina di minuti e ora si ritrovava immersa nella calca di persone scese dai vari voli, molti turisti si parlavano tra loro discutendo probabilmente dei programmi della giornata; vederli le ricordava il suo arrivo a Londra. Era sola, con una lontana idea di cosa fare e tanta, tanta paura. Era sera inoltrata, ma ciò non impediva l'atterraggio di altri aerei e neppure l'animo intraprendente dei suoi concittadini.
Quando finalmente riuscì a liberarsi da quella folla crepitante vide suo padre sventolare vigorosamente le braccia per farsi notare.
-Papà!- esclamò andandogli contro, si ritrovò avvolta dalle braccia muscolose dell'uomo in un batter d'occhio e subito si sentì a casa. Non si staccarono per una decina di minuti, suo padre per la commozione aveva anche iniziato a piangerle sulle spalle. Lo aveva sempre detto: l'apparenza inganna, perché nonostante lui fosse grande e grosso dentro era un tenerone dalla lacrima facile.
-La mia bambina- continuava a piagnucolare Tom mentre si asciugava gli occhi; Sabine, dopo aver abbracciato anche lei Marinette, si era messa a consolarlo e lo stava aiutando a trascinare le valige.
-Allora com'è Londra, cara?- le chiese la donna. Osservava la figlia camminare poco più avanti di lei e la sentiva radiosa, illuminata da una felicità che non le vedeva addosso da mesi.
-Particolare- disse Marinette appena varcarono la soglia dell'aeroporto. L'aria fredda, tipica della sua città natale, le sfiorò il volto facendo aumentare il suo sorriso. -Ma non è Parigi- sussurrò più a se stessa, come a rammentarsi quello che più d'importante aveva lasciato nella sua amata città.
Appena salirono sulla macchina sentì di nuovo l'odore tipico di dolci e pane, presente sempre in quella macchina e addosso ai genitori.
Durante il viaggio Tom e Sabine le avevano posto numerose domande, ma si erano arresi quando lei si fu incantata a guardare attraverso il finestrino. Le mancava tutto quello. Il paesaggio di Parigi, da qualsiasi angolazione lo guardava le diceva sempre che sarebbe stato lo spettacolo più bello che avrebbe visto in tutta la sua vita. Nonostante le macchine, la confusione, le case e le persone avrebbe comunque portato quella città nel suo cuore, per tutta la sua vita.
In circa quindici minuti si ritrovò di fronte alla pasticceria Dupain-Cheng e la salì la voglia di correre dentro, come ad assicurarsi che tutto fosse al suo posto.
-Pronta?- le chiese sua madre, entrambe stavano guardando la loro abitazione; in risposta Marinette annuì entusiasta.
Aprì la porta della sua pasticceria e il campanello d'ingresso tintinnò.
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Chloè era nella sua terrazza e guardare il cielo quella sera senza stelle, ne scorgeva in lontananza solo qualcuna ben poco luminosa. Sospirava pesantemente, mentre tra le mani stringeva il suo telefono con le api.
-Pungente... Io non pungo, ferisco e basta- disse esprimendo a voce alta i suoi pensieri. Nonostante fossero passati mesi lei non riusciva a togliersi di testa il pensiero di Marinette, era partita lasciandole solo una lettera di scuse. Non riusciva a credere come si fosse scusata con lei in tutti i modi, dicendo pure che non doveva prendere quella partenza come una sua colpa.
"Anche se mi odi, sappi che io non lo faccio. Non siamo mai andate d'accordo, ma so che tu hai un buon cuore" quelle dannatissime parole le risuonavano nella testa come il ritornello della sua canzone preferita; venivano a farle visita ogni volta che lei poggiava la testa sul cuscino. Se solo avesse saputo non avrebbe certo detto che lei avesse un buon cuore; lei era riuscita a distruggere anche chi credeva fosse indistruttibile.
Adrien, lui era la sua vera tortura, vederlo a scuola e sentire il suo dolore la faceva sentire anche peggio. I suoi occhi verdi, di cui una volta credeva di essere innamorata, erano completamente spenti e pensare che tutto quello era colpa sua le bloccava ogni cosa. Non era più lei, ma sapeva di meritarlo: era la giusta punizione per aver distrutto la loro vita.
Aveva fatto il casino e ora le conseguenze si stavano abbattendo su di lei.
Il telefono le vibrò tra le mani: le era arrivato un messaggio da Alya.
