26 #DoublePonytail - Anello di perle fuorilegge
«Guardatemi!» Fedele vorticò un ramo di quercia su un dito, lo incuneò sotto il ginocchio e con un po' di pressione lo spezzò. «E uno e due» lanciò entrambe le parti nel falò.
«Ti sembra il modo di attizzare il fuoco?» brontolò Filomeno. «Se facessi questi giochetti in una forgia nanica verresti cacciato dentro anche tu.»
«Dubito che capiterà mai, anche solo che io entri in una forgia. Sono sicuro che potrei camminarci solo carponi.»
«Non sono così basse, bisogna arieggiare. Ma anche io dubito che ci tornerò.» Il nano infilò il collo della borraccia in quella fessura che portava in mezzo alla barba, sotto i baffi, la rovesciò per qualche abbondante sorso e poi diede un lungo sospiro. Sotto le sopracciglia irsute i suoi occhi luccicavano alla luce delle fiamme. Fedele ormai notava le lacrime del nano, molto spesso, sapeva però di non doverlo dire ad alta voce.
«Vuoi che ti racconti una storia, nanetto?»
«Servirà dirti di no?»
«Io vorrei sentirla», intervenne la strega seduta dal lato opposto ai due, «da quando ho perso il cappello il mio cervello è molto più libero di volare.»
«Volare lontano dalla tua testa», borbottò il nano, «succedeva anche quando avevi il cappello, comunque.»
«Non sono più una strega dell'oscurità, sono una strega dell'allegria ora: la tua acidità mi fa solo sorridere.»
Fedele osservò sul viso di Mavelina le spesse labbra assottigliarsi per esporre i denti: «Un collier di perle bianche su pelle diafana, gli occhi di una cerbiatta scovata da una freccia e quelle due code di capelli viola...»
«Fed», esclamò il nano, «piuttosto raccontami quella storia.»
«Ah sì: stai tranquillo nano Filomeno, presto o tardi ritroveremo la tua amata montagna.»
«Ma io non l'ho mica persa. Devo solo trovare il modo di tornarci.»
«Presto potrai riabbracciare i suoi fianchi rotondi, potrai affondare il viso nelle sue morbide colline, potrai lasciarti coprire la fronte dai suoi capelli...»
Il nano afferrò il mento di Fedele e lo voltò verso il proprio viso inferocito: «Di che stai parlando?»
«Della tua montagna.»
«Guardavi Mavelina e parlavi della mia montagna.»
«Beh, sì, io la chiamo trasposizione metaforica», avvicinò l'orecchio buono del nano e sussurrò, «uso quello che mi piace per descrivere quello che piace a te.»
«Non funziona», fece lapidario Filomeno, «i fianchi della montagna sono tutti duri e i capelli la montagna non ce li ha.»
«L'erba?»
«Smettila, Fed. Sono stufo di vederti sbavare, quand'è che le dai l'anello?»
«Non lo so.»
«Insomma quanto ti è costato prenderlo?»
«Niente, l'ho rubato.»
«E allora perché ti costa così tanto darglielo?»
«Adesso è in un periodo confuso della sua vita, non è il momento di farle grandi domande.»
«E invece sì!»
Fedele tornò con gli occhi alla strega, spesso il nano parlava a voce troppo alta senza rendersene conto, Mavelina tuttavia sembrava distratta. Guardava nella direzione opposta al falò, gli occhi spalancati verso un punto lontano del bosco, dove la luce non arrivava e, coperta dalle fronde, l'aria diventava più oscura della notte.
«Che bello.»
«Bello cosa, Mavelina?» Fedele le toccò una spalla.
«Uh», lei saltò, colta di sorpresa, «mi avete chiamata?»
«No, cosa stavi guardando nel buio?»
«Il buio», la strega abbassò lo sguardo, si grattò il naso e asciugò le mani dal sudore nella gonna, «non pratico più la magia delle ombre e della paura, ma il buio mi deve smettere di piacere?»
«Non credo», Fedele alzò le spalle, «cosa ne pensi nano?»
«Io penso che tu glielo debba dire, Fedele.»
«Dire cosa?» fece Mavelina.
«Lui lo sa», ribadì il nano, «e se non te lo dice lui te lo dico io», con le tozze dita mimò per aria la forma di un anello in cui infilava l'indice.
Fedele sgranò gli occhi e nascose quelle mani sotto le proprie: «Mi devi proprio costringere, Fil?»
«Pensa che è la stessa cosa che mi chiedevo io fino a poco fa. La risposta è sì.»
«Glielo dico ora, va bene? Ma tu ci lasci soli.»
«Questo volentieri.»
