Capitolo 11
Zelda
Dicevano che dovevo tornare in me, gli altri. Dicevano che quella di Vaati era solo una buona capacità di recitazione, e che come me tante persone erano state ingannate, affezionandosi al lato triste e malinconico del ragazzo, un lato secondo loro inesistente. Eppure era così reale, loro non lo conoscevano.
Mio padre, i Four Swords, Impa... Nessuno di loro aveva visto ciò che avevo visto io.
Infatti nessuno mi credeva, tutti dicevano che avevo bisogno di riprendermi, che ero scossa, che presto sarebbe tornato tutto normale.
Bugie, bugie, bugie.
Il consiglio dei saggi non mi aveva nemmeno permesso di partecipare alla riunione. Sapevo già come sarebbe andata a finire, anche un qualcuno di gentile come Saria avrebbe detto che sarebbe stato meglio rinchiudere Vaati nel sigillo.
Non potevo lasciare che accadesse.
Stavo girando per il castello, e se da una parte ero stata felice di rivedere mio padre, ero anche furiosa con lui, visto che aveva subito chiarito che Vaati mi aveva solo gettato nella confusione, e che ammaliare le persone era la sua specialità.
Stavo seguendo la strada che portava ai sotterranei, e presto mi ritrovai a farmi strada tra le pareti di pietra sottoterra, mentre l'aria diventava più umida e piccoli ragni tessevano le proprie tele negli angoli. Era da tempo che non usavamo le celle del castello, visto che vi tenevamo solo i nemici più forti e pericolosi, in quanto uscire dal castello senza conoscerlo era pressoché impossibile, e vi si trovavano la maggior parte delle guardie.
Girando per quel labirinto che componeva le prigioni, arrivai fino alla cella che si trovava esattamente al suo centro, dove sospettavo Vaati si trovasse, visto che era il punto da cui era più difficile trovare l'uscita.
Infatti lo vidi, seduto con la schiena contro un muro, a giocherellare con una ciocca di capelli, con un'aria stanca.
Mi notò, e si voltò lentamente verso di me, con un sorriso che non arrivava fino agli occhi. Questi ultimi erano spenti, privi della loro solita luce allegra e talvolta maligna.
Corsi verso le sbarre, ma lui non fece lo stesso, e preferì restare a terra.
- Vaati? Stai bene?
Lui spostò lo sguardo verso terra con un'espressione cupa.
- Vaati?
- Bene? Come posso stare bene? Non posso più fare nulla. Nulla...
Si prese la testa tra le mani, scrollandola a destra e a sinistra.
- Vaati, stai tranquillo, io...
- Tu cosa?
Presi un respiro profondo - Io ti starò vicino, Vaati, e farò in modo di liberarti, a qualunque costo.
Lui alzò un sopracciglio, ridacchiando - E come? Tu nemmeno conosci la magia Sheikah. E poi, non capisco davvero come mai tu ti sia improvvisamente legata a me.
Restai zitta. Aveva ragione. Io non sapevo nulla riguardo alla magia usata da Impa per privare Vaati dei poteri. Ed in effetti era vero che mi ero affezionata a lui senza preavviso. Era accaduto tutto di colpo, nel momento stesso in cui mi aveva baciata era stato come se milioni di ricordi di una vita passata mi avessero invaso la mente, facendomi capire che in fondo lui era davvero qualcosa di più che un semplice mostro, come avevo già iniziato a intuire sin dalla prima notte.
Ed ora vederlo ridotto in quello stato mi faceva provare non poca compassione.
Mi sedetti anche io per terra, piegando le gambe di lato sul pavimento sporco.
- Senti, io non lo so che cosa stia succedendo nella mia testa, va bene? Sono confusa, ma se c'è una cosa che so è che non ce la faccio a vederti ridotto in questo stato. Non so come, ma troverò un modo per tirarti fuori da qui, costi quel che costi. Non mi importa se ha a che fare con la magia Sheikah, troverò un modo, punto e basta.
Lui si voltò rapidamente verso di me, avvicinandosi di più alle sbarre. Fece passare una mano attraverso di esse, e sorrise leggermente, carezzandomi una guancia.
- Mi è sempre piaciuto quando mostri di non essere una mammoletta - disse, mentre nei suoi occhi rossi tornava ad esserci un po' di luce.
Ricambiai il sorriso, ed entrambi avvicinammo il viso alle sbarre, fissandoci l'un l'altro.
- Cerca solo di non combinare cavolate - disse lui - e di non farti ammazzare. Sai chi ha le chiavi della cella?
Sicuramente ce le aveva Impa, mio padre si fidava moltissimi di lei, e questo voleva dire che gliele avrei dovute rubare. Di certo non sarebbe stato semplice.
- Credo di saperlo, tornerò presto e... Vaati?
Il ragazzo non mi stava più guardando, ma teneva lo sguardo puntato su un punto indefinito alle mie spalle. Si alzò di colpo, indietreggiando di un passo verso il muro - Sono già arrivati...
Mi voltai di scatto, trovandomi davanti due guardie dall'armatura di metallo.
Una mi mise la mano sulla spalla, tirandomi indietro.
- Mi spiace signorina, adesso dobbiamo lavorare, la riporto in camera sua.
No.
No.
Non potevano farlo. Non potevo permettere che Vaati venisse rinchiuso un'altra volta.
Mi lanciai verso le sbarre, e così fece Vaati. Ci ritrovammo per un attimo a fissarci negli occhi.
- Prendi tempo, io non ti lascerò - gli sussurrai, strizzando gli occhi, che si stavano gonfiando di lacrime.
Vaati mi prese il viso tra le mani, dandomi un bacio veloce sulle labbra - Ti prego, torna.
Sentii la mano di una guardia stringersi attorno al mio ventre, ma cercai di restare attaccata alle sbarre. Non volevo che accadesse, non potevo lasciarlo solo, anche se sapevo che sarebbe successo.
Venni strattonata, e la guardia, continuando a tenermi per il ventre, mi allontanò, iniziando a portarmi verso l'uscita.
Vaati non separò il suo sguardo dal mio finché non ebbi svoltato l'angolo. Stringeva le mani alle sbarre, senza degnare di uno sguardo l'altra guardia, fissandomi con i suoi grandi occhi cremisi. Sembrava dirlo anche il suo sguardo.
Torna.
Sapevo che, se non fossi riuscita a liberarlo, non me lo sarei mai perdonato. Se lui era stato perseguitato da me nei suoi incubi, così sarebbe stato per me.
Avrei rivisto il suo sguardo ogni notte, sentendo all'infinito sempre la stessa parola.
Torna.
Torna.
Torna.
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