Sì, tu mi fai impazzire

Alessandro immaginava che Riccardo non si sarebbe fatto sentire quella sera e nemmeno la sera successiva. Immaginava che sarebbe tornato in italia solo, senza ricevere sue notizie. Lo immaginava e gli stava bene, poteva comprendere la sua confusione. 

Solo che ora, a distanza di ben tre settimane, non gli sta bene più. Hanno fatto interviste insieme, servizi fotografici, hanno interagito, hanno parlato in pubblico ma mai, mai, si sono rivolti la parola in privato. Non si sono nemmeno mai scritti un messaggio. 

Non che Alessandro non ci abbia provato ogni singola volta, ma Riccardo sembra sempre trovare un modo per evitarlo, per scappare, per abbassare lo sguardo e passare oltre come se nulla fosse. E lui non se lo merita, per niente. 

E, nonostante ciò, al momento sta guardando quel ragazzino odioso che, mezzo nudo, salta, balla e canta su un palco. Ed è bravissimo. Alessandro non può fare a meno di starsene lì, a guardarlo, con sguardo fiero, lo sa, mentre lui è nel suo ambiente naturale. Riccardo sembra essere nato per quel momento, per il suo concerto, per il suo pubblico. Non si risparmia, corre sul palco, coinvolge tutti, canta e fa cantare. Quel ragazzo è un animale da scena. 

Alessandro guarda gran parte del concerto rapito da lui, non pensando nemmeno a quello che è successo. Si ritrova a cantare Brividi come fosse uno spettatore qualunque, nonostante i cellulari che i suoi vicini gli puntano praticamente in faccia e non può fare a meno di rabbrividire quando Riccardo canta il suo ultimo assolo del loro pezzo, con il consueto fare struggente. Bravissimo, appunto. 

"Sapete chi c'è qui con noi stasera?!" lo sente urlare Alessandro ad un certo punto della serata, sul finale. E si guarda intorno come tutti gli altri, per capire di chi si tratta. 

"Fate un cazzo di casino perché stasera c'è qui Mahmood, eh!"

Alessandro rimane immobile, lì, in alto. Non sapeva che qualcuno glielo avesse detto, sperava vivamente di passare inosservato fino alla fine. 

"Dov'è?" chiede ancora Riccardo e la folla dalla platea che l'ha già individuato, alza le braccia in aria, indicandolo. Alessandro sorride, inevitabilmente, alle grida delle persone, che gli intimano di scendere e fa cenno di no con la testa. 

"Non vuole scendere" dice Riccardo, ridendo. "Beh, però che ne dite se gli dedichiamo una canzone?" Alessandro quasi deve tapparsi le orecchie per non perdere l'udito a causa delle grida. Vede Riccardo avvicinarsi a Michelangelo, lì, sul palco con lui, poi una musica invade l'ambiente. Le persone sembrano...impazzire. 

Come si fa? Come si fa?
Senza un rumore, eh, giri la stanza, ah
Come si fa? Come si fa?
Sola col tanga, te lo strapperei viaE mi fai impazzire, mi fai impazzire
E mi fai impazzire, mi fai impazzire

"Ehi, Ale!" grida Riccardo, quando la canzone termina. "Tu mi fai impazzire!" 

Alessandro può fare solo una cosa, si copre il volto con le mani e spera di essere inghiottito dal pavimento. 



"Sei stato bravissimo." 

Riccardo si gira, trovandosi davanti Alessandro, in quel fiume di persone che invade le quinte del palco. Voci, grida, i ragazzi che nonostante il concerto sia finito da dieci minuti sono ancora lì a gridare il suo nome e Alessandro. Alessandro che è lì, che è andato al suo concerto senza nemmeno avvisarlo. 

"Ti sei vestito di bianco" è l'unica cosa che riesce a dire e Ale alza gli occhi al cielo. 

"I tuoi concerti sono dei fottuti diciottesimi con dress code, ho dovuto per forza." 

Riccardo esplode in una risata, poi, però, gli afferra un polso, trascinandoselo dietro e cominciando a fare slaloom tra le persone. 

"Richi, ehi, cosa diavolo...ehi!" sente protestare Alessandro, ma non gli interessa. E' ancora troppo su di giri, l'adrenalina post concerto gli scorre ancora nelle vene e lì c'è troppa gente. Si ferma solo quando arriva al camerino, si chiude la porta alle spalle e lascia finalmente il polso dell'altro. 

"Sei impazzito?" chiede Alessandro. 

"Mi sembra di avertelo cantato anche, stasera" risponde a tono, ma non gli dà modo di rispondere. "E voglio scusarmi e lì c'era troppa gente, troppi occhi e non mi avresti sentito e io avevo bisogno di scusarmi per essere sparito, per essere scappato, per averti evitato e...e scusa, okay? Ero confuso, ero totalmente in tilt e non mi sono reso conto che..."

"Che...?" lo incita Ale. 

"Che non è servito a nulla. Che la confusione è solo aumentata, che più non ti vedo più vado in tilt, che-" 

"Va bene, ho capito, non è un problema se ti sei pent-"

"Ma sei deficiente?" grida ora. "Okay, scusa, non volevo gridare, ma non hai afferrato il punto. Solo vederti stasera mi ha...dissipato ogni dubbio. Non sapevo ci saresti stato e vederti lì. sapere che eri per la prima volta ad un mio concerto, mi ha accartocciato lo stomaco e ho cantato per te, hai sentito che ho cantato per te, vero?" 

Alessandro alza di nuovo gli occhi al cielo. "Sì, mi pare di averlo sentito." 

"E anche quella dopo era per te, perché ormai ti avevo visto e non potevo non cantare per te, perché mi mandi in confusione e mi rimetti a posto allo stesso tempo, perché mi sei mancato da morire e mi mancavi già prima e..." 

"Non c'è droga migliore di me?" lo interrompe Alessandro e Riccardo si sente le guance in fiamme. Sì, gliel'ha proprio cantata e a quanto pare l'ha proprio ascoltato. 

"Tu mi salvi da me..." risponde, citando ancora una propria canzone, mentre fa i passi che lo separano dall'altro. 

"Sei sicuro?" chiede Alessandro e Riccardo non può fare a meno di annuire, prima di sfiorargli le labbra con le sue. 

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