CAPITOLO 22:


Notai che la stanza aveva la forma come della sezione di un disco; dunque la torre era larga quanto due di quelle stanze poste una di fronte all'altra con la scala interna.
Non avrei comunque mai detto che dentro fosse così ampia.
I letti erano due in ogni lato lungo, entrambi incassati nei rispettivi armadi, mentre l'ultimo era opposto alla porta ma spostato a sinistra per lasciare spazio alla vasta finestra di fianco alla quale c'era un pivvolo armadio.
Due porte uguali a quella appena varcata portavano a due bagni identici.
L'atmosfera era calma e la camera prettamente ma non eccessivamente femminile.
Mi girai per vedere chi sarebbero state le mie compagne di stanza; non ne conoscevo nessuna, ma presto avremmo fatto amicizia.
Per prima cosa decidemmo l'assegnazione dei letti.
Io mi presi quello alla parete a sinistra e mi ci sedetti sopra, così come fecero le altre sui loro, ed iniziammo le presentazioni.
La ragazza nel letto di fronte a me era un vampiro e si chiamava Eleonor. Mi colpirono i suoi capelli castano molto scuro a metà schiena le cui punte erano state abboccolate. Erano assolutamente meravigliosi.
A colorare il viso pallido aveva le labbra color rosso scarlatto e un pesante trucco nero anche se gli occhi già abbastanza scuri di loro, mentre il tono secco e duro che usava per parlare stonava con la sua bellezza.
Mi parve un tipo estremamente riservato o con poca voglia di fare conoscenza.
Le altre tre ragazze mi diedero tutt'altra impressione.
Nabija si presentò da sola nel preciso istante in cui Eleonor chiuse la bocca, cosa che non sembrò gradire molto.
Aveva una lunghissima treccia di capelli neri, viso tondo e, com'era intuibile dal nome, genitori indiani.
Era piuttosto larghetta per essere un licantropo seppur perfettamente proporzionata, ma la cosa che tutte notammo facilmente fu la sua parlantina.
In nemmeno due minuti scoprimmo quanti fratelli aveva, il loro nomi, i suoi colori e le sue canzoni preferite.
Fortunatamente dopo un po' riuscì a prendere parola la demone del gruppo, Agnes.
I capelli rossicci erano stretti in un alto chignon e continuava a passarsi il lungo dread che spuntava da dietro la spalla destra tra le dita. Non sembrava molto a suo agio e non disse troppo di sé oltre al suo nome, alla sua specie e alla sua età.
Per un momento mi parve di essere agli alcolisti anonimi.
Ciao, mi chiamo Angel, ho diciassette anni e non ho mai toccato un goccio di alcol in vita mia.
L'ultima a presentarsi fu Jane.
Aveva l'aspetto di tutto tranne che di uno spettro, con i capelli castano chiaro sciolti lungo la schiena con semplicità, senza essere troppo curati come quelli di Eleonor.
Gli occhi erano piccoli, del medesimo colore dei capelli e leggermente a mandorla. Probabilmente aveva origini asiatiche vista la tonalità olivastra della pelle, ma molto alla lontana.
Salutò tutte noi allegramente e dopo non perse mai il sorriso.
Ci disse con semplicità che era l'ultima di tre fratelli, entrambi parecchio più grandi di lei, che amava gli sport e divertirsi.
Inutile dire che fu l'unica a darmi un'impressione completamente positiva.
Quando Jane tacque, calò un lieve silenzio momentaneo, che venne subito spezzato da Eleonor.
~ Dunque tu sei la mezz'essere.~ mi apostrofò.
Mi strinsi nelle spalle. ~ Già.~
~ Mi chiamo Angel.~ aggiunsi accorgendomi di non aver ancora spiccicato parola su di me. ~ E ho diciassette anni.~
~ Be', Angel... Sarà parecchio comodo averti in stanza.~ continuò Eleonor studiandosi le unghie. ~ Insomma, tutti vorranno parlarti. Potresti fruttarci delle belle conoscenze.~
~ Non vedo l'ora.~ sorrisi a denti stretti.
~ Anche se...qualcuno lo conosco già...~ disse ancora. ~ Sto ripetendo il terzo anno.~
Ecco spiegato l'atteggiamento.
~ Ti farai ancora più amici allora!~ fece Jane con un sorriso entusiasta, che si spense appena vide lo sguardo della vampira.
