10 "Sonnambulismo?"

Irene rimase a casa fin dopo cena per fare compagnia al padre dato che sua madre, facendo il turno del pomeriggio in fabbrica, sarebbe tornata per le h 22:30.
Ordinarono due pizze da portare via, entrambe "quattro stagioni", lei aveva ereditato i gusti del suo genitore, oltre ai suoi lineamenti.
Dopo aver augurato la buonanotte al suo papà che era seduto sul sofà a guardare il telegiornale, lei indossò il cappotto pesante sopra il pigiama, con il passo felpato delle sue pianelle si affrettò ad attraversare la strada e raggiungere di fronte, la casa della sua amica.
Il solo pensiero di passare la notte fuori da quella "stanza delle visioni" ( così l'aveva ribattezzata la sua camera da letto) l'aveva fatta rinascere.
Come ai vecchi tempi - le pareva di essere tornata bambina - quando spesso il fine settimana facevano il pigiama party.
Clizia aveva il letto a castello, Irene dormiva sempre di sopra quando si trasferiva da lei.
L'amica propose di vedere un film che le avevano prestato e che avrebbe dovuto restituire l'indomani.
Irene lesse solo il titolo e, già esausta, cadde in un sonno profondo e sereno, senza l'aiuto di medicinali.
Una musica lontana la svegliò; aprì gli occhi, il cuore comincio a batterle all'impazzata.
"Dove sono?"
Era di nuovo da qualche altra parte. Ma come avrebbe potuto far finire quest'incubo? Si sedette e si guardò attorno: albeggiava.
"Buongiorno!"
Si battè la mano sulla fronte:
"Che stupida!"
Era a casa di Clizia.
La notte era volata, la radiosveglia era sintonizzata sul programma di Platinette che interrogava Enrico il bagnino riguardo il meteo di tutta Italia.
Irene tirò via in tutta fretta le coperte, scese lungo la scaletta, indossò il cappotto e diede appuntamento alla sua amica per le otto e dieci, davanti la sua casa; poi scappò a fare a colazione nella sua villetta e prepararsi per la scuola. La ragazza si sentiva benissimo.
Il pensiero di dormire la sera a casa sua però, la fece rabbrividire, chiese all'amica il permesso di passare un'altra notte con lei.

***
"Chi pensi abbia potuto scrivere nel diario?"
Clizia alzò le spalle senza commentare
"Sai, più ci penso e più mi convinco che ci siano dei fantasmi in casa mia... Quella donna, quella bambina... Cosa ne pensi?"
Clizia rimase in silenzio, assorta in pensieri che non poteva svelarle.
"Hai un'altra cera questa mattina, i lineamenti del tuo viso sono proprio rilassati" disse "Perché farsi tutti questi problemi per quello che magari è stato uno stupido scherzo?"
Irene sperava disperatamente di sentirsi dire queste parole.
"Sì, uno stupido scherzo" ripeté lei.
Clizia la fissava senza sapere cosa pensare dell'amica.
Dal giorno dell'incidente aveva visto una ragazza così vulnerabile, così confusa; adesso le aveva parlato di fantasmi nella sua stanza.
Una notte a casa sua e tutto era svanito, tutto dimenticato.

***
Quella sera Irene si recò dall'amica, sempre dopo aver cenato con suo padre.
"Che film c'è in programma questa sera?" Chiese felice alla sua ospite.
"Non ne ho idea, proviamo a guardare sul televideo o vuoi vedere un DVD?" propose Clizia.
"Fai tu, se mi addormento come ieri sera, per me non fa differenza."
"Mi ha telefonato Francesco e mi ha chiesto se domani, dato che è venerdì, si può programmare un'uscita con lui e Bruno."
"Oh!" Sospirò Irene, dispiaciuta.
"È venuta Elena questo pomeriggio e mi ha chiesto di andare da lei, domani sera. Venerdì scorso sono stati così bene che vogliono ripetere l'esperienza. Mi dispiace, quei soldi mi fanno anche comodo, non devo dipendere completamente dai miei genitori se voglio uscire una sera. Digli che sono libera di sabato, per te va bene?"
L'amica era un po' delusa, ma con un sorriso accese la televisione e propose di guardare il televideo.

Notte fonda.
Clizia fu svegliata da alcuni rumori nella camera; si tirò su e vide che la lampada sulla scrivania era accesa.
Il quadrante della radiosveglia posta sul comodino mostrava i numeri 2 e 17; pensò che Irene si fosse alzata per andare in bagno ma poi la vide china, nascosta in parte dal mobile, che prendeva qualcosa dallo zaino.
Ora si era alzata con un quaderno tra le mani: era il suo diario!
Cosa ci faceva a quell'ora della notte con in mano quell'oggetto?
"Irene! Irene!"
La chiamò ma l'amica, seppur con gli occhi aperti, pareva in trance, non la udiva.
Irene sedette, afferrò una penna e cominciò a scrivere sul quadernino.
Clizia prese il cellulare e lo impostò per la ripresa delle immagini.
Scese dal letto, si accostò alla ragazza e cominciò a filmarla.
La chiamò un'altra volta per vedere la sua reazione, ma sembrava proprio una sonnambula.
La ragazza scriveva sulle pagine del diario, scriveva in una calligrafia rotondeggiante, con la mano sinistra.

"Io abito nella periferia a sud del paese e lui nella periferia ad est. Vive qui da un paio d'anni, ma quando esce di casa si reca dai suoi amici a Sava.
Io al mattino sono a scuola, il pomeriggio, subito dopo pranzo, vado a lavorare al negozio di articoli per bambini dove sono commessa.
Torno a casa alle otto di sera e devo ancora studiare fino a mezzanotte.
Non ho il tempo di andare fuori a divertirmi, la domenica, perché cerco di recuperare lo studio delle materie della settimana seguente.
Da quando il tumore si è portato via papà, cerco di aiutare mamà economicamente, come posso... non voglio lasciare gli studi."

Quel mattino Clizia non fece parola dell'accaduto con l'amica.
Irene le aveva detto di avere di nuovo dormito molto bene e non voleva turbarla.
Decise di tenere con sé il diario e vedere come si sarebbero sviluppati gli eventi.

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