○Capitolo 15 - Nel Dì di Durin.
○Capitolo 15 – Nel Dì di Durin.
Fili si svegliò con Larya ancora tra le braccia.
La giovane aveva il volto nascosto dai capelli, le mani raccolte al volto e dormiva placidamente accanto a lui.
La schiena pallida era per metà scoperta dal lenzuolo e per metà avvolta dai suoi lunghi capelli.
Si soffermò con lo sguardo sul suo tatuaggio; alla luce del giorno, era molto più comprensibile, degli intricati segni geometrici che disegnavano tre cerchi intrecciati fra loro con due triangoli al centro e tre rune ai suoi vertici.
Sorrise, le scostò quei fili d’oro dal volto e le accarezzò una guancia rosea.
Avevano fatto l’amore. L’avevano fatto davvero!
Si appartenevano, si erano promessi addirittura di sposarsi.
Ringraziò Mahal per avergliela fatta incontrare.
In poco tempo, Larya era stata capace di farlo completamente uscire fuori di sé per lei.
Guardandola adesso, così serena e tranquilla, con il petto che si alzava e abbassava in maniera regolare e le labbra che quasi erano piegate in un sorriso, gli scoppiò il cuore di gioia.
L’amava. L’amava da morire.
Larya si svegliò quando percepì che le stavano toccando il viso.
Fili la stava accarezzando con dolcezza e decise di fingere di dormire ancora un po’ per bearsi di quelle piccole attenzioni che lui le stava dando.
Si sentiva incredibilmente bene e dovette raccogliere tutte le sue forze per impedirsi di sorridere come una bambina e farsi scoprire sveglia.
Quello che era successo tra lei e il Nano accanto a sé era stata la cosa più bella che potesse mai capitarle. Quell’amore che era sbocciato come un fiore in primavera li aveva avvolti e catturati nella sua bellezza.
Decise infine di aprire gli occhi e subito cercò il suo sguardo chiaro e quando lo trovò, gli sorrise felice, sbuffando sul suo petto.
Si alzò su un gomito, incurante dei seni nudi che vennero fuori dalle coperte – non doveva più vergognarsi con lui, non dopo quella notte – e si allungò per sfiorare le sue labbra.
“Buongiorno.” Le disse lui, abbracciandole la schiena e spingendola piano di nuovo sdraiata.
Era sotto di lui adesso e rideva divertita.
“Buongiorno.” Rispose, allungando le braccia e incrociandole dietro al suo collo.
I loro corpi nudi si toccarono, si accesero, facendo provare ad entrambi brividi di piacere.
“Dovremmo iniziare a prepararci per la partenza, non credi?” Disse lei, anche se il suo sguardo diceva tutto: non aveva alcuna voglia di alzarsi da quel letto, di allontanarsi dal suo corpo caldo, dalle sue carezze, dai suoi baci...
“A giudicare dal silenzio che regna in questa casa, direi proprio che abbiamo ancora un po’ di tempo.” Considerò lui, rubandole un bacio.
“Perché credo di sapere come vorresti passare questo tempo?” Rise la giovane, portandogli una mano su una guancia barbuta.
“Perché forse lo sai.” Rispose il Nano, coinvolgendola in un bacio più profondo al quale lei rispose prontamente.
Fili le accarezzò il corpo voglioso di sentirla più vicino a lui. Le toccò il seno e i fianchi, fece scivolare la mano sulla sua gamba e nell’interno coscia.
Larya sentì un brivido prenderla e trascinarla con sé quando lui la sfiorò.
Si perse nella sua bocca, gemendo e baciandolo insieme.
Le mani di lei erano premute sulle sue spalle, lo abbracciava e lo stringeva a sé mentre respirare normalmente diventava una fatica.
Fili era altrettanto eccitato ma questa volta non attese e mentre faceva risalire la sua mano al volto liscio della sua donna, entrò in lei e la portò con sé in quel nuovo turbine di emozioni forti e piacevoli che li avvolse.
Si baciarono, soffocando i gemiti come meglio poterono fino alla fine.
Larya strinse le ginocchia ai suoi fianchi e lo colse di sorpresa quando gli diede una spinta e ribaltò le posizioni.
Si sorrisero. Adesso lei era sopra di lui e conduceva il gioco.
L’ultima volta che Fili aveva vissuto una scena del genere non era finita per niente bene, ma sapeva che lei non gli avrebbe mai fatto del male.
La lasciò fare, godendo sotto di lei e i suoi movimenti leggeri e dolci.
Quella situazione, ora così reale, gli strappò un sorriso.
Gli piacque quell’audacia che gli mostrò e ne rimase pienamente soddisfatto quando il suo appagamento si riversò in lei.
Il corpo di Larya fu scosso da un sussulto e subito si sentì svuotata, quando cadde anche l’ultima goccia del suo piacere.