Marinette è appena atterrata, l'accogliamo per bene? Festa nella pasticceria Dupain-Cheng, tutti invitati.
-Lei è qui?- si chiese, mentre la testa si riempiva di piani su cosa doveva fare. Non ci pensò neppure un attimo a prendere la sua giacca e uscire dal suo appartamento; al diavolo il pensare, in quel momento doveva solo agire.
Il telefono vibrò nuovamente, stavolta però era una chiamata. Rispose senza neppure leggere il nome del contatto, sapeva chi fosse.
-Chloè, che stai facendo?- le chiese la voce familiare di Nath.
-Salvo il salvabile- rispose lei ricordando la frase che il rosso le aveva detto quando lei era ancora in possesso del telefono di Adrien.
-Aspettami sotto l'hotel, sto arrivando- disse il ragazzo, prima di chiudere.
Sebbene avrebbe voluto risolvere la questione da sola era più che consapevole di non esserne in grado; non avrebbe voluto intrometterlo, ma senza di lui avrebbe combinato solo l'ennesimo disastro.
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Adrien era sdraiato sul suo letto e fissava il soffitto, Plagg gli volava intorno senza parlare, tra le mani come suo solito teneva del camembert, anche lui era diventato meno loquace.
-Chissà che starà facendo ora...- disse Adrien per poi sospirare. Quanto poteva mancargli?
-Senti umano tu non puoi andare avanti così- lo rimproverò Plagg arrivandogli di fronte. -Perché non cerchi invece i veri artefici della pubblicazione di quel video? Le tue ricerche sono state fiacche- continuò, guardandolo duramente.
-A che servirebbe? Lei è andata via- mormorò chiudendo gli occhi, si stava di nuovo isolando nei suoi pensieri quando il suo kwami gli lanciò un pezzo di camembert in faccia.
-Tu non ragioni. Genio, i suoi genitori sono qui; andrà a trovarli prima o poi e, quando accadrà, ti scuserai con lei e le spiegherai chi ha pubblicato il video.-
Adrien spalancò gli occhi a sentire quella frase, non rispose neppure a Plagg e scese direttamente le scale diretto verso l'ufficio di Nathalie. Aprì la porta della stanza ma, purtroppo per lui, al posto della segretaria di suo padre si trovò di fronte una più che nervosa Chloè e un Nathaniel quasi indifferente, se non fosse stato per il movimento continuo delle sue mani. Erano entrambi seduti, ma al leggero scricchiolio della porta scattarono in piedi come molle.
-Adrien- mormorò la bionda quando lo vide, il rosso guardò nella stessa direzione della sua ragazza e appena incrociò lo sguardo con il rampollo degli Agreste parve rilassarsi.
-Dobbiamo parlarti- dissero in simultanea i due fidanzati. Tutto ciò lo preoccupava: loro due a casa sua per parlargli? Non era mai successo.
Fece loro segno di salire le scale e fu più che certo di vedere Nath sospirare pesantemente, come se fosse affranto.
Angolo autrice
Il capitolo è pronto da circa due settimane, motivo per cui non l'ho pubblicato? Internet! Problemi dovunque!
La mia connessione faceva acqua da tutte le parti davvero, sono stata due settimane e mezzo con solo internet del telefono che andava veramente a rilento e non caricava neppure l'applicazione, figurarci pubblicare il capitolo.
In ogni caso mi sembra giusto informarvi che questo è il penultimo capitolo, dopo ci sarà l'ultimo capitolo e l'epilogo. Ansia?
Avevo intenzione di finirla prima, e invece i miei piani sono volati via trascinati dal vento e dalla ben poca voglia di scrivere e nel frattempo la storia ha compiuto il suo primo anno!
Un anno di mi fidavo di te. Quando l'ho pubblicata non credevo certo di impiegare tutto questo tempo a completarla hahhahhaha, però la vita è imprevedibile e anche questa storia lo è!
L'ho pensata tempo fa eppure ho continuato a cambiare particolari nel corso della scrittura, perchè io sono cambiata e anche la storia è cambiata dall'idea originale anche se nei tratti generali è rimasta la stessa. L'unica cosa che tutt'ora rimane in sospeso? Beh il finale...
Già dopo un anno dalla pubblicazione e più di un anno e mezzo di scrittura ed elaborazione non ho ancora trovato un finale appropriato!
Ah che problemi i miei...
Chiudo qui questo spazio autrice ormai chilometrico, vi voglio bene miei cari lettori.
GAIA
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