Atto I: Asia
Inginocchiata a terra, le braccia costrette dietro la schiena, Asia la fissava. L'azzurro slavato dei suoi occhi riluceva appena nel buio della notte. Le labbra le tremavano vistose; violacee, forse a causa del freddo, rappresentavano uno scarso tocco di colore su un viso troppo pallido.
Nel ritrovarsela davanti così, con mezza faccia immersa nell'ombra, le ginocchia premute contro l'erba, Jessica si chiese cosa mai ci trovassero in lei. Zigomi troppo appuntiti. Guance troppo scavate. Non era poi questa gran bellezza.
Asia tirò le braccia nel tentativo di liberarsi, ma Roberta la reggeva stretta, imprecando. Interruppe il suo sacramentare per sferrare un manrovescio sulla nuca di Asia.
Flavia trasalì. Contraeva i pugni di continuo, evitava il contatto con le altre. Osservava i fili d'erba sotto i piedi. Ciocche di capelli mossi le sfuggivano all'elastico e le oscillavano ai lati del volto.
Jessica le diede una pacca sulla schiena, che bastò a farla sussultare. Finse di non accorgersene. Jessica non si aspettava nulla di diverso dalla codarda che aveva cercato di opporsi al suo piano. Ma non importava. Non importava, perché nonostante tutto Flavia era lì, da brava amica fedele qual era.
Si avvicinò ad Asia, toccando la punta del coltello con l'indice. Era fredda e affilata. L'arma perfetta per tagliare della carne fresca. La lama di un macellaio: il padre di Roberta, che la figlia aveva rubato sotto ordine di Jessica. Una fortuna, altrimenti avrebbe dovuto utilizzare un normale coltello da cucina, ma non sarebbe stata la stessa cosa.
No, non la sarebbe stata affatto.
Asia nascose il volto dietro la cascata di capelli biondi. Sulla guancia, spiragli di luce lunare le illuminavano le lacrime. Mugugnava qualcosa di incomprensibile, in un delirio febbrile.
Jessica la osservò nel silenzio, accompagnata dalle bestemmie nervose e occasionali di Roberta.
Cercò la bellezza che tutti ammiravano. La bellezza di cui tutti parlavano. La bellezza capace di ammaliare chiunque.
Cos'era a rendere Asia migliore di lei?
Impugnò l'elsa del coltello con più decisione, i denti stretti. Quale che fosse il segreto di quella maledetta puttanella, non aveva importanza. Presto le cose sarebbero cambiate. Jessica stava per aggiustare tutto, le avrebbe donato l'aspetto che più le si addiceva. Lì, accerchiate dalle figure di alberi possenti, nel buio della notte. Dove nessuno le avrebbe mai scoperte.
Si alzò un venticello freddo. Le penetrò sotto pelle come una lama gelida. Jessica inspirò a fondo quel freddo intenso, lo lasciò perforarle i polmoni.
Mosse un passo in avanti. Asia strisciò le ginocchia sull'erba, scavò dei solchi nel terreno; Roberta la tenne ferma, in un'ennesima bestemmia.
Jessica scoprì che le mani le tremavano. Chiuse con più forza le dita attorno al manico del coltello. Calma, si disse. Doveva stare calma. E allora abbozzò un sorriso affettato, i tacchi che emettevano un suono ovattato sulle foglie secche.
Il vento divenne più violento. Scosse i rami spogli e nudi degli alberi. Ci fu un rumore secco, e Jessica sollevò subito gli occhi a cercare il ramo caduto. Era rotolato a pochi passi da Roberta.
Un avvertimento, pensò per un attimo. Poi le venne da ridere, e scacciò l'idea con una scrollata di spalle.
Nel loro paesino il vento era sempre stato una costante. Era una semplice notte autunnale qualsiasi, di certo non un tentativo di chissà quale autorità superiore di fermarle. E se invece lo fosse stato, be', il destino avrebbe dovuto impegnarsi più di così.
«Ti prego.» Asia si afflosciò su se stessa. Una creatura magra, slanciata. Fragile. «Cosa ti ho fatto?»
La domanda la colpì come uno schiaffo in piena faccia. Jessica contrasse i muscoli delle braccia, strinse l'elsa fino a conficcarsela nella carne.
