○Capitolo 18 - Un'ultima volta.
○Capitolo 18 – Un’ultima volta.
Fràin si diresse al di fuori della Montagna, sulla terrazza, e rimase ad osservare le schiere di Elfi e Uomini che facevano dietrofront per tornarsene da dove erano venuti, ancora una volta a mani vuote.
Erano davvero tantissimi i soldati Silvani, tutti bardati in armature luccicanti di fine manifattura, lavorate e decorate con precisione impeccabile.
In qualche modo, considerò il Nano, era come se si fossero preparati ad affrontare una guerra più che una negoziazione.
E fu proprio al termine di quel pensiero che udì il suono di un corno levarsi al di là di una collina.
Aguzzò la vista e allora li vide: centinaia di Nani, un esercito, che marciava in direzione della Montagna.
Di nuovo, la Compagnia si radunò sulla terrazza e stette ad osservare gli eventi che si susseguirono con l’arrivo di Dàin, il cugino di Thorin.
Il Nano dalla folta barba fulva si arrestò a qualche metro di distanza da Thranduil e gli altri che, a loro volta, fermarono la loro marcia quando lo videro comparire da oltre le colline.
Non avevano idea che Thorin avesse chiamato rinforzi e Balin dedusse che avesse mandato Röac a convocare suo cugino sui Colli Ferrosi.
Il Nano e l’Ambasciata si scambiarono frasi ostili e offensive nei propri confronti finché non si arrivò ad un punto di rottura: gli Elfi scagliarono miriadi di frecce contro i Nani che risposero alzando i loro pesanti scudi di ferro.
Il tutto avvenne in una manciata di secondi e subito dopo un altro corno risuonò nell’aria. Un corno di guerra.
“Che roba è?” Domandò Bofur, indicando una nube nera e densa che si stava dirigendo a gran velocità verso di loro.
“Nulla di buono.” Osservò qualcun altro.
Quando fu più vicina, si resero conto che non era affatto una nuvola, ma uno sciameinfinito di grossi pipistrelli neri e feroci che si abbatté con violenza sulle armate fuori da Erebor.
Infine, all’orizzonte comparve l’esercito nero, capeggiato da Azog il Profanatore.
La guerra era iniziata.
“Dobbiamo intervenire!” Gridò Kili, fuori di sé, ma Thorin rimase irremovibile.
Era stato disturbato nella Sala del Tesoro dove se ne stava a fissare le pietre preziose come una statua di marmo, immobile.
“Non usciremo da qui per nessun motivo!” Ribadì, rivolgendosi al nipote con tono sprezzante.
“Chi sei tu?” Il moro strinse i pugni e affilò lo sguardo, rivolgendo allo zio un’occhiata così fredda da mettere i brividi.
Non lo avevano mai visto così, lui che era sempre allegro e spensierato, coraggioso sì, ma che agiva con una tale leggerezza che a volte si pensava non avesse sale in zucca.
Invece, in quel momento Kili non era il ragazzino combina guai di sempre, ma l’uomo, il Principe della stirpe reale che mai avrebbe lasciato in difficoltà un suo familiare a combattere una guerra non sua.
“Attento a quel che dici, ragazzo. Stai giocando con il fuoco.” Il tono piatto di Thorin ferì Kili più di ogni altra cosa e non riuscì a trattenersi oltre.
“Sai cosa? Fa ciò che ritieni più giusto per te, Re sotto la Montagna, ma io, io non ho alcuna intenzione di nascondermi, capito?! Non mi nasconderò mentre altri combattono le nostre battaglie per noi!*” Gridò, fuori di sé, e con un calcio poderoso fece crollare una montagnola di monete d’oro che tintinnarono pesantemente al suolo.
Voltò le spalle allo zio e si diresse fuori dalla Sala del Tesoro con le mani che gli tremavano di rabbia.
Nessuno osò fermarlo, nemmeno Fili che per quanto avesse voluto, comprese che non era quello il momento di fare il fratello maggiore. Strinse la mano di Larya e poi guardò Thorin, che in volto aveva un’espressione di puro stupore e sconcerto.