~ Ci puoi spiegare come funzionano un po' di cose.~ intervenne Agnes con indifferenza.
Notai che lei e Eleonor si guardavano con riluttanza. Probabilmente non si stavano simpatiche a pelle, ma sperai che presto avrebbero cambiato idea.
L'ultima cosa che volevo erano litigi a tutte le ore del giorno e della notte.
~ Non c'è molto da dire. Entro sera troveremo le nostre valigie nella sala comune, insieme ai nostri orari delle lezioni. Francamente non ho idea di come farai tu a seguirle tutte,~ disse indicandomi con un cenno della testa. ~ ma non vorrei mai che la mezz'essere perdesse un anno. Quindi se ti serve qualcosa fammelo sapere.~
~ Ehi, grazie mille. L'apprezzo tantissimo.~
Ero sinceramente colpita da lei. Che fossero balle o meno mi era piaciuta quella frase, anche se probabilmente dipendeva tutto dal mio "titolo" di mezz'essere.
Sembrava che quella parte speciale di me non mi rendesse molto felice. Come quando sei una ragazza ricca con una grande casa, e ti chiedi se tutti gli amici che ti circondano sono amici tuoi o di quello che possiedi.
Avrei fatto a meno di quella popolarità. Non ero mai stata una vip a scuola e non mi era mai interessato esserlo. Non lo volevo nella mia vecchia scuola così come alla Highsbury, ma non potevo evidentemente farci nulla.
Nel tempo seguente curiosammo un po' nella stanza accompagnate dalle canzoni di Agnes, il cui sistema audio del cellulare la faceva sembrare una piccola discoteca. Dopo qualche minuto ci ritrovammo tutte a canticchiare Top Down, delle Fifth Harmony, suo gruppo preferito, mentre analizzavamo minuziosamente i particolari della stanza.
Aprimmo le finestre e l'aria fresca ci investì con impeto, anche perché dietro a due pesanti tende avevamo scovato uno stretto balcone, dove crescevano rigogliosi piccoli fiori dai colori vivaci.
Ci eravamo appena rimesse a chiacchierare e addirittura Eleonor e Agnes sembravano in procinto di stringere amicizia quando tutto venne interrotto da un lieve bussare sulla porta.
Dopo esserci scambiate uno sguardo interrogativo Eleonor si alzò non senza trattenere uno sbuffo e aprì la porta, mentre noialtre fissavamo la sua schiena senza spiccicare parola.
Con i tacchi da dieci e la massa enorme di capelli della ragazza non riuscii a vedere chi aveva bussato finché lei non si fu spostata, dicendomi: ~ Ehi, tesoro, ti vuole Elija.~
Un brivido mi percorse l'intera spina dorsale andata e ritorno nel tempo in cui assimilai quelle parole, terribili e inaspettate.
~ Oh, e chi sarebbe questo Elija?~ sghignazzò subito Jane, piegando le labbra sottili in un sorrisetto.
~ Il suo ragazzo.~ rispose la voce del demone da fuori.
~ Vallo a dire alla biondina.~ borbottai pianissimo, alzandomi controvoglia.
Sembrava che non potessi più scappare.
Lentamente, come stessi marciando verso un infausto destino sconosciuto, raggiunsi la porta e la varcai senza posare gli occhi su di lui neanche una volta, quasi solo vederlo potesse essermi fatale.
Si era fatto indietro per permettermi di uscire, e appena mi ritrovai fuori chiusi con forza la porta dietro di me, per poi guardarlo il più indifferentemente possibile.
~ Perché mi stai evitando?~ partì subito all'attacco.
~ ...Scusami?~ ribattei un po' confusa.
Doveva aver battuto la testa.
~ Ti ho chiesto perché mi stai evitando.~
Tacqui per un istante sconcertato, senza riuscire bene a capire esattamente cosa voleva che io gli dicessi.
~ Cosa ci fai qui?~ gli chiesi infine, ignorando la domanda.
~ A te che sembra? Visto che hai deciso di evitarmi così palesemente ho pensato di risolvere il problema.~
Alzai un sopracciglio e lo guardai, senza dire nulla.
Non c'era niente che mi sentissi di dirgli, innanzitutto e soprattutto perché non capivo il motivo di tanta irritazione. Che aveva da agitarsi tanto? Ma, soprattutto, perché lo stavo evitando?