Non si accorse nemmeno di muoversi. Non si accorse di aver sollevato il piede. Le sferrò un calcio nello stomaco. Non si aspettava una grande resistenza, invece perse l'equilibrio, mentre Asia si piegava su se stessa.
«Sta' zitta.» In un sibilo, Jessica si lisciò i pantaloni.
Un verso stridulo si innalzò dalle profondità del bosco. Jessica lanciò un'occhiata fra gli arbusti, dove il buio inghiottiva ogni cosa. E lì la vide: una figura umana appoggiata contro il busto di un albero, che la fissava.
Poi il vento la spazzò via.
Se l'era solo immaginata. Sì. Doveva essere così.
«Jess?» La mano di Flavia le sfiorò la schiena. Gentile.
Jessica se la scrollò di dosso. Stava bene. La notte le faceva solo vedere cose che non c'erano. Una cosa normale. Ma adesso lo sapeva, se lo aspettava, e non avrebbe più vacillato.
Si inginocchiò di fronte ad Asia. Le portò un dito sotto il mento, la costrinse a sollevare la testa per incontrare i suoi occhi. Era calda, nonostante il tempo così freddo, e se ne stupì. Si stupì meno della morbidezza della pelle. Sul collo, una macchia giallastra sporcava il suo pallore. Un livido.
«Lo sai benissimo cosa mi hai fatto.»
Ma Asia scosse la testa, finse di non capire. Deglutì, poi qualcosa colse la sua attenzione; Jessica seguì la traiettoria del suo sguardo, si ritrovò a fissare gli alberi nella penombra dietro di sé. Per un attimo si aspettò di scorgere di nuovo quella figura misteriosa, invece non trovò nulla oltre al buio.
«Non è vero,» mormorò Asia. «Non ti ho mai fatto niente.»
«Sta' zitta, stronza! Non hai il diritto di parlare.» Roberta la tirò a sé afferrandola per i capelli. Bastò a zittirla.
Flavia le si aggrappò al braccio, la convinse ad allentare la presa. «Dai, ragazze, stiamo esagerando.» Eccola che ricominciava.
Jessica la spinse indietro. Non disse nulla, non ne ebbe bisogno. Flavia abbassò il capo e indietreggiò.
Asia invece sollevò il mento, righe di lacrime lucenti ad attraversarle le guance. La sfidava. Nonostante il dolore, nonostante la situazione, osava ancora sfidarla. «Sei una psicopatica.»
Si ritrovò la lama del coltello a pochi centimetri dal viso. Jessica gliela puntò contro, strinse l'elsa fino a farsi male nel tentativo di tenerla ferma. L'altra ingoiò quel poco di orgoglio che le restava, e a Jessica piacque, le piacque davvero rimetterla in riga.
«Vuoi sapere cosa mi hai fatto?» le sussurrò, e azzardò un sorriso predatorio. «Esisti, ecco cosa hai fatto.»
«Tu sei pazza.» Asia non provava più a liberarsi. Piuttosto, si sporse verso di lei, verso la lama. «Quindi che vuoi fare? Uccidermi?»
Come si permetteva? Quella stronza. Si credeva superiore, si prendeva il diritto di giudicarla.
Jessica le carezzò la guancia con il dorso della mano libera. Liscia, delicata, perfetta. All'improvviso capiva perché Alessandro la desiderasse. «Non voglio ucciderti. Non sono un'assassina.»
«Fai tutto questo solo per lui, vero?» Asia non si sottrasse al suo tocco. «Ti rendi conto di quanto sei patetica?»
La lama affilata le tagliò di netto la pelle morbida. Asia urlò, e uno schizzo di sangue imbrattò il sopracciglio di Jessica, che non vacillò né chiuse gli occhi. Non sapeva cosa si aspettasse di provare, nel vedere quel viso tanto ambito da tutti deturpato da uno squarcio sanguinolento. Soddisfazione, forse. Magari paura.
Invece non provò nulla. Tagliò ancora, in un movimento meccanico. E ancora, e ancora, e ancora, e le mani avevano smesso di tremarle, il sorriso le era morto sulle labbra.
Il respiro pesante di Roberta dettava un ritmo incostante. I suoi grugniti, mentre adempieva il suo compito: affondava le dita nei capelli di Asia e la teneva ferma immobile.
