10 #Vibe - Bugiardo
L'unica adolescente al Circolo del Pesce, il venerdì sera? No, grazie!
Le altre sirene si sono inventate la solita scusa per non venire, ma loro non hanno uno squalo come padre: «ampolle di Lorenzini», le chiama lui, «è così che percepisco le vibrazioni del tuo cuore.» Anche Kami ha ereditato le ampolle, "le rileva bugie", suo padre infatti percepisce quando prova a mentirgli come lei si accorge di quando lui conosce la verità. Nulla di più stressante.
Che poi le ampolle di Lorenzini assomiglino a una spruzzata di punti neri, sulla fronte e sulle guance, Kami cerca di non ricordarlo. Odia già abbastanza il suo aspetto, come odia lo squalo che le assomiglia di più, suo padre.
A metà serata al Circolo del Pesce Kami sente di aver sprecato metà dei suoi anni dietro quei bacucchi, è stufa di vedere le loro pinne flosce che riempiono il salone sotto gli scogli. Ma, tra lo spettacolo di scherma con pesce sega e marlin, e il concerto di fiati con delfini e cavallucci, c'è qualcosa che Kami aspetta trepidante, la grande portata: in una gigantesca valva un sanguinolento buffet di carne tagliata, in tranci da inghiottire interi.
Da bambina la mandava in visibilio tutto quel sangue, ora alza le spalle, ciò che le interessa di più è la frenesia alimentare che prende suo padre. Il vecchio squalo si fionda sul buffet con la bocca aperta, non si accorgerà di dove sia la figlia, almeno per qualche ora.
Kami soffia il naso, l'odore del sangue le mette fame ma non le va di mangiare. Si concentra invece sulle vibrazioni che arrivano dalla cucina, il giovane luccio che fa il sous chef ha aperto la porta sul retro e lei aspettava solo questa occasione.
Molla il tavolo del padre, senza una parola, e si lancia tra le porte della cucina. Sghignazza: i cuochi sono tutti figli o cugini di pesci predati dagli squali, a vederla arrivare si dileguano come sardine inseguite da un'orca. Uscita dal retro, Kami riesce a vedere il fievole bagliore di un tramonto rosso sfiorare la superficie del mare, non affonda abbastanza per raggiungerla. Nessun problema andrà lei lassù.
Prima di dare un colpo di coda, una vibrazione le pizzica le ampolle sulla guancia, il cuore del sous chef sta battendo all'impazzata. Lo individua all'istante, nascosto dietro una roccia.
«Ciao», ghigna con tutte le ventotto zanne in mostra, «non ho fame, ma ho sete.» Ruba dalle pinne del luccio il drink al pesce palla, un bel sorso le fa girare subito la testa. «E quello?» Toglie dalla bocca del pesce un tubicino di spugna, non può trattenersi dal provare. Il luccio trema.
«Se tuo padre viene a sapere che ti ho fatto aspirare il veleno di spugna...»
«Lo so, è per questo che non glielo dirai.»
Tira un'aspirata bella forte, il veleno di spugna non ha mai ucciso nessuno squalo, almeno crede. Veleno innocuo per i suoi polmoni un po' meno per il suo umore: stasera ha voglia di innamorarsi.
Getta via la spugna e avvicina la bocca al luccio, questo rimane immobile a fissarle i denti. Kami si avvicina tanto che per poco non gli buca le pupille con quelle punte, sente i battiti del suo cuore vibrare nell'acqua ed entrarle nella pelle, le fanno venire fame, non proprio quello che sperava. Gli da un bacio sulla fronte e saluta:
«Addio!»
Un colpo di coda e abbandona il fondale. Si scuote dalla polvere e dalle sabbie, si lava con la salsedine. Accelera chiude gli occhi e infrange la barriera della superficie. Fuori dall'acqua i suoni hanno tutto un altro gusto. L'atmosfera è più lenta e le vibrazioni meno immediate, più fumose, almeno per lei.
Batte di nuovo nell'acqua e torna sotto, giusto di qualche metro, riesce comunque a vedere il tramonto sopra di lei nella grande lente che distorce la luce tra l'aria e il mondo liquido.
