CAPITOLO 4:
Scossi la testa a sguardo basso e mi massaggiai la fronte.
~ Cioè sono un mega mix di tutte queste allegre creaturine?~ domandai rassegnata.
Lui invece sembrava felicissimo. ~ Proprio così!~ disse sorridendo.
~ Sarò strana io, ma non mi sento particolarmente felice di questa cosa.~
Oltre a non essere felice, ero davvero delusa. Speravo in qualche risposta tipo <<Sì, ma non sarà un grosso problema>> oppure <<Sì, ma esiste una cura>> o magari <<Sì, ma puoi sempre ritornare nella sponda giusta>> o anche <<Ma figurati! Pesce d'Aprile!>>
Peccato che nessuna di queste risposte arrivò mai.
~ Dovresti esserlo, invece. A scuola tutti non vedranno l'ora di conoscerti!~ esclamò Elija.
~ A scuola?~
Dannazione, non mi ero mai sentita così confusa in tutta la mia vita.
~ Certo. Esiste una scuola per quelli come noi, e tu ti iscriverai.~ fece sicuro.
~ Ehm... Grazie dell'invito ma no. Ho già una scuola e ho già dei perfetti compagni, quindi preferisco così.~
~ Non era un invito. Tu ci verrai e basta.~ disse con un tono che non ammetteva repliche.
Cominciai a credere che avrebbe assunto di nuovo il tono di prima, ma non l'aveva ancora fatto e nessuno, nessuno, mi aveva mai messo i piedi in testa in quel modo. Se voleva avere la meglio su di me avrebbe dovuto almeno sbattersi un po'; non volevo che fosse tanto facile.
~ Non mi puoi costringere.~ gli ringhiai alzando la testa.
~ Scommettiamo?~ mi ringhiò lui di rimando.
~ Dammi un buon motivo.~ gli dissi sicura -ovviamente- che non ce ne fossero.
~ Il buon motivo è che devi imparare a controllarti. Pensa se mentre sei nella tua perfetta scuola aggredisci qualcuno, o gli salti addosso per succhiargli il sangue dal collo!~ scandì guardandomi come se fosse un concetto semplicissimo.
~ Non ho mai avuto istinti di quel tipo per diciassette anni e dovrei iniziare ad averli ora?~ ribattei, convinta che non potesse controbattere.
~ Le tue capacità, con tutte le rotture annesse, si sono attivate nel momento in cui è comparso quel simbolo. Quindi sì. Inizieranno ora.~ sentenziò.
Quella risposta mi aveva spiazzata. Ero sconvolta. No, io non potevo essere un...mezzocoso o come si chiamava... Io avevo degli amici, una famiglia...non volevo passare il resto della mia vita ai margini della società come una reietta per paura di ferire qualcuno che amavo. Senza contare che sembrava tutto disgustosamente simile a quelle storielle d'amore patetiche, dove lui si strazia per stare lontano dalla scema di turno dicendole che non vuole ferirla.
~ Come dovrei fare? Con i miei genitori, i miei amici... Come pensi che dovrei pagare la retta, i libri...?~ dissi per trovare un argomento difficile.
Se aveva pensato anche solo per un istante che mi sarei messa a fare la cameriera per pagarmi la retta della Suola dei Mostri aveva dei seri problemi.
~ Per quanto riguarda la scuola non devi pagare nulla. C'è un modo - a me ignoto- con cui gli insegnanti trovano tutti gli esseri nascosti tra gli umani. Poi li portano a scuola dove imparano a controllarsi. Non devi pagare nulla, né comprare libri.~ rispose guardandomi gentile.
~ E i miei genitori? Non mi faranno mai cambiare scuola senza una motivazione!~ contrattaccai. Era impossibile che i miei mi facessero cambiare scuola in quel modo.
~ Non serve una motivazione. Mentre dormivi sono andato da loro. Ho <<convinto>> tua madre e tuo padre che tu vai già in quella scuola, che possiede un dormitorio quindi non tornerai a casa a fine giornata. Inoltre tua sorella non ricorderà niente dell'altra sera.~
~ Come avresti fatto a <<convincerli>>?~ esclamai disperata e sempre più sospettosa. I miei genitori erano il mio asso nella manica e lui l'aveva spazzato via in un momento, insieme a tutte le mie speranze di fargli cambiare idea.
