7. Occhi sinceri
Passa circa mezz'ora prima che Beck ritorni a casa. Quell'incontro l'ha destabilizzata e ha camminato a lungo per arginare l'agitazione che le investe le membra. Quando Beck gira la chiave nella toppa, spinge la porta di ingresso con il piede e la richiude subito dopo essere entrata in casa. Corre in cucina e lascia le buste sul tavolo, sedendosi sulla prima sedia a disposizione. Si mantiene la testa con entrambe le mani, serrando gli occhi e prendendo un ampio respiro.
Chi era quel ragazzo?
Non crede di averlo mai visto e lo spavento di quei brevissimi istanti le hanno fatto mettere in secondo piano un dettaglio molto importante: lui la conosce.
L'ha chiamata Beck, come se tra loro ci fosse già una certa confidenza, un legame che Rebeckah non riconosce affatto. Le si è fiondato addosso come in preda alla disperazione e lei l'ha spinto via. Da quanto era alla sua ricerca?
Quanto è stata stupida. Avrebbe dovuto fargli delle domande, cogliere l'occasione, e invece l'ha sprecata, scappando via. Gli occhi chiari di quel ragazzo la stanno perseguitando, come se volessero imprigionarla in un attimo e pregarla di ricordare. Ma nella mente di Beck non c'è nulla, nessun ricordo al di fuori di quelli che ha appena iniziato a raccogliere da quando è arrivata a Londra.
Riapre gli occhi e si mette in piedi. Non può lasciarsi intrappolare dai pensieri. Inizia a sistemare la cucina, svuotando le buste della spesa. Cerca di pensare a cosa preparare per il pranzo ma non ci riesce. Rimane con gli occhi fissi sui fornelli per diverso tempo, ripensando a quel ragazzo sconvolto e provando a ricercare il suo viso nella sua mente vuota ma l'oscurità che la assale le annichilisce ogni proposito. Sospira pesantemente quando all'improvviso il campanello all'ingresso inizia a suonare insistentemente per un paio di volte.
David non può accettare che lei gli scappi in quel modo. Non dopo aver riposto tante speranze in quel viaggio che pensava di aver intrapreso malamente. Un gemito abbandona le sue labbra rosee quando inizia a camminare lungo il marciapiede, deciso a ripercorrere inversamente i passi della ragazza. Non può perderla, non dopo aver trascorso un mese tra strade, sporcizia e un lavoro poco remunerativo. Ricorda il logo sulle buste della spesa. Sainsbury's. E' lì che andrà.
L
o scorge all'angolo della strada, così si fionda all'interno e si guarda intorno per cercare le casse. Supera le persone in fila - che, in tutta risposta, iniziano a lamentarsi - e si sporge sulla postazione della cassiera. Una ragazza dagli occhi allungati lo guarda, reggendo ancora un detersivo tra le dita. "Posso esserle utile?"
"Poco fa, da qui, è uscita una ragazza con i capelli lunghi e arricciati e l'aria molto stanca. La vede spesso qui?"
La ragazza - Beth, secondo quanto scritto sul cartellino attaccato al petto - solleva un sopracciglio. "Mi dispiace, ma non ho idea di chi sia. Ora, per favore, si sposti. Ho altri clienti."
"Ne è proprio sicura? E' uscita da poco con due buste cariche di spesa appena fatta!"
"Ha idea di quanti supermercati ci siano in questa zona?"
"Ma lei è uscita da qui!"
"Senta" Beth inizia a strisciare di nuovo i prodotti della signora incinta in fila alla cassa, "ho del lavoro da fare e mi sta facendo perdere tempo."
David si lascia andare ad un sospiro, uscendo dalla cassa e avviandosi verso l'uscita, quando all'improvviso una voce richiama la sua attenzione. "Io credo di sapere di chi parli."
Si gira e nota un ragazzo che, impegnato alla cassa, gli rivolge un sorriso. "Davvero?"
"Credo di sì. Ne ho anche sentito parlare."
