CAPITOLO 37:

Toc-toc-toc.
Mi destai faticosamente, con il rimasuglio di quel rumore nelle orecchie. Con gli occhi semiaperti individuai, poco alla volta, i mobili e gli oggetti intorno a me, fino a soffermarmi sulla porta.
Toc-toc-toc.
Il risuonare dei battiti sembrò tre volte più forte ora che ero sveglia, ma almeno mi fece riprendere del tutto.
Nel rispondere, pregai che si trattasse di Xavier. ~ ...Sì?~
~ Angy? Posso entrare?~ fece la sua voce attutita.
~ Certo, vieni.~ sbadigliai cercando di darmi una sistemata stirando con le mani le pieghe che si erano formate sulla mia maglia e i miei pantaloni.
La sua testa coronata dal vaporoso ciuffo bianco fece capolino da dietro la porta; aveva ancora il sorriso stampato sulle labbra.
Entrò e si richiuse la porta alle spalle, venendo a sedersi accanto a me.
~ Sei riuscita a dormire un po', scommetto.~ commentò osservando la mia faccia ancora assonnata.
~ Sì!~ esclamai. ~ Questo letto è assurdo, si sta comodissimi.~
Ero sveglia da nemmeno due minuti e mi sentivo come se non avessi mai veramente dormito prima di essermi sdraiata lì sopra.
Il suo sorriso si allargò. ~ Sono contento.~
~ Sai,~ riprese poi, ~ non sarà così terribile stare qua. Capisco che questo posto non ti è stato presentato ne, migliore dei modi, ma sono sicuro che ti piacerà.~
Abbassai lo sguardo. "Non credo proprio," mi dissi, "almeno finché non si decideranno a dirmi cosa vogliono da me."
~ Una gabbia bellissima resta sempre una gabbia.~ dissi guardando Xavier negli occhi.
~ Tu non sei in gabbia, Angy. Sei tu che ti senti così.~
Scossi la testa rassegnata. Xavier non poteva capire.
~ Se invece di dormire fossi andata in giro nessuno te lo avrebbe impedito.~ proseguì.
~ Ma a me non interessa andare in giro, voglio tornare a casa mia, dalla mia famiglia!~ protestai.
~ Angy... Lo sai che adesso non puoi, però, forse...~
Lo guardai con eloquenza. Lui rispose con un sorriso triste, e mi passò un braccio intorno alle spalle; quasi automaticamente mi appoggiai contro di lui e sospirai.
Quel posto era una gabbia, nessuno poteva negarlo, ma sapevo anche che la cosa migliore da fare era cercare le bellezze di quella gabbia e prenderne il meglio, anche perché oltre a tenere il muso non avrei potuto fare molto.
~ Ma come mai sei venuto qua?~ gli chiesi sollevando la testa.
~ Giusto! Pensa, mi era passato di mente!~ esclamò. ~ Sono qui per portarti a cena.~
Ridacchiai. ~ A cena?~
~ Sì, certo. Guarda che mangiamo anche noi demoni.~
Non mi ero assolutamente resa conto che fosse ora di cena, ma dalla grandissima vetrata non entrava più la luce del sole e la temperatura era lievemente scesa.
~ Okay, allora andiamo.~ dissi alzandomi.
~ Vestita così?~ chiese, squadrandomi dalla testa ai piedi con i suoi occhi dorati.
~ Cos'ho che non va?~
~ Non pensi a qualcosa di più elegante?~
~ Perché dovrei vestirmi elegante?~
~ Perché sì, è così e basta.~ rispose alzando le spalle.
Incrociai le braccia. ~ E che dovrei mettere secondo te?~
Mi sembrava una cosa estremamente stupida. Fosse stato per me sarei andata a cena in tuta.
~ Non saprei... Hai una gonna e magari una maglietta carina?~
~ Sì, sempre se sono nelle valigie.~
~ Penso che vadano bene.~
Alzai le sopracciglia. ~ Pensi?~
~ Ti sembro una fanciulla, tesoro mio?~ chiese alzandosi con una piroetta.
~ No, certo, ma so che hai molta... immaginazione.~ dissi sorridendogli.
~ Vero, vero...~ ghignò. ~ Dài, meglio che ti prepari un po' prima. Così ti risparmi l'entrata davanti a tutti.~
Impallidii. ~ Tutti chi?~
~ Lo vedrai dopo, non parliamone adesso.~ tagliò corto accompagnandomi nell'altra stanza, dove c'erano i miei vestiti.
~ Sappi che mi sono rotta di tutti questi misteri.~ sbottai prendendo le due borse e buttandole sul letto.
Aprii il primo e cominciai a frugarci dentro; avevo in mente una maglia precisa che volevo indossare, una delle mie preferite, che speravo tanto Xavier fosse riuscito a prendere dalla mia stanza a scuola.
Poiché frugando e basta stavo solo stropicciando i miei vestiti presi, sbuffando, a tirarli fuori e ad ammucchiarli sul letto, ripromettendomi che dopo cena li avrei sistemati.
Mi sentivo a disagio al solo pensiero di mettere le mie cose nell'armadio, era come prendere veramente coscienza che era quella la mia casa ora.
Sembrava che più vestiti tiravo fuori più se ne accumulassero dentro, ero sbigottita. Ad un certo punto mi trovai in mano una gonna nera a campana; restai a fissarla per qualche secondo, confusa. Non ricordavo di averla mai indossata nonostante non pareva essercene motivo. Era carina, semplice e sufficientemente lunga, così la misi da parte; l'avrei indossata come suggerito da Xavier.
Purtroppo non avevo ancora trovato la mia maglia.
Svuotai l'altra borsa rovesciandone il contenuto sul letto, mettendomi poi a frugare tra magliette, canottiere, pantaloni eccetera finché, con mia grande gioia, la trovai in mezzo a due paia di jeans.
La mostrai a Xavier che approvò con un sorriso.
~ Ti lasciò preparare. Ripasserò tra mezz'ora.~ disse uscendo.
Rimasta sola, volsi lo sguardo sulla massa di vestiti sul mio letto.
"Se mia madre vedesse questo casino mi ucciderebbe" pensai con un piccolo sorriso triste.
Ricordavo che, di solito, la mia camera restava pulita e ordinata per solo giorno: il sabato. Ma nel caso in cui mi fosse capitata un'uscita dell'ultimo minuto ci mettevo una manciata di secondi a devastarla completamente, e poi uscivo sperando che nessuno, specialmente mia madre, vi entrasse.
Abbandonai quei ricordi realizzando che dovevo sbrigarmi, così per iniziare andai nel bagno per darmi una sciacquata e sistemarmi un po'.
Mi lavai bene il viso e pettinai i capelli, cosa che mi portò via un bel po' di tempo perché sembravano essere strapieni di nodi, e alla fine mi ritrovai a fissare la mia immagine nello specchio, che al posto dei capelli sembrava avere degli spaghetti crudi.
Avevo sempre desiderato i capelli ondulati, ma dovevo accontentarmi di un leggero ricciolo che mi si formava nelle punte.
Poiché per quanto mi impegnassi non riuscivo a dare un aspetto decente alla mia acconciatura mi arresi e feci una semplice treccia che poggiai sulla spalla sinistra.