~ È un trucco da demone. Si chiama La Coercizione.~
~ Hai fatto il lavaggio del cervello ad Alina?!~ gridai sconvolta. Se avessi scoperto che quel fenomeno da circo ambulante aveva osato sfiorare la mia sorellina...
~ Alina? Complimenti per il nome, le si addice. Comunque non è un lavaggio del cervello, visto che non sembrano affatto zombie.~
~ Non hai nulla di cui preoccuparti.~ continuò.~ Sai, è così per tutti.~ disse calmo.
~ Ah sì?~ gli domandai riscuotendomi un po', ma senza che il mio umore migliorasse.
~ Sì. Nessuno dei nostri genitori sa cosa siamo. È contro alle regole. Siamo comunque creature pericolose... Ci allontanano dai parenti per proteggerli e ci riuniamo solo dopo che abbiamo imparato il minimo indispensabile per controllarci.~
~ Dove vivono i tuoi genitori?~ chiesi con un po' di curiosità nella voce. Avevo bisogno di parlare di qualcos'altro. Di distrarmi.
~ ... Ecco... Sono morti quando avevo tredici anni.~
Mi si mozzò il respiro in gola. Percepivo la sua tristezza e mi dispiacque moltissimo. Qualcosa di opprimente mi premeva nella zona dei polmoni e cominciai a sentirmi malissimo. All'improvviso non sembrava più un mostro.
~ Scusami...Non ne avevo idea, mi dispiace.~ cominciai a sparare scuse a raffica, imbarazzata.
~ Tranquilla, non potevi saperlo.~ rispose guardando in basso, con un timido e bellissimo sorriso in volto.
Doveva essere brutto però, essere belli in ogni momento. A nessuno interessa se sei bello mentre piangi, a chi ti vuole bene importa che tu stia meglio, e che tu sia bello o brutto, l'importante per quelle persone sarà sempre vederti con il tuo sorriso speciale.
~ Scusa davvero.~ dissi ancora.
Gli toccai il braccio. Non so perché ma quando qualcuno sta male di fronte a me, creo sempre un contatto, come per condividere il mio benessere con quella persona.
~ Quanti anni hai?~ gli chiesi per cambiare discorso.
~ Diciannove. Compiuti da un po'.~ rispose.
Probabilmente mi vide un po' stupita, perché mi chiese:~ Sorpresa?~
~ No, non lo sono. Li dimostri.~ dissi ridendo. ~ Come si chiama la scuola?~
~ Highsbury School.~ rispose pronto. ~ E ti assicuro che sia lei sia i suoi studenti non vedono l'ora di accoglierti.~ aggiunse.
~ In che classe mi metteranno?~ chiesi. Ora cominciavo a provare un po' di curiosità per quello che -a quanto pare- era il mio nuovo mondo.
~ Dipende dalle tue abilità. Ti faranno fare delle prove a inizio anno e in base a quelle sceglieranno la classe dove metterti.~
~ Qual'è l'età degli studenti?~
~ Varia. I più giovani hanno quindici o sedici anni, e i più grandi venti o ventuno.~ disse. ~ Ti troverai benissimo, te l'assicuro.~ continuò guardandomi negli occhi.
"Scappa via!" mi diceva la voce nella mia testa. La ignorai. Mi appoggiai con la schiena al cuscino e lo guardai anch'io.
Passammo il pomeriggio a chiacchierare del più e del meno. Quando venne l'ora di cenare scendemmo nel piano inferiore dove c'erano la cucina e la sala da pranzo per mangiare qualcosa.
Era strano come mi fossi abituata a parlare con lui come con un amico, ma se mi fermavo a pensarci lo vedevo solo come un rapitore demone molto gentile.
Quando mi chiese cosa volessi per cena risposi che un panino andava benissimo.
~ Sicura? Non ti sei ripresa da molto.~ rispose.
~ Sicura. Sono una fan dei panini, io.~
~ Allora okay. Con che cosa...~
~ Non penserai di farmi da mangiare?~ lo interruppi ridendo. ~ Sono del sud. Lì i maschi della casa non fanno da mangiare. Ci penso io.~ dissi sicura entrando in cucina.
