31 #Potion - Qualcosa di buono
La strega di un mare tranquillo annunciò il suo ritiro dal mondo degli incantesimi, nella sua vita aveva perso tutte le battaglie. Nessuno scettro rubato, nessun golpe riuscito, nessuna coppia di amanti separata. Dopo trentuno anni di avvilente carriera, la sua magia alla fine si era spenta.
L'egoismo, l'odio, l'invidia, tutte le cattive emozioni che alimentavano i cattivi incantesimi ormai non le appartenevano più, affievolite e invecchiate sotto i colpi dei fallimenti. In lei non rimaneva altro che rassegnazione.
Quando l'annuncio della sua resa circolò tra sirene e tritoni, nemmeno i suoi acerrimi nemici la vennero più a trovare. Per quale motivo avrebbero dovuto? Per darle ancora qualche batosta? I buoni avevano abbastanza pietà da non infierire, forse però non abbastanza per capire di averla fatta soffrire.
Rimase così nella solitudine della sua caverna subacquea. Prima o poi qualche strega cattiva sarebbe arrivata a usurparla e lei non intendeva perdere l'occasione per chiacchierare con qualcuno. Tuttavia, per quanto aspettasse, nessuna strega arrivò, infatti nessuna intendeva prendersi in carico lo sconvolgimento di un mare tranquillo e tranquillo lo era perché lei, la ex strega, per quanto avesse provato, non era riuscita mai a sconvolgerlo.
Nella solitudine, questo fu il primo pensiero buono che le fosse mai venuto in mente: «Tutti hanno un cuore, anche se cotto sulla graticola di una malefica smania, il mio non ha mai ottenuto nulla.»
Il proposito di dare un sollievo al proprio cuore, con almeno una piccola vittoria, la indusse ad accettare l'estrema rassegnazione: fare qualcosa di buono. D'altronde in quel mare i buoni vincevano sempre, adesso era il suo turno di fare la buona, di riuscire in qualcosa.
C'era un vecchio piano malvagio, ovviamente naufragato, che le aveva lasciato qualche cimelio interessante nell'armadio delle boccette. Lo aprì e trovò proprio la pozione che cercava, i coralli la stavano assalendo da qualche tempo e una famigliola di cozze si accalcava sul suo vetro. Fece sloggiare tutti e la pulì fino a lucidarla.
«La pozione del desiderio», un certo distillato rosa in una boccetta rotonda che, ai suoi tempi, prometteva benissimo. Le era costato uno strappo di capelli dalla propria testa, un molare dalla propria bocca e sette scaglie dal fianco, una delle poche cicatrici a cui non si era mai riuscita ad abituare. Si carezzava spesso in quel punto e spesso ripensava al fallimento di quella storia, il re Tritone in persona l'aveva ragguagliata su quella pozione: «Sì, tu devi aver proprio creato il liquido che può realizzare un qualunque desiderio, ma non hai pensato a chi possa berlo.»
«Io posso berlo!»
«No, moriresti.» Il re Tritone le aveva lasciato provare a mettere una goccia nella bocca di una delle murene della strega, questa era morta all'istante. «Visto?» aveva aggiunto il re: «Solo una principessa può berlo ed esaudire un proprio desiderio.»
Di murene ne possedeva due ma la seconda, dopo la morte della gemella, aveva smesso di mangiare senza che la strega fosse più riuscita a convincerla. Odio, bisogno di vendetta, ricordare quella storia gliene aveva suscitato per anni. Solo ora riusciva a tenere in mano la boccetta senza tremare di rabbia.
Con quella appesa a tracolla in una piccola rete si diresse al palazzo reale di Atlantide. Sull'ingresso della città però le guardie la riconobbero:
«Volevi spacciarti per una vecchia mendicante?»
«È quello che sembro?»
«Forse, ma sei la strega su cui verte una condanna di cento anni di carcere.»
Lei rimase a bocca aperta: «Ho ancora delle cose che vorrei fare.»
