3.Come violaceo arbusto disteso sul selciato.
La pelle si levava a scaglie, tagliare pezzi di quella carne costava quasi la perdita delle zanne, il sangue violaceo sgorgava lentamente, seguendo l'andamento dello spazio tra le scaglie come un albero ferito.
Il sapore era acido.
Ma un topo non guarda al sapore.
Una colonia di ratti si era accostata a quel corpo lasciato sulla strada, nessuno sapeva se fosse vivo o morto, sveglio o in un sonno profondo, ma d'altronde nessuno se ne sarebbe importato.
Rossacque non aveva un sistema fognario, o precisamente lo aveva ma molto rudimentale.
L'insieme dei condotti di scarico della fabbrica di vasi, si estendeva lungo tutto il villaggio, ma soventemente ratti di campagna riuscivano ad uscire, particolarmente in queste giornate umide.
Non si conosceva nemmeno esattamente se fossero di campagna o meno, l'ultima volta che qualcuno scese nelle fognature per controllare l'effettiva popolazione di roditori, non fece più ritorno a casa.
Il sangue caldo scioglieva ogni ossa, ogni muscolo, intere membrane si corrodevano, fondendosi insieme, come in un valzer tossico, ad uno a uno i ratti iniziarono a morire, sollevando le piene pance al cielo, come per far uscire meglio la loro anima, la loro sofferenza.
Quelli che non avevano ancora saggiato l'amara miscela iniziarono a scappare alla meglio, ma il colpo di grazia lo diede una secchiata d'acqua lanciata chissà da chi.
«Sparisci razza di mostro!»
Urlò un commerciante che si apprestava a pulire il suo vicolo o meglio la sua discarica personale.
Quell'essere si alzò di scatto, non stava dormendo, a malapena sveglio, confuso tra il sogno e la realtà, guardava il suo corpo deturpato e succhiato dai ratti, come nell'attesa di una lenta morte, una viscida punizione.
Sperava che questa volta la sua natura sarebbe stata silente, dormiente, che quei ratti sarebbero riusciti a mangiarselo o almeno ad attaccargli qualche malanno.
Ed invece madre natura tornava, ricordandogli che non fosse umano. Nemmeno dentro.
I ratti scapparono o affogarono, spostati poi da un colpo di scopa dal loro uccisore, il "mostro" si allontanò senza nemmeno guardare l'uomo, chiudendo il cappuccio su di sé, cercando di coprire le corna, per quello che si riusciva.
La coda sgusciava fuori dalla tunica, spolverando la strada lastricata di pietre storte, a malapena asciugataesi dopo la tempesta della notte.
La tunica viola con bordi dorati si confondeva con la sua pelle altrettanto viola, scura come forgiata dalle fabbriche del più oscuro degli inferni, dal più malsano seme della vita.
I suoi piedi, che sembravano quasi zampe viste da lontano, avanzavano per inerzia lungo la strada, mentre si copriva come se sentisse freddo.
Ma quella creatura non poteva sentire freddo, era composto della stessa natura dei diavoli, si nascondeva dalle occhiate della gente, dal freddo sguardo della vergogna, un'unione tanto dannata quanto blasfema.
Decise di lasciare la strada principale e precipitarsi di nuovo verso qualche vicolo.
Non mangiava da sette giorni, per un tiefling non era molto, ma "lui" continuava ad insistere nel comportarsi in modo "umano".
I tiefling erano ciò che di più misterioso possa esistere al mondo, persino un dragonide sembrava normale vicino a lui, lo spavento e l'odio della gente era causato dal fatto che le sue corna, la sua coda, la sua lingua biforcuta, la pelle violacea, gli occhi, un ibrido di umano e rettile con degli strani simboli che nuotavano circolarmente nell'iride, i denti aguzzi, erano la prova di un retaggio infernale, uno sputo in faccia a tutto ciò di sacro a questo mondo.
Molti sostenevano che un tiefling nasca dall'unione di un umano ed un demone, o da una violenza, una maledizione, un patto con il più infimo dei signori delle tenebre.
Fatto sta che ciò di più spaventoso in un tiefling erano i suoi poteri.
