4 - Paris, Montmartre (XVIIIème arrondissement)
Romy si passò una mano tra i capelli rimpiangnedo, solo in quel momento di esserseli tagliati in modo tanto drastico. Anche se era stato per una buona causa.
Poteva sembrare stupido, ma aveva sempre amato i capelli lunghi.
Ora le arrivavano più o meno appena sopra le spalle, ma Romy, in passato li aveva tenuti molto più lunghi.
Seduta su quella panchina di quel parco Romy si ritrovò a pensare a tutta la sua carriera.
Aveva iniziato quando aveva sedici anni con il ruolo della pianista triste Aqua.
Quel ruolo che le sarebbe piaciuto tanto riprendere nei sequel di quel film se Edward, il regista, non fosse morto in un terribile incidente ferroviario poco dopo aver vinto il Golden Globe.
Era stato un evento terribile che aveva distrutto Romy in quanto si era veramente affezionata ad Edward e la sua dipartita l'aveva scossa nel profondo.
Tanto che aveva avuto una mezza idea di lasciare stare la carriera di attrice, anche perché, nonostante il Golden Globe, non era riuscita ad essere scritturata per quasi sei mesi, tanto che aveva cominciato a lavorare in un pub per pagarsi l'affitto del piccolo monolocale in cui si era trasferita, dopo che sua madre l'aveva cacciata di casa.
Monique, infatti pensava che quella della figlia fosse solo un'infatuazione passeggera per un lavoro che lei giudicava frivolo.
Era tornata in Francia dopo la vittoria del Golden Globe, in quanto incapace di sostenere gli affitti troppo alti che vi erano a Los Angeles.
Era stata Renée, un'amica di Monique a farle conoscere Jude e lei le sarebbe stata eternamente grata.
Non sapeva come avrebbe fatto senza il supporto di Jude che per lei era come il padre che non aveva mai avuto.
Dopo il suo ritorno in patria si era trasferita per qualche tempo a casa della madre, ma la situazione si era fatta molto presto insostenibile per entrambe.
Le discussioni erano all'ordine del giorno, la tensione si tagliava con il coltello ed era impossibile per lei e Monique parlare di qualcosa che non fosse le rispettive carriere.
Quella della madre di Romy era di violinista. Monique aveva un talento naturale per quel lavoro, riteneva che la figlia dovesse seguire le sue orme, in quanto, secondo lei, il mondo del cinema esisteva solo per illudere giovani donne e uomini per poi lasciarli senza lavoro.
Alla fine Romy aveva lasciato la casa della madre e si era trasferita da Renée.
Era stato traumatico per lei abbandonare Monique, che era quel che restava di una famiglia.
Mentre era immersa in quei suoi pensieri il suo telefono trillò.
Con fare svogliato la donna frugò nelle tasche dei jeans e prese quello che lei chiamava l'aggeggio infernale e notò un messaggio su WhatsApp di Jude.
Jude:
Dove sei? Anastasija ti sta cercando...
Romy sentí la terra mancarle sotto i piedi. Non perché non volesse bene alla figlia, semplicemente voleva starsene da sola per qualche giorno.
Anastasija era una bravissima ragazza, ma purtroppo si agitava con niente, soprattutto se questo riguardava lei. Sembrava che, in certi casi, fosse proprio la ragazza la madre anziché Romy.
L'attrice sentí un moto di ansia attanagliarle lo stomaco.
Non voleva farsi trovare, così ignorò il messaggio di Jude e si alzò in fretta dalla panchina per poi iniziare a correre verso il palazzo dove si trovava il secondo dei due appartamenti che la donna possedeva nella capitale francese.
I suoi passi veloci divennero presto una corsa.
Non fece molto caso ai paparazzi che si erano appostati ai lati degli edifici per tentare di immortalarla in una delle sue numerose crisi di panico.
Perché sì, Romy Parker soffriva terribilmente di crisi di panico quando si sentiva oppressa o con il fiato sul collo.