Era riuscito a terrorizzarmi per bene, quella volta, quando arrivò la professoressa. Talmente tanto che non avevo più osato guardarlo in faccia, temendo di vedergli di nuovo quella luce negli occhi. Era bastato tutto ciò a farmi comportare così?
Che lo stessi evitando, riflettendo sulle mie azioni, era palese anche se prima non l'avevo del tutto realizzato; reagivo istintivamente alla sua presenza, cercando di evitare qualsiasi contatto, e adesso avevo voglia di fare la medesima cosa.
Mi si era rivolto a voce alta e irosa, con la stizza negli occhi più gelidi che mai.
Emise uno sbuffo rumoroso e si voltò dandomi le spalle, con le lunghe dita che si agitavano tra i capelli neri.
~ Ce l'hai ancora con me per quella storia, vero?~ mi chiese senza girarsi, con il tono tornato a livelli civili.
Non sapevo con certezza a quale storia si riferisse, ma internamente sentivo che si riferiva a quell'episodio spaventoso.
~ Potrebbe essere.~
Lo sentii sospirare ancora mentre scendeva un paio di scalini per andarsi ad appoggiare al davanzale della finestra della torre. Si passò ancora la mani tra i capelli, poi con un gesto repentino saltò sul davanzale e si mise a guardarmi.
~ Senti, mi dispiace.~
~ Prova a sembrare un po' meno scocciato.~
Elija mi guardò malissimo, trafiggendomi con gli occhi irritati ed increduli.
Forse non pensava che gli avrei mai parlato così.
~ Come vuoi. Mi dispiace.~ ripeté, scrollando leggermente la testa come per togliersi la rabbia di dosso.
~ Mi credi?~
~ Ha importanza?~
~ Voglio aiutarti. Nuova scuola, nuova gente... Visto che ci conosciamo pensavo di rendermi utile.~
Perché aveva balbettato? Perché ora, in mezzo ai suoi simili, sembrava più umano che mai?
~ Ti va?~ chiese ancora.
Sbuffai mentalmente, ma non potevo continuare così, cercando costantemente di evitarlo.
~ Okay.~

2

Non so dire con esattezza in cosa mi aiutò Elija, né se senza di lui le mie prime giornate a scuola sarebbero andate diversamente, ma l'importante è che non fu un'esperienza terribile come avevo pensato.
La sua compagnia, intendo.
Non capivo come potesse fingere di essersi completamente scordato di quella crepa creatasi tra noi. Non che io ne fossi stata particolarmente sorpresa, ed è anche vero che l'avevo senz'altro sottovalutato quando ci eravamo incontrati e si era "guadagnato la mia fiducia" comportandosi bene.
Come potevo dire di conoscerlo? Solo trascorrendo qualche giorno insieme ad una persona puoi dire di sapere qualcosa su di essa?
Dipende tutto da quanto era stato sincero con me. Era stato sincero?
Non lo conosco, non posso saperlo.
Maledetti circoli viziosi.
Ma visto che non mi aveva causato guai con nessuno, lo prendevo come un sì.
Sembrava che fosse molto popolare a scuola, cosa che non mi parve affatto strana.
La prima settimana, mi aveva spiegato, non assegnavano compiti per permettere agli studenti nuovi di ambientarsi. Questo permise a me e ad Elija di fare lunghe passeggiate per i corridoi, nelle aule aperte e in ogni luogo a noi accessibile salutando gente di cui nemmeno ricordavo il nome, finché non ebbi la mappa della scuola stampata nel cervello.
Per quanto riguardava i ragazzi erano esattamente come erano i miei vecchi compagni di scuola.
C'erano le oche, i bulli, i timidi, quelli che ti fanno ridere fino allo sfinimento, i secchioni e persino qualcuno che aveva tutte queste caratteristiche. Alcuni demoni particolarmente lunatici, ovviamente.
Non mi piaceva dare giudizi affrettati, ma mi ero già fatta un'idea di come avrei trascorso le ore di lezione; le ore di Waily erano piacevoli e poco pesanti, escludendo l'attività fisica nella foresta.
Non so quanti chilometri ci facesse correre ogni volta. So solo che era una cosa sfinente.
Durante la prima lezione aveva detto che ci avrebbe portato anche a nord della scuola, per fare un'allegra passeggiatina e per scalare una parete di roccia.