Lui mi seguì.
~ Il frigorifero è là. E in quel mobile ci sono tutti gli utensili.~
~ Grazie. Bella casa comunque.~
~ Grazie a te. Hai detto che sei del sud... Dove più precisamente?~
~ Georgia.~ risposi. ~ E tu?~
~ Io sono del Tennessee.~
~ Non ci sono mai stata. Com'è?~
~ Non male. Penso non sia molto diverso dalla Georgia.~
~ Ti piaceva?~
~ Certo. Avevo molti amici là.~
~ A proposito dov'è la scuola?~ era una delle domande che mi interessavano di più sulla Highsbury School.
~ Nessuno conosce la sua posizione precisa.~ rispose.
~ Perché tutti questi misteri?~ chiesi.
~ Ah bho. Non so perché si conosce così poco di quella scuola ma sicuramente non perché ci sia qualcosa da nascondere, penso piuttosto che sia per proteggere gli studenti.~
Finii di apparecchiare e cominciai a preparare i panini.
~ Però é davvero bellissima. Ti farai un sacco di amici.~ aggiunse.
~ Be' visto che devo andarci per forza ci spero.~ sospirai.
Elija mi si avvicinò.
~ É per il bene tuo e della tua famiglia.~ mormorò.
~ Lo so, lo so.~ risposi. ~ Come li vuoi i panini?~ gli domandai.
~ Mi piacciono con qualunque cosa, decidi tu.~
~ Sicuro? I miei gusti potrebbero spaventarti.~ lo avvisai sorridendo.
~ Non credo che qualcosa che ti riguarda potrebbe spaventarmi, principessa.~ rispose sorridendo anche lui.
~ Non ne sarei così convinta fossi in te. Non mi hai ancora vista fare parkour. E perché mi chiami principessa?~ chiesi non riuscendo più a ignorare quel nomignolo.
~ Non lo so. Ti sta bene come soprannome.~ rispose facendo spallucce e guardandomi.
~ Grazie. Ma non credo di volerlo.~ dissi arrossendo lievemente.
Mangiammo tranquillamente riempiendoci di panini a ogni gusto possibile e verso sera mi portò fuori.
~ Dove andiamo, precisamente?~ gli chiesi.
~ Nella foresta.~ disse.
~ Ah grazie davvero.~ dissi io roteando gli occhi e sbuffando.
~ Da nessuna parte precisamente.~ rise lui. ~ Solo a vedere di cosa sei capace.~
~ Come, scusa?~ chiesi io.
~ Ho visto le prove di assegnamento della Highsbury e penso di poterti preparare per evitare che tu finisca nelle prime.~ continuò sempre ridendo.
~ E in che modo pensi di prepararmi?~ Ero di nuovo sospettosa e tesa.
~ Oh non sarà niente di terribile. Di solito le prove più dure sono quelle dei licantropi.~
~ Dimmi qualcos'altro, non farti pregare.~
~ Dunque, di solito i demoni cercano di metterti alla prova per farti resistere alle tentazioni e agli istinti sfruttando le tue paure; gli spettri avranno come scopo farti delle pressioni per vedere come riesci a controllarti; i licantropi osserveranno come ti muovi con delle prove fisiche; e i vampiri ti chiederanno di sforzarti di fare qualsiasi cosa non ti piaccia e vedere come reagisci.~ concluse.
~ Niente di terribile?!~ esclamai. ~ Mi prendi in giro?~
~ No, ma dette così sembrano molto peggio di quello che sono.~ disse calmo Elija.
Arrivammo in una radura. La luce della luna faceva brillare i suoi occhi più del solito e la sua pelle sembrava ancora più chiara di quanto già non fosse, rendendolo -se possibile- più affascinante del solito.
~ Quello che devi fare, è arrampicarti su quell'albero.~
Indicò un albero del quale non riuscivo a vedere la fine e completamente senza rami alla base.
~ E come dovrei fare?~ chiesi sconcertata.
~ Ce la fai. Credi nelle tue capacità.~ mi incoraggiò.
Era incredibile come la facesse facile.