Era una reazione piuttosto infantile, di questo ne era ben consapevole, ma quella che stava combattendo era una battaglia contro se stessa e contro il vizio dell'alcol.
Anastasija le era sempre vicino, ma a volte questa vicinanza diventava insostenibile.
Le voleva bene, era sua figlia, ed era arci fiera di lei e della ragazza che era diventata: responsabile, sicura di sé, intraprendente e coraggiosa.
Purtroppo però, e Romy lo sapeva bene, la figlia tendeva a preoccuparsi molto per lei per via del fatto che voleva lottare da sola contro la sua dipendenza.
Romy non voleva farsi aiutare, voleva farcela da sola.
Per lei era un periodo parecchio stressante.
Infatti, prima di lasciare Los Angeles, aveva appena finito di girare un cortometraggio Mirror di cui era anche produttrice, ed era reduce da un film che sarebbe dovuto uscire di lì a qualche mese nelle sale ovvero I'm not a bride, I'm a miss forever, un film romantico su una donna che abbandonava il futuro marito sull'altare decidendo di rimanere single a vita.
Nonostante la trama, alquanto semplice, Romy si era divertita molto a interpretare il suo personaggio, Alice Kelly, e per una volta i suoi problemi l'avevano lasciata in pace.
Aveva inoltre firmato un contratto con la Maison Chanel come testimonial di alcuni profumi che lei aveva adorato.
Questo l'aveva portata a rientrare in Francia a più riprese.
Si infilò in una delle mille viuzze strette che componevano Montmartre fino ad un palazzo in stile ottocentesco.
Come sempre Romy sapeva che nessuno le avrebbe chiesto nulla una volta varcato il portone.
Appena il pesante portone si chiuse alle sue spalle con uno scricchiolio rassicurante, Romy iniziò a correre su per le scale fino all'ultimo piano.
Infilò le chiavi nella toppa ed entrò, sospirando di sollievo quando si ritrovò dentro casa.
Scivolò lungo la porta fino a ritrovarsi seduta sul caldo parquet.
Era assurdo, stava scappando dalla sua stessa figlia. Si abbracciò le gambe quasi a volersi difendere da qualcosa. Aveva voglia di piangere e disperarsi, ma sapeva che sarebbe stato inutile.
Non avrebbe risolto niente mettendosi a piangere.
Che razza di madre era?
Nemmeno lei sapeva definirsi, sentiva dentro di sé una profonda inquietudine, che solo parzialmente la camminata fino a casa aveva dissipato.
Aveva paura, una paura tremenda di deludere Anastasija, di diventare come Monique.
Eppure se da una parte si era sforzata per creare un bel rapporto con la figlia, dall'altra si ritrovava a scappare da lei come se non la volesse, cosa che non era assolutamente vera.
Lei voleva un bene dell'anima a sua figlia.
Si alzò, asciugandosi le poche lacrime che le erano scivolate lungo le guance e si diresse verso la sua camera da letto.
La sua stanza non era molto grande, se qualcuno l'avesse vista l'avrebbe presa per la cameretta di una dodicenne, in quanto era un tripudio di rosa e bambole in porcellana.
Romy aveva sempre avuto un debole per il rosa e per gli oggetti che si legavano alla sua infanzia.
Aprì l'armadio color confetto e ne tirò fuori un lungo vestito che sembrava essere quello di una bambola.
La gonna scendeva scampanata ed era leggermente più corta sul davanti, i colori andavano dal bianco, al violetto al rosa.
Prese una piccola telecamera, che teneva nascosta in un cassetto della scrivania e la appoggiò sopra.
Si tolse i jeans e la canotta e indossò l'abito che aveva scelto.
Si diresse verso la porta finestra che dava sul balcone.
Prese il cellulare e mise la canzone Chandelier di Sia e accese la telecamera.
Si mise a ballare, apparentemente senza uno schema preciso e si sentí finalmente libera.
Angolo Autrice : Nuovo capitolo e nuova crisi per Romy, cosa ne pensate? 😉
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