«Anche la gente che hai coinvolto con la tua cattiveria aveva i propri piani. Sappiamo però che sei ormai insignificante: se ti allontani dalla città, lasceremo che tu viva libera ma in esilio.»
«Devo fare una sola cosa in città, se mi permettete di farla, poi non tornerò mai più.»
«Ti lasceremo passare una volta, però,» le guardie discussero tra loro e poi le dissero: «devi darci almeno la soddisfazione di fustigarti. Ci sono tanti tritoni e sirene meno criminali di te che sono stati puniti con la frusta.»
L'ex strega annuì e accettò di essere punita. La legarono a uno scoglio e la flagellarono una volta per ogni guardia. Lei non cercò di opporsi e non si lamentò. Solo dopo questo le concessero di passare.
Ai portoni del castello i soldati del re la riconobbero e risero di lei. Questa volta l'ex strega provò a ridere con loro, cercò di trattenere la sonora risata malvagia e, così facendo, non le uscì altro che uno squittio. I soldati risero ancora di più.
«Aspetta però, tu vuoi entrare a palazzo?»
«Veramente vorrei portare un dono al re.»
«Puoi, ma tutti ti devono poter riconoscere.»
«So che sono stata un'insidia per voi, ma non mi nasconderò più. Mi vestirò come vorrete.»
«Come non si vestirebbe mai nessun atlantideo: senza capelli e senza abiti.»
L'ex strega ebbe un brivido a immaginare la vergogna, tuttavia il suo cuore aveva bisogno di riuscire, almeno una volta. Si lasciò rasare i capelli dalla spada dei soldati quindi si denudò e con le braccia sul seno proseguì all'interno del palazzo.
C'era una fila per avere udienza davanti al trono e una tassa da pagare, tutti sapevano quante volte la strega aveva provato a rubare, nessuno capiva che non ci era mai riuscita e quindi non possedeva quasi nulla.
«Scusatemi,» si rivolse al cerimoniere di corte, «sono qui per dare un dono alla principessa...»
«Ci provi ancora, strega?»
«In realtà l'opposto. Il re Tritone conosce il dono che porto con me, se potessi parlargli lo accetterà di sicuro.»
«Paga la tassa.»
<Non ho nulla con cui pagarla.»
«Senti, strega, chi può pagare la tassa è perché ha vissuto lavorando onestamente, onorando il re e quant'altro di buono. La tassa non è alta e se non puoi permettertela non meriti di avere udienza.»
L'ex strega chinò il capo e si ritirò senza risposte in bocca. Quindi si sedette accanto alla fila e, proprio come quel che sembrava, iniziò a mendicare. Con una mano tesa avanti e l'altra a coprirsi gli occhi per l'imbarazzo.
«È lei?» bisbigliava qualcuno. «Sta tramando qualcosa?»
«No», diceva qualcun altro, «è finita. È stata una disgraziata, finché aveva tutto il potere magico che voleva, e ora è una disgraziata senza alcun potere. Questo è il suo reale aspetto, quello che si merita.»
La strega ne sentì molte di voci come quelle e sedette accanto alla fila a lungo prima che una sirena le mettesse in mano una moneta di madreperla.
«Toh, brutta murena, ti ricordi di quella promessa sposa di cui hai rubato tutta la dote in monete di madreperla?»
«Sì», lei prese un grande respiro, «se le ripresero tutte e assieme presero anche quelle che mi appartenevano.»
«Oh, come mi dispiace», fece sarcastica la sirena che le stava davanti, accanto a lei un tritone dal petto gonfio e attorno tre piccole sirenette, «ne vuoi altre indietro allora?»
«Scusatemi se ho chiesto elemosina proprio a voi.»
L'ex strega si vergognò ancora di più e di persone a cui aveva provato a togliere qualcosa ne dovette affrontare a decine, quelle a cui aveva cercato di rubare l'amore le schioccavano addosso perle pure, quelle a cui aveva cercato di rubare la forza le versavano in testa conchiglie preziose.
