27. Punto di riferimento
Passano altri due giorni e David e Rebeckah non si sono visti.
Di lui non c'è nessuna traccia, quasi come se fosse sparito nel nulla.
Beck, nel frattempo, ha cercato di ignorare la preoccupazione sempre crescente dedicandosi alle proteste che stanno avvenendo di fronte l'Arché, dove gli ex dipendenti chiedono l'apertura immediata dell'edificio. "E' la nostra casa" urlano alcuni.
"
E' più di un lavoro" aggiungono altri.
Alcuni colleghi sostengono un cartellone digitale su cui scorrono slogan di vario tipo con cui attirare l'attenzione della folla e dei giornali.
Beck non si mostra, rimane leggermente in disparte e ripiega nelle terze file delle manifestazioni, marciando a testa bassa per evitare che qualche telecamera la inquadri. Cammina insieme a tutti quei ragazzi, a quegli adulti che hanno lavorato giorno e notte a migliorare silenziosamente la vita dei newyorkesi senza che questi lo sapessero. I piedi battono all'unisono contro l'asfalto, i cittadini si fanno da parte per lasciarli passare e nel frattempo li filmano con i loro cellulari. Beck marcia insieme a loro, abbozzando un sorriso nel vedere quella massiccia partecipazione.
E' certa che i giornali ne stiano già parlando ed è giusto così.
La guerra sembra essersi placata ancora prima di scoppiare del tutto.
Dopo l'imboscata americana i russi si sono ritirati, iniziando immediatamente le trattative di pace di fronte l'evidenza di un fallimento conclamato.
New York è tornata a vivere e seppur il problema delle riserve di petrolio sia destinato a rimanere, sicuramente le varie politiche internazionali provvederanno ad equilibrare quella situzione precaria.
I giovani fanno sentire le loro voci in tutto il mondo e riescono a ricevere attenzioni mediatiche più di quanto abbiano fatto gli adulti, ma il percorso è ancora lungo. Ne sono tutti consapevoli, ma si deve pur partire da qualche parte.
Oltre alle manifestazioni di pace, New York si dedica alla richiesta di riapertura dell'Arché perché gli scienziati hanno bisogno del loro posto e quel tipo di disoccupazione è inaccettabile.
Beck marcia insieme a tutti loro, unendosi alle loro urla e alle loro proteste, ma il suo cuore la spinge a pensare a David, chiededosi dove sia finito.
All'improvviso una mano la afferra per il polso, catturando la sua attenzione. Clarisse si avvicina al suo volto per fare in modo che la sua voce si senta al di sopra di quel clamore. Lei e Richard sono stati tra i primi a scendere in piazza.
"Perché non sei in prima linea con noi?!" esclama l'amica, guardando il volto di Beck. "La tua presenza è importantissima."
Rebeckah non riesce ad impuntare i piedi per terra, così si vede trascinare dalla sua amica in prima fila e si ritrova di fronte i giornalisti con le loro telecamere puntate sulla folla. Si porta una mano sulla testa per nascondere il suo sguardo, ma è ormai troppo tardi. Una decina di giornalisti la scorgono e le si avvicinano, puntandole il microfono contro mentre la folla continua a muoversi dietro di lei. "Signora Smithers" annuncia una donna con i capelli cotonati e un rossetto dipinto sulle labbra carnose. "Perché si è unita alla marcia? Quell'edificio è stato gestito da Ander Sharman che ha ucciso i suoi genitori e meditato una cancellazione di massa. Perché battersi per questo?"
Beck ingoia a vuoto, leccandosi le labbra.
Un bussare alla porta desta l'attenzione di Stuart e Leyla che scendono subito dal letto, accostandosi al legno. "Chi é?" domandano, appoggiando le orecchie sulla porta.
"Sono io" dice una voce fortemente familiare. Leyla afferra la maniglia e accoglie David all'interno della stanza. Il ragazzo si guarda intorno. "Beck non c'è?" domanda subito, vedendo i due androidi guardarlo a labbra strette.
Scuotono simultaneamente la testa. Stuart allunga un dito per indicare la televisione e il telegiornale trasmesso in diretta. David punta i suoi occhi chiari sullo schermo, distinguendo il viso di Beck che parla tranquilla con i giornalisti, mentre dietro di lei un folla di persone che David ha visto all'Arché marciano con orgoglio.