La natura ignota e oscura gli conferiva poteri spaventosi, che nessuno avrebbe mai il desiderio di provare.
Un mutante delle oscure tenebre, che conservava solo vagamente l'aspetto umano, i sentimenti che forse erano ormai scomparsi.
Ma bastava l'ignoranza della gente per far nascere un sentimento di nuovo, il più delle volte, l'odio.
Nascosto dall'ombra degli edifici che non facevano passare il sole, la creatura rovistò nella pattumiera di una trattoria, sperando in qualche avanzo.
Lesta si aprì la porta.
Irruente lo colpì un getto di spazzatura.
«Ma cosa... Tu brutto figlio di una cagna dannata! Come osi mostrare il tuo brutto muso qui?»
La creatura non sapeva cosa fare, impaurito e furente guardava l'uomo con fare di sfida, mentre le bucce di qualcosa gli colavano dai lunghi capelli neri.
«Giuliaaa porta qui la mannaia!»
L'uomo, un grasso e grezzo armadio in canottiera, stava ormai perdendo la testa, avrebbe ucciso quello schifo, ed avrebbe ricevuto i complimenti del villaggio.
Solo per quello visto che la cucina del posto lasciava molto a desiderare.
Senza via di scampo, la creatura decise di agire, prima che la situazione potesse mettersi ancora peggio, le guardie e il vicinato avrebbero di sicuro notato quel frastuono.
« Tharin-sharon* »
Disse sottovoce, con una musicalità ed un tono della voce che non apparteneva a questo mondo.
L'omone svenne subito, cadendo in un sonno profondo.
L'essere continuò a sbirciare tra i rifiuti, conoscendo Giulia, la cameriera del locale, sarebbe arrivata tardi, probabilmente stava fumando Seriton da qualche parte, un'erba allucinogena che cresceva in luoghi umidi e scarsamente illuminati, lo sapeva perché la coltivava e vendeva lui in una grotta fuori dal paese, vicino al fiume.
Ma nessuno voleva comprare da un mostro e i soldi di Giulia e Giorgia, uniche sue clienti, certamente non bastavano( anche perché perennemente al verde).
Giulia uscì furente dalla porta che dava sul vicolo, brandendo la mannaia tra le mani e urlando in modo ridicolo.
Aveva sentito il suo capo urlare e poi zittirsi di colpo. Non era una cosa normale.
Prima che potesse agire, Giulia si rese conto della situazione e riconobbe la creatura.
« Damakos...»
Abbassò la mannaia e lanciò un lungo sospiro.
«Ciao Giù»
Disse Damakos con la bocca piena di qualcosa la cui coda penzolava fuori dalla sua bocca.
« Smettila di mangiare quello schifo, entra ti do qualcosa di più commestibile prima che si svegli il ciccione»
Giulia preparò un sacco con qualcosa da mangiare appena pronto.
« Come le spiegherai le cose che mancano?»
«Tu prendi e zitto, vedilo come un pagamento per la roba.»
Damakos prese e si diresse verso l'uscita.
« Il retro!»
Sospirò e si girò verso l'uscita dietro.
«Vero ricordo che sono un mostro...»
Giulia lo guardò dispiaciuta, avrebbe voluto contraddirlo ma sapeva che era così, almeno all'apparenza.
«Hai fatto un casino, la prossima volta ti porto io qualcosa alla grotta.»
Disse Giulia come a rimproverarlo.
« Non sono il tuo animaletto domestico Giù, salutami Giorgia.»
Giulia si zittì un attimo poi si diresse verso l'uscita, doveva avere l'ultima parola ovviamente.
« Stupido lo sai che...»
Damakos era già scomparso.
«Allora io vado alla locanda, tu torna al mercato per spiegare la nostra assenza dal lavoro, mi raccomando non una parola su Hans».
Darkai era più serio del solito, e come non poteva? Il lavoro di Hans era la cosa più grossa capitatagli da due anni a questa parte e poi doveva parlare con lei... Lemkova.
Spiegarle tutto e il tempo che avrebbe dovuto aspettare prima di un suo ritorno.
«Va bene capo a dopo, mi raccomando non fare casini.»
«Non fare casini tu Knack, non farmi venire a salvarti come sempre.»