Un’ora dopo erano tutti pronti, con le borse poggiate all’ingresso della casa.
Si erano seduti alla tavola per un ultima grande colazione come si doveva, per poi partire subito dopo.
Larya indossava di nuovo i pantaloni di suo fratello, ma sopra aveva una maglia tra quelle che era stata donata ai suoi compagni.
I capelli erano nuovamente racchiusi nella sua solita treccia da un lato.
Ma c’era qualcosa di diverso in lei. Qualcosa che tradì il suo sguardo, luminoso e ridente.
Nessuno disse nulla a riguardo, anche se Kili non la smetteva di scoccare a lei e a Fili occhiate da marpioncello che la sapeva lunga.
Bilbo e Bombur si sbizzarrirono, quella mattina, e prepararono una sontuosa colazione per i loro compagni che venne ben accettata da tutti.
La giovane mangiò come se fosse stata digiuna da mesi.
Scoprì che consumare energie facendo l’amore metteva molta fame, ma fu un pensiero che decise di tenere per sé.
Dal capo del tavolo, Thorin guardava i suoi nipoti, in particolare Fili, e seppur gli avesse espressamente detto che non voleva distrazioni per nessuno dei membri di quella Compagnia, si sentì contento per lui, perché in tutte le difficoltà di quel viaggio aveva trovato l’amore in quella ragazza dal sorriso misterioso e disarmante che portava allegria.
Ne fu lieto, sì, e si perse nel vederli sorridersi a vicenda. Trovò una somiglianza strabiliante tra il maggiore dei figli di sua sorella e il suo defunto cognato. Vederli così affiatati e felici gli riportò alla mente quando la sua Dìs era una Nana spensierata e sorridente, prima che tutte le perdite subite dalla loro famiglia le indurissero i lineamenti e la invecchiassero più di quanto non avesse già fatto l’età stessa.
Finita la colazione, lasciarono definitivamente quella casa che li aveva accolti e ospitati per più di due settimane, trovando tutta la città ad attenderli al molo dove venne data loro una piccola imbarcazione – ma abbastanza grande per farceli stare tutti – per attraversare il lago e giungere ad Erebor in breve tempo.
Furono fatte suonare le trombe quando la barca lasciò il piccolo porto di Esgaroth e ben presto, la cittadella fu avvolta dalla nebbia e loro si ritrovarono nel silenzio del lago, dove l’unica interruzione ad esso era il rumore dei remi che smuovevano l’acqua sottostante.
“Lo sai che sei proprio buffo con quel cosolì?” Disse Larya a Bilbo, ridendo di lui con fare affettuoso.
Lo Hobbit si tolse l’elmetto che aveva in testa e se lo rigirò tra le mani.
“Dici?” Le chiese, storcendo il naso.
“Dai, non può nemmeno chiamarsi elmo quello lì!” Esclamò lei, prendendolo e infilandoselo.
“Mamma quanto sei brutta!” Gridò Kili, coprendosi gli occhi.
“Sei bello tu, invece, sbarbatello!” Lo canzonò lei, facendogli la linguaccia.
Si liberò il capo dall’elmo e lo restituì allo Scassinatore, poggiandosi di nuovo con la schiena alla barca.
Accanto a lei, Fili le abbracciò le spalle con un braccio e rise dell’espressione offesa del fratello: “Te la sei cercata, Kili. È inutile che fai quella faccia.”
“Ridete, ridete pure. Ma, Larya, sai... in realtà alle donne piaccio molto!” Disse Kili, gonfiando il petto e battendoci su un pugno in un moto di orgoglio.
“Ma va, non ci credo.” Disse lei, sorridendo divertita.
“Oh, avanti fratello, diglielo che mi cadono tutte ai piedi.” Disse ancora il moro, cercando l’aiuto di Fili.
“Si come no, sarà che cadono perché puzzi così tanto che lei fai svenire ai tuoi piedi.” Rise il biondo, trascinandosi dietro anche Larya.
Allora Kili incrociò le braccia al petto e si fece ancora più offeso di prima: “Credevo fossimo fratelli, traditore.”
“Come sei permaloso, mi fai morire!” Larya rise ancora più forte, tenendosi la pancia.
Allora Kili si voltò verso il Mezzuomo sperando che almeno lui non lo stesse prendendo in giro, invece lo trovò a ridere sotto ai baffi.
“Oh, no, Bilbo, anche tu.” Si lagnò, ma in realtà era divertito anche lui stesso.
Dietro di loro, Dwalin scosse il capo con un sorrisetto appena accennato.
Balin lo vide e sospirò, bonario. “Ah, la gioventù...” Mormorò tornando poi a guardare la Montagna avanti a loro divenire sempre più vicina.
In mezza giornata furono dall’altra parte.