David si avvicina al ragazzo, guardandolo negli occhi verdi. "Ti prego, ho bisogno di trovarla."
"Capita spesso di incontrare l'amore a prima vista."
David si raddrizza, sbattendo le palpebre. "Ma io non sono innamorato di lei. É la mia migliore amica."
Il cassiere solleva un sopracciglio. "In ogni caso, credo tu stia cercando la ragazza che vive con il dottore."
David sgrana gli occhi. "Quale dottore?"
"Collins. Benedict Collins. Si dice lei fosse una sua paziente smemorata e lui le sta dando una mano."
David spalanca la bocca in un gran sorriso. Finalmente una pista da seguire. "Dove lavora?"
"Spesso al St. Bartholemew's."
"Ti ringrazio davvero!" dice David, dandogli le spalle. Un fischio però lo richiama.
"Ehi!" sussurra il cassiere, facendo l'occhiolino. "Conquistala."
David lo fissa per un attimo, poi esce finalmente dal supermercato.
Si dirige subito all'ospedale, prendendo la metro per accorciare i tempi. Mentre si mantiene al palo colorato del treno, ripensa a quello che ha detto il cassiere. "Una sua paziente smemorata" l'aveva chiamata. David chiude gli occhi, tirando un grosso sospiro. Il suo cuore batte all'impazzata.
Beck non ce l'ha fatta.
Non è riuscita a salvarsi dalla catastrofe che si è abbattuta sulla loro New York. David non lo sapeva, ma in quella folla di persone impazzite senza alcuna memoria di sè c'era Beck che, impaurita, è partita troppo tardi per rifugiarsi in un tempo lontano. Il treno accosta alla banchina della metro, così David si fionda oltre la linea gialla di demarcazione e inizia a salire i gradini delle alte scale mobili. Quando ritorna all'aria aperta segue le indicazioni e trova l'ospedale esattamente di fronte a sè. Supera le porte dell'ingresso e si blocca vicino alla portinaia. "Buongiorno, la prego, ho bisogno di aiuto."
"Ragazzo, il pronto soccorso è dall'altra par-"
"Non sono qui per me. Ho scoperto che una ragazza è stata ricoverata qui."
La donna annuisce sovrappensiero. "Eh, già. Quante persone ci sono in questo ospedale-"
David grugnisce. "Non mi sono spiegato. La ragazza è già uscita da qui e vive con il dottor Collins." La portinaia solleva un sopracciglio, guardando il ragazzo. "La paziente si chiama Rebeckah Smithers e.. non ricorda nulla."
"Ah, sì" dice la donna, ritornando con gli occhi sulle sue carte. "Che caso particolare."
"Io conosco quella ragazza, ma non ho idea di dove sia."
"Buona fortuna!"
"Lei non capisce" dice David, appoggiandosi sui gomiti. "Mi serve l'indirizzo del dottor Collins. Devo parlare con quella ragazza."
La portinaia lo guarda. "Ma chi si crede di essere? Non ha alcun diritto di conoscere il domicilio del medico. Se ne vada, per piacere."
David vorrebbe prendere le dannate carte che sta sventolando e gettarle per terra, ma si blocca e tira un grosso respiro. Fa per aprire di nuovo bocca quando uno schiarimento di gola al suo fianco desta la sua attenzione. Un dottore con i capelli corti, gli occhi chiari e un accenno di barba sulla mascella gli sorride. Sulla targhetta è segnato il suo cognome. Rump.
"Cerchi la ragazza senza passato?"
David annuisce, guardando quegli occhi chiari. Si avvicina al medico. "Sì. L'ho trovata poco fa ma l'ho persa di vista. Non so dove cercarla."
"E' stata qui per tre settimane" dice il medico, infilando le mani nelle tasche del camice bianco. "Io e lei abbiamo parlato molto.."
"E-"
".. ma nessuno è venuta a cercarla. Tu sei il primo."
