CAPITOLO 30:
In seguito me lo spiegarono meglio; l'Halloween degli entros consisteva nell'andare in mezzo agli umani a festeggiare senza nemmeno doversi preoccupare del nostro aspetto "mostruoso". Anzi, più esso era raccapricciante meglio era.
Bisognava però stare rigorosamente in gruppo, nel caso in cui a qualcuno andasse il sangue alla testa e perdesse il controllo.
Quella notte fuori dalla scuola era anche una specie di test per noi, che dopotutto ci trovavamo lì appunto per imparare a controllarci in presenza di umani.
Era chiaro che ci saremmo andati tutti insieme, e avevamo anche deciso di fare un giro delle città più famose d'America.
Ci saremmo incontrati davanti al cancello alle dieci, io, le ragazze e i ragazzi, tutti nelle condizioni peggiori possibile.
In particolare, Jane aveva fatto in modo di schiarirsi i capelli fino a renderli quasi bianchi, i suoi occhi brillavano alienamente di un colore che continuava a modificare a suo piacimento e il lungo vestito con strascico che aveva indossato le dava quell'ultimo tocco inquietante che mancava.
Eleonor si era messa un tubino rosso scollato e senza maniche con sopra una giacca di pelle nera tutta borchie, così come pieni di borchie erano i plateau neri ai suoi piedi che l'alzavano di un'altra decina di centimetri nonostante fosse già piuttosto alta di suo.
Indossava anche due polsini in pizzo bellissimi, e il trucco a base di rossetto rosso e eye-liner nero la rendeva una perfetta vampira e accentuava il bianco dei suoi canini sporgenti.
Nabija, in jeans strappati e camicia nera, aveva scelto di non truccarsi per evitare di attenuare la lucentezza delle sue pupille gialle e del suo sorriso letale come quello di Eleonor.
Agnes da brava demone mostrava le sue splendide ali nere con un vestito corto e dalla profonda scollatura sulla schiena di color argento.
Non indossava giacche ma si era riempita le braccia e le mani di accessori e il suo travestimento terminava con un trucco semplice e nero.
Quanto a me mi ero fatta prestare un vestito nero da Agnes, con scollatura a barca e oblò nella schiena per le ali, avevo indossato delle calze nere e degli scarponcini col tacco.
Ci avevo messo parecchio, però, per dare al mio corpo l'aspetto che volevo.
I canini mi facevano un po' male e continuavo a stuzzicarmeli con la lingua, gli occhi adesso gialli dovevano ancora abituarsi alla luce diretta e proprio non riuscivo ad abituarmi alla vista della mia pelle color porcellana.
M
a il vero dramma era stato comandare alle ali di uscire.
Dopo mezz'ora di sforzi e imprecazioni avevo sentito quell'orribile rumore di tessuto strappato ed ero stata così sollevata da cadere all'indietro per l'improvviso aumento di peso.
Quando eravamo uscite ancora camminavo con incertezza temendo di cadere a causa delle ali, così cercavo di imitare la camminata elegante e tranquilla di Agnes, che non sembrava affatto risentire del peso sulla sua schiena.
Alla fin fine non eravamo nemmeno lontanamente originali ma andava bene così, per quel che ci importava.
Ci trovammo nel luogo prestabilito e dopo pochi minuti arrivarono anche gli altri.
Trovai deludente il loro abbigliamento; non avevano che un colore addosso: il nero. Le uniche cose che facevano differenza erano gli occhi, i capelli e la pelle decisamente troppo scoperta considerando che Xavier, Elija e Damien erano senza maglietta per mostrare le ali.
Osservando la mia espressione, Faith, che era arrivata con suo fratello, rise. ~ Già, ho reagito così anch'io...~ commentò lanciando un'occhiata ai tre che fingevano di non sentire.
~ Parlando di cose serie.~ intervenne Nate, anche lui completamente in nero. ~ Da dove iniziamo?~
~ Hai fatto una ricerca sulle città con maggior possibilità di trovare caramelle?~
Faith diede un buffetto a Xavier. ~ Il solito coglione.~
Alla fine decidemmo per New York.
Times Square era un concentrato esplosivo di colori, suoni e persone che si agitavano prepotentemente le une addosso alle altre urlando, sorridendo e ballando.
La musica era fortissima, sembrava di avere la testa infilata nella cassa talmente ce la sentivamo rimbombare nei polmoni.
Mi sentivo persa in mezzo a tutti quei costumi, quei colori e quelle persone ubriache o quasi che continuavano a saltare e a dimenarsi tutt'intorno a me.
Due mani gelide si chiusero intorno alle mie braccia; un brivido mi si mosse lungo la schiena mentre mi sentivo spostare verso destra e poi sospingere in avanti.
Una voce mi urlò nell'orecchio. ~ Mica male le tue ali.~
Voltai la testa. ~ Grazie.~
~ E pensare che te le volevi togliere.~
Impallidii. Ero già bianca come un lenzuolo? Non importa, perché mi avevano praticamente gettato un litro di candeggina sulla faccia.
~ Tranquilla Angy. Ormai non è più un problema. E poi sapevi già che mi ero... immischiato, diciamo.~
~ Be'...~
~ Ho detto di non preoccuparti. Adesso è tutto risolto.~
Mi sentii chiamare, e qualche secondo dopo finii a braccetto con Faith e Agnes, che erano amdate in giro e avevano trovato un posto dove starcene un po' tranquilli.