Se le lezioni dei licantropi erano entusiasmanti altrettanto non potevo dire delle orride ore che trascorrevo con la Dyulig.
Aveva quell'aria di solennità per ogni cosa che le usciva dalle labbra che detestavo, e se rifiutavi di segnarti la frase che aveva ripetuto per la decima volta in una forma diversa ti fissava così male che la penna sembrava scattare da sola a scrivere.
Inutile dire che non tollerava il minimo bisbiglio.
Una volta, durante la mia seconda lezione sui demoni mi pare, Agnes -che era appena tornata dal bagno- si era accorta che avevamo tutti aperto i libri così mi aveva chiesto, sussurrando a malapena, quale pagina stessimo leggendo.
Ovviamente la Dyulig l'aveva vista -perché era davvero impossibile che l'avesse sentita- e si era infuriata.
"Penso che la signorina Denely faccia anche a meno di ascoltare quali avventure hai vissuto nel bagno, signorina McKinnan. Chiudi il becco o durante le mie ore non uscirai più, nemmeno bruciasse l'edificio." le aveva detto stringendo gli occhi scuri, al che io stavo per dirle che voleva solo sapere la pagina, ma Agnes mi aveva fatto repentinamente cenno di tacere.
"Ha ragione professoressa. Le faccio le mie scuse." aveva risposto come fosse il suo mantra.
Quel giorno mi spiegò che, la maggior parte delle volte, invece di ribattere era preferibile prenderti le colpe che ti venivano date.
Sapevo di avere ancora molto da imparare sulla vita alla Highsbury, ma la cosa che mi parve subito chiara era che, anche se io non conoscevo nessuno, tutti conoscevano me, che fossero del mio stesso anno o meno.
Mi sarebbe piaciuto essere nel quarto anno come Faith e gli altri, ma la sera del mio primo giorno ero stata convocata dal preside che mi aveva spiegato perché ero stata assegnata al terzo.
In pratica, nemmeno a dirlo, dipendeva tutto dal fatto che ero una mezz'essere.
Scontato, vero?
Sosteneva che le mie capacità bastavano per poter stare nel quarto anno e studiare argomenti più avanzati, ma poiché ero una mezz'essere e avevo il mio brillante futuro a cui pensare avevano preferito farmi fare il terzo. Per consolidare le basi.
La cosa mi era del tutto indifferente, dunque non ero stata certo a fare storie.
In realtà dopo aver udito le parole <<brillante futuro a cui pensare>> non ero più riuscita a prestare attenzione a nient'altro.
Per quanto riguardava la mia reputazione, mi arresi presto ad essere sotto gli occhi di tutti.
A causa della mia...condizione, diciamo, non avevo lo stesso orario dei miei compagni.
Le giornate erano di cinque ore l'una, dal lunedì al venerdì. Valeva anche per me, ma mentre gli altri facevano lezione fino alle tredici e trenta io stavo in classe fino alle undici e trenta, andavo a mangiare, e poi quando tutti uscivano dalle classi per pranzare io ci rientravo per uscirne alle quindici e trenta.
Questo perché, a differenza degli altri, io dovevo seguire le lezioni di tutte e quattro le specie e in più anche quelle generali che valevano per tutti, come pozioni e rune.
Le ore pomeridiane mi servivano per fare dei "corsi intensivi" degli argomenti che mi perdevo di ogni materia quando uscivo dalla classe per entrare in un'altra.
Era davvero imbarazzante dovermene andare sotto lo sguardo invidioso di tutti miei compagni, i quali realizzavano solo dopo che metà del mio pomeriggio era occupato dalle stesse due ore che apparentemente saltavo.
Un martedì pomeriggio stavo uscendo dal sotterraneo dove facevamo lezione di pozioni, contenta di aver salvato al pelo la mia pozione per la crescita delle piante ma anche di essere finalmente libera, e mi stavo velocemente dirigendo nella mia camera per poggiare lo zaino.
Ero giusto a metà della scala a chiocciola quando ho sentito un gran trambusto sotto di me, rumore di passi affrettati, e voci.
~ Angel!~ sentii strillare da Faith, che fu la prima a spuntare da dietro l'angolo.
~ Scusaci...~ aggiunse Damien, spostandosi un codino della sorella dalla faccia.