David ingoia a vuoto, passandosi una mano tra i capelli scompigliati. Solo ora si rende conto di essere impresentabile. Capelli rovinati, vestiti sporchi e viso palesemente stanco. "Non avevo idea di dove fosse" dice, e sa purtroppo di non poter aggiungere altro.
Il dottor Rump incrocia le braccia al petto, sollevando il mento. "Come faccio a sapere che tu non stia mentendo?"
David ingoia a vuoto, infilando le mani nelle tasche del pantalone. "Rebeckah è una ragazza non troppo alta, i suoi capelli sono ricci e castani, la sua carnagione è scura, le labbra carnose e gli occhi spesso cerchiati da occhiaie pronunciate. Ha una collana appesa intorno al collo con un ciondolo tondeggiante e le sue dita affusolate lo racchiudono spesso." Solleva gli occhi sul medico.
Rump ha smesso di ascoltare la descrizione della ragazza solo perché ricorda quella collana e ricorda la maniera ossessiva di Rebeckah Smithers di stringere quel ciondolo tra le dita ogni qualvolta gli parlasse, come se tenersi stretta quella collana potesse proteggerla. Solleva una mano per bloccare il ragazzo. Entra nella portineria e chiama qualcuno al cellulare. David non riesce a captare nulla, vede solo il medico annuire alla voce dall'altra parte della linea. Quando esce, si infila il telefono in tasca. "Ti dirò dove abita il dottore, ma per il bene di quella ragazza" dice soltanto.
David sorride.
Quando raggiunge l'indirizzo vede un uomo che lo attende ai piedi del portone scuro. Ha una ventiquattrore in mano e lo sguardo che serpeggia nella via fino a che non incontra gli occhi chiari di David che si avvicinano. "David Copper?" domanda il medico, stringendo le palpebre in direzione del ragazzo. David annuisce, allungando la mano per stringere quella del dottore.
"Sì, sono io."
"Bene. Io sono Benedict. Come conosci Rebeckah?"
David stringe le labbra, sentendo un autobus passare sulla strada dietro di lui. "Siamo entrambi di New York" inizia a dire. "Siamo stati.. coinquilini per anni quando siamo andati al college." David si stupisce della facilità con cui sta costruendo una storia del tutto nuova. Spera solo di ricordarsi tutti i dettagli, in futuro.
"Cosa avete studiato?" domanda Benedict.
"Chimica" risponde David prontamente.
"Perché ti sei presentato solo adesso?" chiede il medico, sollevando la testa.
David si morde il labbro. "Abbiamo organizzato questo viaggio in Europa circa tre mesi fa, entusiasti di andare a visitare un'altra parte del mondo. Ma Beck ha deciso di partire prima, senza dirmi niente. Ho capito fosse qui solo risalendo i movimenti della sua carta di credito." Benedict annuisce, stringendo gli occhi. "Ma poi non ho avuto più sue notizie."
Il medico si schiarisce la gola. "Sai che ha avuto un incidente?"
David lo guarda, schiudendo le labbra. "Sta bene?"
"Non ricorda assolutamente nulla. Quindi è difficile credere alla tua storia."
"Ma posso assicurarle che è vero!"
Benedict si pianta di fronte al portone del palazzo, come a sbarrargli il cammino. "Allora dovresti sapere che non ha una carta di credito con sè."
David serra le labbra, prendendo un respiro. Guarda il suo orologio digitale al polso e lo picchietta con le dita alla ricerca di una prova inconfutabile. Benedict segue il rapido movimento della mano del ragazzo, guardando quell'orologio. Probabilmente in America hanno dei modelli che non sono ancora arrivati in Inghilterra. Poi il ragazzo gira il suo polso e, all'interno di quel display minuscolo, fa vedere a Benedict una foto che lo ritrae insieme alla ragazza che ora abita nel suo stesso appartamento. David e Rebeckah guardano l'obiettivo, abbracciati e con il sorriso sulle labbra. "Mi deve credere, dottore. Non avrei alcun motivo di mentirle. Io conosco quella ragazza da otto anni ed è una parte indispensabile della mia vita. Non può capire cosa ho passato pur di ritrovarla."