Torna in sé per un momento, il padre non sarà distratto a lungo, deve trovare compagnia prima di dover tornare al Circolo della noia.
Abbassate le palpebre le vibrazioni le parlano, sente qualcosa, non una preda qualsiasi, questa volta si tratta di umani, i suoi preferiti. Prega che siano giovani mentre nuota nella loro direzione e ci gira attorno qualche volta, sarà di nuovo l'istinto ereditato dal padre, ma vuole capire la loro posizione, la fa sentire più sicura. Fanno il bagno accanto a un lungo yacht, sulle loro teste scintillano luci stroboscopiche e tra aria e acqua vibra una musica dai bassi potenti. Ne avvicina un paio.
«Ciao»
«Aiuto!» Lo prende di sorpresa. «Ma come sei truccata?»
Kami nasconde i denti a punta sotto le labbra, con l'acqua fino alle spalle si confonde per un'umana, a meno di qualche dettaglio, come la pelle grigiastra e le piccole branchie sulle gote.
«Sto male?»
«No, sei un fenomeno.»
Nessuna menzogna, lo sente nei battiti del cuore di quell'umano. Kami si lascia sfuggire un sorriso che con l'orlo delle labbra sembra toccare i lobi delle orecchie. L'umano impallidisce con gli occhi fissi sulla dentatura seghettata.
«Miseria!»
«Stai calmo, voglio solo un po' di compagnia. Dove scappi?»
L'umano però nuota via, tremendamente lento, si lascia alle spalle solo la schiuma e una scia d'odore che lei non ha alcuna voglia di annusare. Gli umani lasciano l'urina quando sono in pericolo, come l'inchiostro dei polpi, tutti e due patetici a parere suo.
Il tempo stringe e lei è ancora insoddisfatta. Non le rimane che sbirciare nello yacht. Uno dei maggiori divieti di suo padre: "non avvicinarti a nessuna barca perché ti infiocinano", nulla di più eccitante. Ai granchi gli ordini del padre.
Trova la catena dell'ancora e sale su per lo scafo. Sbircia dagli oblò, gli umani là dentro ballano sulla loro coppia di zampe separate, non i movimenti sinuosi della danza sottomarina, ma qualcosa di ritmico, una vibrazione che batte nell'aria e prosegue nei loro corpi. Kami fa spuntare i capelli bagnati oltre il parapetto.
In realtà non ballano tutti ma tutti sorridono, tra loro c'è un uomo con le cuffie in testa e un mucchio di congegni davanti, la musica esce dalle casse ma, in qualche modo lei percepisce che è lui a farla battere. A osservarlo le pupille della sirena si dilatano fino all'orlo degli occhi, le vibrazioni che manda quel ragazzo le entrano nei pori della pelle, le raggiungono i timpani e la fanno fremere nelle ossa. Non vuole più innamorarsi, ci è già riuscita, ora vuole abbordare quel deejay.
Passa sotto la barca e si arrampica sullo scafo sul lato della console. Arrivata accanto a lui, sul punto di salutare si ricorda di come il suo "ciao" le faccia spuntare tutte le zanne. Appesa al parapetto allunga un braccio e carezza la spalla del ragazzo.
«Ciao», questo si toglie una cuffia, «vuoi salire a bordo?»
Lei sorride a labbra chiuse, con un'occhiata gli fa cenno di guardare oltre il parapetto: «non ho le gambe.»
Il dubbio di aver scelto le parole sbagliate picchia su Kami così come la colpisce lo sguardo perplesso del deejay. Il ragazzo si sporge e rimane a bocca spalancata quando le vede la coda.
«Una sirena?»
«Sì», afferma decisa, le sue amiche avrebbero detto squalo/sirena, ma non c'era bisogno di correggere quell'umano. «Mi piaci.»
«Io?»
Kami nota di nuovo stupore nel ragazzo, forse ha scelto di nuovo le parole sbagliate, forse delle parole troppo sincere. D'altronde non sta parlando con suo padre, davanti al quale tergiversare o mentire è inutile. «No», prova a mentire, una delle prime volte che le sia mai capitato, «intendevo la tua musica. Fammi sentire.»
«Certo.»