Stabilii subito che per nulla al mondo mi sarei truccata, anche perché non ne avevo la minima voglia, così andai subito a vestirmi.
Non mi trovavo per niente a mio agio con quella gonna, ma la maglietta mi stava davvero bene, così recuperai un po' di sicurezza.
Era leggera e con le maniche che circondavano le braccia, le spalle scoperte.
Poiché sembrava un unico grosso sbuffo di stoffa non si abbinava male con la gonna, cosa che potei constatare davanti allo specchio del bagno.
Non riuscendo a trovare nessun altro paio di scarpe dovetti tenere quelle che indossavo, ovvero delle semplicissime scarpe da tennis basse e di tela, nere con i lacci bianchi, che rendevano il mio intero abbigliamento molto meno formale.
Era raro che mi riuscissi a preparare con una simile rapidità, così dovetti passare i seguenti venti minuti a ingannare l'attesa sistemando un po' nei cassetti un po' nell'armadio i miei vestiti ammucchiati disordinatamente sul letto.
Dubitavo che quel posto richiedesse un abbigliamento particolare, quindi per non sapere né leggere né scrivere feci in modo di avere un po' di tutto a portata di mano.
Non avevo gioielli con me se non gli anelli che indossavo nell'indice e nell'anulare della mano destra ormai da anni e la collana che avevo da ancora più tempo e che indossavo praticamente tutti i giorni, con un angioletto che stringeva tra le mani un piccolo cuore sul quale era stata incisa la A di Angel.