Noi tre ci sedemmo e quando gli altri arrivarono mi accorsi che mancavano Xavier, Elija e Damien.
Mi domandai se non fosse il caso di andarli a cercare, ma mi resi anche conto che mi stavo probabilmente preoccupando troppo. Erano abbastanza grandi da sapersela cavare da soli, e poi io non ero certo la loro babysitter.
Chiacchierammo tra noi, ridemmo, guardammo questo e quel ragazzo e commentammo su questa o quella ragazza che aveva o il culo fuori dai pantaloni o un'acconciatura atroce o non sapendo da cosa vestirsi si era semplicemente denudata.
Avevo ormai smesso di notare l'assenza dei ragazzi quando questi tornarono con una bottiglia a testa in mano.
~ Non sapevamo deciderci.~ si giustificarono.
Poiché non potevo vantare una grande esperienza in fatto di alcolici assaggiai un po' di tutto e finii col bere qualche sorso in più di vodka alla pesca, che trovavo sinceramente buonissima.
Le mie orecchie si erano così abituate a quella confusione che non ci facevo nemmeno più caso e continuai a non farci caso anche quando Jane, strattonandomi per un braccio, mi trascinò in mezzo alla folla mettendosi a ballare.
Era partita.
Ridacchiava, mi si gettava addosso e mi abbracciava dicendomi che era una festa migliore di quella dell'anno precedente.
Era pesante gestirla, così provai ad assecondarla; ridevo con lei, le restituivo tutti gli abbracci che mi dava e "ballavo" con lei, per così dire.
Non riuscivo a muovermi fluentemente come avrei voluto a causa delle ali.
Il tempo sembrava scorrere in maniera diversa lì in mezzo.
Ogni tanto individuavo Eleonor, sinuosa ed elegante come una pantera, o Faith, ogni volta con un ragazzo diverso.
Gli altri chissà dov'erano finiti.
Dopo un tempo indefinito mi raggiunsero tutti in gruppo e, insieme, andammo a recuperare gli altri, con Damien che tratteneva Jane per evitare che facesse guai.
Avevano pensato che era ora di smettere con quel casino e di trovare un posto più tranquillo dove riposarci un po'.
Stringendoci le mani l'un l'altro restando uniti e ci ritrovammo in una specie di parchetto.
Nessuno si curò di domandare dove fossimo, non importava.
Trovammo da sederci e io, poggiata con la testa contro la spalla di Agnes, potei far riposare gli occhi.
Non mi ero mai ubriacata e nonostante sentissi ancora il sapore dell'alcol sulla lingua non potevo dire lo stesso dei "sintomi della sbornia". Probabilmente non avevo bevuto abbastanza, non che ci tenessi più di tanto.
Però mi sentivo stanca, come se da un momento all'altro rischiassi di addormentarmi.
~ Vieni con me un secondo?~
Aprii gli occhi con un mugolio. ~ Mmh?~
~ Dai, puoi venire un attimo?~
~ A fare che? Non mi va...~
Elija incrociò le braccia sul petto. ~ Non ti sto chiedendo la luna.~
~ Pff...~
~ Su...~
Mi prese un polso e delicatamente ma con decisione mi fece alzare.
Non riuscivo a capire perché doveva essere così rompiscatole. Continuava a saltarsene fuori con trovate strane tipo questa, forse col solo scopo di darmi fastidio.
Ci allontanammo insieme; io ero consapevole di quanto apparisse strana la situazione mentre a lui sembrava non importare.
Ma dopotutto nulla importava veramente a Elija.
Camminammo per parecchio, in silenzio, finché non chiesi ancora cosa stessimo effettivamente facendo così lontano dagli altri.
Nessuna risposta.
Avertii un cambiamento nello spazio intorno a me, e voltatami mi resi conto che ero sola.
~ Divertente.~ commentai ad alta voce. ~ Mi hai fatta alzare per sto scherzo del cazzo?~
Lo sapevo, sapevo che non dovevo fidarmi!
~ ELIJA!~
Dov'era finito quello stronzo?!
Più i minuti passavano più cominciavo a preoccuparmi.
Mi guardavo intorno, cercando di trovarlo ma era impossibile che ci riuscissi, soprattutto se lui non voleva farsi trovare.
A quell'ora ogni albero, ogni cespuglio e ogni sentiero era uguale a tanti altri, e il fatto che continuavo a roteare come una trottola non aiutava.
M'incamminai su quelli che pensavo essere i miei passi ma che poi si rivelarono la direzione sbagliata, poiché mi trovai davanti un cespuglio dalla forma così strana che non potevo non aver notato prima.
Tornai indietro e andai nella direzione opposta, anche quella sbagliata.
Ero nel panico.
~ ELIJA. SEI UN GRANDISSIMO STRONZO! SE NON TI FAI VEDERE SUBITO...~
Un fruscio attirò la mia attenzione.
Mi voltai di colpo e senza esitare mi mossi verso di esso.
~ Davvero divertente. Sai, sei un bambino. Un vero e proprio bambino stupido e~
Mi congelai. Quello che era appena sbucato da in mezzo a due arbusti non era affatto Elija.
Era un bestione di due metri, grosso come un armadio e dai tratti spigolosi.
Camminava verso di me, venendomi incontro con la furia di un carro armato, senza la minima esitazione.
Scalciai via le scarpe e cominciai a correre.
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