12 "Sabato mattina."
"Che ore sono?" si chiese Irene, stiracchiandosi nel letto.
Aprì gli occhi, il soffitto giallo chiaro era incorniciato da un fregio bianco.
"No!" pensò disperatamente richiudendo le palpebre, le risollevò lentamente; di fronte a lei c'era una finestra che si estendeva per tre quarti della parete.
Alla sua destra un grande armadio nero laccato lucido; quasi come uno specchio, rifletteva nitidamente il suo letto ed il quadro appeso alla parete opposta.
"Le tre disgrazie", le aveva battezzate subito: tre donne brutte, con nasoni bozzuti, in sottoveste, distese su un letto.
"Mio Dio, no!"
Non voleva vedere.
"Non ne posso più di questi incubi!" disse tra sé.
"Ti sei svegliata finalmente!"
Irene si voltò in direzione della voce.
"Andrea, dove siamo?"
Il piccolo rise a quelle parole:
"A casa mia, no? Questa è la camera degli ospiti. Mamma mi ha detto che ieri sera non riusciva a svegliarti, così papà ti ha presa in braccio e ti ha messa a dormire qua."
Irene si sentì avvampare:
"Sono stata tra le sue braccia e non me lo ricordo."
Poi le venne un pensiero ancora più angosciante:
"Russavo? La saliva mi colava da un lato della bocca? Che vergogna! Spero di no."
"Mamma! Irene si è svegliata!" urlò Andrea.
"La colazione è pronta, scendete!"
Udirono la voce di Elena provenire dalla cucina.
Irene tirò su le coperte e mandò avanti Andrea; doveva andare un attimo in bagno.
Si lavò il viso e si guardò allo specchio.
Strabuzzò gli occhi: l'immagine riflessa la guardava con grandi occhi verdi.
Sì, non era lei, era un'altra ragazza che la fissava dallo specchio; si voltò di scatto.
Alle sue spalle: nessuno.
Di nuovo di fronte a lei: nessuno.
Allucinazione.
***
Bowling, ore 20:00:
Irene sedeva al tavolino rotondo e trasparente di fronte a Francesco, Clizia era alla sua destra e Bruno a sinistra.
Sgranocchiavano patatine e bevevano un aperitivo analcolico, chiacchierando nell'attesa che arrivasse il loro turno di giocare a bowling.
Fuori pioveva a dirotto, il locale era pieno, i ragazzi dovevano parlare a voce un po' alta per sovrastare i rumori che li attorniavano.
Gli schermi delle tv, in alto, trasmettevano video musicali.
La ragazza cercava di essere spontanea e spiritosa ma dentro di sé era turbata, scioccata e aveva un'unica immagine davanti agli occhi: Roberto.
"E' ormai assodato: sono innamorata di lui."
Aveva pensato in cucina quel mattino, mentre faceva colazione con Andrea ed Elena. Lui non c'era, era andato a lavorare.
"Irene! Irene!" Clizia la scosse per le spalle. "Tocca a noi, hanno chiamato il nostro numero!"
Irene trangugiò in fretta l'ultimo sorso di aperitivo e si accodò agli amici.
"Eri così assorta, a cosa pensavi?" chiese Francesco.
"Oh, nulla di importante. Chi è il primo?"
I ragazzi vinsero la prima partita, le ragazze chiesero la rivincita, ma persero nuovamente.
Irene era negata in questo sport e vinse solo il record di palle tirate nelle canaline.
All'uscita del locale, i due ragazzi promisero di riportarle in quel locale il sabato seguente, per una rivincita ed entrati in gran fretta in macchina, accompagnarono le amiche a casa.
Pioveva ancora a dirotto, i tergicristalli non riuscivano a spazzare l'acqua a dovere; il buio rendeva ancora più difficoltosa la visibilità.
Francesco guidava la macchina e si teneva a bassa velocità.
Irene prese il cellulare e chiamò a casa per avvertire che era sulla strada del ritorno ma che, a causa del forte temporale, sarebbe arrivata un po' più tardi.
Francesco parcheggiò davanti la casa di Clizia, scese dalla macchina e accompagnò sotto il suo ombrello Irene, sino alla soglia di casa.
Lei lo ringraziò, prese le chiavi nella borsetta ma lui le afferrò la mano e la attirò a sé, baciandola.
La ragazza fu colta di sorpresa, rimase senza parole.
"Domani sera ci vediamo?" chiese lui.
"Do... domani" balbettò lei "sono a pranzo fuori, a casa di mia nonna... Ti telefono nel pomeriggio. Grazie per la bella serata."
Si rifugiò dietro la porta con il cuore che le batteva all'impazzata.
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