Benedict analizza gli occhi del ragazzo e poi si lascia andare ad un sospiro. "Ti terrò d'occhio tutto il tempo, se non ti dispiace." Poi si gira e apre il portone.
Beck stringe le labbra perché riconosce la pressione del suono del campanello, così si avvicina alla porta e la apre, incontrando gli occhi azzurri di Benedict.
Ma non è l'unico ad entrare in casa.
Sul ciglio della porta, infatti, si ferma il ragazzo che ha visto per strada.
Il respiro si strozza in gola e fa involontariamente un passo indietro. "Non avere paura" dice Benedict, lanciando una rapida occhiata al ragazzo. "Non ti lascio da sola con lui, ma sono sicuro che David potrà darti una mano."
Beck guarda il ragazzo che stringe le mani tra loro, entrando lentamente in casa. Benedict gli fa strada e lo accompagna nel salone, facendolo sedere sull'ampio divano attaccato alla parete. Rebeckah segue i movimenti di quel corpo stanco, nota i suoi abiti sporchi, l'aria destabilizzata e gli occhi che sono appiccati su di lei. Vorrebbe riconoscere quello sguardo, vorrebbe ricordare quegli occhi che la pregano silenziosamente di ricordare. Benedict lascia il ragazzo nel salone, appoggiando poi una mano sulla spalla di Beck. "Va' da lui. Deve mostrarti una cosa. Io torno con un bicchiere d'acqua."
Rebeckah annuisce, poi con passo lento si avvicina al ragazzo e si siede anche lei sul divano, mettendo quanta più distanza possibile tra i loro corpi. Si porta la mano al collo e si stringe la collana tra le dita. David sorride vedendo quel gesto così familiare, poi si schiarisce la gola. "Prima di tutto ti chiedo scusa. Non sapevo che tu non ricordassi nulla, quindi il mio gesto avventato per strada ti avrà spaventata molto. Scusami." Beck annuisce leggermente, analizzando i dettagli di quel volto. Pelle pallida, occhi grandi e chiari, mascella definita e labbra carnose. Un accenno di barba gli riveste il mento, i capelli biondo cenere leggermente mossi sono scompigliati e le dita affusolate delle mani giocherellano tra di loro, agitate. "Per me è stato scioccante rivederti per strada" continua a dire, "perché ti ho cercato ininterrottamente per un mese senza avere idea di dove tu fossi." La voce del ragazzo si spezza verso la fine della frase e Beck ingoia a vuoto. "Ho avuto tanta paura, Beck. Tantissima." Tira su con il naso, ma si ricompone appena Benedict rientra nel salone con un bicchiere tra le dita. Lo porge a David e lancia un'occhiata di controllo alla ragazza. Lei annuisce, così Benedict li lascia nuovamente da soli, lanciando di tanto in tanto delle occhiate protettive. David sorseggia dal bicchiere, guardando l'acqua che oscilla e vibra nella sua mano. "Credevo di averti persa per sempre" sussurra il ragazzo, bevendo un altro sorso d'acqua. Si schiarisce la gola, poi riporta gli occhi sulla ragazza. "Chiedimi tutto quello che vuoi, sono disposto a parlarti di qualunque cosa."
Rebeckah si lecca le labbra. Avrebbe tante cose da chiedergli ma non un'idea da dove partire.
"Parlami di me" dice allora.
