CAPITOLO 2:

Aprii gli occhi e fu come se fossero ancora chiusi.

L'oscurità mi circondava. In quel momento desiderai di non sentire nulla di nuovo; mi faceva male ogni punto del corpo, soprattutto la testa e tutti i muscoli del collo e delle spalle.

Mi tirai su a sedere gemendo. Vedevo tante stelline bianche, e non erano quelle del cielo. Quando i miei occhi si abituarono all'oscurità, cominciai a guardarmi intorno, chiedendomi per quanto fossi stata priva di sensi.
All'improvviso rivissi i momenti prima della caduta, e realizzai che il ragazzo era sparito.
Scattai in piedi, pentendomene subito, e mi guardai intorno cercandolo.
~ Ciao, principessa.~ fece una voce glaciale alle mie spalle.
~ Ragazzino, se questa caduta non ti è bastata, te ne faccio fare altre venti finché non sprofondi nel terreno.~ lo avvertii.
"Maledizione!" pensai "ma che cavolo mi è preso?"
Sembrava che parlasse qualcun altro che controllava la mia bocca. L'istinto mi spingeva a ribattere così.
~ Continui a sorprendermi col tuo carattere d'oro.~ disse ridendo.
~ Ti ho sorpreso anche quando ti ho mollato un pugno, tesoro?~ risposi per le rime.
"Un momento... da quando chiamo gli sconosciuti che vogliono uccidermi <<tesoro>>?".
~ Be', sì, ammetto che non me l'aspettavo da te, zuccherino.~
~ È la guerra dei nomignoli, o pensi di darmi un buon motivo per non riempirti di ceffoni? Ti ricordo che mi hai fatto volare giù da un albero!~
~ Non mi sembri ridotta tanto male.~ disse lui.

Si spostò in avanti, quel poco che mi consentiva di vederlo in faccia. Rimasi di sasso.

Mi faceva venire voglia di scappare di nuovo, nonostante stesse sorridendo. Aveva due glaciali occhi grigi come il cielo in tempesta. La pelle era ancora più chiara della mia. I suoi capelli erano neri quanto la notte che ci circondava, leggermente ondulati e dietro gli arrivavano fino all'attaccatura del collo. Mi fissava insistentemente negli occhi, spaventandomi non poco. Cosa voleva da me? Mangiarmi? Bere il mio sangue? Cazzo, poteva scordarselo. Chiariamo, non avevo certo tutto il coraggio che può apparire dalle mie parole, solo so che se fossi morta non me lo sarei mai perdonata. Certamente non pensavo nemmeno in lontananza di essere il sole nella vita delle persone e mai l'avrei pensato, ma cosa sarebbe successo alla mia Alina se avessero trovato il mio cadavere in mezzo alla foresta? Come avrebbero reagito i miei genitori? Non intendevo farmi quel genere di domande perché, per quanto mi addolorasse, volevo che il naturale andar delle cose restasse lo stesso e, dunque, morire dopo mia madre e mio padre così come deve essere.

All'improvviso avanzò verso di me, ma io non indietreggiai. Non fraintendetemi, ero terrorizzata, ma non sentivo il bisogno né la capacità di spostarmi.
Arrivò a cinque metri da me. Sembrava confuso e arrabbiato. Lo sguardo nei suoi occhi era radicalmente diverso da prima ma continuava a terrorizzarmi.
~ Spostati i capelli dal collo.~ ordinò con vice ferma e allo stesso tempo incerta.
Mi accorsi in quel momento di avere tutti i capelli sulla spalla destra.
~ Vuoi anche dirmi come devo acconciarmi i capelli?~ dissi incrociando le braccia e guardandolo con i miei occhi che, mio malgrado, dicevano "Chi credi di spaventare?".
~ Fallo!~ gridò.
Lo sguardo nei miei occhi rimase lo stesso quando gli dissi: ~ E va bene, ma datti una calmata!~

Feci come aveva chiesto. Presi i miei morbidi capelli con una mano e li spostai sull'altra spalla.
Osservai il ragazzo.
~ E allora?~ chiesi sollevando le sopracciglia.

Lui mi guardava come se mi fossero cresciute due teste in più. Se possibile mi inquietava più di prima facendo così. Non era spaventato o impaurito. Sembrava... Incredulo.
~ Che diavolo c'è?!~ esclamai.
Continuava a guardarmi con gli occhi sbarrati.
~ Mai notato il simbolo sul tuo collo?~ mi chiese con voce più tranquilla ma piatta e secca come il Sahara.
~ Di che stai parlando?~ dissi, irritandomi.

