Colmo il vuoto con dei tagli di diverso colore

Alessandro, due giorni dopo la telefonata da sbronzo di Riccardo, è appena atterrato a Milano, si è messo in un taxi e si è fatto accompagnate all'hotel in cui sa che sta alloggiando il ragazzo. 

Razionalmente sa che era una sbronza, che forse ora sta benissimo, che magari non è nemmeno in camera, ma non starebbe tranquillo senza accertarsi che Riccardo stia bene. Ha visto fin troppi artisti rovinati dall'improvvisa fama, che altro non era che l'altra faccia di una stessa medaglia, fatta anche di una terribile solitudine. 

Chiede alla reception che gli venga indicata la camera ma, ovviamente, gli dicono che Riccardo non alloggia lì. Sapeva sarebbe successo, lo fanno con tutte le persone famose, ma, cavolo, non è uno qualunque lui. 

"Signore, io l'ho riconosciuta, ma comunque le devo dire che il signor Fabbriconi non è qui." 

Alessandro sorride all'uomo che ha di fronte, poi prende il cellulare e manda a monte la sorpresa, chiamando il diretto interessato. 

"Ehi, Ale, ciao!" 

"Ciao, dove sei?" chiede subito. 

"Sono in hotel, perché? Cosa succede?" 

"Nulla, ma sono qui giù e mi dicono che non alloggi in questo posto. Puoi fare una chiamata alla reception e dire di far passare il signor Alessandro Mahmoud, per piacere?" 

"Tu sei qui? Perché sei qui?" ora il tono è seriamente allarmato. 

"Non è successa nessuna tragedia. Ti muovi?" risponde, con il sorriso sulle labbra. 

Due minuti dopo, Alessandro mette piede fuori dall'ascesore dell'altimo piano e si sente chiamare alla sua destra. In fondo al corridoio, con un accappatoio bianco addosso, Riccardo sta praticamente saltellando e urlando. 

"SEI DAVVERO QUI!" dice, quando è ormai vicino, per poi stringergli le braccia intorno al collo. Alessandro cerca di non lasciarsi prendere dall'emozione di averlo rivisto, di sentire quel corpo contro il suo, di sentire di nuovo il suo profumo, ma non può fare a meno di stringere un po' più a lungo e di arrossire, quando Roccardo gli afferra il polso e lo trascina in camera. 

"Come mai sei qui? Non hai detto che saresti stato in giro per un po'?" chiede, allungandogli una tazza di caffè. 

"Io..." Alessandro ha pensato a tante scuse, ma poi opta per la verità, "ero preoccupato. Dopo la tua ultima telefonata, volevo sapere se stai bene." 

Riccardo fissa lo sguardo nel suo. Per un attimo sembra colpito da quelle parole, forse fin troppo, ma poi la sua espressione cambia e comincia a ridere. 

"Davvero? Dai, ero solo ubriaco, nemmeno ricordo cosa ti ho detto, sai? Sto benone, non vedi?" dice, indicando se stesso. 

Alessandro lo osserva, poi si guarda intorno. Lo vede? 

Beh, quello che vede è un ragazzo in accappatoio, le occhiaie e che non fa una doccia da un po'. Vede un carrellino del servizio in camera pieno zeppo di piatti sporchi e altrettanti bicchieri e bottiglie vuote. Il letto è sfatto, non è stato rifatto quella mattina e nemmeno le precedenti, così come l'aria non circola da un po', dalle finestre chiuse. 

"Da quando non fai la doccia?" chiede. 

Riccardo abbassa impercettibilmente lo sguardo, poi sorride ancora. 

"Me lo chiedi perché vorresti farla con me?" e ammicca. 

Alessandro è esasperato. 

"Io non so cosa ti stia passando per la testa, Richi, ma non hai l'aspetto di uno che sta bene. Se pensi che gli impegni, che il successo o qualsiasi altra cosa siano troppo per te, prenditi una pausa, stai tranquillo, prenditi cura di te." 

Riccardo si alza, l'espressione dura. 

"Ah, dovrei prendermi tempo? E per fare cosa? Così arriva un altro ragazzino come me, con il suo momento di gloria e chiunque si dimenticherà di Blanco? No, grazie. E il successo non mi ha dato alla testa, non sono stanco, mi piace essere al centro dell'attenzione." 

Alessandro non voleva farlo arrabbiare, ma ora anche lui si sta innervosendo. 