«Come sempre pft... guarda che quella volta non è stata colpa mia, se avessi bevuto meno del solito, il bestione starebbe ancora sentendo la ninna nanna all'ospedale.»
«Ed invece all'ospedale ci sei finito tu, vedi di non tornarci, non ho tutti questi soldi...»
«Ah grazie capo, mi fa piacere sapere che ti preoccupi per me come sempre. Spilorcio!»
«Spilorcio lo dici a quel barbone che vive al mercato non a me nano infame»
Disse Darkai in modo ironico, non tanto ironico verso il povero barbone.
La locanda di Maltinus l'halfling, non si trovava lontano, Darkai avrebbe incontrato la sua piccola amata nel vicolo sul retro come al solito.
Appena giunto, il dragonide notò delle guardie all'entrata della locanda, ed ovviamente anche nella strada che portava al retro.
Maltinus non era solamente un semplice barista, ma aveva quelle sue piccole e goffe manine in molti affari loschi in paese.
Ovviamente per pochi spicci chiunque si farebbe assoldare per picchiare un dragonide, o peggio ucciderlo...
'Certamente non si possono scavalcare le case, non sono mica un ranger, abbattere le guardie è sicuramente indiscreta come cosa, mhh mi toccherà usare le fogne. Di nuovo...'
Pensava Darkai nascosto alla bene e meglio dietro ad una parete.
Con un semplice sforzo alzò il tombino e si catapultò dentro.
« Puzzerò un po' ma Lem lo capirà.
Fortunatamente la strada da fare non è lunga, niente "ratti mannari" o stronzate simili.
Questi popolani sono proprio stupidi, come si può credere che...»
« GHIAAAAAH!»
Un grido straziante si impadronì dell'intera fogna.
«Ti pareva...»
Darkai si mise in posizione e pose la mano sull'elsa dello spadone, pronto ad ogni evenienza.
Attese...
Attese...
Ancora...
Ma nulla.
Rinfoderò quel poco spada estratta e si avviò verso l'uscita.
«GRHIIIIIH!»
Di nuovo ma questa volta più vicino.
Darkai lo sentiva avvicinarsi in corsa dietro, ma decise di muoversi e scappare piuttosto che combattere.
« Non sarà onorevole, ma puzzo già troppo bello mio.»
In un batter d'occhio Darkai fu fuori nel vicolo della locanda, mentre un grosso sorcio sbattè la testa sulle sbarre del tombino, gridando verso il dragonide, infine lo osservò furente.
Darkai si accovacciò fissando quello schifoso essere con aria di sfida.
«Oggi ho da fare bello mio, ti ammazzerò un'altra volta, non disinfesto gratis»
Il ratto tornò sui suoi passi verso la sua misteriosa tana.
«Forse dovrei dire allo sceriffo di quella cosa, ma a pensarci perché dovrei? Darebbero la colpa a me in ogni caso. »
Letti lasciati
Ogni mattina
Di donne pagate
Per compagnia
Viaggi lontani
Cavalieri e tesori
Draghi morenti
Ed elfi feriti
Caserme e prigioni
Reami fatati
Oh dolce ragazzo tu sogni nel mezzo del gregge
L'ardente vita del cavalier servente
Oh dolce ragazzo tu sogni nel mezzo del grano
Il bacio rubato di una tua bella...
Il bardo cantava nella locanda la storia di mille avventure e mille sogni, allietando le bevute dei clienti per qualche moneta a giornata.
Malthinus stava sul retro a fare i conti della giornata, mentre al banco serviva Borok il mezz'orco.
Leggiadra ed abile, splendore immerso nel lercio, Lemkova serviva i clienti in modo impeccabile, faceva questo da quando era piccola, oddio non che oggi fosse grande...
Ma lo odiava.
Odiava la locanda, odiava suo padre e la sua famiglia, odiava tutto di quel paese, solo una cosa la faceva svegliare ogni mattina ed alzarsi dal letto: Darkai.
Aveva conosciuto il lucertolone appena venuto in città, in una festa in piazza.
Strano visto che entrambi odiavano le feste ma così fu.