Mi sfiorai il collo con la mano voltando istintivamente anche il viso, nonostante mi fosse impossibile guardarmi il lato del collo, e sentii una scossa delicata in tutto il corpo; poi divenni leggera come una piuma e mi lasciai cadere all'indietro senza che potessi oppormi in qualsiasi maniera, chiudendo le palpebre che si erano fatte immensamente pesanti. Non sentii neanche l'impatto con il suolo. Udii solo la voce melodiosa ma agitata del ragazzo mentre diceva:
~ Ehi...Ehi! Angy che ti prende?~
Tutto divenne di nuovo buio e chiusi gli occhi svenendo ancora.

Sta volta il risveglio non fu rose e fiori come il precedente. Non che il primo fosse stato una passeggiata, ma prima che riuscissi ad aprire gli occhi passò un po' di tempo che non riuscii a definire.
Sentivo del morbido sotto di me, quindi dedussi che non ero più nella foresta; quando aprii gli occhi faticai a mettere a fuoco le cose: una scrivania, un armadio a due ante, un comodino, e un tavolino con lo specchio, grazie al quale mi accorsi di essere sdraiata su un letto matrimoniale.

Voltai la testa sentendo un forte dolore al collo; sul comodino c'erano una scodella con dell'acqua e un panno morbido. Dietro a questi oggetti intravidi un piatto con del cibo.

Peccato che non avessi fame e una persistente sensazione di vomito mi impediva anche solo di pensare a mangiare.

Dopo un po' che mi trovavo lì, cominciai a notare la raffinatezza dei mobili e adulai spudoratamente l'arredatore, nonostante ci fosse una grande probabilità che fosse la stessa persona che mi aveva aggredita.
Quando la maniglia della porta si piegò cigolando richiusi immediatamente gli occhi.
~ Lo so che sei sveglia.~ disse una voce.
Udii dei passi sempre più vicini al letto.
~ Non sto scherzando, lo so. Apri gli occhi, devo vedere come stai.~

Probabilmente fu quest'ultima affermazione a tranquillizzarmi. Quando fui più calma riconobbi la voce del ragazzo misterioso.
Aprii gli occhi, più velocemente di prima.
~ Ah, finalmente!~ disse lui guardandomi.
Alla luce del sole non faceva molta paura anche se continuavo ad avere la sensazione che avrei fatto meglio a stargli lontano.
Nella foresta ci avevo visto giusto sul suo aspetto, e dovevo ammettere che visto di giorno era ancora più bello. Era alto, snello e sicuramente, vista l'agilità dimostrata durante l'inseguimento, doveva essere decisamente in forma. Però non mi ero accorta che i suoi occhi avevano delle stupende sfumature ambrate che comprendevano colori indefinibili. Facevano venire voglia di osservarli fino a ricordarseli per sempre.
~ Come ti senti?~ mi chiese sedendosi sul letto, girato verso di me.
~ Il problema è proprio che non sento niente...mi fa male tutto...~ mi lamentai.
Lui rise. Quell'idiota bastardo mi rise in faccia.
~ Allora avevo ragione! Sei davvero simpatica.~ disse sorridendo.
Quel sorriso, purché gentile e affascinante mi faceva pensare che nascondesse altro dietro di sé. Qualcosa di molto più oscuro.
~ Simpatica e dolorante...~ sospirai io.
Sembrava una conversazione normale, ma quello che mi era accaduto non era affatto normale e me ne resi conto subito dopo; motivo per cui mi affrettai a chiarire la situazione.
~ ...per colpa tua.~
Il sorriso gli sparì dalla bocca morbida, ma il suo sguardo non lasciò i miei occhi.
~ Tu sei scappata.~ rispose semplicemente.
~ Oh, scusa! Ovviamente non dovevo farlo!~ dissi sarcastica, alzando la voce. ~ Tu mi hai paragonata a una vacca in un macello, ti sei chiesto se ero buona e hai il coraggio di rimproverarmi perché sono scappata? Non la trovo una giustificazione decente.~
~ Infatti. Non dovevi farlo.~ mi rimproverò serio.
~ Mi prendi in giro? Mi avevi terrorizzata!~
~ Ora però non sembri spaventata.~ constatò facendo un sorriso strano.
Uno di quei sorrisi che fanno i ragazzi, capaci di farti sorridere anche se sei furiosa che con me non sortì il tipico effetto visto che restai impassibile. Mi rifiutavo di mostrare una qualsiasi debolezza.
~ Dovrei esserlo, però.~ risposi rivolta più a me stessa che a lui.
~ Non vedo il motivo.~ commentò alzando le sopracciglia. ~ Comunque pensi di mangiare qualcosa?~
~ Non credo di riuscirci, grazie.~ dissi mettendomi le braccia intorno alla pancia.
~ Aspetta qui.~ mi ordinò. ~ E non alzarti per nessun motivo.~
~ Perché non de~ cominciai ma mi interruppi.

