Nyctophilia
Tema: "Parola desueta su cui incentrare la poesia."
Nota: Una poesia con questo titolo era già apparsa nella mia silloge "Sogni d' Inchiostro" ormai quasi un anno fa, nel pieno periodo di sperimentazione e innovazione che ha subito il mio stile. Come conseguenza, ad oggi quel testo mi faceva ribrezzo, e me ne vergognavo. Non tanto per i contenuti o per le emozioni che avevo riversato in quel testo, a mio parere ancora visibili nonostante tutto. No, era la forma a non piacermi. Non era un poesia, non lo era affatto, e odio pensare che per così tanto tempo sia rimasta nella mia opera più letta.
Lasciando da parte i rimpianti, comunque, ho deciso di riscriverla cogliendo insieme al balzo la palla lanciata da Lospettro, con il tema scelto per questa prova. Dunque ecco qui, la mia parola desueta e' "Nyctophilia", che deriva dal greco antico - a differenza dei titoli finora usati, presi dal greco moderno - e di cui mi scuso ma non sono riuscita a trovare la scrittura originale. In ogni caso, il suo significato e' "amore anormale per la notte, preferenza di essa rispetto al giorno, attrazione per le tenebre e senso di appartenenza ad esse." Inutile dire che l'ispirazione e' tutta autobiografica. Per voi dunque, e soprattutto per Lei.
Nera e lucente,
quieta e furente
Campo di asfodeli privo di porte
Gemma latente,
incanto potente
splendido vetro immune alla morte
Furia assordante,
fiera e silente
a cui protendo queste mani storpie
Ombra accogliente,
spirito errante
manto sicuro di demoni e sbornie.
Madre, ti invoco
lasciami andare
a quella finestra continuo a bussare
Madre, uccidimi
fammi volare
tra i tuoi fiori bianchi voglio tornare
Madre, adesso
osservami cadere
violando il tuo regno con il mio gridare
Madre, infine
fatti abbracciare
che dunque al tuo grembo possa tornare.
Notte, ti prego
prima che vada
Madre, ti imploro
una volta sola
infondimi Oblio, rendimi ebbra
prendimi in braccio in questa veglia
Madre, infine
nell'ultima ora
chiamami figlia, solamente ora.
Ti chiamo Madre,
serro le ciglia.
Chiamami stolta,
chiamami Figlia.
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