Capitolo 7

Zelda


Le mani invisibili mi portarono fino in camera mia e, quando non sentii più il loro tocco sulle braccia e sulle gambe, uscii subito. Vaati era sicuramente furioso con me, dopo quello che gli avevo detto. Non era capace di nascondere le proprie emozioni, per quanto ci provasse. Non sapevo dove andare, come non sapevo come avrebbe reagito Vaati vedendomi, stavolta.

Inoltre, ero piuttosto preoccupata per Vio. Cosa gli era capitato? E gli altri tre stavano bene?

Iniziai a camminare senza una meta precisa, cercando di ordinare i miei pensieri riguardo a Vaati. Era confuso, senza dubbio, e lui rendeva confusa me. Non sentivo più di odiarlo. Nei suoi confronti non provavo altro che compassione. Il problema era che non avevo idea di cosa gli frullasse per la testa. Sentivo il bisogno di aiutarlo, nonostante ciò che mi aveva fatto, ma non potevo se non riuscivo a capire i suoi pensieri, e perché sembrasse diventato talmente freddo con me.

Subito pensai alla stanza in cima alla torre. Doveva essere un luogo importante per il mago dei venti, magari lì avrei potuto trovare qualche indizio su di lui.

Non appena il pensiero iniziò a prendere forma scrollai la testa. Perché mi importava tanto di Vaati, se avrei dovuto odiarlo? Non trovavo nessuna risposta, eppure sentivo di doverlo aiutare, per semplice compassione.

Comunque, di fatto, andare in quella stanza era sbagliato, oltre che pericoloso. Se mi avesse scoperto? E poi, cosa avrei guadagnato, oltre che qualche indizio su di lui? Sarebbe stato comunque un inizio... ma per cosa?

Perché ero confusa? Era esasperante. Prima avevo sempre saputo che cosa volevo, ero sempre stata una persona decisa. Dovevo smetterla, sarei andata lì, per togliermi quel pensiero dalla testa, altrimenti avrei finito per pentirmene. Sarei stata veloce, ci sarei andata solo per cinque minuti.

Mi sentivo una stupida, ma la mia curiosità era veramente troppa.

Aspettai la sera, fino a quando Vaati non fu andato a dormire. Non appena nella reggia fu calato il più completo silenzio io mi alzai dal letto, cercando di camminare il più silenziosamente possibile. Conoscevo abbastanza la strada, per fortuna, e le alte finestre dalla forma affilata lasciavano entrare la luce della luna, illuminando ogni stanza con una luce spettrale. Mentre camminavo continuavo a dirmi che quella era l'idea più stupida che avessi mai avuto. Eppure continuavo a volerlo fare.

Arrivai presto alla sala, e salii le scale quasi di corsa. A intervalli regolari vedevo una finestra dalla sommità affusolata, ma fuori non si scorgeva nulla, se non alcune stelle e un sottile spicchio di luna.

Quando fui arrivata davanti alla porta presi un profondo respiro, dopodiché posai una mano sulla fredda maniglia, ed aprii la porta.

Non so esattamente che cosa mi aspettassi. L'unica cosa che vidi, in quel buio, fu un raggio della flebile luce bianca della luna che illuminava un vecchio pianoforte nero. Il resto della camera era totalmente avvolto nel buio. Mossi un paio di passi verso lo strumento, cercando di far abituare gli occhi a quel buio.

Arrivata davanti al pianoforte mi ci sedetti davanti. Perché quel pianoforte era lì? Era tanto importante per lui, da impedire a chiunque di entrare? Sembrava strano. Poggiai delicatamente le dita sui tasti, suonando un paio di note. Non sembrava esserci nulla di speciale lì dentro. Poi notai, poggiato di fianco ai tasti, un vecchio candelabro spento, di colore argentato. Non avevo nulla con cui accenderle, ma potevo andare a cercare per il castello.

In verità non ce ne fu bisogno. Non appena ebbi preso il candelabro in mano questo si accese, illuminando fiocamente lo spazio attorno a sé. Doveva essere un oggetto magico. Mi alzai, osservando lo spazio attorno a me. Passai di fianco ad una vecchia libreria, ad uno scaffale pieno di minuscoli disegni, che mi sarebbero stati benissimo sulla punta di un dito, quindi non riuscivo a capire cosa rappresentassero, ampolle di vetro contenenti strani miscugli di erbe, ed infine una vecchia spada nera sotto una teca di vetro.

- Perfetto. Questa piccola gita era inutile, come sospettavo- sospirai. Nulla lì poteva ricondurmi a Vaati. Stavo quasi per voltarmi ed andare via, quando notai una piccola scatoletta di velluto, appoggiata su un piccolo tavolino. Decisi di dare un'occhiata, anche se ormai mi sentivo rassegnata.

Presi la scatoletta in mano, e la aprii piano. Dentro vi trovai un anello d'argento, molto sottile, con un piccolo diamante posto in cima, che risplendeva alla luce delle candele. All'improvviso, guardandomi attorno, iniziai a notare qualcosa di strano. La stanza era piena di piccoli dettagli che non avevo notato. C'erano alcuni arazzi appesi ad un muro, sembravano come quelli che naravvano le leggende dentro al castello di mio padre.

Questa però, di storia, non era mai stata raccontata. Un giovane mago, innamoratosi della principessa del regno, era stato sigillato all'interno di una spada, ed era destinato a non vederla mai più. Era, in pratica, ciò che Vaati mi aveva raccontato settimane prima. Quando ebbi visto tutti gli arazzi, arrivando alla fine della storia, mi trovai davanti ad una scrivania. Sopra c'era un libro aperto su una pagina quasi vuota, se non fosse stato per un'unica frase, scritta in inchiostro nero.

" E ora che il cuore è diventato pietra, solo il rivedere la persona che più ama potrà farlo tornare a battere"

All'improvviso un'ombra scura calò su di me, spegnendo le candele, e mi sentii afferrare per un polso. In un attimo mi ritrovai contro un muro, a fissare gli occhi rossi colmi d'ira del mago dei venti, unica cosa che riluceva nel buio.

- Tu che cosa ci fai qui?!

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