Il nano si sdraiò sul mantello steso sul cumulo di ghiaia che ci aveva ammonticchiato sotto, si accoccolò spalle al fuoco e poggiò la testa sulle mani.
«Ah», fece Fedele, «grande intimità che ci dai.»
«Intimità per cosa?» domandò Mavelina, all'improvviso col viso appiccicato al suo. Fedele sussultò dallo spavento e lei sorrise. «Non sono più una strega della paura, non spavento più la gente di proposito, ma se si spaventa da sola, posso ridere?»
«Mavel, ehm, sì. Perché no? Basta che tu non mi spaventi di proposito.»
«No.»
«Sicura? Perché ti sei avvicinata quatta quatta.»
«No no. Io mi muovo sempre così.»
«A quattro zampe. Sorridevi anche prima che ti avessi notata, vero?»
«Era perché immaginavo che ti saresti spaventato, ma non è che volessi.»
«Vedi, mi sembra che tu sia ancora un po' confusa su questa cosa della magia, forse è il caso di rimandare quello che ti devo dire.»
Dai grossi polmoni del nano venne fuori un rumoroso colpo di tosse, seguito da un'altra raffica, forzata e gracchiante finché Fedele non corresse le sue parole:
«Glielo dico. Alla faccia dell'intimità.»
«Cosa mi dici?»
«Vedi, Mavel, ricordi quando abbiamo fatto tappa in quel porto, dove c'erano tante navi e Filomeno non riusciva a stare tranquillo?»
«Lui odia il mare, ne ha una paura matta», sghignazzò.
«Esatto. Lì sono andato al mercato orientale, era tanto che pensavo a te, a noi, alle volte in cui parliamo tutta la notte. Al tuo viso niveo che appare nel buio, come la maschera di un fantasma, ma che, se hai il coraggio di guardarlo non puoi più smettere.»
«E cosa hai fatto al mercato?» intervenne la voce di Filomeno.
«Ci sto arrivando.» Fedele tornò a Mavelina e continuò: «Ero al mercato e ho visto un anello di perle che non mi potrò mai permettere in vita mia ma valeva molto meno della persona per cui volevo prenderlo. Perciò...» Fedele infilò una mano in tasca, quella tasca che da molti giorni di marcia gli metteva una pressione sul fianco a forma di anello, i sospiri pesanti del nano si chetarono per un lungo momento e pure gli occhi di Mavelina smisero di vagare nel buio, ora fissi sulle labbra di Fedele, aspettavano il seguito delle sue parole. Fedele le aprì e disse:
«Perciò mi è venuta in mente una vecchia storia» teneva l'anello tra le dita ma dentro la tasca, Filomeno diede un altro colpo di tosse, ma Fedele lo ignorò: «dalle parti della città in cui sono nato, ti ricordi che era un grande porto?»
«Sì?»
«Sì. Là giravano storie di marinai coraggiosi, molto più spesso incoscienti piuttosto che arditi. Alcune di queste storie tuttavia lasciavano credere che ci fossero due opinioni: che il marinaio fosse uno stolto oppure che fosse solo un innamorato.
C'era un marinaio costretto a stare di guardia alla nave all'ancora, di notte, una tra le più umili e noiose attività in mare. Eppure la faceva con orgoglio. Successe una notte che, mentre penzolava la testa fuoribordo, sotto i suoi occhi oltre la superficie dell'acqua luccicasse una perla così grande da vedersi fin dalla barca. Senza aspettare si tuffò, i compagni l'avrebbero perdonato e, se invece non se ne fossero accorti, non c'era bisogno che lo sapessero. Arrivato alla perla però ci trovò accanto una sirena, il viso candido, le labbra carnose, gli occhi viola.»
«Come me?»
«Ah sì?» Sorrise furbescamente. «Non me ne ero accorto, pensare che aveva anche due code di cavallo viola.»
«Proprio come me!» fece Mavelina entusiasta.
«Ecco, al marinaio la sirena sembrò in difficoltà quindi, invece che prendere la perla afferrò lei e la portò in superficie. "Perché l'hai fatto?" Chiese la sirena, ma lui non aveva nulla da rispondere, ammutolito davanti al suo viso incantevole. Sulla nave cominciarono a chiamare il marinaio chiedevano inferociti dove fosse. Se gli avesse portato la sirena loro lo avrebbero perdonato ma lui si posò l'indice sulle labbra e le disse: "torna giù qui non è sicuro. Addio."»
«Addio?»
«Non ti preoccupare. Il marinaio venne frustato ma, quando lo lasciarono in pace riuscì comunque a sorridere, aveva visto un volto di donna che nemmeno nei porti più lontani s'era mai visto.