"Ah, e allora perché non ti lavi e non esci di qui da giorni?" chiede, alzandosi. "Ti sei guardato allo specchio? Ce l'hai scritto in faccia che bevi e non dormi. Cosa ti prende?!"  

Riccardo si alza, fronteggiandolo. Ha gli occhi lucidi, le guance hanno preso colore e i pugni sono stretti. 

"Mi sento solo! Sono solo, okay? Ho chiuso con la mia ragazza, la mia famiglia è lontana, sono sempre in giro, circondato da persone che mi adorano, che si fanno in quattro per assecondare ogni mio desiderio, ma mai nessuno mi chiede come sto, mai nessuno chiacchiera con me. Vorrei cenare con una persona che mi ascolta, vorrei stare seduto su un divano a guardare Breaking Bad e mangiare patatine con un amico, vorrei essere abbracciato davvero e non solo per strappare un'esclusiva su un giornale. Sono stanco..."

Alessando lo vede lì, piccolo, un ragazzino con un enorme peso sulle spalle che porta tutto da solo. Lo vede crollare e lo afferra, stringendoselo contro. Gli passa le mani sulla schiena, come se volesse calmarlo e rimettere insieme i pezzi allo stesso momento. 

"Lo so che ci conosciamo da niente, ma...io ci sono" dice e non sa nemmeno se abbia senso o valore. 

"Tu sei quello con cui ho cantato a Sanremo..." gli sussurra Riccardo contro il petto. 

"E quello a cui hai strappato una camicia mentre cadevi dietro le quinte, quello che rimproveri ogni volta che prende le cose troppo sul serio o quello che ti tiene le caviglie quando sali sui balconi. Non sono solo uno con cui hai cantato e ficcatelo bene in testa. Non sparirò dopo l'eurovision o dopo l'ennesima intervista, non sono qui solo perché abbiamo fatto una canzone stupenda. Sono qui perché voglio esserci e mi interessa sapere come stai e quello che hai da dire." 

Sente Riccardo tirare su col naso, mentre lui stesso sta trattenendo le lacrime. Non è il momento di crollare, deve tenere in piedi quel ragazzino fragile. 

Riccardo si allontana un po', sciogliendo l'abbraccio, poi guardandolo. 

"Sono patetico" dice, ridendo istericamente. 

"Sei solo un diciannovenne folle" lo prende in giro, conscio della voglia di sdrammatizzare dell'altro. "Ora vai a fare una doccia e poi vieni a pranzo con me?" chiede. 

"Vuoi pranzare con me?" 

Alessandro lo spinge in bagno. 

"Dal tuo discorso, potrei dire che sei tu a voler pranzare ocn me. Fila in bagno!" 



Nonostante i giornalisti, il pranzo procede bene. Il locale è tranquillo, riescono a chiacchierare e anche a ridere alle battute del più giovane. 

"Cosa vuoi fare, ora?" chiede Alessandro, salendo nel taxi. 

"Ti ho rubato già tanto tempo. Non devi continuare a farmi da babysitter, Ale, chissà quante cose avrai da vare." 

Alessandro alza gli occhi al cielo. 

"Torniamo in hotel e guardiamo quella roba che hai detto di voler guardare?" 

"Ehi, non definire roba Breaking Bad!" 



Si fanno portare patatine fritte e bibite fin troppo gassate in camera e mettono play alla prima puntata. Alessandro deve ammettere che il più piccolo ha bei gusti, ma non glielo dirà mai. Sono entrambi sul divano della suite, stravaccati e concentrati sulla tv. Alessandro pensa che non trascorreva una giornata così normale ormai da anni. 

"Ti sta vibrando il cellulare" lo distrae Riccardo, passandogli l'aggeggio, così si allontana a rispondere. 

Quando ritorna sul divano, Riccardo lo guarda interrogativo. 

"Dio, che faccia. Chi era?" 

Alessandro si risiede e sbuffa. 

"Sono uscite delle foto del nostro pranzo di oggi e il mio ex non ha apprezzato." 

"Oh...Vuoi andare da lui, quindi?" 

Alessandro reclina la testa contro il divano, gli occhi chiusi. 

"Non sei l'unico a sentirti solo, sai? Sono anni che torno da lui, proprio perché mi sento allo stesso modo e lui se ne approfitta. Ora il suo modo di dimostrarmi il suo amore è la gelosia verso di te. Ogni volta trova il modo per manipolarmi." 

"E se lo sai, perché non lo mandi a quel paese? Si vede che ci stai male..." Riccardo si trascina sul divano, spostandosi al suo fianco. 