Ero sicurissima che Baeron non mi avrebbe mai e poi mai permesso di indossarla finché restavo lì; se detestava così tanto il mio nome figurarsi vedere la mia iniziale su un ciondolo a forma di angelo.

Non ero nemmeno lontanamente vicina al termine del mio lavoro di sistemazione della camera quando sentii bussare alla porta.
~ Sei pronta Angy?~ mi chiese la voce di Xavier da fuori dalla porta.
~ Arrivo.~
Dovevo portarmi il cellulare?
Velocemente osservai il mio telefono.
Non c'era campo.
"Ovviamente".
Sbuffando lo gettai sul cuscino del letto e uscii dalla stanza.
Xavier, elegantissimo con la sua camicia nera leggermente sbottonata, mi salutò con un sorriso splendente.
I suoi occhi dorati parevano brillare ancora di più nella penombra, emettendo una luce sinistra.
Ma ormai mi fidavo di lui. Era la cosa più vicina a un amico che sentivo di avere in quel momento, e non avevo certo dimenticato quanto mi era stato accanto durante lo sviluppo delle mie ali.
~ Buonasera, signorina. Come siamo graziose.~ scherzò. ~ Pronta per la cena?~
~ Be' non ho poi molta fame...~ confessai. ~ Ma non posso proprio rinunciare ad un invito così galante.~
~ Ottimo!~ sorrise prendendomi a braccetto.
Mi lasciai guidare da lui lungo l'unico, circolare corridoio, finché non giungemmo davanti a una grossa porta di legno a due ante nella parete interna alla torre.
Invece che entrare, però, Xavier si fermò davanti a me.
~ Come ti ho detto non saremo soli a cenare, ci saranno anche alcune persone che Baeron ti presenterà.~
~ Sì l'hai detto... Ma chi sono queste persone?~
~ Lo scoprirai a momenti.~ disse, e spalancò la porta.
Se avevo sperato di non attirare troppo l'attenzione adesso tutte le mie speranze potevano andarsene dritte a quel paese.
Ancora prima che le due porte si fermassero da sole mi ero già trovata tutti gli occhi addosso, anche se per fortuna non c'erano tutte le persone che mi aspettavo dalle parole di Xavier.
Nella sala c'erano solo Baeron e altri due uomini, tutti e tre in piedi dietro al tavolo che parlottavano tra loro. Avevano subito cessato di discutere quando io e Xavier avevamo fatto la nostra entrata, e non accennavano a togliermi gli occhi di dosso.
La runa sul mio collo protestò lievemente mentre, incoraggiata dal mio accompagnatore, mi avvicinavo a loro.
~ Eccola qua.~ disse Baeron con un braccio intorno alle mie spalle, mostrandomi agli altri due.
Non ho parole per descrivere quanto fossi imbarazzata davanti a quegli sconosciuti che mi osservavano come fossi uno strano esemplare di qualche specie creduta estinta.
Uno dei due era sulla quarantina, con i capelli neri tirati indietro e una barba curata lungo la linea della mandibola. Il colorito olivastro della sua pelle era accentuato dagli anelli d'oro che portava in entrambe le mani robuste e rovinate.
Mi porse la destra. Incerta, gliela strinsi e sentii scricchiolare due dita. Cercai di non apparire troppo contenta nel momento in cui sottrassi la mia mano da quella morsa, ma a Baeron non sfuggì.
~ Cerca di non romperle una mano, Dristen.~ lo ammonì. ~ Già non gradisce molto questo posto. Così glielo farai odiare.~
Non sapevo dire se quelle parole fosse più un rimprovero per lui o per me.
L'uomo chinò la testa con un sorriso imbarazzato, ma senza scomporsi affatto. ~ Chiedo scusa, principessa.~
Pensai di non aver inteso bene. ~ Che?~ chiesi aggrottando le sopracciglia.
~ Principessa.~ ripeté l'altro uomo. ~ In quanto figlia dell'attuale governante è questo il tuo titolo.~ spiegò con un sorriso gentile.
Era più vecchio di quello di nome Dristen. E anche meno atletico.
Sembrava avere sui sessant'anni; aveva anche lui la barba ma, a differenza dell'altro, l'aveva sparsa su tutto il viso e bianca come la neve, così come i corti capelli, e sembrava una persona molto più piacevole.
Nonostante l'ampio ventre la sua postura era fiera ed eretta, tanto quanto erano chiari i suoi occhi.
Anche lui mi strinse la mano, ma con delicatezza. A contatto con il mio palmo distinsi sia vecchi calli che pelle ammorbidita dagli anni.
~ Mi chiamo Meilor. Benvenuta tra noi.~ si presentò.
Per quanto ora fossi meno imbarazzata di prima, non sapevo lo stesso come comportarmi.
~ Grazie...~ mormorai rispondendo al suo sorriso. ~ Ma non voglio un titolo.~ aggiunsi qualche secondo dopo, quando ebbi ritrovato il coraggio di parlare. ~ Mi basta il mio nome.~