David stringe le labbra. E' così difficile parlarle senza avere la libertà di dirle le cose così come stanno. Non potrebbe mai dirle di essere una viaggiatrice del tempo e che proviene quasi dal prossimo secolo. Prende un ampio respiro. "Ti chiami Rebeckah Smithers e sei la figlia di Ellen e Jasper. I tuoi genitori.. Se ne sono andati piu di otto anni fa. Erano dei chimici rinomati in America e tu eri- sei sulla loro strada. Siamo entrambi esperti di chimica, ci siamo sempre dilettati a sbizzarrirci tra fialette e soluzioni da combinare." Beck pende dalle sue labbra, non ricordando però nulla. Non riesce a sentirsi parte di quel racconto. "Noi due ci conosciamo da otto anni, da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme. Tu avevi diciassette anni, io diciannove. Ora ne hai venticinque ed io ventisette, quindi siamo cresciuti un bel po' insieme." David guarda i suoi occhi, alla ricerca di un cenno di comprensione. Ma lo sguardo di Beck è ancora vacuo, come se non riuscisse a stare al suo passo. David serra le palpebre perché non vuole che le lacrime escano dai suoi occhi. Ma non ci riesce. Tira su con il naso e posa i suoi occhi lucidi sull'acqua rimasta nel bicchiere. Beck lo osserva e vorrebbe comprendere il dolore di quel ragazzo, dargli una mano. David allora infila la mano libera in tasca e fa uscire il biglietto che lei gli aveva lasciato. Lo porge alla ragazza. Beck sfiora quelle parole. Ho scoperto qualcosa. Vediamoci subito nella stanza di Ander. E' una scrittura ordinata, anche un po' tondeggiante. "Lo hai scritto tu prima di andare via" sussurra David.
Rebeckah scorre quelle parole, non sapendo affatto di averle scritte di suo pugno. "Chi è Ander?" domanda con un filo di voce, accarezzando quel nome.
David si lecca le labbra. "E' come se fosse praticamente tuo zio. E' stato al tuo fianco da quando sei nata."
Beck annuisce, leggendo ancora quelle parole. Ho scoperto qualcosa ha detto. Il messaggio è molto vago, non rivela nulla. Lo porge di nuovo al ragazzo, alzando le spalle. "Non lo ricordo" ammette. "Mi dispiace."
David annuisce, dopodiché picchietta il suo orologio e mostra la foto a Beck. La ragazza la guarda, riconoscendo quel volto sorridente ma non la situazione. Si vede stretta a quel ragazzo, felice per qualcosa. Erano più giovani nell'aspetto. "Avevamo appena finito il nostro primo incarico" dice David, rimanendo vago.
Beck vorrebbe ricondividere quella gioia, ma non la sente sua. Non le appartiene. E' come se la persona in quella fotografia fosse una totale estranea. "Vorrei ricordarlo" ammette.
David annuisce, finendo l'acqua nel bicchiere. Passano alcuni minuti in silenzio. "Forse è meglio che me ne vada" dice, alzandosi in piedi all'improvviso. Beck lo imita, guardandolo negli occhi. Non lo ferma.
Benedict appare accanto allo stipite della porta. "Come primo incontro credo possa bastare."
David annuisce, guarda Beck e stringe le labbra. "Sono felice di averti trovato" sussurra. "E che, nonostante tutto, tu stia bene."
Beck separa le labbra ma non dice nulla. Benedict appoggia una mano sulla spalla del ragazzo e lo accompagna verso l'uscita. Quando sta per uscire, Rebeckah si pone accanto alla porta spalancata. "Vorrei rivederti" dice, stupendosi della sua stessa voce. "Voglio che tu possa raccontarmi la mia vita." Benedict guarda Beck e stringe leggermente gli occhi.
David guarda la ragazza, abbozzando un sorriso su un lato delle labbra. "Quando vuoi." Si gira verso il dottore. "Grazie per avermi dato questa possibilità."
Benedict china leggermente il capo, poi chiude finalmente la porta, non prima che Beck vedesse di nuovo gli occhi sinceri di quello sconosciuto.
N/A
Finalmente questi due si sono rivisti 🥰 anche se ne passeranno tante e la situazione sarà abbastanza complicata!
Spero che la storia vi stia piacendo e inseritela nelle vostre biblioteche così, per ogni nuovo aggiornamento, vi arriva una notifica. Lasciatemi qualche voto/commento se vi va e alla prossima! ❤
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