Una stupida battuta per rompere il ghiaccio ( che non valeva nemmeno la pena di essere riproposta) e la giovane halfling si ritrovò in un vicolo con una lingua biforcuta da gustare.
Amava tutto di Dakrai, il carattere tenebroso e ruvido, lo sciogliersi del suo cuore quando stava con lei, quelle litigate e l'amore subito dopo.
Per quanto sia fattibile fare del sesso tra un halfling ed un dragonide...
...Dadi lanciati
Nani infuriati
Taverne e locande
Nel buio del fumo
Le strade bagnate
Di pioggia e di sangue
Di terra passata
Sotto le armate
Patti e problemi
Libri stregati
Legami di sangue
Con demoni e dei
Oh dolce ragazzo non sognar troppo lontano
Che di fantasia si muore con poco
Oh dolce ragazzo non sognar troppo lontano
Che di fantasia si muore per gioco*
Lem ascoltava il bardo cantare appoggiata al bancone, perdendosi in quelle parole, in quella musica.
Un giorno se ne sarebbe andata via da lì se lo sentiva.
«Borok ho bisogno di una pausa ti prego...»
Il bestione, classico mezz'orco tutto muscoli, martello e cuore( quando il sangue non circola da qualche altra parte più in basso), era però molto gentile, ma non nascondeva un infatuazione per la piccola Lem, che anni addietro glielo ricordò piantandogli un colpo di stocco in un gluteo, quando provò a fare delle avances( sempre che toccargli il sedere si possa qualificare come avances).
«Tranquilla ci penso io, porta almeno fuori la spazzatura.»
Lemkova prese il sacchetto e si diresse fuori, dopo aver fatto qualche passo avanti si sentì sollevare, i rifiuti caddero rovinosamente a terra, lei cercò di divincolarsi, ma finì solamente per correre nel vuoto con le sue simpatiche gambette.
«Vai al mercato! Manda avanti gli affari! Stai attento! Non fare guai! Odio fare il galoppino ma che cazzo...»
Borbottava tra sé e sé Knack mentre passava da un vicolo all'altro, accarezzandosi la folta barba ramata.
«Se solo fossi alto qualche metro in più....»
Il suo borbottare venne interrotto da una oscura visione, un uomo( o quello che sembrava essere un uomo) si dirigeva con un sacco sulle spalle nella direzione opposta al nano.
Sembrava un ladro.
Aggravante fu l'aspetto da mostro che Knack notò appena fu vicino.
«Sapevo avresti combinato qualche guaio dannato Tiefling!»
Knack fece per estrarre il martello da guerra quando il demone disse qualcosa.
Il piccolo non riusciva ad intendere le parole, ma sentiva le sue forze venir meno, le sue membra sempre più pesanti, le gambe sempre più molli.
« TaUrIn ShAuroooon hahahaha mamma il piccolo Knack ha bisogno di coccole.»
Disse il nano prima di cadere dormiente a terra.
« Fanno sempre così quando sono difficili da atterrare, chiamano sempre la mamma pft.
Sarà meglio per me fare presto prima di dover addormentare tutto il paese, ho bisogno di mangiare, tutti gli umani lo fanno vero Damakos?»
Disse il Tiefling specchiandosi in una pozzanghera e toccandosi i lineamenti, come volesse farli sparire con il semplice moto delle dita.
«Mettimi giù!»
«Ehm scusa...»
Lem cadde ma venne raccolta dalla coda di Darkai prima di toccare terra( e la spazzatura...).
Guardò il suo amato draghetto mentre veniva sollevata dalla coda verso il suo muso.
«Tranquillo...»
Fece per baciarlo quando si accorse del puzzo.
« Ma per caso hai deciso di non lavarti più? Guarda che eri l'unico maschio con un igiene decente in questo posto!»
« Scusami Lem le fogne, tuo padre, le guardie...»
«Capisco»
«Mi dispiace»
«Lo so dovrei scusarmi io ma lo sai, non posso farci nulla.»
« Potresti lo sai...»
Avrebbe potuto si, Darkai voleva scappare con lei e sposarsi, Lem ovviamente lo voleva perché lo amava, ma amava anche la sua famiglia dopo tutto, non se la sentiva di abbandonarli, ma non se la sentiva nemmeno di contraddire lui, sapeva quanto ci stava male per tutto questo.