All'umiliazione in realtà non era mai stata estranea, era la soddisfazione di una vittoria che le mancava e, con questo sforzo di umiltà, riuscì finalmente a raggiungere il prezzo della tassa per l'udienza. Consegnò tutto al cerimoniere e si mise in fila.
La distanziavano di due spazi davanti e dietro perché nessuno voleva averla vicino. Quando arrivò il suo turno una grossa folla si accalcò ai lati della sala per sentire di cosa intendesse parlare al re Tritone. Questa rimase china e silenziosa finché il re non disse:
«Avanti è il tuo turno, forse sarà anche l'unico che la mia pazienza possa concederti.»
Lei schiarì la voce. «Ho passato la vita a cercare di distruggervi per affermarmi. Tutto ciò che facevate mi irritava e anche adesso non lo amo affatto, ma la legge di questo mare ha picchiato alla porta del mio cuore fino a sfondarla. Ora non ho altro che la speranza di poter concludere qualcosa, una sola cosa, che sia buona pure, ma che per lo meno mi riesca. Perché non mi rimanga di morire fallita e inutile.»
Il re sghignazzò a braccia larghe: «Facevi già del bene a tutti stando lontana da qui. Continua pure con questo grande successo. C'è altro?»
«Ho portato un dono.»
«Mi puzza.»
«Questo lo conoscete voi meglio di me: è la pozione che permette di esprimere un desiderio a una principessa. Non voglio nulla, è un dono, nemmeno la vostra gratitudine, voglio solo compiere qualcosa in questa vita, di buono.»
Il re Tritone sgranò gli occhi e senza aggiungere nulla disse: «Sì. Accettiamo il dono, ma ora vai via o sconterai i tuoi cent'anni di prigione.»
L'ex strega se ne andò, tornò alla propria caverna intenzionata a non uscire mai più. Ma, sebbene soddisfatta di essere riuscita in qualcosa, smaniava dalla voglia di vedere quali grandi risultati avesse dato il suo atto di bontà. Resistette qualche anno ma a un certo punto, a costo di rischiare la prigionia, uscì diretta ad Atlantide.
Arrivata in vista della città però non vide né le mura, né il palazzo, né le case, tutto era ridotto a cumuli di sabbia e rovine di pietre e di coralli spezzati. Disorientata vagò sulle macerie, in cerca di anima viva. Allora sentì distante e ovattato il canto di una sirena, non melodioso ma barcollante, come distorto dall'ebrezza del troppo bere.
Scoprì che il canto proveniva da una boccetta, la stessa della pozione che lei aveva portato a palazzo tempo prima. Dentro però non c'era più il magico distillato, ora ci si trovava una sirenetta che cantava immersa nel vino rosso.
«Scusami, ma cosa è successo qui?»
La sirena piantò la faccia contro il vetro e sorrise: «Tutto è cominciato quando sono diventata l'incantatrice più potente del mare.»
«Praticamente una strega!»
«Non mi ritenevo così, poi però ho voluto essere anche più potente di mio padre, gli ho rubato lo scettro, ma non mi bastava, così gli sono riuscita anche a rubare il trono. La gente si lamentava con me e io gli ho dato mille motivi in più per lamentarsi, ma insistevano ancora di più così ho raso al suolo le loro case, ucciso e cacciato via...»
«Perdonami ma come sei diventata l'incantatrice più potente?»
«Col desiderio di una pozione.»
«Tu sei la principessa?» L'ex strega rimase a bocca aperta.
«Ora sono regina e strega di questo mare.»
«Come sei finita nella boccetta?»
«Ci avevo messo del vino ma era poco, e non c'è più nessuno a darmene altro, così mi sono rimpicciolita e infilata dentro, è così tanto adesso che posso farci il bagno!»
L'ex strega a quel punto, con un rapido gesto tappò la boccetta, la principessa sirena era talmente ubriaca che non ci fece caso. Se la portò alla caverna posò la boccetta con la principessa nell'armadio, sospirò e chiuse le ante.
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