"Mi sono unita a questa manifestazione perché è giusta. Indipendentemente da quello che è successo alla mia famiglia, quell'edificio è sempre stato alla base di un lavoro fisso per tutti questi dipendenti fiduciosi e l'Arché ha sempre provveduto, economicamente, al loro benestare, estendendolo alle loro famiglie. Molti ragazzi hanno fatto stage lì dentro, hanno vissuto sicuramente esperienze fantastiche che non possono essere dimenticate per gli inganni che si celavano dietro il volto del direttore deceduto. L'Arché, riaprendo, inizierà delle trattative che elegeranno un nuovo dirigente e il nuovo direttore si occuperà senz'altro di rilanciare questo edificio all'insegna dell'avanguardia scientifica in tutto lo stato di New York."
"E lei, sapendo che questo posto è stata la rovina della sua famiglia, tornerà a lavorare?"
Beck accenna un sorriso, scuotendo la testa. "Se i miei requisiti saranno giudicati abbastanza, perchè non dovrei." Guarda la telecamera. "Molti genitori hanno lavorato qui e hanno fatto solo del bene, proteggendo i loro cari. Io voglio pormi sul loro stesso cammino, indipendentemente da quello che è successo. L'Arché è avanguardia, non possiamo lasciare che il passato ci imprigioni."
David nota il volto sereno di Beck, i suoi capelli sciolti, gli occhi brillanti e il sorriso tenue sulle labbra. Nota il suo sguardo rilassato, il capo che annuisce alle espressioni della giornalista e i suoi denti che sfiorano il labbro inferiore.
Una morsa allo stomaco lo obbliga a girare la testa verso la finestra, fissando il suo sguardo su un punto distante. Prende un ampio respiro. Sono passati tre giorni da quando le ha detto cosa prova per lei. Quasi non gli sembra vero.
Beck è sempre stata una costante nella sua vita e mai avrebbe pensato che il bene che li univa - almeno da parte sua - potesse cambiare. Forse ha sempre saputo di amarla, ma non ci ha mai pensato abbastanza. Quando dormivano insieme, quando la abbracciava, quando la stringeva contro il suo petto per rincuorarla o per starle semplicemente vicino, quando il profumo dei suoi capelli inebriava i suoi vestiti e gli sembrava che, anche distanti, lei gli fosse sempre ad un millimetro di distanza.
Vederla così serena su quel televisore, però, lo ha spinto a prendere coscienza della realtà: a lei non interessano i suoi sentimenti. Nonostante quello che ha fatto per Rebeckah, continua ad ignorarlo, a non cercarlo, gettando via il loro splendido rapporto.
Lei sta bene senza di lui.
David annuisce, sovrappensiero.
Sì, Beck starà bene.
Distoglie lo sguardo dalla finestra e si avvicina a Stuart e a Leyla, sorridendo e abbassandosi alla loro altezza. "Promettetemi una cosa" dice, guardandoli negli occhi. I due androidi annuiscono, ingoiando a vuoto. "Resterete accanto a Beck, intesi?"
"Perché? Tu dove sarai?" chiede Stuart, guardando il viso sbarbato del ragazzo.
David lancia di nuovo un'occhiata alla televisione e vede Beck continuare a parlare.
"Assolutamente" sta dicendo, sorridendo alla giornalista. "Io confido nei nostri uomini di politica, sapranno cogliere i risvolti positivi della nostra storia."
"E sul signor Copper?" chiede la donna. "O Dimitri, che dir si voglia. Cosa ha da dire su di lui?"
Beck si lecca le labbra. La folla continua a gridare alle sue spalle. "David Copper ci ha salvati. Ne terremo conto per sempre e il suo sforzo non sarà vanificato."
David lo nota quel sorriso di circostanza. E' come se Beck avesse già messo tutto alle spalle e fosse pronta a ricominciare da capo, senza alcun'àncora che la tenga prigioniera.
David prende un ampio respiro, tirando su con il naso e stringendo le labbra. Punta i suoi occhi sugli androidi. "Andrò dov'è giusto che io sia."
