CAPITOLO TRE
Cole si risvegliò infastidito da un continuo suono assordante, proveniente dal fondo del grande letto.
Si girò innumerevoli volte su sé stesso, convincendosi di cercare l'oggetto interessato, alzandosi furiosamente dal letto e trovandolo sotto la coperta intento ancora a vibrare.
Era un telefono cellulare identico a quello di Klara, nero e con diverse chiamate perse annunciate sullo schermo, attraverso una fastidiosa notifica luminosa.
Per sbloccarlo occorreva una password con impronta o con caratteristiche facciali, richiedendo foto o il passaggio di un dito. Per pigrizia, il ragazzo premette il punto indicato ma ciò segnava "errore", costringendolo a tentare ulteriori volte prima di riuscire a sbloccarlo.
Lo chiamò in quell'istante un certo Marcus, sullo schermo era presente ora il suo profilo in rubrica ed una sua foto: era uno dei fratelli gemelli che Cole vide all'ospedale.
«Pronto..?» Rispose titubante, non riuscendo ancora a capacitarsi di quell'insolita circostanza. Si stropicciò un occhio, portando per un istante lo sguardo sul pigiama e facendo mente locale di tutto.
La foto poi si mosse, rivelando essere una chiamata con tanto di video incorporato, lasciando interdetto il ragazzo.
«Hayden, buongiorno! Ti sei svegliato presto questa mattina!» Rise il tipo, con tanta ironia.
«Senti, ho aggiustato la moto, quando vuoi passa pure, ti offro anche qualcosa da bere», esclamò il ragazzo ammiccando, il suo tono squillante mise paradossalmente un attimo di buon umore Cole.
«C...Certo.» Ancora sorpreso notevolmente dalla qualità della chiamata, Cole fissava lo schermo come se fosse a contatto con un alieno.
«Ti senti bene, amico? Hai un faccia...»
«Sì, ehm... Sì, tutto ok.»
«Ti aspetto, allora, ho finito in officina per questo weekend. A più tardi!» E chiuse la chiamata senza dar tempo all'altro di replicare.
A Cole non rimase che alzarsi e prepararsi per recuperare quella che era la moto di Hayden. Un po' lo spinse l'irrefrenabile curiosità di vedere di che modello si trattava.
Se si trovava realmente in un futuro utopico come quello, poteva immaginare solo enormi bolidi da assalto, indistruttibili e velocissimi, che facevano mangiare la polvere alla sua "carretta" di macchina.
Mentre scorreva ancora su quel telefono, incuriosito dai software che conteneva, vide altri messaggi ricevuti poche ore prima, da Klara e da un ragazzo: un certo Austin, non aveva alcuna immagine ma scriveva poemi per esprimersi, in praticamente ogni suo messaggio.
In quell'ultimo disse:
"Appena puoi, chiamami. Ho bisogno di dirti tante cose... Sono contento che tu stia bene."
Solo quello.
Cole non sapeva come comportarsi, la curiosità lo spinse a chiamare tale contatto, pentendosi subito dopo di quanto fosse stupido, sia perché non erano -teoricamente- fatti suoi e sia perché non aveva la minima idea di chi fosse e se fosse qualcuno di estremamente importante per avergli scritto in quel modo.
Giusto il tempo di ripensarci che l'altro rispose alla chiamata, anche questa volta era presente il suo viso in movimento e Cole riconobbe il ragazzo biondo presente all'ospedale al suo risveglio. Uno della comitiva di Hayden.
«C... Ciao» lo salutò incerto, l'altro sembrava parecchio timido.
«Ciao, Hayden. Come ti senti?» La sua voce era profonda, in sintonia con i tratti duri del viso, i zigomi lineari e due occhi glaciali sotto un campo di capelli color grano, rigorosamente tirati indietro, finendo per restare fissi in alto.
«Meglio, grazie... E tu?» Chiese a sua volta, non sapendo cosa aggiungere.
«Anche io, il solito, diciamo.»
Successivamente, il silenzio colmò la conversazione. Austin sembrava esitare ma poi riuscì a dire: «volevo parlarti di quello... Quello che è successo alla festa di Millie, una settimana fa...» Diventò improvvisamente rosso e Cole non si sapeva spiegare il perché.
«Cosa... Cosa intendi?» Pensò subito a cosa avrebbe mai potuto combinare quell'Hayden per suscitare una reazione simile dal suo amico. Magari quello che tutti credevano perfetto - e un po' anche Cole - aveva anche lui dei difetti. Forse fumava erba di nascosto con Austin o forse era andato anche oltre; di questo Cole era, a tutti gli effetti, un esperto. Al solo pensiero un ghigno si formò sulle sue labbra, compiaciuto della sorpresa del ragazzo. Sì, era invidioso, e poter rovinare la sua reputazione in tal modo non la scartò come idea.
«Posso venire da te..? Penso... Penso sia meglio incontrarci.»
«C...Certo. Ok.»
«Sbrigo delle cose e arrivo, a più tardi.»
Così anche Austin chiuse la chiamata lasciando Cole piacevolmente stupito. Avrebbe prima parlato con il ragazzo biondo per poi andare a riprendere la moto, ovviamente accompagnato da lui visto che non aveva la minima idea di dove abitasse l'altro di nome Marcus.
Cole andò nel bagno, meravigliandosi di come fosse grande e lindo, sul tema del nero e dell'oro. Una vasca ovale posta sotto della luce soffusa e circondata da creme per il corpo, diversi shampoo e candele profumate. Un'altra cosa che notò di Hayden fu l'amore nel curare il suo aspetto; sembrava avesse una forte stima di sé stesso più di quanto ne avesse Cole che, d'altra parte, si radeva solo la barba e tagliava solo i capelli e sempre corti, altro che lozioni per il corpo.
Si spogliò davanti lo specchio, analizzando da cima a fondo quel corpo così estraneo eppure che riusciva a toccare, percepire, manovrare a proprio piacimento. Lasciò scorrere i ciuffi sopra il suo volto, liberandoli dalla sorta di gel che li teneva fermi, osservando quel colore che apparteneva loro piuttosto mistico, un castano tendente al biondo, luminoso sotto le luci del bagno. Rilasciavano un profumo fresco che ricordava l'agrume d'autunno. Alcune gocce di sudore scivolarono lungo la clavicola e Cole si soffermò ad analizzare a sua volta il petto gonfio e un addome ben in vista, fino all'inguine. L'unica cosa buona - e lo stava ammettendo lui stesso - era che Hayden fosse sicuramente un ragazzo attraente.
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