Erano entrambi così alti che mi sentivo una bambina a rivolgermi a loro, e i loro sguardi sorpresi non miglioravano la situazione.

~ A proposito di questo.~ intervenne Baeron spostandosi alla mia destra. ~ Credo proprio sia il caso di cambiartelo quel nome.~
Ancora con quella storia?!
Non potevo credere che continuasse a insistere per cambiarmi il nome. Che problema aveva?
Ma questa volta non gli avrei dato corda.
~ Non esiste.~ dissi guardandolo negli occhi come non avevo mai fatto prima, senza paura.

Incrociai le braccia. Lui mi guardava con quell'espressione stupita che molto spesso gli avevo visto in volto. Era sempre così teatrale nelle sue reazioni.
Anche lui incrociò le braccia robuste sul petto ancora più robusto. ~ Come dici?~
~ Ho detto la stessa cosa che non ho mai smesso di ripetere ogni volta che tiri fuori questa storia.~ ringhiai. ~ Tu non cambierai il mio nome.~
~ E chi mi fermerà?~ chiese ironico. ~Tu?~
~ Non sono il tuo nuovo cagnolino a cui puoi dare il nome che ti pare!~ esclamai.
Perché non gli entrava in testa?

Probabilmente gli altri due erano rimasti sconvolti dal mio cambiamento improvviso, ma non avevano la minima idea di cosa avevo passato con lui.
Un pesante silenzio calò su tutti noi. Solo quando smisi di sentire il respiro di Xavier mi ricordai che anche lui era lì con me, ed era talmente in tensione da trattenere inconsciamente il fiato.
Mi sforzai in ogni modo possibile di non distogliere lo sguardo dai profondi occhi di Baeron; dovevo assolutamente fargli capire che non scherzavo su quel punto.
Lui resse il confronto silenzioso per un'infinità di tempo, finché abbassò gli occhi per un millesimo di secondo, rialzandoli subito dopo.
~ Ascolta, ti ho già spiegato che non posso tenerti qui con quel nome. È un insulto.~
~ No, l'insulto è che tu pensi di poter fare una cosa simile!~ sbottai.
~ Angy...~ intervenne Xavier alle mie spalle. Probabilmente cercava di farmi capire che stavo esagerando, ma non l'ascoltai.
~ Visto?~ indicai Xavier a Baeron. ~ Non è così difficile da dire. An-gy. Due semplici sillabe.~
Per nulla al mondo gli avrei permesso di cambiare il mio nome. Era una questione di principio. Senza contare che quel nome portava con sé tutto il bene che mia madre mi aveva sempre voluto nonostante la mia sola esistenza le ricordasse costantemente quell'umiliante errore del suo passato. Se avessi lasciato che Baeron scegliesse il mio nome questo mi avrebbe irreparabilmente legata a lui.