Flavia invece piangeva, i suoi lamenti un accompagnamento alle grida di Asia.
Jessica tagliava e basta. Con il buio del bosco che le penetrava nel petto, tagliava e tagliava. Vedeva solo il sangue che copriva un viso che odiava. Così continuò, finché non rimase altro che rosso brillante, e allora tirò via l'arma di scatto.
Qualsiasi cosa ci trovassero gli uomini in quella puttanella, ormai non esisteva più.
Dei solchi profondi le percorrevano l'intero viso, tante linee che si incrociavano fra loro. La carne pulsante era esposta al freddo della notte. Un giorno si sarebbero richiusi, ma le cicatrici sarebbero rimaste per sempre.
Si rialzò in piedi. Il sangue di Asia le colava fra le dita, tanto caldo da scottarla. Le imbrattava il cappotto, e nel trovarselo addosso Jessica provò solo una punta di dispiacere ricordando quanto lo avesse pagato. Quella stronza di Asia, pensò, gliel'aveva rovinato.
Avrebbe dovuto sbarazzarsene prima che sua madre lo vedesse. Prima che chiunque lo vedesse.
Rivolse un cenno del capo a Roberta, e quella lasciò andare Asia. Questa si raggomitolò sul terreno, le mani a coprirsi il volto. Adesso non la sfidava più, urlava e basta. Urlava fino a sgolarsi, ma nessuno l'avrebbe sentita.
Chi è la patetica adesso?
Jessica passò il coltello a Roberta. La parte più difficile dell'operazione era passata. Si prese qualche istante di silenzio, soppesò le parole da usare. Doveva essere convincente. Doveva farle davvero paura, o sarebbe finita nei guai.
«Stammi a sentire, puttanella,» disse. Asia rimase con la faccia nascosta fra le mani. «Non racconterai a nessuno quello che è successo qui, o metterò in circolazione queste.» Estrasse una foto dalla tasca del cappotto. La macchiò del sangue che le colava fra le dita; la lanciò a terra, incurante.
Uno spiraglio di luce ne illuminava una parte. Asia, abbracciata a un uomo molto più alto e molto più vecchio di lei, gli scoccava un bacio sulle labbra.
Asia si scoprì gli occhi quel tanto che le serviva per sbirciare. «Come...?»
«Come sapevamo che ti scopi il prof Marino?» Jessica si ripulì le mani sul cappotto. «Vi ho visti per caso, una volta. Negli spogliatoi, avevo lasciato la maglia, e tu eri rimasta indietro a limonare a quanto pare.»
Non ottenne una risposta, solo un lamento. Ottimo.
«Così Flavia ti ha seguita mentre andavi a casa sua, per farvi delle foto. Siete pure così stupidi da non chiudere le tende. Disgustoso.»
Flavia era scivolata lontana. Aveva smesso di piangere, ma non osò parlare né intromettersi.
«Data la sua bruttezza, non riesco davvero a capire perché te lo scopi,» continuò Jessica. Infuse la propria voce di tutto il veleno di cui era capace. Nessuno doveva sentire il battito veloce del suo cuore, vedere il tremore che aveva ripreso a scuoterla per intero. «O è particolarmente bravo, oppure ti paga. Dimmi, quale delle due?»
«Mi ucciderà,» sussurrò Asia, scuotendo la testa.
Jessica batté appena le palpebre. «Ho detto che non voglio ucciderti.»
«Non tu. Lui. Se si viene a sapere di noi...»
«Allora tieni il becco chiuso.»
«Come lo giustifico questo?» Asia si passò le unghie sui graffi. Le affondo nella carne, come se volesse strapparsi ciò che restava della sua pelle.
«Di' che è stato qualche pazzo maniaco per strada. Che te lo sei fatto da sola. Non mi interessa.» Jessica schioccò le dita in direzione delle altre due. «Andiamocene.»
Roberta annuì con un sorriso; quando Jessica si incamminò verso il paese, la seguì senza indugiare. Flavia, invece, rimase indietro. Jessica si voltò per richiamarla, e la trovò inginocchiata accanto ad Asia, a mormorarle qualcosa. Due sole parole, poi raggiunse le altre.
Nonostante la distanza, Jessica le captò. Gliele trasportò il vento. Lei strinse i pugni lungo i fianchi.
Mi dispiace.
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