Sembrava che tutto fosse colpa sua, i suoi non la ascoltavano quando cercava di mettere in buona luce il dragonide, e Darkai non ascoltava lei quando diceva che stesse facendo di tutto per affrontare i suoi.
Lei ci provava ad accontentare tutti ma rimaneva sempre lì a piangere nel mezzo.
Stava per piangere quando Darkai interruppe lo scorrere dei suoi pensieri, come se sentisse imminente il naufragio dei suoi problemi.
« Piccola questa volta è diverso, Hans il vasaio mi ha offerto quasi cinquecento monete d'oro, tolta la parte di Knack, per un lavoro, capisci potremo ricominciare tutto lontano da qui...»
Lem apprezzava lo sforzo e i soldi ma il problema era allontanarsi dai suoi.
«C'è solo un problema... dovrò allontanarmi per un po'.»
«Per un po' quanto? E dove? E che devi fare? Darkai ti prego dimmi che non è pericoloso...»
«Qualche settimana, forse un mese, Siranon, recuperare un vaso e no non sarà pericoloso anche se quel vasaio mette i brividi.»
Darkai fece fluire tutto fuori per evitare l'ira di lei.
«Mesi? SIRANON?! Amore ti prego io non posso, non voglio andare a dormire sapendo che sei a Siranon...»
« Lo so ma...»
« Vengo anche io!»
« Cosa?! Prima eri tutta "no non posso lasciare i miei" e adesso vuoi venire a Siranon? Non se ne parla proprio è troppo pericoloso»
«Ah adesso è pericoloso? O lo è solo per me? Guarda che so guardarmi le spalle vecchio mio!»
« Lo so io...»
In quel momento Lemkova baciò Darkai, non avrebbe permesso che il loro ultimo incontro sarebbe stato un litigio.
«Mi dispiace vorrei restare di più ma devo andare a parlare con il vasaio, e devo prendere Knack prima che si cacci nei guai»
«Va bene...»
« Io parto per Siranon, quando tornerò ci organizzeremo per il matrimonio. No, non verrai con me.»
«Ma... Va bene adesso vai.»
Disse Lem in modo più dolce possibile, la parola matrimonio l'aveva fatta sciogliere tutta lo ammetteva, ma non sarebbe stata certo lì ad aspettare mesi, avrebbe trovato il modo di partire.
«Allora io vado...»
«Muoviti e torna vivo...»
«Ovvio come sempre, non posso morire, non vengo pagato abbastanza per il traghettatore delle anime.»
<< Ma stai zitto scemo! Darkai ti prego non farti ammazzare>>
Disse Lemkova mentre una lacrima le solcava il viso.
Darkai si limitò a lanciare un cenno serioso.
«Ragazzi il cassonetto qui è pieno portereste questa roba via?»
Lem consegnò la spazzatura alle guardie fuori che si allontanarono per un momento, giusto per far andare via Darkai.
Da una finestra soprastante il piccolo Maltinus aveva visto tutto.
« Ti assicuro mostro che il traghettatore verrà pagato profumatamente, dovessi porgergli le monete io stesso, questo sarà il tuo ultimo viaggio...»
Sussurrò il minuto e losco Halfling, mentre la fiamma di una candela illuminava, in quella stanza buia, la sua sagoma, come se rivelasse un demone gigantesco che usciva dal suo corpo.
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Grazie come al solito per essere giunti fin qui, lasciate una stella se avete apprezzato e ovviamente non esentatevi da commenti e correzioni se mi sono perso qualcosina.
Note notuzze:
*Tharin-sharon = Addormentati adesso in lingua infernale, i tiefling conoscono l'infernale come lingua innata e la usano per lanciare incantesimi( Le lingue che verranno usate in questa storia non riprendono grammatica e vocaboli delle omonime lingue di altri romanzi fantasy)
* Ballata = Per avere una melodia della ballata ascoltate Bologna di Guccini e Toss a coin to your Witcher tratta dalla serie The Witcher, il sound è un misto di queste due canzoni.
Come sempre grazie per l'attenzione.
Adieu.
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