Si incamminarono per la sponda del lago, attraversarono gran parte della distanza che li separava da Erebor e infine, quando il sole calò, si fermarono al limitare di un boschetto, ultimo ostacolo dietro il quale la Montagna Solitaria innalzava i suoi pendii.
Accesero un fuoco e si scaldarono intorno ad esso, mangiando parte delle provviste che si erano portati via dalla casa a Città del Lago.
Prima di coricarsi, Thorin dettò l’ordine dei turni di guardia.
Il primo toccò a Fràin e Larya decise di rimanergli accanto almeno finché non fosse toccato a qualcun altro prendere il suo posto.
Si separò da Fili e si sedette a terra accanto a suo fratello, poggiando la spalla sulla sua.
“Come stai?” Gli chiese senza guardarlo, allungando le mani verso il fuoco per catturarne il calore.
“Sto bene.” Rispose lui. Gli venne una gran voglia di passarle un braccio intorno alle spalle come quando erano nella loro casa tra le Brughiere del Nord, ma non lo fece. Non dopo quello che le aveva detto.
“Mi fa piacere sentirtelo dire.” Larya sorrise, voltandosi questa volta.
Fràin le scompigliò i capelli sulla nuca, come faceva quando erano più piccoli e poi la strinse a sé. Un abbraccio tranquillo e questo sua sorella lo capì all’istante.
Lo abbracciò di rimando e gli diede un bacio su una guancia.
Sbadigliò, poi, coprendosi la bocca con un mano.
Era davvero stanca morta e voleva solo coricarsi, ma non voleva lasciare suo fratello da solo.
Fràin però le sorrise: “Vai da lui. Riposa, sorellina.”
“Sicuro? Non vuoi che resti? Lo faccio volentieri. Ultimamente non siamo stati molto insieme.” Ed era vero, perché lei si rese conto in quel momento che lo aveva lasciato indietro ed era stata sempre accanto a Fili e Kili. Non che le dispiacesse, in realtà, perché non capiva come mai Fràin aveva certi comportamenti, ma dopo quello che era successo e dopo che lui aveva pianto fra le sue braccia alla cena dal Governatore, si sentiva male all’idea che soffrisse a causa sua.
“Vai, non c’è bisogno che tu rimanga sveglia per me.” Le disse lui, baciandole la fronte.
Stava per obbiettare, ma un altro sbadiglio la colse in fallo e allora lo salutò e si andò a rintanare tra le braccia di Fili, che aprì un occhio per potersi beare del suo sorriso – anche se al buio non ci vedeva granché.
“Tutto a posto?” Le sussurrò, stringendola a sé.
Lei annuì, poi lo baciò lievemente e si accoccolò a lui, addormentandosi subito dopo.
Il giorno seguente si inoltrarono nel boschetto e lo superarono prima del mezzogiorno.
Risalirono un altura di roccia dalla quale fu possibile scorgere le rovine innevate di Dale.
I loro respiri si condensavano nell’istante in cui lasciavano le loro bocche a formare nuvolette opache nell’aria fredda intorno a loro.
Camminarono ancora e a fine giornata arrivarono alle pendici di Erebor.
Passarono la notte lì, accendendo un altro fuoco e scaldandosi tra loro.
L’indomani sarebbe stato il Dì di Durin e finalmente avrebbero aperto la porta nascosta e avrebbero potuto accedere ad Erebor, la loro tanto agognata casa.
Fu una gran fatica trovare la strada per arrivare alla porta, ma ancora più grande fu lo sforzo che richiese loro quella salita.
Fu lo Hobbit a trovarla: una scala di pietra era stata camuffata alla perfezione quando erano state scolpite le vesti di uno dei Padri dei Nani come ornamento al fianco della Montagna.
Salirvi fu una grossa impresa, forse la più difficile affrontata fino a quel momento, soprattutto per il povero Bombur che goffamente e lentamente faticò più di tutti per giungere in cima.
E fu proprio allora che accadde: il sole iniziò a tramontare e il suo ultimo raggio vagò per la parete rocciosa della Montagna, fino a fermarsi per un paio di istanti in un punto ben preciso, prima di sparire e lasciare campo al rossore del crepuscolo.
Thorin infilò la chiave con la mano tremante e trovò il buco della serratura. Era proprio come descritto dalla mappa.
Girò la chiave e sentì uno scatto, poi la parete si deformò e la porta comparve ben visibile ai loro occhi.
La aprì e il gioco fu fatto.
Ci fu un momento di assoluto silenzio in cui trattennero addirittura il fiato, poi i Nani scoppiarono in risa e grida di gioia, abbracciandosi, chi piangendo e chi ridendo, emozionati.
Ce l’avevano fatta, erano riusciti a portare a termine la missione!
Ora mancava solo l’ultimo grande passo:uccidere il Drago dormiente.
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