~ Posso provarci ma se cado mi ammazzo.~
~ Non possiamo morire se non di morte naturale!~ sbuffò lui.
~ Ah, giusto, rischio solo di soffrire un pochino.~ mi corressi, sarcastica come al solito.
~ Riuscirei a prenderti se cadessi.~ mi assicurò.
~ Devo proprio?~ lo pregai lagnandomi.
~ E me lo chiedi? Ovvio che devi!~ esclamò sgridandomi. ~ Mai sentita mezz'essere così fifona...~ aggiunse a bassa voce.
~ Ehi! Non sono fifona!~ esclamai io.
~ Dimostralo, allora.~ disse sorridendo e indicando l'albero.
Mi avvicinai all'albero; con un respiro profondo pregai tutti i santi del cielo che non mi facessi troppo male; cominciai a correre, ma non vedevo appoggi. Una scarica elettrica mi riscosse partendo dal collo e arrivando in tutto il corpo; una scossa che mi ricaricava di determinazione e coraggio e speranza. Soprattutto speranza.
Feci un salto e mi ritrovai a metà del tronco, da lì cercai di stabilizzarmi in quella posizione, poi cominciai ad arrampicarmi, sforzandomi di non cadere, finché non arrivai a un ramo; mi issai su di esso. Sentivo un dolore tremendo alle dita e alle braccia ma quando mi sedetti sul ramo avevo un sorriso soddisfatto sulla faccia e un tremendo fiatone.
~ Visto?~ mi chiese Elija gridando per farsi sentire, con un sorriso da orecchio a orecchio.
Non risposi. L'avrei fatto, ma respiravo a fatica. Ansimavo e sentivo male al petto. Guardai giù ma lui non c'era. Il secondo dopo stava di fianco a me e mi guardava con gli occhi che brillavano.
~ Sapevo che ce l'avresti fatta!~ disse.
Io annuii respirando a malapena e gli restituii il sorriso.
~ Ora salta giù.~ continuò senza battere ciglio.
~ Cosa?!~ esclamai.~ Sei pazzo?! Io non salto da qui, saranno trentacinque metri!~ dissi nervosa.
~ Quante volte devo dirtelo che non puoi morire?!~ rispose irritato.
~ Non me ne frega niente che non posso morire, posso comunque ferirmi! E se sbatto la testa e vado in coma?!~ urlai.
Lui sbuffò, sparì, riapparve accanto a me e mi prese la mano. L'attimo dopo ero giù dall'albero. Fu come se i muscoli e lo scheletro fossero spariti dal mio corpo; crollai sulle ginocchia a causa di un giramento di testa dovuto a quello spostamento; vedevo tutto nero anche con gli occhi aperti e mi veniva da vomitare; avevo addirittura il respiro mozzato in gola.
Sentii la sua mano sulla mia spalla, poi anche l'altra.
~ Stai bene?~ chiese con tono calmo.
Mi aiutò ad alzarmi. Mi premetti una mano sugli occhi e il mal di testa si affievolì.
~ Sì, sì, tutto bene.~ mormorai.
Mi voltai verso casa e feci per tornare indietro ma Elija mi si parò davanti, minaccioso, scuro in volto, completamente diverso da prima. Mi puntò un dito davanti alla faccia e io lo scacciai istintivamente con la mano. Ignorò il gesto.
~ Ascolta: non sperare che io sia di nuovo così buono con te. Ci riproveremo domani mattina, domani pomeriggio e domani sera, ma ti avverto...~
Mi puntò di nuovo il dito in faccia e lo scacciai ancora.
~ Non puntarmi il dito in faccia, non sono tua sorella!~ esclamai, ma lui mi ignorò ancora.
~ ...se domani non salti da quel cazzo di albero, ti ci butto giù io. Chiaro?~ disse avvicinandosi sempre più minaccioso.
Gli diedi una spinta per farlo spostare e -inaspettatamente- ci riuscii. Mi diressi verso la foresta per tornare a casa, più arrabbiata che spaventata.
~ Vai nella foresta da sola, mezz'essere fifona?~ mi canzonò lui.
~ Vaffanculo!~ gli risposi senza neanche girarmi.
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