Ora, devi sapere che la sirena come aveva due code di cavallo», carezzò una di quelle che portava in testa Mavelina, «aveva anche due code di pesce, una che amava il buio delle profondità e una che amava il riverbero della luce sul viso dei marinai. La sirena la sera dopo mise la sua perla sul fondale, nella speranza di vedere qualche marinaio affacciarsi a guardarla, questa volta però molto più a fondo sicché nessuno osasse tuffarsi per prenderla.»
«Però il marinaio era di nuovo di guardia, vero?»
«Oh sì, il marinaio da tutta la notte cercava sui fondali e vide la perla, vide quanto a fondo stava e si tuffò di nuovo. Il sale gli bruciava sulla schiena, ma non smise di nuotare e giunse tanto in fondo da raggiungere la perla, di nuovo, invece di prenderla si guardò attorno e trovò la sirena.
Tornarono a galla di fretta, perché il ragazzo non affogasse, quindi si baciarono.»
«Tanto?»
«Tanto», rispose guardandole le labbra: «tantissime volte. Il marinaio allora le chiese: "ti prego resta a galla e vivi con me." La sirena rispose che non poteva, lei aveva due nature: una dell'abisso e una per lui. Lo avvisò: "domani notte la mia perla sarà ancora più a fondo e tu non potrai prenderla senza affogare, non scendere più, basta che ti sporga dalla nave e io sarà felice, almeno per metà."
Il marinaio tornò a bordo e lì venne frustato di nuovo, quasi non si riusciva più a reggere in piedi ma, per tutto il giorno che seguì, fino a sera, si allenò a trattenere il fiato.»
«Per andare da lei, vero?»
«Quando al suo turno di guardia si affacciò dalla nave, vide la perla a quaranta braccia sott'acqua. E si tuffò fino a raggiungerla, prese la perla e la portò via, riuscì ad arrivare a galla senza guardarsi attorno.»
«Perché?»
«Durante il dì successivo andò da un artigiano e fece incastonare la perla in un anello. Quando arrivò la sera, si mise di guardia, si sporse dal parapetto della nave e fece un grande sorriso. La sirena emerse dall'acqua di sua spontanea volontà. "Mi hai rubato la perla." Lo accusò e lui le rispose: "sì per farne un anello che tu possa portare sempre addosso e così che tu possa lasciarti trovare da me." Il marinaio glielo porse ma lei, o forse il lato della sua natura che amava il buio prese l'anello e lo lanciò nel punto più profondo che conoscesse. Il marinaio convinto di perdere l'unico oggetto che gli mostrava dove si trovasse la sirena, si tuffò subito per recuperarlo prima che affondasse troppo. Lo inseguì sempre più giù e lo prese ma guardando in alto seppe, per certo, che non sarebbe tornato in superficie prima di finire il fiato. La sirena gli arrivò accanto e lui le offrì l'anello. Accettarlo e portare in salvo il marinaio oppure rifiutarlo e lasciare che lui e l'anello affondassero nelle sue amate oscurità.»
«E lei accettò l'anello?»
Fedele strinse quello che portava in tasca, il seguito della storia non c'era, doveva concluderlo lei appena lui le avesse offerto l'anello di perle. Guardò il viso di quella ragazza, senza il suo cappello e con quella piega confusa tra le sopracciglia, mollò l'anello e tirò fuori la mano dalla tasca. «La sirena non era pronta a decidere, lasciò che l'anello sprofondasse nel buio e portò in salvo il marinaio, ma non si fece più vedere da lui e nemmeno la sua perla si vide più luccicare nella notte.»
«Oh, ma porca pietra!» Il nano si alzò a sedere. «Hai fatto tutto questo giro per tirarti indietro? Sei un vigliacco.»
«Certi marinai», rispose Fedele, «alcuni li credono degli incoscienti, altri invece li credono degli innamorati.»
«Non hai capito, tu sei solo un vigliacco. E io non ti voglio più ascoltare per stanotte.»
«Nessuno voleva che tu ascoltassi, Fil.»
«Errore mio, grosso errore mio.»
Mavelina si avvicinò al viso di Fedele, sorrise e bisbigliò: «Anche secondo me sei un vigliacco, anche un incosciente, ma innamorato non lo so proprio.»
«Oh sì che lo sono, Mavel, lo sono tantissimo.»
«Mh, io non credo.»
«Lo sono! Te lo posso promettere su qualsiasi cosa.»
Mavelina distese la bocca in un grande sorriso come aspettasse solo quel momento e gli domandò: «Di chi?»
Fedele arrossì.
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