Memorie e tormenti
Ciao, vi lascio qualche avvertenza:
- Si parla di morte.
- Questa storia è veramente triste.
- Non sono un medico, prendete con le pinze tutto quello che scrivo, è solo frutto della mia fantasia.
Buon divertimento (più o meno).
Blu.
Chicca osserva Manuel da lontano. Ha appena messo piede nel cortile dell'ospedale e lui è lì, in fondo, seduto sul bordo della grande fontana. Sembra molto sereno, sta sorridendo e chiacchierando, ma non riesce a sentirlo.
"Signora, salve" la saluta un infermiere che le si è avvicinato. "La stavo proprio aspettando" dice.
Chicca si gira, sorridendogli. "Come mai? Qualcosa non va?" chiede, già allarmata.
Lui ricambia il sorriso, ma è evidentemente intimorito da qualcosa, come qualcuno che non sa da dove cominciare un discorso.
"Vada diritto al punto, la prego" lo esorta lei, già spazientita.
"Bene" prende un respiro. "Chi è Simone?" chiede e Chicca si sente trasportata improvvisamente nella sua adolescenza. Si rivede nel cortile della scuola, al bar, a casa di Manuel. Rivede se stessa proprio con Simone, ai tempi dell'università e non può fare a meno di pensare proprio all'amore del ragazzo per Manuel. Sempre forte, immutabile nel tempo. Come se fosse stato una costante della sua vita. Ora, all'alba dei trentacinque anni, non si stupisce nemmeno di quanto quei due le abbiamo riempito la vita negli ultimi anni.
Ricorda come fosse passato solo un giorno, il momento in cui lei e Simone hanno cominciato l'università. Avevano scelto entrambi lettere, e, con sua sorpresa, se l'era cavata. Forse proprio con il suo aiuto, forse proprio perché lui non l'aveva mai abbandonata, ma ci era riuscita. Ci erano riusciti insieme. Notti insonni sui libri, crisi isteriche pre esame e una sbronza senza precedenti alla festa di laurea. Chicca aveva voluto festeggiare, nonostante Simone fosse restio. "Inviterai Manuel e io mi innamorerò di nuovo di lui" era stata la sua scusa per non festeggiare. "Ma tanto lo ami da quando avevate diciassette anni, Simo', nun me racconta' scuse campate in aria. Mettiti quel fottuto cappotto e vieni a bere con noi" era stata la sua poco elegante risposta.
Chicca ricorda bene anche un pomeriggio di ottobre dell'ultimo anno delle superiori.
"Chi', penso che Simone abbia una cotta pe' me" aveva esordito Manuel, durante l'intervallo, strappandole la sigaretta dalle mani. Lei lo aveva guardato male, si era ripresa la sua Winston Blu e quasi aveva riso. "Complimenti, genio!" gli aveva urlato in faccia. "Te solo ora te ne accorgi? Quello c'ha na passione per te dall'anno scorso e te sbava dietro e mo te ne vieni così? Ma che c'hai sugli occhi? La porchetta?"
Ricordi vividi sono anche le notti passate insieme a Simone, ogni volta che Manuel si trovava una nuova fiamma. Ricorda tutta la sua rabbia, il suo dolore e, ogni volta, la sua fronte corrucciata, quando si addormentava, sfinito, ma mai completamente sereno. "Te lo devi leva' dalla testa" continuava a dirgli, ogni singola volta. Ma, ogni volta, Simone rispondeva allo stesso modo: "E perché le sue storie non vanno mai bene? Perché ogni volta che esce co' una, poi viene da me e si addormenta sul mio divano? Perché sono l'unico co' cui parla, si confida e piange? Perché cazzo ogni tanto lo trovo a fissamme, perché gli piace giocherellare con le mie dita se stiamo guardando un film sul divano? Spiegamelo, perché io nun ce sto a capì n'cazzo, Chicca! O almeno dimme che so' scemo io! Dimmelo che me faccio i film, che è tutto nella mia testa e che quello stronzo non ce prova gusto!"
Chicca non ha mai saputo rispondere a quelle domande, ma non ha mai negato quello che anche lei vedeva in Manuel. Ricorda di quanto fosse geloso ogni volta che Simone provava ad uscire con un ragazzo, ma anche come non l'abbia mai ammesso a voce alta. Ricorda quanto fossero una coppia agli occhi di tutti, tranne che di Manuel. Ricorda benissimo un natale di quattro anni prima, quando Simone gli aveva regalato un corso di pittura e Manuel aveva dipinto gli occhi di Simone senza nemmeno il bisogno che gli facesse da modello.
"Signora?"
L'infermiere la riporta alla realtà. scuotendole una spalla.
"Sì, mi scusi" gli dice. "Simone è un suo amico" risponde. L'infermiere annuisce, saluta e se ne va. Chicca nemmeno gli risponde. Avanza di qualche passo, avvicinandosi a Manuel, ma si ferma appena riesce a sentire la sua voce. Sta ancora chiacchierando.
"Simo', io so' davvero contento che sei venuto, ma potevi avvisarmi! Cioè te vieni qua, e io me faccio trovare co sto pigiama schifoso addosso, sto' piede rotto" lo sente dire al vento. "Sì, ho capito che sei il mio ragazzo, ma te pare? Secondo me n'altra vorta che me vedi così e ce ripensi, no?"