Uno dopo l'altro, uscirono fuori tutti gli altri; Nate, Xavier -che riuscì comunque a farmi l'occhiolino nonostante stesse ansimando come avesse corso la maratona di New York-, Maryka ed Elija.
~ North non è potuta venire. Sai, ha molto da studiare.~
~ Certo, immagino. Ma che ci fate qui?~
~ Volevamo prendere un gelato insieme.~ mi rispose Elija sistemandosi la camicia verde scuro.
~ Avete così fame?~ scherzai osservando come tutti si fossero ripresi in fretta dalla corsa.
~ No, è solo che questo stupido era convinto che stessi facendo lezione con Waily nella foresta.~ ringhiò Xavier mandando un'occhiataccia ad Elija.
~ Non riesco a imparare il tuo orario! Non ho idea di come faccia tu, è veramente impossibile.~
~ Nessun problema. Solo il tempo di lasciare lo zaino e prendere dei soldi.~
Corsi in camera e, facendo il prima possibile, lanciai lo zaino per terra prendendo fuori il portafoglio, dal quale estrassi cinque dollari che infilai nella cover del cellulare. Controllandomi rapidamente allo specchio conclusi di essere presentabile, così uscii.
La giornata era piacevole. Il cielo era intaccato da parecchie nuvole che, intervallandosi, oscuravano lievemente il sole, ma tutto sommato si stava bene anche con una semplice felpa addosso.
Quando tutti ebbero preso il proprio gelato (chi semplice, come Damien che ci era andato pesante con il limone, e chi stravagante come Faith che aveva creato un mix di cocco, menta e yogurt) andammo a sederci a un tavolo nel giardino, ridendo e parlando come facevo con i miei vecchi amici.
Io, Maryka e Faith stavamo sedute sul tavolo, e gli altri invece sedevano sulla panca.
~ Allora, Angel...~
~ Sì, Maryka?~
~ Ti senti pronta per la settimana prossima?~ mi domandò, serissima in volto.
~ C'è forse una verifica?~ chiesi allarmata.
~ Ah, scusa, è vero che Waily ce ne ha parlato dopo che te ne eri andata...~ esclamò battendosi una mano sulla fronte. ~ Mi riferisco alla tua prima luna piena da licantropo.~
~ Cioé?~
~ Ti spiego, Angy.~ intervenne Elija. ~ Il giorno prima, il giorno dopo e il giorno della luna piena voi licantropi diventate un po'...ecco...~
~ Intrattabili.~ l'aiutò Xavier.
~ Esatto.~
~ Come sarebbe <<intrattabili>>?!~ li fulminò Maryka, stringendo il cono del gelato, che si crepò.
~ Scorbutici, bisbetici... Mettila come ti pare.~
~ Sì,~ continuò Xavier, ~ nervosi, irascibili...~
~ In pratica è come se a voi ragazze venissero le vostre cose due volte al mese.~ commentò Elija.
Le sue parole furono sottolineate da un CROCK proveniente dal gelato di Maryka, spezzatosi a causa della sua stretta.
Con un ringhio la ragazza si avvicinò a Elija, e piantò in testa a lui e a Xavier quello che rimaneva del cioccolato e della stracciatella, spalmandolo per bene.
Tra lo stupore per la reazione della mia amica e le risate che scatenavano le espressioni sconvolte dei due ragazzi non ci misi molto a scoppiare a ridere, battendo il cinque a Maryka.
I bianchissimi capelli di Xavier gocciolavano di cioccolato fondente che gli era finito anche sul viso, mentre Elija, con lentezza sbigottita, si tastava i ciuffi scuri ricoperti di stracciatella gocciolante, cercando di togliere le scaglie di cioccolata che si erano sparse ovunque.
Non riuscivo davvero a smettere di ridere, neanche con tutte le migliori intenzioni del mondo. Lo stomaco e il petto mi dolevano, ma era un dolore piacevole perché le facce dei due mi incentivavano a continuare.
~ Che cazzo hai da ridere tu?!~ sbraitò Elija togliendosi del gelato dai capelli e schiaffandomelo in faccia.
~ Merda!~ strillai togliendomi i pezzi di cioccolato dagli occhi. ~ Sei un vero coglione!~ aggiunsi con la voce coperta dalle sue risate, e gli rovesciai la coppetta alla menta dentro alla maglietta.
~ Che stronza!~ fece Damien a bocca aperta, e da lì nessuno mangiò più gelato.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top