Poiché non accennava minimamente a rispondere, aggiunsi un'ultima cosa.
~ Facciamo così. Tu chiamami come ti pare, ma finché non imparerai a pronunciare il mio vero e unico nome io non ti ascolterò né ti risponderò. Mai e poi mai.~
Avevo atteso di dirgli quelle parole per così tanto che farlo, finalmente, fu un sollievo. Molto breve visto che dall'istante seguente iniziai a preoccuparmi di quello che le mie parole avrebbero comportato, ma pur sempre sollievo.
Baeron rimase quasi di sasso. Potei notare i muscoli della mascella contrarsi nervosamente, ma nonostante questo non disse una parola.
A parlare, invece, fu Dristen.
Ridacchiò con leggerezza, poi batté la mano robusta sulla spalla di Baeron, come a congratularsi.
~ Però.~ disse. ~ Non credo tu abbia molta scelta. Dovrai lasciarle tenere il suo nome.~
Baeron gli lanciò un'occhiata contrariata. ~ Vedremo.~ ringhiò, e prese posto a capotavola.
Dristen lo seguì e sedette alla sua destra. Prima di fare come gli altri due, Meilor ammiccò verso di me.
~ Continua così.~ sussurrò con aria complice. ~ L'hai stupito.~
Poi si unì a Dristen, sedendo accanto a lui.
Io, incerta su quello che avrei dovuto fare, mi voltai verso Xavier che sembrava essersi rilassato un po'.
Senza parlare, lui mi incitò a sedermi alla sinistra di Baeron.
Non volevo stargli così vicina, avrei preferito che fosse Xavier a sedere accanto a lui, ma il suo sguardo non sembrava ammettere repliche, allora mi arresi a sedermi lì.
Xavier, invece, prese posto accanto a me.
~ Mi aspettavo più persone.~ mormorai al ragazzo cercando di non farmi sentire dagli altri tre, che avevano ripreso a parlare tra loro.
~ Probabilmente sono impegnati.~ mi rispose sollevando le spalle.
Annuii.