Leyla gli appoggia le mani sulle spalle, scuotendo la testa. "E' giusto che tu stia qui, David."
Ma il ragazzo non le risponde. Abbozza un sorriso triste e si rimette dritto. "Salutatemi Beck."
"Ti prego" dice Stuart. "Dicci dove andrai."
David va verso la porta, impugnando la maniglia. Se chiude le palpebre rivede la scena, come se riuscisse a risentire le farfalle nello stomaco comparse qualche istante prima che le dichiarasse i suoi sentimenti. Scuote la testa. "Ho sbagliato tutto" dice semplicemente. Con le dita della mano libera sfiora l'orologio che ha al posto. Guarda i due androidi ed esce frettolosamente dalla stanza, lasciando i due robot esterrefatti.
Beck rientra in albergo dieci minuti dopo, accolta rumorosamente nella stanza. I due androidi le saltano intorno, gridandole frasi sconnesse. La ragazza aggrotta la fronte, osservando Leyla e Stuart dirle disperatamente qualcosa. "Cosa è successo?" domanda, cercando di calmarli.
"David!" grida Leyla con le lacrime agli occhi. "Se n'è andato."
Gli occhi di Beck si sgranano all'improvviso. "In che senso?" esclama.
"Ci ha detto di salutarti e che ha sbagliato tutto e che se ne sarebbe andato!"
"Dove!?" urla Beck, sgranando i suoi occhi ancora di più. "Dove sta andando?"
"Non lo sappiamo!"
Beck esce dalla stanza, precipitandosi lungo le scale dell'albergo e inciampando agli ultimi due gradini, attirando l'attenzione delle receptionist. Si mette in piedi, sentendo una fitta al piede. "Sto bene!" urla, zoppicando per strada.
David si ferma di fronte l'Arché, guardando l'imponente edificio che si staglia davanti ai suoi occhi. La strada è stata sgombrata, non c'è più nessuno in giro e la folla si è diradata in vie traverse e distanti. Solleva il suo polso, digitando le coordinate sull'orologio per l'ultima volta. In quel mondo non c'è più nessun David Copper. E' giunto il momento di ripristinare la storia. Il suo cuore batte regolarmente. Non ha paura.
Le coordinate lampeggiano sul piccolo display, aspettando di essere attivate. Prende un ampio respiro. Solo così aggiusterà tutto. Riporta gli occhi sull'Arché ed è come se la sua vista si acuisse a tal punto da vedere oltre quelle pareti chiare, osservando volti passati che scorrazzano in quegli ampi corridoi, che frequentano lezioni di preparazione, allenamenti in palestra, esperimenti in laboratorio. Afferra con le dita quei ricordi e se li tiene stretti nel suo pugno. Chiude gli occhi e congela quelle immagini nella sua memoria.
Avvicina le dita al display.
Beck si trascina dietro il piede indolenzito, guardandosi intorno. Gli occhi le si riempiono di lacrime. "David!" urla, ignorando i volti della gente che si è affacciata dalle finestre di casa per capire chi fosse la pazza che grida per strada. "David!" La gola le brucia per l'affanno con cui sta camminando e il piede la rallenta. I singhiozzi le scuotono il petto.
"David, ti prego!" continua a gridare, non avendo idea di quale strada imboccare. Non osa neanche pensare alla possibilità che lui se ne sia già andato. Non può perderlo di nuovo.
Sbuca sulla strada principale e si guarda intorno con le lacrime che le ostruiscono la vista.
Nota subito, però, la figura in piedi davanti all'Arché.
La riconoscerebbe ovunque.
"David!" urla.
Il ragazzo si volta, tenendo entrambe le braccia a mezz'aria. I suoi occhi si sgranano. "Beck" bisbiglia.
"David!" grida di nuovo la ragazza, incespicando verso di lui. Il cuore le batte a mille nel petto. Allunga una mano verso di lui. Il ragazzo inizia ad andarle incontro più velocemente di quanto lei potrebbe fare in quel momento.
"Beck!" grida, avvicinandosi al corpo esile della ragazza. Quando sono abbastanza vicini, Rebeckah si getta su di lui, aggrappandosi alle sue spalle.