Il deejay le cala le cuffie sulla testa, occhi negli occhi con lui, Kami riceve quei suoni come scosse elettriche attraverso i tessuti, batte la coda a ritmo, ride, sente di volersi agitare ma non allontanarsi mai più di lì. Da quell'umano.
«Sei una sirena, quindi canti», il deejay la riscuote dall'estasi della melodia, «canti come una dea, giusto?»
«Certo!»
Il ragazzo abbassa la musica e tira fuori un microfono: «Ascoltate gente, abbiamo una vera sirena stasera che ci farà una performance,» le passa il microfono, le strizza l'occhio e sussurra, «fallo per me.»
«Per te?» Kami sorride, ingrigisce sulle gote, all'improvviso calde, prende il microfono e lo poggia sulle labbra, conosce tante melodie degli abissi, il canto delle balene azzurre, i trilli dei delfini e i lunghi fischi che attraversano le acque per miglia e miglia.
Batte la coda sullo scafo, a ritmo, ma se ne accorge solo quando tutti gli occhi si piantano su di lei, la musica si abbassa e un faretto la illumina. Vocalizza qualche nota, giusto per scaldare le corde vocali, quindi intona la Sinfonia dei sette mari, la stessa che cantava sua nonna ai marinai della Compagnia delle Indie, la più antica e delicata canzone che orecchie umane possano udire.
Quando schiude gli occhi, al termine della seconda strofa, nessuno sorride più, tutti la fissano con una smorfia sulla bocca, sembra disgusto, ma lei non riesce a decifrarlo.
«Andiamo, gente. Balliamo», con queste parole il deejay alza di nuovo la musica e spegne il microfono mentre è ancora in mano a Kami. I bassi scuotono di nuovo la nave e la voce della sirena si spegne sotto la forza delle vibrazioni.
«Scusa?» Tocca la spalla del ragazzo, gli restituisce cuffie e microfono. «Non era finita.»
«Ah no?»
«Ancora qualche strofa, forse non le avrei fatte tutte.» Kami si gratta il gomito, abbassa le pupille, sente imbarazzo. «Non ti è piaciuta?»
«No, figurati, sei un fenomeno. Devi solo sintonizzarti su un vibe un po' più moderno, tutto qui.»
«Grazie.»
"Sei un fenomeno", Kami percepisce le vibrazioni nel cuore del deejay, potrebbe dire di averlo sentito mentire proprio in quel momento, ma non capisce perché avrebbe dovuto.
All'improvviso qualcuno grida tra la gente in acqua: «uno squalo mi ha morso!»
«È arrivato mio padre a prendermi.»
«Cosa?» il deejay è di nuovo stupito, lei gli volta le spalle.
«Ciao» e si tuffa in acqua.
Scortata sotto l'ombra enorme del padre, Kami non si sente più forte e determinata come quando aveva lasciato il Circolo del Pesce, anzi, a questo punto tornarci la farebbe sentire meglio.
«Papà, io sono stonata?»
«Dov'eri andata?»
«Rispondimi e basta!»
Il padre si pulisce su una spugna il sangue sbrodolato agli angoli della bocca. Da quando i denti gli crescono a file alterne non riesce a sbrindellare più come una volta e fischia mentre parla, in un modo imbarazzante: «Vuoi farmi sentire qualcosa?»
«Non voglio cantare ora, voglio sapere se sono stonata.»
«Sai, a uno squalo non deve essere intonato. Tua madre cantava per cacciare. Gli squali non ne hanno bisogno.»
«Lo sono o no?»
«No.»
"No" ha detto suo padre e per la prima volta lo sente mentire, lo percepisce dalle vibrazioni, lo percepisce con tutti quei pori sensibili che ha ereditato da lui assieme, a quanto pare, all'incapacità di cantare.
Kami, scesa a casa sul fondale, decide di non tornare mai più in superficie, di dimenticare quella sera, quel ragazzo e quell'imbarazzante momento. Ma, di tanto in tanto, senza che nessuno la veda, prende due conchiglie rotonde e se le posa sulle orecchie, come fossero le cuffie di quel deejay, chiude gli occhi e ripensa alla sua musica. Canta a bassa voce e sogna di piacergli.
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