Non sapendo come ingannare quel momento strano e pregno di un silenzio imbarazzante mi misi a osservare la sala.
Aveva il soffitto alto e arrotondato, come fosse la sezione di un cilindro, e vi era appeso un grande lampadario in rame, che al termine di ognuno dei suoi tantissimi bracci aveva una grossa candela.
Nessuna sembrava bruciare da più di cinque minuti, come se le avessero appena cambiate, ma sapevo che era impossibile dunque mi dissi che dovevano essere dello stesso tipo di quelle che erano state sparse per tutta la scuola alla Highsbury.
Pensare all'Halloween appena trascorso mi diede il voltastomaco e mi fece passare ancora di più la fame. Non avevo idea di come avrei potuto mangiare un solo boccone anche del cibo più delizioso al mondo.
Xavier attirò la mia attenzione con una leggera gomitata.
~ Stai bene?~ sussurrò.
Era chiaro che non voleva assolutamente disturbarli.
~ Potrei farti la stessa domanda. Che ti è preso prima?~
Non avevo intenzione di parlare di come stavo. Meglio cambiare discorso.
~ Come ti è venuto in mente di parlargli così? Avrebbe anche potuto...~
~ Cosa?~ lo interruppi. ~ Rimettermi in quella specie di cella dove mi sono svegliata?~
Xavier sbarrò leggermente gli occhi. ~ Te la ricordi?~
~ Sì, vagamente, ma...~
~ Di che parlate voi due?~ sbottò una voce alla mia destra.
~ Niente.~ scattò subito Xavier.
~ E voi tre?~ chiesi io.
Improvvisamente sentivo un desiderio incredibile di essere arrogante e sfacciata con lui, perché sapevo, nel profondo del mio cuore, che non mi avrebbe mai fatto nulla.
Anche perché ero sicura al cento per cento che mia madre non gliel'avrebbe fatta passare liscia se solo mi avesse sfiorato, e che lui ne era ben conscio, dunque la mia paura andava rapidamente calando.
Baeron mi guardò intensamente. ~ Non tirare troppo la corda.~ mi ammonì.
Risposi con un sorriso innocente.
~ Come mai siamo così in pochi?~ continuai.
La risposta di Xavier non mi aveva affatto soddisfatta.
La vastità di quella sala evidenziava ancora di più quanto fossimo in pochi. Solo in cinque, seduti intorno a una tavola che poteva accogliere più di trenta persone.
~ Gli altri si stanno occupando di affari importanti.~ mi liquidò Baeron.
~ Cioé?~ insistetti.
Cominciava a divertirmi quell'atteggiamento fastidioso che avevo messo su.
~ Basta così adesso. Preoccupati di mangiare.~
~ Non ho fame.~
~ Be' scordati di alzarti.~
~ Non ne avevo intenzione. Come potrei pensare di perdermi questa fantastica cena?~ sorrisi apertamente.
Meilor scoppiò a ridere dando una manata sul tavolo. La sua risata somigliava ad un tuono durante un temporale.
~ Già la adoro.~ disse.
Decisi in quel momento che avrei adorato quell'uomo, da quel momento e per sempre.
Baeron guardò prima lui e poi me, ed emise uno sbuffo sarcastico.
~ Cos'avrei che non va, sentiamo.~ dissi voltandomi verso di lui.
~ Quell'atteggiamento. Non sembra che ti abbiano educato così bene.~
Intercettai la sua frecciatina. ~ Non ti azzardare.~
~ Dalle un po' di tempo.~ intervenne Dristen con noncuranza. ~ Vi abituerete l'uno all'altra.~
Io e Baeron ci lanciammo un lungo sguardo penetrante, ma nessuno di noi due disse nulla.
Poco dopo da una porta dietro di me entrarono tre ragazzi e una ragazza, tutti più o meno sui quattordici anni, con in mano un piatto a testa che deposero davanti a noi.
Mi ritrovai davanti agli occhi un piatto fin troppo pieno di fumanti spaghetti al pomodoro. Invitanti, certo, ma conversare con Baeron non mi aveva per niente fatto tornare l'appetito.
Ne mangiai una dozzina di bocconi, poi lasciai la forchetta appoggiata sul bordo del piatto e non la toccai più, se non per sistemarla meglio quando gli stessi ragazzi di prima tornarono a riprenderle ciò che avevano portato.
~ Angy, sei sicura di stare bene?~ mi chiese ancora Xavier.
~ Sì, Xavier, per l'ennesima volta.~
~ A quanto mi hanno detto hai subìto un trauma non da poco.~ fece Mailor. ~ È comprensibile che non ti senta di mangiare.~
Gli restituii il sorriso.
~ Già.~ aggiunse Dristen con un ghigno. ~ Dopotutto se venissi a sapere che tu sei mio padre credo che nemmeno io troverei la forza di mangiare.~ disse ridacchiando rivolto a Baeron.
Mi unii a lui nel ridere. Ebbi l'impressione che fosse trascorso un secolo dall'ultima volta che avevo riso.
Forse nemmeno lui sarebbe stato così male.
Mailor batté una mano sulla schiena del suo vicino, senza trattenere un sorrisetto. ~ Occhio a come parli.~
~ Posso sempre rimetterti tra le guardie.~ gli ricordò Baeron.
Non sembrava offeso dalle sue parole, probabilmente era abituato a battute del genere.
La serata stava migliorando.
~ Quindi, Angel.~ fece sempre Dristen, con le mani unite e i gomiti poggiati sul tavolo.
~ Mmh?~
~ Tu hai vissuto tra gli umani per tutta la tua vita.~
Il suo sguardo serio non mi sembrava più così spaventoso come prima. Senza contare che mi aveva chiamata col mio nome e non con uno stupido titolo.
~ Sì.~
~ E com'è?~
~ Com'è cosa?~
~ Vivere con gli umani.~
Non capivo dove voleva arrivare con quel discorso, ma anche Mailor sembrava interessato ad ascoltare la nostra conversazione.
~ È... Normale, niente di particolare.~
~ Sanno di noi?~
Immaginai si stesse riferendo a demoni, vampiri eccetera.
~ Pensano che non esistiamo. La gente ci fa dei film, delle storie, ma pochi credono veramente alla nostra esistenza.~
~ Perché non ci credono?~
Per un momento mi parve quasi un bambino che, incuriosito da qualcosa, riempie di domande i genitori.
~ Non lo so... Penso perché non ci hanno mai visti. E forse perché pensare che esistiamo li spaventerebbe.~
~ Dristen non è lei a dover istruire noi sugli umani, ma noi a dover istruire lei.~ gli ricordò Baeron.
Lui alzò le mani. ~ Stavo solo chiedendo.~
~ Avrete tempo per conversare durante le lezioni.~
~ Lezioni?~ feci io.
~ Sì, cara. Lezioni.~
~ Se dovrò davvero prendere delle lezioni facevi prima a lasciarmi alla Highsbury.~
~ Prima o poi capirai i miei motivi.~ rispose. ~ Per adesso sappi solo che dovrai impegnarti.~
Sorrisi. ~ Altrimenti? Mi boccierai?~
~ Peggio.~ disse serio. ~ E non farmi aggiungere dettagli.~

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