"Oh, David" dice, piangendo - di nuovo - contro la sua maglietta.
Il ragazzo le accarezza la testa. "Cosa ti è successo al piede?" domanda, ingenuamente.
"Non andartene, ti prego" gli risponde lei, tenendoselo stretto. "Ho sbagliato a dirti quelle cose. Ho sbagliato a farti andare via in quel modo e a non ringraziarti per quello che hai fatto per me. Ho sbagliato a non dirti di quanto sinceramente ti sia grata."
David la scosta da sè, vedendole gli occhi scuri colmi di lacrimoni. "Beckie.."
"Sì. Ho sbagliato tante cose l'altro giorno." Tira su con il naso. "Io non voglio che tu te ne vada."
"Però tu hai ragione" ammette David. "Ho incasinato una linea temporale."
Beck lo guarda negli occhi. Una sua mano si sposta sulla sua nuca, accarezzandogli i capelli morbidi. "Forse è vero ma, con il senno di poi, devo ammettere che sono felice che tu l'abbia fatto. Perché stai pensando di andartene adesso?"
David fa schioccare la lingua contro il palato. "Perché è giusto così, Beck. Forse la mia linea temporale è finita proprio quando sono stato sparato e non è giusto che mi ritagli del tempo a scapito di qualcun altro."
"Ma io non posso lasciarti andare. Non dopo aver saputo che hai fatto tutto questo solo per me. Non posso ignorarlo."
"Ma tu starai bene, Rebeckah. Nonostante il dolore, quando sono riapparso tu stavi iniziando a rimettere i piedi per terra e ad andare avanti anche senza di me. Ritornare è stato solo un atto egoistico."
"Egoistico? Hai detto di averlo fatto per me e questo non è propriamente quello che un egoista farebbe. E poi, credi davvero che stavo iniziando a ricompormi?" Beck scuote la testa. "Ci avrei messo degli anni a capacitarmi del fatto che tu non saresti stato più al mio fianco. Perché hai pensato che potessi superarti così facilmente?"
"Ti ho vista in tv" ammette, ingoiando a vuoto. "Ti ho sentita parlare con i giornalisti e i tuoi occhi erano sinceri."
"Sinceri?!" esclama Beck. "E' stata solo una facciata, David. Tu non hai idea di cosa stessi provando in quei momenti. Per due interi giorni ho rimurginato su quello che mi hai detto e ho speso quarantotto ore a rivedere il tuo viso nella mia mente mentre mi dicevi quelle tre paroline che tutt'ora mi perseguitano, spingendomi a chiedere come ho fatto a non accorgermi di niente per tutto questo tempo."
"Perchè non l'ho fatto nemmeno io. Ogni momento della giornata mi chiedo perché te lo abbia detto poiché non sembra vero neanche a me. Mi è uscito spontaneamente e credo di aver realizzato solo in quell'istante quale sia stato il motore che ha sempre spinto le mie azioni, restando in silenzio alla base del mio cuore. Ora però mi rendo conto che sbandierando quello che provo ti abbia spinto a corrermi dietro contro la tua stessa volontà-"
"No, David. Non pensarlo neanche." Beck ingoia a vuoto, sentendo il cuore batterle rapidamente. "Ho riflettuto parecchio su me stessa e sono giunta alla conclusione che anche facendo le cose da sola, non riesco ad immaginare una vita senza di te al mio fianco. Non perché mi spingi a prendere una strada rispetto ad un'altra, ma perché sei sempre lì, pronto a darmi il tuo parere senza cercare di farmi cambiare idea. Sei apparso all’improvviso nella mia vita, proprio quando i miei genitori se n’erano andati e sei diventato un punto di riferimento. Andiamo!, sei venuto nel 2019 solo per ritrovarmi, senza avere alcun indizio sulla mia presenza in quell'anno. Ti sei mosso soltanto aggrappandoti a quello che ricordavi mi piacesse. Il film degli Avengers ti ha spianato la strada e mi hai ritrovata contro ogni probabilità dell'esistenza. In milioni di persone, tu sei riuscito a trovarmi e a batterti affinché io ricordassi la mia vita. Ti rendi conto di cosa tu sia riuscito a fare? Ti sei buttato nell'ignoto solo per salvarmi."