Che qualcosa nelle parole di Kili lo avesse mosso, non seppero dirlo, perché in meno di un secondo tornò serio e si voltò, tornando ad ignorare del tutto la loro presenza.
“Mi dispiace... Mi dispiace tanto...” Larya, abbracciò forte Fili e lo strinse a sé come a volerlo proteggere.
Quello che stava succedendo a Thorin si ripercuoteva anche sui membri della Compagnia che erano più fiacchi, stanchi e intristiti di sempre.
Larya avrebbe tanto voluto fare qualcosa, ma cosa?
Come poteva tirare su il morale a dodici Nani coi musi lunghi?
Qualsiasi cosa le venisse in mente le sembrava sciocca e inappropriata, così non le rimase se coccolare Fili tra le sue braccia finché lui ne sentì il bisogno.
Fu il minimo che poté fare per lui e la cosa non le andava bene per niente.
Thorin, nel frattempo, si era fissato a guardare il suo riflesso in uno specchio dalla splendida cornice argentata luminescente, intagliata e lavorata di fino.
Nella sua testa, la voce del minore dei suoi nipoti echeggiava con poderosa forza, assordandolo quasi.
Re sotto la Montagna, lo aveva chiamato Kili. Perché lo era. Finalmente lo era. Era ilRe!
Allora perché gli si era rivolto in quel modo?
Non era una cosa bella, che finalmente avevano riavuto la loro casa?
Gli occhi del Nano allo specchio si riempirono di stupore.
Casa.
Re.
Ritorno.
Uccidere il Drago.
Il Tesoro.
L’Arkengemma.
“Lealtà, onore, un cuore volenteroso.”
Follia.
Era davvero lui quello che stava guardando fisso negli occhi color cielo?
Era davvero lui, Thorin?
No, quello non era lui.
Quella persona nello specchio lo disgustava per il suo comportamento avido ed egoista.
“Lealtà, onore, un cuore volenteroso.” Era stato lui stesso a pronunciare quelle parole.
“Fa ciò che ritieni più giusto per te, Re sotto la Montagna” Cos’era giusto per lui?
“Non mi nasconderò mentre altri combattono le nostre battaglie per noi!”Nascondersi? Oh, no, lui non voleva nascondersi. Non doveva. Non poteva.
Di colpo, fu come se il mondo avesse ripreso a girare, come se la campana di vetro dentro la quale aveva vissuto nell’ultima settimana si fosse appena sgretolata.
Con stizza e disgusto si tolse dal capo la corona e la scagliò con violenza contro lo specchio, mandandolo in mille pezzi.
E allora osservò il suo volto nei frammenti e si riconobbe.
Non si sarebbe più nascosto.
Si sarebbe comportato come aveva sempre fatto, da vero Re.
Quando la Compagnia vide il Nano arrivare verso di loro con la corona tra le mani invece che sul capo, gli occhi brillanti di una nuova luce e lo sguardo fiero, compresero che qualcosa doveva essere cambiato, che forse Kili aveva fatto centro con le sue parole, che forse Thorin si era risvegliato dall’oblio nel quale era precipitato entrando nella Montagna.
“Amici, fratelli, vi devo delle scuse.” Esordì, guardando l’oggetto fra le sue mani per poi gettarlo lontano da lui. “Il Tesoro... mi ha sopraffatto.” Continuò, avanzando di qualche asso ancora. “Sono stato debole e sciocco. Ho lasciato che la mia mente venisse soggiogata dal poter malvagio dell’oro. Ma ora... ora sono tornato.”
I Nani rimasero in silenzio ad osservarlo.
Thorin andò da Kili, gli prese il volto tra le mani e poggiò le loro fronti l’una sull’altra: “Mi dispiace.” Gli disse e il nipote sorrise, grato che suo zio fosse di nuovo se stesso.
Dopo Thorin abbracciò Fili, facendo nascere sul volto di Larya un grande sorriso e lacrime le pizzicarono gli occhi.
Infine, il Nano si rivolse al resto della Compagnia: “In questo momento, là fuori, i nostri amici e parenti stanno combattendo la nostra guerra. È arrivato il momento per noi di uscire allo scoperto e accorrere in loro aiuto. Ho solo una domanda... Mi seguireste un’ultima volta?”
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