Mi aveva zittita con lo sguardo e uscì prima che potessi finire la frase.
"Questa non la capisco" pensai. " Ieri notte mi spaventava la mia spavalderia e ora mi vergogno di non essere riuscita a ignorare quello sguardo. Angy, datti una bella regolata."

Di solito i pensieri sono più veloci delle parole, e lo dico perché se avessi parlato invece che pensare, non avrei finito prima che lui tornasse.
~ Eccomi qui.~ cinguettò quando varcò la soglia.
Guardai fuori dalla finestra sul muro alla mia sinistra; vedevo gli alberi, ma non i tronchi nudi. Questo significava che ero in alto. Almeno al secondo piano.
~ Tieni, prendine una. Se non fa effetto entro cinque minuti, prendine un'altra.~ mi disse porgendomi la mano con sopra tre pillole bianche.
~ Le devi bere con dell'acqua.~ aggiunse.
Si allungò verso il comodino e prese un bicchiere nel quale versò il liquido cristallino. Mi porse il tutto.
~ Che roba è?~ chiesi sospettosa e con la sensazione che facessi bene ad esserlo. ~ Come fai a sapere che non sono allergica?~
~ Sei allergica?~ mi domandò sospirando.
~ E che ne so?~ risposi.
~ Bene allora siamo in due a non saperlo. Ora, bevi.~
Sbuffai e obbedii. La pillola aveva quel tipico sapore di medicinale.
~ Almeno sai a cosa serve?~ chiesi guardandolo male.
~ A farti venire fame. Devi per forza mangiare qualcosa, e questa ti farà passare la sensazione di vomito.~ rispose.
~ Ah, okay.~ dissi senza recepire bene quello che aveva detto.
Dopotutto non mi risultava di avere scelta. Mi avrebbe costretta sicuramente.
Quando mi ripetei nella mente le sue parole, però, mi sorse un dubbio.
~ Come fai a sapere come mi sento?~
~ Sono un ragazzo particolarmente empatico.~ mi rispose ridendo. ~ Ottima osservatrice, comunque.~ mi fece l'occhiolino.
~ Sappi che non mi hai convinta.~ l'avvisai.
~ Sembra che la pillola stia facendo effetto.~ disse ignorando le mie ultime parole.
~ Da che lo capisci?~ chiesi.
~ Ti brontola la pancia.~ rispose semplicemente, facendo spallucce.
~ Ma che dici?~ e mentre rispondevo così la mia pancia brontolò rumorosamente.
In fondo non mangiavo dalle sette di ieri sera. Sempre ammettendo che fosse passato solo un giorno.
Mi porse il vassoio con due piatti. Guardandolo sospettosa, accettai l'offerta.
Mentre mangiavo mi chiese: ~ Come ti chiami, allora?~
~ Lo sai già come mi chiamo.~ risposi senza pensare.
~ Ah sì?~ disse stupito. ~ E come farei a conoscere il tuo nome?~

Dovetti ragionarci sopra un po', mentre prendevo tempo masticando.
"Già, come fa a saperlo?"
Il Poi mi ricordai le ultime parole che avevo sentito prima di svenire per la seconda volta in una notte.
~ Perché quando sono svenuta davanti a te ho sentito che mi chiamavi <<Angy>>. Quello è il mio soprannome.~ risposi sicura e convinta delle mie parole.
~ La bambina ti ha chiamata così, e ho pensato che fosse il tuo nome.~
~ Non è vero. Non mi ha mai chiamata né così né per nome in tua presenza.~ sentenziai.
~ Deduco quindi che il tuo nome è Angel o Angela o magari Angelica... O ti chiami Angelina?~ disse sviando il discorso. Aveva detto tutti i nomi con un tono buffo che mi fece divertire...tutti tranne il mio.
~ Angel.~ dissi ridendo quando finii di bere.
~ Elija.~ mormorò lui guardandomi di nuovo.
In quel momento sentii il bisogno di fargli una domanda che mi premeva molto.

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