Chicca lo sente ridere, lo vede ridere come non faceva da otto mesi, da quando Simone si è ammalato. Quello è un altro ricordo che sicuramente non la lascerà mai, che continuerà a tormentare i suoi sogni. Simone lo aveva detto a lei e Manuel insieme, seduti al tavolino di un bar, in piena estate. Manuel era arrivato come sempre in ritardo, tutto sudato e lamentandosi per quell'invito. "Ce potevamo vede' tipo alle dieci de sera e non alle due del pomeriggio?" aveva chiesto sedendosi di fianco a Simone, un braccio ad avvolgergli le spalle. Chicca ricorda bene lo sguardo del suo caro Balestra, dopo quel gesto. Gli occhi gli si erano riempiti di qualcosa che ormai Chicca sapeva riconoscere bene. L'amore di Simone per Manuel gli faceva sorridere lo sguardo, lo illuminava ogni volta.
"Scemo, ve dovevo parla'."
E da quel momento era cominciato il dolore. Vederlo dimagrire, vederlo spegnersi giorno dopo giorno. Le corse in ospedale ogni volta che suo padre la avvisava, le notti in bianco seduta in una sala d'attesa, con Manuel sempre al suo fianco. Le fette di pizza portate di contrabbando in reparto, pur di farlo sorridere, le unghie ficcate nel palmi delle mani, pur di non piangere di fronte a lui. Gli abbracci di Manuel, le sue lacrime, la sua rabbia furiosa. Vasi rotti, corse in moto, grida rivolte contro il cielo. Ricorda l'impotenza, la sensazione di sentirsi inutile, di essere inutile. E quella chiamata, alle otto del mattino. L'ennesima corsa, quella che non le ha permesso di salutarlo per l'ultima volta.
"Troppo tardi" era stato Manuel a dirlo. Sguardo vuoto, nessuna espressione sul volto. "Sono arrivato anche io troppo tardi" aveva aggiunto. "Non l'ho salutato. Mi hanno solo detto che è morto."
La prima crisi di Manuel era arrivata tre giorni dopo i funerali. Chicca lo aveva trovato a casa, circondato da bottiglie vuote, gli occhi ancora fissi nel vuoto e una sola frase a riempire il silenzio. "Sono arrivato troppo tardi, non gliel'ho potuto dire."
Cosa non avesse potuto dire a Simone, Chicca non l'ha mai saputo, ma l'ha sempre immaginato.
Lo aveva accompagnato, insieme a sua mamma, da chi potesse aiutarlo e per un po' era sembrato anche in fase di miglioramento. Solo che due settimane prima era andato di nuovo tutto in frantumi. Chicca era da lui per mangiare una pizza insieme, stavano parlando quasi normalmente, quando Manuel si era bloccato, il bicchiere di cocacola a metà strada tra il tavolo e la sua bocca e aveva urlato. Quell'urlo straziante Chicca non riuscirà mai ad allontanarlo dai suoi pensieri, ancora lo stente forte e nitido e sa che non sparirà mai. Così come non dimenticherà il volto del suo amico, sfigurato da un dolore che gli stava consumando la mente, mentre tre medici lo portavano via di forza.
"Simo! Siamo nel cortile di un ospedale! Te pare che me baci così davanti a tutti?"
La voce di Manuel riporta l'attenzione di Chicca sulla scena davanti ai suoi occhi. Lui ha le guance rosse, l'espressione da finto arrabbiato e gli occhi che luccicano. Le ricordano così tanto quegli occhi piedi d'amore che le mancano da morire.
Fa i pochi passi che la separano dal suo amico e si schiarisce la voce per attirare la sua attenzione.
"Chicca!" esclama lui. "Visto chi è venuto a trovarmi? Il mio magnifico ragazzo che mi ha fatto rompere il piede perché lascia sempre le sue cose in giro per casa!"
Chicca guarda il piede di Manuel, perfettamente sano, poi gli sorride, sedendosi al suo fianco.
"Ciao, tesoro mio" gli dice, baciandogli una tempia e annusando il suo profumo. Sempre lo stesso buon profumo da quand'erano ragazzini.
"Sembri triste, Chi'. Che è successo? Parlane coi tuoi amici. Puoi confidarti co' noi, sei pur sempre la nostra futura testimone de nozze!"
Chicca gli sorride, con le lacrime che premono per venir fuori, mentre si ficca con forza le unghie lunghe nei palmi delle mani.
"Non vedo l'ora" risponde, sorridendogli e sorridendo a quell'immenso vuoto al loro fianco.
Se ti scrivo solo adesso è che sono io così
è che arrivo spesso tardi
Quando sono già ricordi che hanno preso casa qui
Non è vero ciò che ho detto: qua c'è tutto a dire che ci sei
Fai buon viaggio e poi poi riposa se puoi
Lettera a G - L. Ligabue
Per @Acata_
In un'altra occasione non mi sarei mai permessa di dedicare una storia così triste, ma so che in questo caso posso, perché lei sa apprezzare l'angst e mi ha aiutata a buttarla giù durante un pomeriggio d'autunno al mare.
Blu.
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