"Ma ti ho anche mentito per tutta la vita, Beck. Persino sulla mia stessa identità."
La ragazza stringe le labbra, portandogli una mano sul viso. "No, perché tu sei sempre stato David Copper. Forse non te ne sei accorto nemmeno tu. Dimitri è sempre stato un'ombra del passato che ti ha inseguito dappertutto, ma tu hai smesso di ascoltarlo quando hai cercato di rimediare ai tuoi errori, pur non riuscendoci." Si mette in punta dell'unico piede sano che ha e si sporge in avanti, rimanendo ad un centimetro di distanza dalle labbra di David. I loro respiri si fermano, quasi come si stessero segretamente pregando ed indugiano per secondi che sembrano eterni. Beck nota le labbra di David schiudersi, dopodiché si abbassa su di lei e la bacia, stringendole un braccio intorno alla vita. Si lasciano con uno schiocco, rimanendo comunque con le fronti unite. Beck sente il cuore batterle in ogni angolo del corpo e le fitte al piede si intensificano. Porta una mano sul petto di David e sente anche i suoi battiti accelerati. Sorride, inumidendosi le labbra. Si allontana da lui, guardandolo negli occhi. "Non avrei mai pensato che una cosa del genere potesse accadere" ammette, mordendosi l'interno della guancia. David le lascia una carezza sul viso umido. Si schiarisce la gola. "Al momento non sto capendo più niente." Scoppiano entrambi a ridere.
David le prende la mano. Guarda le coordinate sul suo orologio. "So che è tutto molto strano" dice. "Ero già pronto a rimediare, sparendo per sempre. In questo mondo non c'è spazio per David Copper e l'unico modo per ripristinare la storia era tornare indietro e battermi con coraggio, accogliendo il mio destino senza battere ciglio." Beck tiene gli occhi fissi sulle coordinate che lampeggiano sotto i loro sguardi. Vede David annullare il codice e spegnere il display.
Lei gli fa sollevare la testa e sorride. "Secondo me, in questo mondo c'è sempre spazio per David Copper e ti chiedo scusa per averti anche solo fatto pensare il contrario. Adesso faccio io l'egoista e voglio godermi quello che mi hai regalato: un'altra possibilità."
David stringe le labbra, guardando quelle iridi scure. "Grazie" bisbiglia ad un centimetro dal suo volto. Le lascia un bacio sulla fronte, poi Rebeckah vede David abbassarsi e sollevarla con entrambe le braccia. "Ehi! Che stai facendo?"
"Non posso accettare che per tutto questo tempo tu abbia trattenuto il dolore al tuo piede."
Beck alza gli occhi al cielo, scompigliandogli i capelli ma felice che lui abbia cambiato idea. Pensare che per colpa sua, forse, avrebbe potuto non vederlo più le fa stringere il cuore in una morsa. Si aggrappa al suo collo, osservando il suo profilo e sentendo finalmente alleggerirsi il peso sullo stomaco. Si inumidisce le labbra. "Ce lo hai ancora" dice all'improvviso, indicando l'orologio con un'occhiata. "Il mio l'ho consegnato."
"Non c'è nessun problema" dice lui, sorridendole. "Posso sempre costruirtene uno." Beck ondeggia tra le sue braccia muscolose, avvicinandosi alla fermata della metro per andare in pronto soccorso. Si gira a guardarla. "A meno che tu non voglia chiudere questo capitolo" aggiunge poi.
"Intendi i viaggi nel tempo?" gli chiede Beck, aggrottando le sopracciglia mentre sistema meglio le braccia intorno al collo.
David annuisce. "Sì. D'altronde non abbiamo nessuna guerra all'orizzonte da evitare. L'Arché è stato chiuso e i viaggi hanno ormai perso il loro obiettivo principale. Dobbiamo imparare a gestire il qui ed ora. Posso liberarmi di quest'orologio in qualunque momento e posso sbarazzarmene gettandolo nell'Hudson. Decidi tu."
Beck abbozza un sorriso.
N/A
Ciao a tutti! Ecco a voi un nuovo capitolo. Spero vi piaccia e, se vi va, lasciatemi qualche voto/commento!
Un bacio e alla prossima! ❤
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