"Perché è la via più cora e facile quella che porta a lui" è la sua risposta cruda e sincera. Non l'aveva mai nemmeno ammesso a se stesso, ma tornare da quell'idiota lo faceva forse sentire una persona normale, un ragazzo come gli altri. Nemmeno lui lo sa bene. 

"Non andarci" dice Riccardo, scuotendogli una spalla e facendogli riaprire gli occhi. "Resta qui con me, non correre da lui anche questa volta. Abbiamo i film, le patatine e....e ci sono io. Sì, lo so che non sono un granché come compagnia, ma non ti farei piangere. E io lo so che lui ti fa piangere." 

Alessandro si perde in quegli occhi così grandi e così sinceri e, ovviamente, gli sorride. Gli passa una mano tra i capelli, scompigliandoli. 

"Quasi quasi sembri tu l'adulto, ora" lo prende in giro. Riccardo, per vendicarsi, gli si fionda addosso, facendogli il solletico. Solo che Alessandro non ci mette poi tanto a toglierselo di dosso, tenendolo a distanza. 

"Ehi, va bene, mi arrendo, la metto" dice, per farsi liberare. Appena Ale lo libera, se lo ritroa addosso. 

"Sei di nuovo addosso a me." 

"Sì, ma niente solletico, ti sto solo abbracciando." 

Il silenzio riempie la stanza come fosse una presenza materiale, mentre se ne stanno lì, sul divano. Alessandro non sa bene cosa fare, sta solo cercando di far rallentare il proprio cuore. Come diavolo si è trovato in quella situazione? Il respiro di Riccardo contro il collo gli sta facendo perdere la ragione, le suo braccia forti intorno ai fianchi, il suo dannato profumo. 

E quel suo maledetto naso che gli sta sfiorando il collo. 

"Richi, che fai?" chiede, immobile. 

"Sai che hai proprio un buon profumo?" chiede l'altro, non rispondendo, ma appoggiandosi ancora di più contro la sua pelle ed inspirando forte. "Dio, proprio meraviglioso" aggiunge. 

Alessandro si irrigidisce, non sa cosa fare. Potrebbe spostarlo o spostarsi, ma non ci riesce. 

Sente un calore umido sul collo e i brividi lungo la schiena. 

"E sei anche buonissimo" dice, mentre lecca di nuovo quella porzione di pelle, per poi succhiarla un po'. 

Alessandro reclina la testa, rilassandosi per un attimo e lasciandolo fare. Riccardo lecca, succhia e marchia, ma poi la razionalità prende il sopravvento. Si alza di scatto, spostando Riccardo e appoggiandosi una mano su quella parte di collo arrossata di sicuro. 

"Cosa...tu cosa stavi facendo?" 

Riccardo inarca un sopracciglio. 

"Perché lo stavi facendo?" cambia la domanda Ale. 

Riccardo si alza, visibilmente nervoso. 

"Non...io non lo so. Eri lì e...io..."

"Ah, volevi sperimentare? Volevi prendermi in giro? Cosa? Non sono scherzi da fare, Richi!" 

Ora Riccardo sembra davvero arrabbiato. 

"Per chi cazzo mi hai preso? Ti pare che scherzo in questi modi? Sono scemo, sì, ma non fino a questo punto! Mi è solo venuto di farlo e l'ho fatto e mi dispiace se ti abbia dato fastidio, ma ero evidentemente sincero e coinvolto!" dice, guardando in basso, verso i propri pantaloni. 

Ale segue il suo sguardo, vedendo un evidente rigonfiamento tra le gambe dell'altro. Seriamente è eccitato? Con lui? 

"Scusa, Ale, ma io reagisco solo di istinto. Mi dispiace se ti ho infastidito e se non volevi, davvero."

Il tono è così mortificato, che Alessandro si sente quasi in colpa per quella reazione spropositata. Solo che non sa cosa diavolo stia succedendo. 

"Perché l'hai fatto?" chiede. 

"Tu eri lì e sei bello e il tuo profumo mi piace e non lo so, mi è venuto così e non ci ho riflettuto. Ti prego, non te ne andare! Non volevo rovinare tutto!" 

Il suo tono è così disperato che Alessandro prova tenerezza. Si avvicina, prendendogli le mani. 

"Non me ne vado, stai tranquillo e non sono arrabbiato. Vogliamo tornare a guardare il film?" 

Riccardo gli sorride, poi si riabbuia. 

"E il tuo ex?" 

"Il mio ex può andare a farsi fottere." 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top